CONTATORE PERSONE

08/04/12

Riabilitazione Maxillo-Facciale


  • Trattamento delle patologie neurologiche associate

Molti pazienti affetti da emiplegia o da morbo di Parkinson avranno qualche disturbo del movimento o della sensibilità nella regione del volto e del tratto orale. Per quanto lieve, il disturbo sarà estremamente penoso per il paziente. Il viso svolge un ruolo importante nella nostra vita, perché, per ciascuno di noi, e come se dietro gli occhi si celasse la nostra vera identità. A differenza di altre parti del corpo, il volto e sempre visibile e non si può nascondere o mascherare con i vestiti.
Quando incontriamo una persona nuova, ci formiamo la prima impressione in base al suo viso e alla sua espressione. Diciamo che qualcuno ha "un sorriso accattivante", "un viso intelligente", "uno sguardo vigile". Dall'informazione che riceviamo decidiamo se ci piacerebbe conoscere meglio quella persona e ciò influisce anche sul nostro modo di parlare e di comportarci nei suoi confronti. Con i sottili, riccamente innervati, muscoli del viso siamo in grado di modificare la nostra espressione attraverso un'ampia gamma di movimenti molto piccoli. Insieme ai movimenti del capo, l'espressione del volto e una delle fonti principali di comunicazione e noi usiamo costantemente entrambi a sostegno di quanto diciamo, oppure in completa sostituzione della parola in determinate occasioni. Con minimi cambiamenti possiamo esprimere piacere, incredulità, amore, disapprovazione, ecc.
Per imparare a conoscere meglio una persona che sta parlando, ascoltiamo non solo del che dice, ma anche la qualità del suo tono di voce. Apprezziamo suono della voce con la sua melodia, tono e il modo in cui vengono pronunciate le parole e mentre ascoltiamo qualcuno che parla, formuliamo ulteriori giudizi su di lui o lei.
Quando le persone s'incontrano e si parlano, di solito mangiano o bevono qualcosa insieme. Noi mangiamo e beviamo non solo per nutrirci, ma anche per piacere e come aspetto del nostro costume sociale. Continuiamo a formarci un'opinione dell'altra persona mentre sta mangiando.
Qualsiasi anormalità o stranezza nell'espressione del viso, nella voce o nelle abitudini alimentari viene immediatamente notata e disturba la comunicazione e la facilità di contatto con gli altri. La maggior parte di noi ha avuto la sensazione di essere fissato da tutti dopo una visita dal dentista che ha comportato un'anestesia locale con caduta del labbro, o quando un piccolo brufolo ha assunto nella nostra immaginazione le proporzioni di un grosso foruncolo.
Nel programma globale di riabilitazione, in cui il paziente impara a camminare e a prendersi cura della propria persona, vengono spesso dimenticati i problemi del viso e del tratto orale, che rimangono cosi esclusi dal trattamento.
Le difficoltà persistenti peggioreranno la qualità di vita del paziente e interferiranno con il reinserimento sociale. Egli non potrà più godere nel mangiare e bere da solo o con altre persone. A causa dell'espressione facciale inappropriate o ridotta, le altre persone possono giudicarlo erroneamente o mal interpretare le sue reazioni. Se il paziente non può parlare come faceva prima, può avere difficoltà a instaurare nuove relazioni, o a conservare le precedenti. Gli altri reagiranno diversamente nei suoi confronti ed è possibile che conversino con lui ad un livello inappropriato.
II grado e il tipo di difficoltà variano notevolmente, poiché si passa da un paziente totalmente incapace di mangiare, ad uno il cui viso non è esattamente simmetrico. Quando si nota una qualsiasi difficoltà, sono necessarie un'osservazione e un'indagine accurate per aiutare il paziente a superare i problemi. 
Si dovrebbero facilitare i movimenti del viso sin dalle prime fasi, per mantenerne la mobilità e stimolarne la sensazione. Il trattamento mirato  nel questo caso è PNF per il viso.
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http://www.viveresano.info/Riab_Mxl-Fcl.html>>

Idrochinesiterapia 08/04/12



L'idrochinesiterapia rappresenta la metodica di massima e migliore integrazione tra le proprietà fisiche dell'acqua e terapeutiche del movimento

L'acqua favorisce in modo determinante l'esecuzione di esercizi di mobilizzazione attiva e passiva, grazie alle sue proprietà fisicobiologiche. La caratteristica principale è il manifestarsi dell'azione antigravitaria secondo la legge di Archimede (un corpo immerso in un liquido riceve una spinta verso l'alto pari al peso del volume del liquido spostato), che determina l'effetto di alleggerimento del corpo immerso.
L'acqua sostiene gran parte del peso del corpo favorendo l'esecuzione di movimenti con un corretto lavoro muscolare anche in condizioni di ridotto tono-trofismo e di difficoltà di carico. Per questo motivo un muscolo che ha forza ridotta e non consente un corretto lavoro può realizzare in acqua diversi movimenti. La riduzione del peso corporeo che si ottiene nel mezzo idrico permette inoltre di eliminare il dolore dovuto al carico e di iniziare precocemente la riabilitazione motoria.  
Altrettanto importante è l'effetto analgesico del calore che si ottiene utilizzando acqua riscaldata ad una temperatura di 32°-35°C. Il calore, infatti, innalza la soglia di sensibilità al dolore determinando anche una sedazione generale e rilasciamento muscolare. 
Un altro effetto è il manifestarsi di fenomeni sensoriali quali un miglior apprezzamento della posizione del proprio corpo e del senso di movimento dovuti alla percezione della pressione esercitata dall'acqua su tutto il corpo che si traduce in una sensazione di maggior sicurezza nell'esecuzione dei movimenti. Il mezzo idrico, più denso rispetto all'aria, permette inoltre movimenti controllati ed eseguiti contro una leggera resistenza. 
Questo riduce i rischi di movimenti incontrollati che possono far insorgere la sintomatologia, peggiorare la situazione patologica, dare paura ed insicurezza al paziente rallentandone la rieducazione.


Massaggio Thailandese - Terapeutico
Il massaggio thai è una delle quattro branche della medicina tradizionale thailandese, insieme con la fitoterapia la medicina nutrizionale e la meditazione. Tramandata oralmente nell'arco dei secoli attraverso una catena ininterrotta di maestri, quest'arte fu trasmessa anche in ambito familiare, assumendo forme diverse a seconda delle regioni.

Le particolari posture assunte dal fisioterapista così come le posizioni e le contorsioni eseguite dal ricevente giustificano l'appellativo di "yoga a due" talvolta attribuito a questa pratica millenaria che contribuisce a mantenere il nostro corpo in buona salute, secondo il concetto orientale che è sempre meglio prevenire piuttosto che curare la malattia.

Il massaggio thai coinvolge tutti i sistemi del corpo umano: energetico, muscolare, osteoarticolare, digerente, respiratore, endocrino. Ma anche, e soprattutto, quello nervoso, grazie al suo effetto profondamente rilassante e calmante.

Questo risultato si ottiene tramite una serie di pressioni lungo i meridiani (Sen Sib.), di allungamento muscolare, di movimenti che si inseguono nel corso di un trattamento fluido e armonioso. Tutte le articolazioni vengono manipolate, i fasci muscolari stirati e sciolti, gli organi premuti e massaggiati.


Benefici
il massaggio thai vuole essere un invito al risveglio del corpo, che consentirà di:

alleviare la sintomatologia dolorosa;
ridurre i gonfiori (ritenzione idrica), favorendo la circolazione arteriosa e venosa, linfatica ed energetica;
contrastare gli effetti negativi delle attività simmetriche, mantenendo il corretto allineamento della postura del corpo;
migliorare la flessibilità e la mobilità articolare, alleviando alla rigidità associate al processo di invecchiamento.


Controindicazioni
il massaggio thai prevede numerose manipolazioni articolari, stiramenti muscolari da eseguire facendo leva con il corpo e pressioni esercitate in profondità, per ciò non deve essere praticato in caso di:

malattia contagiosa accertata, in particolare affezioni della pelle;
grave alterazione dello stato generale; (salvo parere medico favorevole);
frattura o lussazione;
febbre;
intossicazione da alcol o droga;
malattia ossea.
Il massaggio thai terapeutico è un vero e proprio intervento paramedico.
Pertanto è importante che venga eseguito da un fisioterapista professionale per questioni di assunzione di responsabilità nei confronti del paziente

07/04/12

2/3/2012 Sintomi e segni della sclerosi multipla

I sintomi della sclerosi multipla sono diversi e variano da paziente a paziente e in base alla zona del corpo colpita da demielinizzazione.
La sclerosi multipla può avere sintomi assai diversi tra caso e caso, in quanto diversa può essere la zona colpita da demielinizzazione e inoltre i cambiamenti variano da un soggetto all’altro, addirittura in uno stesso paziente possono presentarsi sintomi diversi e cambiare intensità da un attacco all’altro. I fattori esterni possono influenzare il decorrere della malattia, un esempio su tutti è il calore dell’ambiente esterno o anche il caldo corporeo dovuto all’esercizio fisico che può essere causa di un peggioramento temporaneo dei sintomi della sclerosi multipla.
L'individuazione dei sintomi non è così cosa facile, ora ne elenchiamo i principali che ovviamente non si manifestano tutti, ma dipendono dall’area del corpo colpita dalla malattia.
Tra i primi sintomi della sclerosi multipla ci possono essere problemi alla vista con offuscamento o sdoppiamento dell’immagine percepita, o casi di daltonismo, o nel peggiore delle ipotesi può manifestarsi la cecità (anche da un occhio solo). Si possono poi manifestare altri sintomi all’articolazione e alla muscolatura, con problemi di coordinazione ed equilibrio (nei casi più gravi diventa per il malato impossibile camminare o stare in piedi, fino ad arrivare alla paralisi parziale o totale).
Problemi si possono manifestare anche nella percezione sensoriale, i sensi infatti possono alterarsi causando intorpidimento, formicolii, pruriti o fastidi sulla cute (nei casi più gravi si arriva a una perdita di sensibilità).
L’elenco poi continua con disturbi nel linguaggio, vertigini, debolezza, stanchezza, depressione, perdita di capelli, tremori, difficoltà nell’attenzione e nella concentrazione e perdita di memoria.
I sintomi della sclerosi multipla possono definirsi “intermittenti”, in quanto si alternano periodi di aggressività, in cui questi sono più forti e invadenti; a periodi di remissione, in cui non si manifestano o si manifestano solo debolmente. Quest’alternanza degli attacchi varia molto da paziente a paziente, ma col tempo i periodi di remissione sono sempre più brevi, a favore di quelli di aggressività.
Conoscere i possibili sintomi di questa malattia è sicuramente un modo per stare allerta sullo stato di salute e velocizzare la diagnosi della sclerosi multipla.
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Sclerosi Multipla a Bari Conferme sul metodo Zamboni

06 aprile 2012
RIVISTA DI RICERCA MEDICA NEUROVACSOLARE
Sclerosi Multipla a Bari Conferme sul metodo Zamboni
E’ stato pubblicato sulla rivista medica Current Neurovascular Research un interessante studio italiano intitolato “Profili doppler di qualità multigate ed alterazioni morfologiche/emodinamiche in pazienti con sclerosi multipla”.

Secondo alcuni ricercatori del Policlinico dell’Università di Bari, coordinati dal prof. M.M. Ciccone, l’ecocolordoppler venoso (ECD) ha dimostrato che la sindrome dell’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI) è correlata alla sclerosi multipla (SM).

Gli obiettivi dello studio erano di valutare la variabilità intersignificativa nella valutazione ecografica dei pazienti con SM e di correlare gli ecomarcatori ai sintomi clinici della SM ed al grado di disabilità.

277 pazienti con SM (117 uomini, età media 43,05 ± 10.04 anni) ammessi al Dipartimento di Neurologia dell’Università di Bari, sono stati sottoposti a valutazione clinica con la scala di disabilità per pazienti affetti da sclerosi multipla ed a valutazione ECD del sistema cerebro-venoso.

Al termine dello studio, secondo gli autori, l’ecocolordoppler ha un valore importante nei pazienti con SM con rilevamento di anomalie alle vene giugulari e una buona riproducibilità intersignificativa della procedura. La sclerosi multipla è associata alla CCSVI, anche se sono necessari ulteriori studi.
http://it.paperblog.com/sclerosi-multipla-a-bari-conferme-sul-metodo-zamboni-1011126/

06/04/12

Thc ha varie proprietà farmacologiche




















Thc
 
 

- La marijuana è una sostanza stupefacente psicoattiva. E' costituita dalle infiorescenze femminili della pianta della canapa e i suoi effetti sono dovuti principalmente alla presenza di tetraidrocannabinolo (Thc). Fumarla priam della fioritura, infatti, non produce effetti

- Favorisce una distorsione delle capacità recettive; provoca ilarità ed ebbrezza, espansività e in casi di sostanze particolarmente forti può distrocere alcune percezioni cognitive; aumenta la sensibilità sensoriali (gusto, olfatto, udito) e alcune percezioni tattili e visive; a seconda dei soggetti può favorire loquacità o rilassamento psicofisico, senso di benessere o subeuforico dell'umore


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- La marijuana può essere particolarmente pericolosa nell'età dell'adolescenza. In soggetti che presentano patologie (concalamate o latenti) quali schizofrenia o psicosi, l'assunzione di Cannabis può accelerare i sintomi e aggravarne i disagi. Favorendo infatti un'aplificazione degli stati d'animo, abbassando le difese psicologiche e accentuando alcune percezioni che possono indurre a stati di ansia o paranoia, nei giovani con personalità meno strutturate e in presenza delle patologie sopra indicate il consumo di erba può fungere da combustibile e rivelare il disagio con rischi anche gravi per la salute psichica

- L'effetto ha una durata variabile a seconda della potenza, ma in quasi tutti i casi evapora dopo circa un'ora. La presenza del Thc nel tessuto adiposo, tuttavia, lascia tracce per settimane

- La marijuana non è tossica e non è mai stato possibile stabilirne una dose letale né è stato mai documentato un singolo caso di morte: come per il tabacco porta nei polmoni sostanze cancerogene derivanti dalla combustione

- La marijuana non è da assumere quando si guida o per compiere lavori di precisione o pericolosi che richiedono attenzione, vigilanza, coordinamento dei movimenti e prontezza di riflessi. Tuttavia non esistono studi (seri) che abbiano evidenziato una maggior frequenza di incidenti d'auto in relazione al suo consumo; al contrario di quanto accade con il molto legale alcool

-    Il Thc ha varie proprietà farmacologiche. E' un potente vasodilatatore, abbassa la pressione intraoculare, combatte la nausea e il vomito indotti dai farmaci chemioterapici antitumorali, riduce la spasticità dei muscoli, ha una certa azione analgesica e decisi effetti antidolorifici. Viene usata in molte parti del mondo su pazienti con patologie croniche, di depressione o in fase terminale per alleviare il dolore e come antiemetico. 


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GLI USI TERAPEUTICI DELLA MARIJUANA: GLAUCOMA, PARKINSON, APPETITO, SCLEROSI MULTIPLA, DOLORI REUMATICI, AZIONE ANTITUMORE.

Ecco le patologie in cui si stanno sperimentando i principi attivi contenuti nella marijuana:

Glaucoma: i dati definitivi sull’efficacia di un collirio alla marijuana per la cura del glaucoma saranno presentati a breve nel Congresso nazionale della Società Italiana di Farmacologia. Un gruppo di oculisti dell’università dell’Arizona ha individuato negli occhi il recettore del tetraidrocannabinolo (Thc), uno dei principi attivi della canapa. Secondo i ricercatori da questi recettori dipende la pressione endoculare, il cui aumento è causa di danni alla retina. La sostanza di base del collirio, la WIN 552122 è un agonista sintetico del recettore centrale dei cannabinoidi, un "facilitatore" d’ingresso dei derivati della canapa nella nelle cellule di origine nervosa e sembra che abbia ottenuto risultati promettenti nei pazienti refrattari alle terapie convenzionali. Risultati importanti, visto che solo in un caso su 10 si riesce ad evitare la cecità per neuropatia ottica. Secondo gli stessi ricercatori che hanno individuato i recettori CB1 nella retina, nell’iride e nei corpi ciliari, l’ipertensione intraoculare degli 8 pazienti glaucomatosi resistenti ad altre terapie è scesa del 15 per cento e del 23 per cento a mezz’ora dall’applicazione dei colliri contenenti, rispettivamente, 25 o 50 milionesimi di grammo di principio attivo. «Questi dati», commenta Gennaro Schettini, presidente del congresso nazionale della Società Italiana di Farmacologia, «confermano un coinvolgimento diretto dei recettori cellulari per i cannabinoidi nella regolazione della pressione intraoculare e rafforzano le possibili proprietà antiglaucoma della marijuana, suggerendo ulteriori approfondimenti anche in Italia sia farmacologici che clinici».
Parkinson: studi in corso suggeriscono che gli endocannabinoidi, le sostanze prodotte all’interno dei centri nervosi coinvolti nel Parkinson siano tre volte superiori a quelli riscontrati in ogni altra regione del cervello e possano avere un ruolo nel controllo del movimento volontario e nei disturbi del movimento correlati al morbo. Alcuni risultati sugli animali, mostrano che l’azione degli endocannabinoidi potrebbe essere utile nel trattamento del Parkinson.
Fertilità: alla marijuana sembrano sensibili anche gli spermatozoi. Alcuni scienziati dell’Università del Buffalo (Usa), hanno scoperto un sistema di segnalazione cellulare, presente negli spermatozoi, che utilizza come messaggeri alcuni cannabinoidi tra cui il Thc. Questo potrebbe stimolare la mobilità degli spermatozoi e facilitare la fecondazione. Gli stessi autori dello studio, però, avvertono che, nonostante una migliore comprensione di questi meccanismi può permettere di sviluppare nuovi farmaci, l’abuso della marijuana può mettere in pericolo la fertilità sovraccaricando il naturale sistema di regolazione dello sperma.
Appetito: speranze e delusioni rispetto alla capacità di trattare con la marijuana i disturbi dell’appetito nei malati di cancro e di Aids arrivano proprio dalla California. Se al Congresso internazionale sull’Aids di Durban uno studio presentato da Donald Abrams dell’Università di San Francisco aveva mostrato che i pazienti in terapia con inibitori della proteasi che fumavano marijuana, o la assumevano per via orale, guadagnavano in media due Kg in più rispetto a quelli trattati con il placebo, gli oncologi californiani per i malati di cancro non sono arrivati alle stesse conclusioni. Sempre da San Francisco, infatti, un gruppo di ricercatori sperava di stimolare l’appetito nei malati di tumore in fase avanzata con il dronabinolo, un derivato della canapa, i pazienti trattati con il farmaco tradizionale contro l’anoressia, il megestrolo. Risultato: nel 73 per cento dei casi i pazienti trattati con la terapia tradizionale hanno avuto un aumento dell’appetito, quelli trattati con il dronabinolo solo il 47 per cento.
Sclerosi multipla: dal British Medical Journal si apprende che è partito in Inghilterra uno studio sugli effetti dei cannabinoidi in 20 casi di sclerosi multipla. I pazienti sono divisi in tre gruppi. Uno prende un estratto naturale di cannabis, l’altro un Thc sintetico, e il terzo un placebo. Lo studio che durerà tre anni, sarà allargato a circa seicento pazienti in diversi centri. Intanto dovrebbero giungere nei prossimi mesi i risultati di uno studio analogo per testare l’efficacia dell’estratto di cannabis contro gli spasmi.
Dolori reumatici: in California, secondo un’inchiesta condotta su 1.000 consumatori americani, riportata da Arthritis Today, la marijuana è stata utilizzata per l’artrite o altre malattie reumatiche. A Parigi uno studio clinico di Fase I ha concluso che un derivato sintetico del Thc allevia il dolore e riduce l’infiammazione senza effetti psichici rilevanti.

Azione antitumorale: da Nature Medecine sono arrivate notizie sulle proprietà antitumorali dei cannabinoidi. Secondo uno studio condotto da ricercatori spagnoli comparso sulla prestigiosa rivista il Thc, induce, nei topi, una notevole regressione del glioma maligno, un tumore cerebrale che uccide molto velocemente. I ricercatori hanno osservato 45 animali nei quali era stato indotto questo cancro. Un terzo era trattato con Thc continuamente iniettato nel sito tumorale, un altro terzo con un altro cannabinoide e i rimanenti non trattati. Dopo 18 giorni i topi non curati sono morti, mentre in entrambi i gruppi trattati con cannabinoidi il tumore era distrutto oppure la vita si era prolungata di diverse settimane. Secondo gli studiosi questi risultati autorizzano ad intensificare le ricerche. (Fonte: Salute di Repubblica; Autore: Mirella Taranto)



NB: L'ADMI ritiene i propri lettori persone ragionevoli e dotate di senso della misura. Ha deciso quindi di pubblicare i vostri commenti immediatamente. Si riserva però la facoltà di cancellare commenti di cattivo gusto o che possano essere ritenuti offensivi.  

Sativex chiude procedura di mutuo riconoscimento Data di pubblicazione: 22/03/2011

Sativex Mutual Recognition Procedure Closes
Released : 22/03/2011

RNS Number : 3504D
GW Pharmaceuticals PLC
22 March 2011



Sativex® Mutual Recognition Procedure Closes with Recommendation for Approval in all Six European Countries Involved

·     National approvals expected in Germany, Italy, Denmark, Sweden, Austria and Czech Republic from mid-2011 onwards

·     Launches in Germany, Denmark and Sweden expected before end of 2011

·     Sativex already approved and marketed in UK and Spain

Barcelona, Spain; Porton Down, UK; 22nd March 2011: GW Pharmaceuticals plc (AIM:GWP) and Almirall S.A. (ALM) today announce the successful completion of the European Mutual Recognition Procedure (MRP) for Sativex® oromucosal spray in the treatment of spasticity due to Multiple Sclerosis (MS).

Following initial approvals obtained in the UK and Spain during 2010, the objective of this MRP was to expand the approval of Sativex to six additional European countries. The MRP has now closed successfully with the regulatory authorities in all six countries confirming that Sativex meets their requirements for approval. The countries involved in the MRP and in which Sativex® is now expected to be approved are Germany, Italy, Denmark, Sweden, Austria and the Czech Republic.

The next step in the regulatory process involves separate national phases in each country to finalise local wording on product packaging and related documents and also to agree any other country-specific requirements. Following completion of the national step, we expect each country to then issue a national marketing authorisation. We anticipate launch before the end of 2011 in Germany, Denmark and Sweden with the remaining countries expected in 2012.

Following the conclusion of this MRP, a further MRP submission will be made later in 2011 with a view to expanding the approval of Sativex® to additional European countries.

Dr Stephen Wright, GW's R&D Director, said, "Today's news represents a major step forward for the international commercialisation of Sativex®. Following recent launches in the UK and Spain, GW and Almirall can now look forward to commercialising Sativex®  in a further six European countries in the near term. The successful outcome of this regulatory process also provides further endorsement of the quality of the Sativex® clinical data and recognition of the important role Sativex® can play in meeting the needs of people with Multiple Sclerosis."

"For Almirall, the successful completion of the MRP regulatory process for Sativex® represents very good news and reinforces our commitment to offering innovative solutions to patients. Sativex® is the first drug which provides MS patients with a treatment option to mitigate spasticity and other related symptoms" said Bertil Lindmark, Chief Scientific Officer at Almirall.

Sativex®, which has been developed by GW Pharmaceuticals, is also in phase III clinical development for the treatment of cancer pain, as the next indication following MS spasticity. Almirall holds the marketing rights to this medicine in Europe (except the United Kingdom).

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Traduzione da Google:

Sativex chiude procedura di mutuo riconoscimento
Data di pubblicazione: 22/03/2011

RNS Numero: 3504D
GW Pharmaceuticals PLC
22 marzo 2011
Sativex ® procedura di mutuo riconoscimento per l'Approvazione della raccomandazione si chiude con tutti e sei i Paesi europei coinvolti



° omologazioni nazionali previsti in Germania, Italia, Danimarca, Svezia, Austria e Repubblica Ceca a partire da metà 2011 in poi



· Lancia in Germania, Danimarca e Svezia attesi entro la fine del 2011



Già · Sativex approvato e commercializzato nel Regno Unito e Spagna



Barcellona, Spagna, Porton Down, UK, 22 marzo 2011: GW Pharmaceuticals plc (AIM: GWP) e SA Almirall (ALM), annuncia oggi il completamento della procedura di riconoscimento reciproco europee (MRP) per spray per mucosa orale Sativex ® per il trattamento della spasticità dovuta a sclerosi multipla (SM).



Ottenuti a seguito della approvazione iniziale nel Regno Unito e Spagna costantemente il 2010, l'oggettivazione di questa procedura di mutuo riconoscimento è stato quello di espandere l'approvazione del Sativex per altri sei Paesi europei. La MRP ha ora chiuso con successo con le Autorità di regolamentazione in tutti e sei i Paesi confirmé Che la loro Sativex soddisfa i requisiti per l'approvazione. I paesi coinvolti nella procedura di mutuo riconoscimento e nella quale il Sativex ® è ora dovrebbe essere approvata sono Germania, Italia, Danimarca, Svezia, Austria e Repubblica ceca.



Il passo successivo nel processo di regolamentazione comporta separate fasi nazionali di ogni paese finalis locale facendo sulle confezioni dei prodotti e dei relativi documenti e ad accettare anche eventuali altri requisiti specifici per paese. A seguito del completamento della fase nazionale, ci aspettiamo che a ciascun paese poi rilasciare un'autorizzazione nazionale all'immissione in commercio. Anticipiamo il lancio entro la fine del 2011 in Germania, Danimarca e Svezia con i Paesi resta atteso nel 2012.



A seguito della conclusione di questo MRP, MRP presentazione Ulteriori un compromesso elaborato in seguito nel 2011 al fine di ampliare l'approvazione del Sativex ® per altri paesi europei.



Dr. Stephen Wright, GW R & D Director, ha dichiarato: "Oggi le News Injuries rappresenta un importante passo avanti per la commercializzazione internazionale di Sativex ®. Seguente avvia recente nel Regno Unito e Spagna, GW e Almirall in grado-ora vediamo l'ora di commercializzare il Sativex ® in altri sei Paesi europei nel breve termine. Il successo di questo processo normativo prevede inoltre ulteriormente sostegno della qualità del Sativex ® dati clinici e il riconoscimento del ruolo importante Sativex ® è in grado-play nel soddisfare i bisogni delle persone con sclerosi multipla ".



"Per Almirall, il positivo completamento del processo di mutuo riconoscimento normativo per il Sativex ® rappresenta notizie voce molto buona e le forze pure il nostro impegno ad offrire soluzioni innovative ai pazienti. Sativex ® è il primo farmaco che consente ai pazienti SM con una opzione di trattamento per ridurre la spasticità e di altro sintomi ", ha dichiarato Bertil Lindmark, Chief Scientific Officer di Almirall.



Sativex ®, che è stato sviluppato da GW Pharmaceuticals, è in sviluppo clinico di fase III anche per il trattamento del dolore da cancro, come l'indicazione successivo spasticità MS. Almirall detiene i diritti di commercializzazione di questo farmaco in Europa (ad eccezione del Regno Unito).

BY STEFANO B. fb

SCALA #EDSS (Expanded Disability Status Scale)


SCALA EDSS (Expanded Disability Status Scale)
Secondo la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quanto la malattia influisce sulla qualità di vita del paziente può essere descritto in termini di impairment (insieme dei deficit neurologici prodotti dalla malattia); disability (le limitazioni del paziente nelle attività della vita quotidiana), e handicap (le limitazioni nelle attività sociali e lavorative).

Attualmente, il grado di severità della SM e, cioè, delle sequele neurologiche prodotte dal danno anatomico che subisce il tessuto nervoso, si effettua tramite una serie di scale cliniche fra le quali, la più utilizzata è quella seguente, proposta da Kurtzke e chiamata "Expanded Disability Status Scale" (EDSS).

EDSS: la scala di disabilità per pazienti affetti da sclerosi multipla.
Tratta da M.D. Medicinae Doctor - n° 7 marzo 1997. La disabilità neurologica, che dipende nei pazienti affetti da SM dall'attività lesiva del processo demielinizzante a carico del Sistema nervoso centrale, viene valutata secondo una scala istituita come EDSS (Expanded Disability Status Scale) dal neurologo americano Kurtzke nel 1983.






EDSS =0: Paziente con obiettività neurologica normale demielinizzante.
EDSS da 1 a 3.5: Il paziente è pienamente deambulante, pur avendo deficit neurologici evidenti in diversi settori (motorio, sensitivo cerebellare, visivo, sfinterico) di grado lieve o moderato, non interferenti sulla sua autonomia.
















Da un EDSS =4 in su, i disturbi della deambulazione diventano preponderanti per il calcolo della disabilità secondo quanto segue:
EDSS =4: Paziente autonomo, deambulante senza aiuto e senza sosta, per circa 500 metri. 























 



 EDSS =4.5: Paziente autonomo, con minime limitazioni nell'attività completa quotidiana e deambulazione possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 300 metri. 













  


  


EDSS =5: Paziente non del tutto autonomo, con modeste limitazioni nell'attività completa quotidiana e deambulazione possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 200 metri.



 

EDSS =5.5: Paziente non del tutto autonomo, con evidenti limitazioni nell'attività completa quotidiana e deambulazione possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 100 metri.












 






EDSS =6: Il paziente necessita di assistenza saltuaria o costante da un lato (bastone, grucce) per percorrere 100 metri senza fermarsi.








EDSS =6.5: Il paziente necessita di assistenza bilaterale costante, per camminare 20 metri senza fermarsi. 











 



EDSS =7: Il paziente non è in grado di camminare per più di 5 metri, anche con aiuto, ed è per lo più confinato sulla sedia a rotelle, riuscendo però a spostarsi dal14 stessa da solo. 



  







EDSS =7.5: Il paziente può solo muovere qualche passo. E' obbligato all'uso della sedia a rotelle, e può aver bisogno di aiuto per trasferirsi dalla stessa. 
















EDSS =8: Il paziente è obbligato alletto non per tutta la giornata o sulla carrozzella. Di solito ha un uso efficiente di uno o di entrambi gli arti superiori.  











 




 EDSS =8.5: Il paziente è essenzialmente obbligato alletto. Mantiene alcune funzioni di autoassistenza, con l'uso discretamente efficace di uno od entrambi gli arti superiori. 

















EDSS =9: Paziente obbligato a letto e dipendente. Può solo comunicare e viene alimentato.















      


EDSS =9.5: Paziente obbligato a letto, totalmente dipendente. 




















EDSS =10: Morte dovuta alla patologia.












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Eseguita in Italia la prima angioplastica con stent riassorbibili

 

http://noteesalute.blogspot.com/2012/01/eseguita-in-italia-la-prima.html
 

È durato circa 45 minuti il primo intervento in Italia, terminata la fase sperimentale, di angioplastica con stent coronarici bioassorbibili . E' stato effettuato all'ospedale San Giacomo di Castelfranco Veneto Lo ha reso noto la stessa Ussl 8 di Asolo (Treviso), che spiega come l'operazione, che ha avuto come paziente un uomo di 41 anni che esegue molta attivita' sportiva affetto da aterosclerosi coronarica diffusa, sia durata 45 minuti e abbia avuto "un esito ottimo". Ad eseguire l'intervento l'equipe della sala di Emodinamica diretta dal Primario di Cardiologia dell'ospedale San Giacomo, Carlo Cernetti. La procedura eseguita con accesso attraverso la arteria radiale di destra senza complicanze, ha consentito al paziente di poter tornare nella propria stanza di degenza autonomamente: si tratta del primo caso del genere a livello nazionale. "Tale tecnologia consente di ricostruire l'anatomia delle ***arterie*** coronariche introducendo nelle stesse delle protesi bioassorbibili che nel giro di 18-24 mesi riparano completamente l'arteria per poi dissolversi, a differenza degli attuali stent metallici (medicati e non) che permangono a tempo indefinito nell'albero coronarico del paziente". La terapia riparativa, associata a una farmacologica moderna, "permette ai paziente di condurre una vita pressoche' normale con netta riduzione del rischio di futuri eventi cardiovascolari" e, per quanto per ora sia applicabile solo a una fascia circoscritta di pazienti, apre "la strada ad uno scenario, nella cardiologia interventistica, di enorme impatto per i pazienti affetti da patologia ostruttiva vasale". Continua il dott. Cernetti : "Si tratta di un intervento significativo perche' questo nuovo tipo di stent lentamente rilascia un farmaco che permette la guarigione ***dell'arteria ostruita *** e dopo 18-24 mesi viene completamente bioassorbito. Questa tecnologia riduce il rischio di trombosi tardiva dello stent e dona nuovamente alla arteria le sue capacita' naturali di rispondere a stimoli neuro-endocrini (vasodilatazione e vasocostrizione)".
Un bel passo in avanti per la cardiologia interventistica.

Malattie cardiache: il Tai chi unisce mente e corpo per sconfiggerle


http://www.medicinalive.com/medicina-alternativa/medicina-tradizionale-cinese/malattie-cardiache-tai-chi-mente-corpo-per-sconfiggerle/
L’antica arte orientale del Tai chi, nata da pratiche di combattimento, oggi sembra poter combattere i “demoni” del nostro cuore. È attraverso la fluidità di quei movimenti, composti ed equilibrati e delle tecniche respiratorie che si armonizzano con la concentrazione mentale e spirituale che, secondo recenti studi pubblicati sull’Archives of Internal Medicine, le persone con insufficienza cardiaca cronica sarebbero in grado di migliore la propria vita.
Antichi insegnamenti che già nell’anno 1000 a.C. venivano tramandati nel Neijing, il testo della medicina tradizionale cinese, prescrivevano esercizi fisici e di respirazione (o anche massaggi), per prevenire malattie endemiche di alcune regione delle Cina. Successivamente furono i taoisti ad affinare queste “arti mediche” unendo alle pratiche fisiche e respiratorie lo spirito e la mente come tecniche efficaci per la prevenzione e cura di malattie ed il mantenimento della salute.
***********Oggi sono i ricercatori statunitensi della Harvard Medical School, a riscoprire ed esplorare, con un approccio scientifico, gli effetti del Tai Chi su 100 pazienti ospedalizzati affetti da insufficienza cardiaca sistolica. Il risultato sembra suggerire proprio quello che i taoisti avevano sapientemente intuito: un miglioramento della qualità della vita (in generale). I pazienti presi in esame, infatti, sono stati suddivisi in due gruppi: il primo con regolarità, per un periodo di dodici mesi, ha praticato lezioni di Tai chi. L’altro ha fatto parte di un gruppo che ha solo seguito una formazione teorica. I benefici manifestati dagli individui del primo gruppo hanno avuto ricadute non solo sulla qualità della vita ma anche sull’umore dei pazienti, fragili e debilitati a causa delle loro malattie croniche, che, al termine del periodo in esame, hanno manifestato  una naturale propensione all’esercizio e alla pratica del Tai Chi. Gli studi della Harvard Medical School suggeriscono, inoltre, la pratica del Tai Chi non solo come cura, ma anche come prevenzione per i disturbi che, con il passare del tempo e l’invecchiamento, conducono a una condizione di malattia cronica: pensiamo ad esempio all’artrosi del ginocchio! Lo spirito e la mente sembrano così riemerge dal passato del grande paese orientale e ritrovarsi nell’antica tecnica che prende corpo nei tanti nomi esotici che oggi contrastano malattie e deficit fisici del nostro secolo. [Fonte: Harvard Medical School]

La fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale e’ un’aritmia cardiaca caratterizzata da una completa irregolarita’ dell’attivazione elettrica degli atri, due delle quattro camere cardiache. In presenza di tale anomalia, le normali contrazioni atriali vengono sostituite da movimenti caotici, completamente inefficaci ai fini della propulsione del sangue. Inoltre il battito cardiaco diviene completamente irregolare.

La fibrillazione atriale e’ la piu’ comune fra le aritmie cardiache, con una prevalenza dello 0.5% nella popolazione adulta.
Il rischio di esserne affetti aumenta con l’eta’: la percentuale dei pazienti affetti sale al 5% oltre i 65 anni. Tale aritmia e’ poi piuttosto comune nei pazienti con altre patologie cardiocircolatorie, come l’ipertensione arteriosa, la malattia coronarica, ma soprattutto le malattie valvolari: fra il 30 e l’80% dei pazienti operati per malattia della valvola mitrale giungono all’intervento in fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale puo’ essere cronica, ovvero continua, persistente oppure parossistica, con episodi di durata variabile da pochi secondi ad alcune ore o giorni.
Essa e’ causa di un significativo aumento del rischio di complicazioni cardiovascolari e di una riduzione della sopravvivenza a distanza.
Provoca inoltre una riduzione della tolleranza agli sforzi, causata da un’efficienza subottimale della contrazione del cuore, con sintomi quali palpitazioni, affaticamento e mancanza di fiato. Infine, il ristagno di sangue nelle camere atriali “paralizzate” dall’aritmia, favorisce la formazione di coaguli all’interno del cuore ed il rischio di fenomeni embolici come l’ictus cerebrale. Per questo motivo i pazienti con fibrillazione atriale vengono solitamente trattati con farmaci anticoagulanti.

Per quanto riguarda il trattamento, vi sono due possibili strategie: 1) la cardioversione, o conversione al ritmo cardiaco normale ed
2) il semplice controllo della frequenza cardiaca. Solo la conversione ed il mantenimento di un ritmo normale, anche detto “sinusale”, permettono pero’ di minimizzare i sintomi ed i rischi descritti, oltre a consentire l’interruzione della terapia cronica con farmaci anticoagulanti.
Il mantenimento del ritmo sinusale e’ pero’ molto spesso difficile.
I farmaci antiaritmici deputati a tale scopo sono frequentemente inefficaci e sono spesso causa di effetti collaterali anche piu’ gravi della stessa fibrillazione atriale.

Recenti sviluppi hanno consentito di trattare la fibrillazione atriale mediante ablazione con radiofrequenza.
Si sono infatti individuate nell’ambito della parete atriale delle zone responsabili dell’inizio e del mantenimento dell’aritmia, in prossimità dello sbocco negli atri delle grosse vene provenienti dai polmoni. Creando delle bruciature con cateteri a radiofrequenza, tali aree di instabilità possono essere neutralizzate.
Con procedure di questo tipo e’ possibile trattare virtualmente ogni paziente affetto da fibrillazione atriale con ottime probabilita’ di successo.

Nel campo del trattamento non farmacologico della fibrillazione atriale, il nostro Centro e’ un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale.
In caso di fibrillazione atriale associata ad una malattia cardiaca di altro tipo si procede ad ablazione dell’aritmia durante l’intervento cardiochirurgico necessario per corregere la cardiopatia di base. In questo modo, oltre ai benefici dell’intervento correttivo a cuore aperto, il paziente potra’ giovarsi anche del recupero del normale ritmo cardiaco e potra’ in molti casi evitare la terapia anticoagulante cronica.
Nel caso in cui invece la fibrillazione atriale sia isolata, non associata ad altre malattie cardiache suscettibili di correzione chirurgica, sono state recentemente messe a punto delle tecnologie innovative per eliminare l’aritmia con ablazioni con radiofrequenza per via transvenosa: il catetere da ablazione con radiofrequenza raggiunge il cuore attraverso il sistema venoso; quindi con una semplice puntura di una vena in regione inguinale si possono eseguire le bruciature sulla superficie interna degli atri curando l’aritmia.

La fibrillazione atriale, e’ una patologia a lungo sottovalutata in passato, della quale si stanno recentemente chiarendo le gravi implicazioni cliniche. Pertanto i moderni sviluppi nel suo trattamento chirurgico e transvenoso sono attualmente motivo di grande interesse per la letteratura scientifica internazionale.
A causa di una generale disinformazione, molti pazienti attualmente non sono a conoscenza della reale importanza del problema, e soprattutto delle moderne possibilita’ terapeutiche.


Circa 2,2 milioni di persone negli USA sono affette da fibrillazione atriale .

La prevalenza stimata nella popolazione generale è dello 0,4%, con aumento proporzionale all’età.
La fibrillazione atriale non è comune nell’infanzia, se non in associazione ad altre patologie cardiache.
Al di sotto dei 60 anni la prevalenza è inferiore all’1%, mentre è superiore al 6% al di sopra degli 80 anni.
La prevalenza è maggiore nei pazienti di sesso maschile.

La frequenza di fibrillazione atriale isolata o idiopatica varia tra il 12% in alcuni studi e il 30% in altri.
In tutti i restanti casi si associa a cardiopatia ipertensiva, cardiopatia ischemica, insufficienza cardiaca, cardiomiopatie,
valvulopatia mitralica, pericardite, abuso di alcool, embolia polmonare ed ipertiroidismo.
Può inoltre associarsi ad infezioni acute sistemiche, ipossia e chirurgia cardiaca.
La fibrillazione atriale è presente in circa il 50% dei pazienti affetti da patologia valvolare mitralica. L’evoluzione naturale della fibrillazione atriale dopo interventi di chirurgia cardiaca senza concomitante trattamento specifico dell’aritmia prevede un ripristino spontaneo del ritmo sinusale nel 15-20% dei casi.
Nei pazienti sottoposti ad interventi cardiochirurgici, la persistenza di fibrillazione atriale dopo l’intervento porta ad una riduzione della sopravvivenza globale, poiché non viene eliminato un importante fattore di rischio per l’insorgenza di insufficienza cardiaca e di gravi eventi tromboembolici. In uno studio, è stato dimostrato come il ripristino del ritmo sinusale sia associato ad una maggiore probabilità di sopravvivenza: 99% e 94% rispettivamente ad 1 e 4 anni dall’intervento in caso di ripristino spontaneo del ritmo sinusale, contro 97% e 77% rispettivamente ad 1 e 4 anni dall’intervento nel caso di permanenza di fibrillazione atriale.

I vantaggi del ripristino del ritmo sinusale dopo interventi cardiochirurgici sono più evidenti nei pazienti che non necessitano altrimenti di terapia anticoagulante, principalmente nei pazienti sottoposti ad interventi di plastica valvolare mitralica o di sostituzione valvolare con protesi biologica. In pazienti sottoposti ad interventi di plastica valvolare mitralica e concomitante trattamento della fibrillazione atriale con l’utilizzo della "Maze Procedure" è stata dimostrata una consistente diminuzione della probabilità di eventi tromboembolici e di rischio di sanguinamento dovuto alla terapia anticoagulante rispetto ad un gruppo controllo.

In assenza di trattamento chirurgico specifico combinato della fibrillazione atriale, la probabilità di ripristino del ritmo sinusale stabile dopo interventi cardiochirurgici nei pazienti affetti da fibrillazione atriale cronica è inferiore al 10%.
La probabilità di ripristino del ritmo sinusale aumenta quando la fibrillazione atriale viene trattata aggressivamente con terapia farmacologica o con cardioversione elettrica dopo l’intervento, tuttavia il mantenimento a distanza del ritmo sinusale rimane comunque inferiore al 26%.
Il trattamento della fibrillazione atriale durante interventi cardiochirurgici mostra ad oggi dei risultati soddisfacenti e dei rischi contenuti, ed è quindi da prendere in considerazione in ciascun paziente affetto da fibrillazione atriale e candidato a chirurgia elettiva per altra patologia cardiaca.
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CLASSIFICAZIONE DELLE TIPOLOGIE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE

In passato si tendeva a distinguere tra fibrillazione atriale parossistica (PAF) e fibrillazione atriale cronica (CAF).
Secondo le più recenti linee guida dell’American College of Cardiology/American Heart Association/European Society of Cardiology (ACC/AHA/ESC) è necessario distinguere innanzitutto un primo episodio isolato di fibrillazione atriale, indicare se la regressione è stata spontanea o indotta, stabilire se il paziente è sintomatico o meno, tenendo presente che può esserci incertezza nel definire la durata dell’episodio stesso e l’eventuale presenza di episodi misconosciuti in passato. Quando nello stesso paziente si siano accertati 2 o più episodi, la fibrillazione atriale viene considerata ricorrente. In questi casi, qualora via sia il ripristino spontaneo del ritmo sinusale e gli episodi siano di durata inferiore o uguale a 7 giorni, la fibrillazione atriale ricorrente viene designata come parossistica; nel caso in cui gli episodi abbiano durata superiore a 7 giorni e/o il ripristino del ritmo sinusale abbia richiesto un trattamento di cardioversione farmacologica o elettrica, la fibrillazione atriale ricorrente viene designata come persistente. Nei casi in cui la cardioversione elettrica non sia stata tentata o sia stata inefficace e il paziente permanga in fibrillazione atriale, si parla di fibrillazione atriale permanente.
Questa classificazione prende in considerazione tutti gli episodi di fibrillazione atriale di durata superiore a 30 secondi e nei quali non sia riconoscibile una causa reversibile. I casi secondari a condizioni precipitanti quali infarto miocardio acuto, chirurgia cardiaca, miocardite, ipertiroidismo e malattia polmonare acuta vengono considerati separatamente: in questi pazienti il trattamento della patologia di base associato al trattamento dell’episodio di fibrillazione atriale di solito determina la risoluzione dell’aritmia.



SINTOMATOLOGIA CLINICA




La fibrillazione atriale può essere sintomatica o asintomatica.
I sintomi variano con la frequenza ventricolare, con il sottostante stato funzionale, con la durata della fibrillazione atriale e con la percezione individuale del paziente.
Il disturbo del ritmo può avere come prima manifestazione una complicanza embolica o l’esacerbazione di un’insufficienza cardiaca sottostante.

I sintomi principali che il paziente avverte sono palpitazioni, dolore toracico, dispnea, affaticamento. L’aumentato rilascio di peptide natriuretico atriale può essere associato a poliuria.
La fibrillazione atriale può portare a cardiomiopatia tachicardia-indotta, specialmente in pazienti che non si accorgono di essere affetti da aritmia.

La sincope è un evento raro ma grave, che di solito indica una eccessiva diminuzione della risposta ventricolare, l’associazione di stenosi valvolare aortica o di una cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, un accidente cerebrovascolare o la presenza di una via di conduzione atrio-ventricolare anomala.
Sebbene certamente l’ictus cerebri costituisca la complicanza più temibile della fibrillazione atriale, anche lo stesso disturbo del ritmo è in grado di diminuire la qualità della vita dei pazienti affetti, sia in termini di impedimento funzionale – valutato secondo la classificazione funzionale della New York Heart Association (NYHA) – sia come fastidiosa irregolarità del ritmo cardiaco associata a palpitazioni.
L’utilizzo di una terapia anticoagulante orale, che costringe il paziente a frequenti esami del sangue per regolare la dose di farmaco da assumere, è un altro fattore che ha importanti implicazioni sulla qualità della vita dei pazienti in fibrillazione atriale. Alcuni studi mostrano che di 97 pazienti solo il 61% ha preferito seguire la terapia anticoagulante proposta piuttosto che non assumere la terapia, dunque una percentuale decisamente inferiore a quella per cui il trattamento è raccomandato secondo le linee guida più recenti.

Neuromielite Ottica, basta una analisi del sangue per distinguerla dalla sclerosi multipla

http://www.osservatoriomalattierare.it/ricerca-scientifica/1567-neuromielite-ottica-basta-una-analisi-del-sangue-per-distinguerla-dalla-sclerosi-multipla

I ricercatori della Mayo clinic hanno identificato gli stadi critici che portano alla distruzione della mielina nella Neuromielite Ottica, una malattia neurologica debilitante che di solito viene mal diagnosticata e confusa per sclerosi multipla (SM).
I risultati della ricerca potrebbero portare a una migliore cura per i pazienti affetti in tutto il mondo da NMO.

La NMO è una malattia infiammatoria autoimmune del sistema nervoso centrale che danneggia i nervi ottici e il midollo spinale, provocando ipovisione, debolezza, insensibilità e talvolta paralisi del braccio o della gamba e perdita di controllo dell'intestino e della vescica. Fino al 2005 la NMO era stata sempre diagnosticata come una grave variante della Sclerosi Multipla (SM) fino a quando un team guidato da Vanda A. Lennon, un'immunologa ricercatrice della Mayo Clinic, identificò un anticorpo specifico della NMO e scoprì che il suo bersaglio imprevisto era l’acquaporina 4, un’importante proteina canale che veicola l’acqua del sistema nervoso. Ciò che emerge da questa ricerca è che una semplice analisi del sangue ha rivoluzionato la diagnosi della NMO, perché consente una sua differenziazione dalla SM e introduce cure più appropriate.
L'anticorpo della NMO attacca gli astrociti che nel cervello e nel midollo spinale sono dieci volte più numerosi dei neuroni. Oltre a fornire nutrimento ai neuroni e a supportare il processo di riparazione e di rimarginazione, le altre funzioni chiave svolte dagli astrociti includono la regolazione dell'acqua dei tessuti, le attività elettriche dei neuroni e la stabilizzazione  la copertura protettiva dei nervi (la mielina). Attaccando i canali proteici per il trasporto dell’acqua sugli astrociti, l’anticorpo distrugge anche tutte le funzioni dinamiche correlate dell'astrocito e negli attacchi acuti uccide molti astrociti.
I nuovi risultati della ricerca costituiscono un progresso nella comprensione dei meccanismi di base della NMO, meccanismi cruciali per lo sviluppo risolutivo di un trattamento ottimale o persino una cura.
I risultati chiave includono:
* L'anticorpo associato all'NMO agisce su due isoforme del canale proteico per il trasporto dell’acqua, cioè l’acquaporina4: M1 e M23. M1 fugge più prontamente dagli anticorpi ma l'anticorpo che lega l’M23 provoca l'aggregazione dell'M23 sulla superficie dell'astrocito, con un conseguente danno cellulare.
* Una conseguenza dell'interferenza dell'anticorpo sul passaggio dell'acqua nel cervello è che l'acqua si accumula nella guaina mielinica, impedendo la rapida trasmissione dei messaggi nervosi la distruzione della mielina (demielinizzazione), che è un tratto caratteristico della SM, contribuendo perciò alla confusione diagnostica.

* Le terapie tradizionali impiegate per trattare  la SM possono realmente peggiorare la NMO.
"Questi risultati vanno ad aggiungersi alla nostra ricerca iniziale e contribuiscono enormemente alla nostra comprensione dell'insorgenza e del progresso della malattia nei pazienti affetti da NMO - spiega la dottoressa Lennon - Solo sapendo sempre di più sulla NMO possiamo sviluppare nuove terapie e nuovi approcci per curare chi è affetto da questa terribile malattia."

Sulla Neuromielite Ottica
Dato che la NMO solo di recente è stata identificata come sindrome distinta dalla SM, è difficile sapere quante persone ne soffrano. Sino a oggi il laboratorio di Immunologia della Mayo Clinic Neuroimmunology Laboratory ha scoperto l'anticorpo in tremila pazienti negli Stati Uniti. Perciò la NMO è più comune di quanto non si pensasse nel passato. La malattia progredisce con ciascun nuovo attacco e non c'è cura. Nella maggior parte dei pazienti, per gestire la NMO è richiesta una combinazione di terapia farmacologica e fisica, con un focus particolare sulla riduzione degli attacchi ricorrenti dopo il trattamento del primo attacco, riducendo in tal modo la disabilità e evitando le ricadute.

Sclerosi multipla: una venulite cronica infettiva cerebrospinale?

DA Xagena 2012 


Sclerosi multipla: una venulite cronica infettiva cerebrospinale?

L'eziologia proposta per lo sviluppo di insufficienza venosa cronica cerebrospinale associata a sclerosi multipla è la presenza di malformazioni venose congenite trunculari.

Questa ipotesi però non è coerente con l'epidemiologia o l'incidenza geografica della sclerosi multipla e non è coerente con molti dei risultati ecografici o radiografici dei disturbi venosi nei pazienti con sclerosi multipla.

Tuttavia, la probabilità di una eziologia venosa della sclerosi multipla rimane forte sulla base di prove accumulate da quando il disturbo è stato descritto. 

E’ stata compiuta una revisione della letteratura medica.

I dati epidemiologici e geografici della prevalenza di sclerosi multipla hanno indicato il coinvolgimento di un agente infettivo.

E’ stato ipotizzato che la malattia venosa potrebbe essere iniziata da un agente infettivo delle vie respiratorie come la Chlamydophila pneumonia, che causa una specifica venulite cronica persistente che colpisce il sistema venoso cerebrospinale.

La diffusione secondaria dell'agente avrebbe inizialmente luogo attraverso il sistema linfatico per coinvolgere in particolare le azygos, le vene giugulari interne e vertebrali.

L'ipotesi propone meccanismi attraverso i quali una vasculite venosa infettiva può provocare danni neurali specifici, effetti metabolici, immunologici e vascolari osservati nella sclerosi multipla.

L'ipotesi descritta è compatibile con molti dei fatti noti sulla patogenesi della sclerosi multipla e fornisce quindi un quadro di riferimento per ulteriori ricerche su un’eziologia venosa della malattia.

Se la sclerosi multipla deriva da una venulite infettiva cronica piuttosto che da una sindrome che coinvolge malformazioni venose congenite trunculari, saranno necessarie terapie aggiuntive agli interventi di angioplastica, attualmente in uso, per ottimizzare i risultati. ( Xagena2012 )

Thibault PK, Phlebology 2012; Epub ahead of print


Neuro2012 Inf2012

Sclerosi Multipla: una revisione sugli ecocolordoppler per il Metodo Zamboni

9 febbraio 2012


 

http://it.paperblog.com/sclerosi-multipla-una-revisione-sugli-ecocolordoppler-per-il-metodo-zamboni-873053/

E’ stata pubblicata sul sito della prestigiosa rivista Phlebology una revisione intitolata “Ecocolordoppler extracranico e transcranico nella diagnosi dell’insufficienza venosa cronica cerebro spinale” da parte di un team di neurologi olandesi.
Secondo gli autori una nuova malattia delle vene, l’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI), è stata proposta nei pazienti con sclerosi multipla (SM). Si tratta di una condizione vascolare caratterizzata da un alterato drenaggio venoso cerebro-spinale a causa di ostruzioni nelle principali vie di deflusso cerebrovenoso extracranico (vale a dire le vene giugulari interne e/o la vena azygos). Nella revisione sono stati discussi gli studi con ecocolordoppler (ECD) che hanno valutato la prevalenza di CCSVI nella SM. Gli aspetti tecnici di determinazione dei cinque criteri CCSVI sono stati descritti dettagliatamente: (1) reflusso nelle vene giugulari e/o vertebrali in posizione supina e seduta, (2) reflusso nelle vene cerebrali profonde, (3) stenosi prossimale della vena giugulare ad alta risoluzione B-mode, (4) flusso non rilevabile nelle vene giugulari e/o vertebrali e (5) il controllo posturale della vie principali di deflusso cerebrovenoso viene descritto nel dettaglio.

Gli autori hanno concluso che finora non ci sono molti studi (con risultati contraddittori) con una solida base scientifica per sostenere la prova di un rapporto causale della CCSVI con la SM. Recenti studi hanno messo in discussione la validità dell’utilizzo dell’ECD come esame corretto ed affidabile per la diagnosi della CCSVI. Una spiegazione per la varietà di interpretazione dei singoli criteri CCSVI con percentuali molto differenti di CCSVI, potrebbe essere dovuta ai diversi metodi di utilizzo dell’ECD per determinare i vari criteri.

Questa revisione potrebbe indirettamente spiegare i primi risultati dello studio “Cosmo” che l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism) ha annunciato nell’ottobre scorso dichiarando che ad oggi sulla base di dati preliminari, la presenza di CCSVI è stata osservata globalmente in meno del 10% dei soggetti esaminati.
Va infatti ricordato che già nel 2010, prima della partenza dello studio Cosmo di Aism, il prof. Zamboni dell’Università di Ferrara, il chirurgo vascolare che ha scoperto la CCSVI nel 2007, si era dimesso dal Comitato Scientifico dichiarando alla stampa che il protocollo Aism rischiava di non riuscire a dimostrare nulla a causa di alcuni difetti di procedura.
Il rischio che l’Aism abbia buttato al vento 1,4 milioni di euro purtroppo sembra molto concreto.

05/04/12

ASCOLTAMI...

ei tu...si tu..proprio tuuu

ASCOLTAMI....

TI DEVO DIRE DELLE COSE..

e non guardarti indietro...e non guardare se c'e' gente accanto a te..perche' sto parlando proprio con te..

ALLORA DAI NON DIVENTARE ROSSO/A
su apri gli occhi e leggi attentamente:

Ti voglio bene
AMICO/A

Ti voglio bene non solo per quello che sei,
ma per quello che sono io quando sto con te.

Ti voglio bene non solo per quello che hai fatto di te stesso/a, ma per ciò che stai facendo di me.

Ti voglio bene perché tu hai fatto più di quanto abbia fatto qualsiasi fede per rendermi migliore,

e più di quanto abbia fatto qualsiasi destino per rendermi felice.

L'hai fatto senza un tocco, senza una parola, senza un cenno.

L'hai fatto essendo te stesso/a.
Forse, dopo tutto, questo vuol dire essere un/a amico/a.
-- Anonimo (non e' mia ma la dedico a VOI)