Le informazioni qui riportate Hanno solo un fine illustrativo: NON costituiscono e NON provengono né da prescrizione né da consiglio medico, rivolgersi SEMPRE e comunque al PROPRIO MEDICO NB: L'ADMI ritiene i propri lettori persone ragionevoli e dotate di senso della misura. I vostri commenti VERRANNO INSERITI dopo controllo, in caso Si riserva la facoltà di cancellare commenti di CATTIVO GUSTO e/o OFFENSIVI
27/05/12
26/05/12
LA STRADA E' LUNGA...LUNGA ..LUNGA la sclerosi multipla è Una malattia IMPREVEDIBILE ~MULTIFATTORIALE.
COME AVEVO GIA' detto
la sclerosi multipla è Una malattia IMPREVEDIBILE ~MULTIFATTORIALE.
Ma nn POTRA' MAI TOGLIERTI LA VITA.... PERCHE' <LA VITA È UNA SOLA ED È PREZIOSA...> .. ma
ragazzi non bisogna scerzarci.. e' UNA MALATTIA IMPORTANTE..
CI SONO VARIE COSE DA SEGUIRE..
ANCHE SE ALLE VOLTE NN CI AGGRADANO DOBBIAMO FARLE.
FUNZIONA COSI'..
DALLA PRIMA DIAGNOSI ..CI SI FA SEGUIRE DAL NEUROLOGO...
POI LE VARIE VISITE ..TERAPIE..ESAMI SI FANNO IN OSPEDALE SEMPRE DA SUGGERIMENTO DAL NEUROLOGO..
AD OGGI ...QUALCUNO HA FATTO UNA MEGA SCOPERTA..E COME SAPRETE GIA' IL SUO NOME E' ZAMBONI PAOLO.
LO STESSO PROF..HA SEMPRE DETTO CHE <NON BISOGNA MAI ABBANDONARE LE TERAPIE>
E MI RACCOMANDO RAGAZZI ....PER I PROSSIMI 10/15 ANNI NOI ABBIAMO BISOGNO DEL NEUROLOGO.....
COME AVREMMO BISOGNO DEL FISIOTERAPISTA...DELL'OCUL
****
AD OGGI ABBIAMO UN NUOVO MEDICO CHE CI POTRA' SEGUIRE NEL NOSTRO CAMMINO...E QUESTO E' IL VASCOLARE..
MA LA STRADA E' LUNGA....
E DOBBIAMO FARE PASSI PICCOLI PICCOLI ..SENZA MAI LASCIARE LA STRADA CHE FINO AD OGGI CI HA ACCOMPAGNATO...
LO SO!! SARA' DIFFICILE FAR CAPIRE AD UN NEUROLOGO SCETTICO O CHE NN VUOL CAPIRE ..CHE LA NUOVA STRADA CI AIUTERA' A MIGLIORARE IL NOSTRO STATO DI SALUTE...!!
MA MOMENTANEAMENTE LA NOSTRA STRADA E' QUELLA DELLA NEUROLOGIA...
E DOBBIAMO FAR CAPIRE ai neurologi CHE NOI ...SI' MIGLIORIAMO IL NS STATO DI SALUTE..MA CHE AVREMMO SEMPRE BISOGNO DEL LORO AIUTO...E CHE <NoN CI POSSONO ABBANDONARE> ..O NON CI POSSIAMO PERMETTERE DI ABBANDONARLI,
PERCHE' METTIAMO IL CASO CHE CI VIENE UNA PARESTESIA ..UN VASCOLARE NON POSTRA' DARCI LE MEDICINE PER DISINFIAMMARE una placca...
ORA FORSE MI SON SPIEGATA..
so che la pta e' la strada giusta...MA LA STRADA E' LUNGA...LUNGA ..LUNGA... e diciamo che dobbiamo stare con 2 piedi in una scarpa...e' brutto da dirsi....MA AAD OGGI CHE ABBIAMO <POCHISSIMI DATI A NOSTRO CARICO E DOBBIAMO ANCORA PAZIENTARE UN PO'>
25/05/12
In CASO DI TERREMOTO
In caso di terremoto
Prima del terremoto
• Informati sulla classificazione sismica del comune in cui risiedi.
Devi sapere quali norme adottare per le costruzioni, a chi fare riferimento e quali misure sono previste in caso di emergenza
• Informati su dove si trovano e su come si chiudono i rubinetti di gas, acqua e gli interruttori della luce.
Tali impianti potrebbero subire danni durante il terremoto
• Evita di tenere gli oggetti pesanti su mensole e scaffali particolarmente alti.
Fissa al muro gli arredi più pesanti perché potrebbero caderti addosso
• Tieni in casa una cassetta di pronto soccorso, una torcia elettrica, una radio a pile, un estintore ed assicurati che ogni componente della famiglia sappia dove sono riposti
• A scuola o sul luogo di lavoro informati se è stato predisposto un piano di emergenza.
Perché seguendo le istruzioni puoi collaborare alla gestione dell’emergenza
Durante il terremoto
• Se sei in luogo chiuso cerca riparo nel vano di una porta inserita in un muro portante (quelli più spessi) o sotto una trave.
Ti può proteggere da eventuali crolli
• Riparati sotto un tavolo.
E’ pericoloso stare vicino ai mobili, oggetti pesanti e vetri che potrebbero caderti addosso
• Non precipitarti verso le scale e non usare l’ascensore.
Talvolta le scale sono la parte più debole dell’edificio e l’ascensore può bloccarsi e impedirti di uscire
• Se sei in auto, non sostare in prossimità di ponti, di terreni franosi o di spiagge.
Potrebbero lesionarsi o crollare o essere investiti da onde di tsunami
• Se sei all’aperto, allontanati da costruzioni e linee elettriche.
Potrebbero crollare
• Stai lontano da impianti industriali e linee elettriche.
E’ possibile che si verifichino incidenti
• Stai lontano dai bordi dei laghi e dalle spiagge marine.
Si possono verificare onde di tsunami
• Evita di andare in giro a curiosare e raggiungi le aree di attesa individuate dal piano di emergenza comunale.
Bisogna evitare di avvicinarsi ai pericoli
• Evita di usare il telefono e l’automobile.
E’ necessario lasciare le linee telefoniche e le strade libere per non intralciare i soccorsi
Dopo il terremoto
• Assicurati dello stato di salute delle persone attorno a te.
Così aiuti chi si trova in difficoltà ed agevoli l’opera di soccorso
• Non cercare di muovere persone ferite gravemente.
Potresti aggravare le loro condizioni
• Esci con prudenza indossando le scarpe.
In strada potresti ferirti con vetri rotti e calcinacci
• Raggiungi uno spazio aperto, lontano da edifici e da strutture pericolanti.
Potrebbero caderti addosso
Prima del terremoto
• Informati sulla classificazione sismica del comune in cui risiedi.
Devi sapere quali norme adottare per le costruzioni, a chi fare riferimento e quali misure sono previste in caso di emergenza
• Informati su dove si trovano e su come si chiudono i rubinetti di gas, acqua e gli interruttori della luce.
Tali impianti potrebbero subire danni durante il terremoto
• Evita di tenere gli oggetti pesanti su mensole e scaffali particolarmente alti.
Fissa al muro gli arredi più pesanti perché potrebbero caderti addosso
• Tieni in casa una cassetta di pronto soccorso, una torcia elettrica, una radio a pile, un estintore ed assicurati che ogni componente della famiglia sappia dove sono riposti
• A scuola o sul luogo di lavoro informati se è stato predisposto un piano di emergenza.
Perché seguendo le istruzioni puoi collaborare alla gestione dell’emergenza
Durante il terremoto
• Se sei in luogo chiuso cerca riparo nel vano di una porta inserita in un muro portante (quelli più spessi) o sotto una trave.
Ti può proteggere da eventuali crolli
• Riparati sotto un tavolo.
E’ pericoloso stare vicino ai mobili, oggetti pesanti e vetri che potrebbero caderti addosso
• Non precipitarti verso le scale e non usare l’ascensore.
Talvolta le scale sono la parte più debole dell’edificio e l’ascensore può bloccarsi e impedirti di uscire
• Se sei in auto, non sostare in prossimità di ponti, di terreni franosi o di spiagge.
Potrebbero lesionarsi o crollare o essere investiti da onde di tsunami
• Se sei all’aperto, allontanati da costruzioni e linee elettriche.
Potrebbero crollare
• Stai lontano da impianti industriali e linee elettriche.
E’ possibile che si verifichino incidenti
• Stai lontano dai bordi dei laghi e dalle spiagge marine.
Si possono verificare onde di tsunami
• Evita di andare in giro a curiosare e raggiungi le aree di attesa individuate dal piano di emergenza comunale.
Bisogna evitare di avvicinarsi ai pericoli
• Evita di usare il telefono e l’automobile.
E’ necessario lasciare le linee telefoniche e le strade libere per non intralciare i soccorsi
Dopo il terremoto
• Assicurati dello stato di salute delle persone attorno a te.
Così aiuti chi si trova in difficoltà ed agevoli l’opera di soccorso
• Non cercare di muovere persone ferite gravemente.
Potresti aggravare le loro condizioni
• Esci con prudenza indossando le scarpe.
In strada potresti ferirti con vetri rotti e calcinacci
• Raggiungi uno spazio aperto, lontano da edifici e da strutture pericolanti.
Potrebbero caderti addosso
24/05/12
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais ® (1)
A cura del Dottor Maurizio Cancenda
Riassunto
L'Autore espone nell'articolo il Metodo Feldenkrais® e i princìpi teorici e metodologici che stanno alla base della sua applicazione nell'educazione posturale. Partendo da un approccio sistemico e multidisciplinare, espone la concezione dinamica e biologica della postura di un metodo che si è affermato in tutto il mondo, con notevoli risultati e in numerosi campi di applicazione. La funzionalità della postura viene migliorata attraverso un programma educativo basato sul movimento consapevole, combinando sedute individuali con sedute di gruppo. Al termine dell'articolo è possibile sperimentare una lezione sulla posizione seduta per ottenere grandi risultati in modo facile e piacevole.
Parole chiave: Educazione posturale, Metodo Feldenkrais®, approccio globale e psicomotorio, postura e "attura", automatismi consapevoli, processi di movimento, integrazione funzionale, aspetto biologico, gravità, ambiente, atteggiamento emotivo.
PREMESSE TEORICHE: L'educazione posturale
Lo studio della postura, il modo di organizzare i segmenti del corpo nello spazio e in rapporto alla
gravità e l'ambiente, rappresenta un affascinante settore di ricerca e di collaborazione multidisciplinare.
gravità e l'ambiente, rappresenta un affascinante settore di ricerca e di collaborazione multidisciplinare.
Le implicazioni biomeccaniche, fisiologiche, psicologiche e anche sociali rendono l'educazione della postura un terreno veramente complesso.
Il modo di atteggiare il corpo presenta infatti problemi "ingegneristici", soprattutto da quando la nostra evoluzione ci ha permesso di "conquistare" la postura eretta e di affrontare la nuova sfida con la gravità.
Ma esistono anche dei problemi biologici, psicologici e sociali della postura legati alla nostra sopravvivenza e al rapporto con l'ambiente e con gli altri.
Il modo di atteggiare il corpo presenta infatti problemi "ingegneristici", soprattutto da quando la nostra evoluzione ci ha permesso di "conquistare" la postura eretta e di affrontare la nuova sfida con la gravità.
Ma esistono anche dei problemi biologici, psicologici e sociali della postura legati alla nostra sopravvivenza e al rapporto con l'ambiente e con gli altri.
L'atteggiamento posturale di una persona non è accidentale, ma significante espressivo delle sue motivazioni e della sua maniera di essere.
Educare la postura in modo scientifico significa quindi utilizzare un approccio sistemico e psicomotorio che consideri le interdipendenze tra struttura, personalità e ambiente, integrando la componente biomeccanica con quella neuro-motoria e psicomotoria .
PRESENTAZIONE DELLA TECNICA: Il Metodo Feldenkrais®
Tra le varie scuole che hanno dato spazio all'educazione posturale, una particolarmente sistemica (e che ha affascinato chi scrive) è rappresentata dal Metodo Feldenkrais®.
Attraverso la pratica di questo approccio le persone, senza sforzo, si ritrovano con una postura più comoda, più efficiente e più funzionale.
Il Metodo Feldenkrais ® è un sistema educativo che utilizza il movimento equilibrato, la respirazione ed il rilassamento neuro-muscolare per aiutare le persone a conoscere se stesse, a migliorare le proprie funzioni e a raggiungere un equilibrio psicosomatico. Il miglioramento della funzionalità individuale viene sviluppata attraverso l'espansione del patrimonio motorio perfezionando la relazione dinamica all'interno dell'organismo e in rapporto con la gravità e l'ambiente.
Il metodo, utilizzato in tutto il mondo con molteplici campi di applicazione, si è rivelato molto efficace nella rieducazione posturale: il suo approccio permette di cambiare i comportamenti responsabili di tensione o dolore cronico(12).
Il Metodo prende il nome da Moshe Feldenkrais (di seguito Moshe), geniale studioso russo-israeliano appassionato di psicomotricità e rieducazione, che lo mise a punto per riabilitarsi da un incidente al ginocchio e, una volta guarito, pensò di diffondere i suoi benefici in tutto il mondo.
Offre la possibilità di migliorare la propria efficienza e di sviluppare le proprie potenzialità mediante lezioni di gruppo, chiamate processi di "Consapevolezza attraverso il movimento®" (CAM) e lezioni individuali, dette di "Integrazione funzionale®" (IF).
Attraverso la pratica di questo approccio le persone, senza sforzo, si ritrovano con una postura più comoda, più efficiente e più funzionale.
Il Metodo Feldenkrais ® è un sistema educativo che utilizza il movimento equilibrato, la respirazione ed il rilassamento neuro-muscolare per aiutare le persone a conoscere se stesse, a migliorare le proprie funzioni e a raggiungere un equilibrio psicosomatico. Il miglioramento della funzionalità individuale viene sviluppata attraverso l'espansione del patrimonio motorio perfezionando la relazione dinamica all'interno dell'organismo e in rapporto con la gravità e l'ambiente.
Il metodo, utilizzato in tutto il mondo con molteplici campi di applicazione, si è rivelato molto efficace nella rieducazione posturale: il suo approccio permette di cambiare i comportamenti responsabili di tensione o dolore cronico(12).
Il Metodo prende il nome da Moshe Feldenkrais (di seguito Moshe), geniale studioso russo-israeliano appassionato di psicomotricità e rieducazione, che lo mise a punto per riabilitarsi da un incidente al ginocchio e, una volta guarito, pensò di diffondere i suoi benefici in tutto il mondo.
Offre la possibilità di migliorare la propria efficienza e di sviluppare le proprie potenzialità mediante lezioni di gruppo, chiamate processi di "Consapevolezza attraverso il movimento®" (CAM) e lezioni individuali, dette di "Integrazione funzionale®" (IF).
Le lezioni di CAM consistono in sequenze motorie gentilmente esplorative, organizzate intorno ad una specifica funzione umana (il camminare, il piegarsi, il protendersi, il sedersi, etc.). Nelle lezioni viene considerato tutto il patrimonio motorio umano, sia nelle fasi dello sviluppo ontogenetico che in quello filogenetico. Nell'esame di ogni funzione sono coinvolti il pensiero, la percezione e l'immaginazione.
L'allievo, guidato dalla voce dell'insegnante, esegue movimenti inusuali in modo lento e rilassante, ascoltando le sensazioni che li accompagnano. Come fanno i bambini quando imparano a muoversi, si esplorano le molteplici possibilità, si modificano gli schemi abituali e si ritrova l'intima saggezza del corpo.
Nelle Integrazioni funzionali l'insegnante presta la sensibilità delle proprie mani e la propria consapevolezza motoria per aiutare la persona ad ampliare e riorganizzare quei movimenti e quelle posture abituali non funzionali. Le mani guidano un dialogo di tipo non verbale.
Si creano delle condizioni ambientali favorevoli, affinché il soggetto abbia la possibilità di effettuare appropriate esperienze di apprendimento .
L'allievo, guidato dalla voce dell'insegnante, esegue movimenti inusuali in modo lento e rilassante, ascoltando le sensazioni che li accompagnano. Come fanno i bambini quando imparano a muoversi, si esplorano le molteplici possibilità, si modificano gli schemi abituali e si ritrova l'intima saggezza del corpo.
Nelle Integrazioni funzionali l'insegnante presta la sensibilità delle proprie mani e la propria consapevolezza motoria per aiutare la persona ad ampliare e riorganizzare quei movimenti e quelle posture abituali non funzionali. Le mani guidano un dialogo di tipo non verbale.
Si creano delle condizioni ambientali favorevoli, affinché il soggetto abbia la possibilità di effettuare appropriate esperienze di apprendimento .
La concezione globale, dinamica e biologica della postura nel Metodo Feldenkrais®.
L'idea di Moshe è che la configurazione fisica delle nostre articolazioni, gli atteggiamenti posturali, il nostro modo di agire con il suolo e con la gravità, in breve, i nostri abituali schemi neuro motori, sono fusi con le nostre abitudini emotive e mentali. Atteggiamento corporeo e movimento, emozione e pensiero sono solo aspetti e funzioni diverse di una stessa realtà, cosicché l'evocazione di uno degli elementi richiama e riattiva immediatamente tutti quelli che fanno parte della stessa costellazione.
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais®(2)
A cura del Dottor Maurizio Cancenda
La postura corretta non significa molto se non si tiene conto dello stato di maturità, della situazione, delle risorse emotive e delle condizioni fisiche dell'individuo . Essa è legata alla crescita emotiva e all'apprendimento e non la si acquisisce con il semplice esercizio meccanico basato sullo sforzo.
L'apprendimento consiste nel riconoscere nella situazione totale (ambiente, mente e corpo) una relazione.
Esplorando le possibilità di muoversi ed agire che ha il nostro corpo, nel numero enorme di contrazioni muscolari possibili, si impara lentamente a riconoscere e a sentire le posizioni che hanno un rapporto con il mondo esterno di cui il nostro corpo fa parte.
Per tali motivi "è sbagliato dire ad un bambino di stare seduto diritto, se non lo fa da solo è perché è già stato fatto deviare da uno sviluppo appropriato; allora bisogna fare qualcosa perché si senta bene soltanto nella postura giusta. Il pungolare o punire possono soltanto alterare o deformare lo schema emotivo, forzando il bambino a nascondere il sintomo che è la causa dei suoi problemi .
Com'e noto la postura è in gran parte regolata dal sistema extrapiramidale, quindi da un "programma automatico".
L'apprendimento consiste nel riconoscere nella situazione totale (ambiente, mente e corpo) una relazione.
Esplorando le possibilità di muoversi ed agire che ha il nostro corpo, nel numero enorme di contrazioni muscolari possibili, si impara lentamente a riconoscere e a sentire le posizioni che hanno un rapporto con il mondo esterno di cui il nostro corpo fa parte.
Per tali motivi "è sbagliato dire ad un bambino di stare seduto diritto, se non lo fa da solo è perché è già stato fatto deviare da uno sviluppo appropriato; allora bisogna fare qualcosa perché si senta bene soltanto nella postura giusta. Il pungolare o punire possono soltanto alterare o deformare lo schema emotivo, forzando il bambino a nascondere il sintomo che è la causa dei suoi problemi .
Com'e noto la postura è in gran parte regolata dal sistema extrapiramidale, quindi da un "programma automatico".
I muscoli volontari rispondenti alla nostra intenzione reagiranno allo stesso tempo anche agli ordini delle altre parti inconsce del sistema nervoso. In condizioni normali agisce il controllo automatico, sebbene il controllo volontario possa giungere in ogni momento desiderato. Quando è necessaria un'azione il più veloce possibile, come quando c'è il pericolo di cadere o un'improvvisa minaccia alla sopravvivenza, allora il sistema automatico farà tutto il lavoro prima che abbiamo il tempo di capire che cosa stia accadendo.
In questo contesto emerge un altro aspetto considerato da Moshe: l'aspetto biologico della postura intesa come modalità di sopravvivenza.
In questo contesto emerge un altro aspetto considerato da Moshe: l'aspetto biologico della postura intesa come modalità di sopravvivenza.
Finché consideriamo la posizione eretta e seduta come posizioni statiche è difficile descriverle in modo che possano essere migliorate. Dobbiamo inserire la descrizione all'interno di un contesto dinamico. Da un punto di vista dinamico ogni posizione stabile fa parte di una serie di posizioni che costituiscono un movimento.
Secondo Moshe Feldenkrais la postura umana deve soddisfare due necessità biologiche ugualmente importanti: la stabilità (il sentirsi protetti e sicuri) e la mobilità (la capacità di far fronte a situazioni nuove e impreviste).
Essa si riferisce comunque all'azione e non al mantenimento di una posizione statica. Dato che implica il "mettere in atto", Moshe preferisce usare il termine di "attura" e nell'osservarla non prescinde dal contesto dell'azione.
Uscire dall'ottica della correzione: non esiste una postura ideale
Nel Metodo Feldenkrais® non esiste una postura ideale, esiste una postura personale.
Durante le lezioni l'insegnante non dimostra i movimenti da svolgere o le posizioni da assumere e l'allievo non cerca di uniformarsi a un modello ideale.
Ogni persona viene guidata verbalmente a trovare i movimenti più adatti alla sua organizzazione. Il sistema di apprendimento è maggiormente basato sulla consapevolezza dei propri schemi, sulla sperimentazione di percorsi alternativi e sull'applicazione di continui aggiustamenti. Sarà la parte più antica del sistema nervoso a decidere le modifiche possibili in base agli stimoli ricevuti.
Nella maggior parte dei casi la persona all'inizio non sa e non sente che la sua postura è inefficiente o impropria, a meno qualcuno non glielo faccia osservare dall'esterno o non avverta dei dolori osteo-articolari o muscolari. Per tale motivo migliorare una postura "scorretta" è un'impresa impossibile se non si rende la persona consapevole e le si fa sentire che sono possibili altri modi di stare in piedi e di muoversi. E che questi modi possono essere più gradevoli, più facili e persino più estetici per lei.
Durante le lezioni l'insegnante non dimostra i movimenti da svolgere o le posizioni da assumere e l'allievo non cerca di uniformarsi a un modello ideale.
Ogni persona viene guidata verbalmente a trovare i movimenti più adatti alla sua organizzazione. Il sistema di apprendimento è maggiormente basato sulla consapevolezza dei propri schemi, sulla sperimentazione di percorsi alternativi e sull'applicazione di continui aggiustamenti. Sarà la parte più antica del sistema nervoso a decidere le modifiche possibili in base agli stimoli ricevuti.
Nella maggior parte dei casi la persona all'inizio non sa e non sente che la sua postura è inefficiente o impropria, a meno qualcuno non glielo faccia osservare dall'esterno o non avverta dei dolori osteo-articolari o muscolari. Per tale motivo migliorare una postura "scorretta" è un'impresa impossibile se non si rende la persona consapevole e le si fa sentire che sono possibili altri modi di stare in piedi e di muoversi. E che questi modi possono essere più gradevoli, più facili e persino più estetici per lei.
La postura comoda e gli automatismi consapevoli
Gli elementi che permettono di definire una postura "efficiente" sono secondo l'approccio Feldenkrais:
• l'assenza di sforzo;
• l'assenza di resistenza;
• la presenza della reversibilità;
• una respirazione libera.
"Se dovessimo aumentare il grado di consapevolezza dello sforzo muscolare quando i muscoli stanno lavorando per azione volontaria, potremmo riconoscere gli sforzi muscolari che, a causa dell'abitudine, sono normalmente nascosti alla nostra mente conscia.
Se potessimo liberarci da tali sforzi superflui riconosceremmo con maggiore chiarezza la posizione stabile ideale. Allora saremmo ritornati allo stadio in cui tutto lo sforzo muscolare conscio per mantenere l'equilibrio scompare, poiché questo equilibrio è mantenuto unicamente dalle parti più vecchie del nostro sistema nervoso, che troverà la migliore posizione possibile compatibile con la ereditata struttura fisica dell'individuo.
Una buona posizione eretta è quella in cui un minimo sforzo muscolare muoverà il corpo con uguale facilità in ogni direzione desiderata.
Nella posizione eretta non ci deve essere alcuno sforzo muscolare derivante dal controllo volontario, senza importanza se questo sforzo è conosciuto e deliberato o nascosto alla coscienza dall'abitudine".
Se potessimo liberarci da tali sforzi superflui riconosceremmo con maggiore chiarezza la posizione stabile ideale. Allora saremmo ritornati allo stadio in cui tutto lo sforzo muscolare conscio per mantenere l'equilibrio scompare, poiché questo equilibrio è mantenuto unicamente dalle parti più vecchie del nostro sistema nervoso, che troverà la migliore posizione possibile compatibile con la ereditata struttura fisica dell'individuo.
Una buona posizione eretta è quella in cui un minimo sforzo muscolare muoverà il corpo con uguale facilità in ogni direzione desiderata.
Nella posizione eretta non ci deve essere alcuno sforzo muscolare derivante dal controllo volontario, senza importanza se questo sforzo è conosciuto e deliberato o nascosto alla coscienza dall'abitudine".
Le parole di Moshe sottolineano la sua concezione "comoda" della postura, molto lontana da quella statica dello "stare diritti" attraverso lo sforzo e la volontà
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais®( 3)
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais®
A cura del Dottor Maurizio Cancenda
La postura corretta nel Metodo Feldenkrais® è quella che permette alla persona di rapportarsi con la gravità senza sforzo, sfruttando l'allineamento delle articolazioni nella catena articolare degli arti inferiori, del bacino, della colonna e del capo, con gli arti superiori liberi e una massima disponibilità al movimento.
Quando si raggiunge questa organizzazione, anche il respiro diventa più ampio. Tale postura è il risultato di un apprendimento che permette alla parte più antica del sistema nervoso di riappropriarsi del suo ruolo posturale senza tensioni parassitarie.
Quando esiste una resistenza esterna la sensazione di sforzo è massima e il rendimento è minimo. La sensazione di resistenza in una postura inefficiente è dovuta al fatto che ai muscoli involontari scheletrici arrivano impulsi conflittuali ed esistono tensioni parassitarie e superflue.
"Nella «attura» corretta, quale che sia il movimento in questione (alzarsi, sedersi, spingere o tirare) la forza viene trasmessa dal bacino alla testa, attraverso la spina dorsale. Le contrazioni lungo la spina dorsale sono solo sinergiche (sufficienti solo a mantenere la colonna nella posizione adeguata per trasmettere la forza); non vi è contrazione volontaria dei muscoli del collo, salvo nel caso in cui appunto questo sia l'obiettivo dell'azione. La sensazione di resistenza
nasce quando le membra, il torace, le spalle o un'altra parte del corpo sono costretti a fare il lavoro dei muscoli pelvici e addominali".
Un'altra caratteristica fondamentale nella postura corretta derivante da un atto volontario è rappresentata dalla reversibilità. Se l'atto è corretto, si può in qualsiasi momento interromperlo, abbandonarlo del tutto o invertirne l'esecuzione, senza dover mutare l'atteggiamento e senza sforzo alcuno.
Quando si raggiunge questa organizzazione, anche il respiro diventa più ampio. Tale postura è il risultato di un apprendimento che permette alla parte più antica del sistema nervoso di riappropriarsi del suo ruolo posturale senza tensioni parassitarie.
Quando esiste una resistenza esterna la sensazione di sforzo è massima e il rendimento è minimo. La sensazione di resistenza in una postura inefficiente è dovuta al fatto che ai muscoli involontari scheletrici arrivano impulsi conflittuali ed esistono tensioni parassitarie e superflue.
"Nella «attura» corretta, quale che sia il movimento in questione (alzarsi, sedersi, spingere o tirare) la forza viene trasmessa dal bacino alla testa, attraverso la spina dorsale. Le contrazioni lungo la spina dorsale sono solo sinergiche (sufficienti solo a mantenere la colonna nella posizione adeguata per trasmettere la forza); non vi è contrazione volontaria dei muscoli del collo, salvo nel caso in cui appunto questo sia l'obiettivo dell'azione. La sensazione di resistenza
nasce quando le membra, il torace, le spalle o un'altra parte del corpo sono costretti a fare il lavoro dei muscoli pelvici e addominali".
Un'altra caratteristica fondamentale nella postura corretta derivante da un atto volontario è rappresentata dalla reversibilità. Se l'atto è corretto, si può in qualsiasi momento interromperlo, abbandonarlo del tutto o invertirne l'esecuzione, senza dover mutare l'atteggiamento e senza sforzo alcuno.
Anche trattenere il respiro è il segno più evidente di una postura o attura impropria. Moshe fa osservare che anche le fibre del sistema nervoso autonomo (o vegetativo) innervano quasi tutti i muscoli così che i visceri influiscono sulla configurazione del corpo, e ne subiscono l'influenza.
Veniamo adesso ad un punto di capitale importanza nella comprensione della postura (o "attura") nell'approccio Feldenkrais: quella dell'automatismo consapevole.
"Se nella stazione eretta eliminiamo tutte le contrazioni dovute ad impulsi delle aree corticali (a prescindere dalla presenza o meno della consapevolezza) il corpo sarà mantenuto tonicamente dalle parti più antiche del nostro sistema nervoso. Via via che il soggetto prende coscienza e corregge lo stato dei muscoli volontari e delle articolazioni, acquista la capacità di non compiere quei particolari atti di cui in passato non aveva coscienza; ebbene egli potrà constatare che di pari passo il corpo si allunga, sta maggiormente eretto, mentre articolazioni, spina dorsale e testa tendono verso la configurazione ideale. Ci si sente più leggeri, sembra quasi di camminare sull'aria.
Veniamo adesso ad un punto di capitale importanza nella comprensione della postura (o "attura") nell'approccio Feldenkrais: quella dell'automatismo consapevole.
"Se nella stazione eretta eliminiamo tutte le contrazioni dovute ad impulsi delle aree corticali (a prescindere dalla presenza o meno della consapevolezza) il corpo sarà mantenuto tonicamente dalle parti più antiche del nostro sistema nervoso. Via via che il soggetto prende coscienza e corregge lo stato dei muscoli volontari e delle articolazioni, acquista la capacità di non compiere quei particolari atti di cui in passato non aveva coscienza; ebbene egli potrà constatare che di pari passo il corpo si allunga, sta maggiormente eretto, mentre articolazioni, spina dorsale e testa tendono verso la configurazione ideale. Ci si sente più leggeri, sembra quasi di camminare sull'aria.
Per ottenere la postura eretta ideale non si deve fare qualcosa di particolare, ma si deve, letteralmente non fare niente, cioè eliminare tutti gli atti di origine volontaria dovute a motivazioni diverse da quelle di stare eretti, ormai divenute automatiche e parte integrante della postura personale dello stare eretti".
Migliorare la postura seduta: una breve esperienza pratica
Un esempio di quanto sia importante una buona postura, è dato dalla posizione seduta.
Alcune persone devono lavorare per tante ore in tale posizione e spesso, alla fine della giornata, hanno dolori alla schiena, alle spalle e al collo
La posizione seduta non è l'ideale per la nostra colonna: sia per l'immobilità che comporta, sia per la perdita delle sue curve naturali, sia perché il carico sui dischi intervertebrali (gliammortizzatori delle vertebre) è addirittura del 40% superiore rispetto al carico stando in piedi
Alcune persone devono lavorare per tante ore in tale posizione e spesso, alla fine della giornata, hanno dolori alla schiena, alle spalle e al collo
La posizione seduta non è l'ideale per la nostra colonna: sia per l'immobilità che comporta, sia per la perdita delle sue curve naturali, sia perché il carico sui dischi intervertebrali (gliammortizzatori delle vertebre) è addirittura del 40% superiore rispetto al carico stando in piedi
Utilizzare una sedia comoda ed ergonomica può aiutare, ma non è sufficiente. È più importante trovare la postura più funzionale per noi, in modo da stare seduti in equilibrio sullo scheletro, riducendo al massimo l'impegno muscolare e la fatica. Nella prossima sequenza di movimento verificheremo come questo sia possibile, sfruttando l'intelligenza del nostro sistema nervoso e la sua capacità di aggiustamento
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais® (4)
A cura del Dottor Maurizio Cancenda
Stare seduti in posizione comoda
Per questa lezione avrete bisogno di uno sgabello o di una sedia con il sedile abbastanza rigido, in modo da non sprofondare con il sedere. Mettete anche un tappetino e un cuscinetto per la testa davanti alla sedia, in modo da potervi distendere nelle pause.
Se potete, togliete gli occhiali o le lenti a contatto prima di iniziare.
Sedetevi sul bordo anteriore del sedile, con le due piante dei piedi appoggiate comodamente a terra. State seduti in modo naturale, senza forzarvi a stare diritti.
Disegnate nella mente il profilo della vostra schiena, dal sedere fino alla testa, come se doveste tracciarlo su un foglio di carta. Come sono le curve nella parte bassa, la zona lombare, e nella parte alta, la regione toracica? Come sono orientate le spalle? Qual è la posizione della testa rispetto al busto? La sentite in asse o più avanti? Ricordate il disegno della vostra postura per un confronto che faremo più tardi.
Distendetevi sulla schiena, con le gambe piegate e i polpacci appoggiati sopra il sedile. Come abbiamo visto, questa è un'ottima posizione per riposare la colonna: il carico sui dischi intervertebrali è minimo.
è molto utile anche per la circolazione delle gambe.
In questa posizione fate muovere il bacino, lasciando l'osso sacro appoggiato a terra, in modo che la zona lombare si inarchi e si appiattisca.
Quando la lombare si inarca e si allontana dal pavimento, il peso va più nella parte bassa dell'osso sacro, verso il coccige. Quando la zona lombare si appiattisce e aumenta il contatto con il suolo, il peso va verso la parte alta del bacino. Muovetevi in modo leggero e piacevole. Permette al movimento del bacino di propagarsi lungo la colonna. Poi lasciate andare e riposate. Ritornate come prima, in posizione seduta sul bordo anteriore del sedile e con le piante dei piedi a terra.
Muovete delicatamente il bacino in modo da portare il peso, alternativamente, sul davanti e sul retro degli ischi. Quando portate il peso sul davanti la schiena si inarca, quando portate il peso indietro la schiena si ingobbisce. Fate movimenti lievi e piacevoli. Quando il peso va avanti, permettete al torace di aprirsi e allo sguardo di andare verso il cielo, quando il peso va indietro, lasciate cadere le spalle e guardate in basso. Ripetete un po' di volte questa coordinazione e poi riposate sulla schiena con i polpacci appoggiati al sedile.
Ritornate seduti sul bordo anteriore del sedile e riprendete il movimento di spostare il peso sul davanti e sul retro degli ischi. Quando portate il peso sul davanti la schiena si inarca, quando portate il peso indietro la schiena si ingobbisce. Questa volta, però, invertite la direzione dello sguardo. Quando il peso va avanti e inarcate la schiena guardate verso il basso, quando il peso va indietro e la schiena si arrotonda, guardate verso l'alto. Il movimento è lo stesso di prima, cambia solo la coordinazione degli occhi che è diventata non abituale. Come abbiamo visto, le coordinazioni inusuali rappresentano un ottimo stimolo per il nostro sistema nervoso. Ricordate che non è necessario fare movimenti grandi.
Quando avete bisogno, distendetevi sulla schiena e riposate. Ascoltate il vostro respiro.
Ritornate, per un'ultima volta, seduti sul bordo anteriore del sedile, con le due piante dei piedi appoggiate comodamente a terra. Mantenete una postura naturale, senza forzarvi a stare diritti. Verificate l'impegno per mantenere la posizione seduta. È cambiato qualcosa rispetto all'inizio del processo? Riuscireste a stare così più a lungo? Qual è l'espansione del vostro respiro?
Risentite l'appoggio sulle due ossa del sedere, i due ischi. Il peso è più centrale?
Se potete, togliete gli occhiali o le lenti a contatto prima di iniziare.
Sedetevi sul bordo anteriore del sedile, con le due piante dei piedi appoggiate comodamente a terra. State seduti in modo naturale, senza forzarvi a stare diritti.
Disegnate nella mente il profilo della vostra schiena, dal sedere fino alla testa, come se doveste tracciarlo su un foglio di carta. Come sono le curve nella parte bassa, la zona lombare, e nella parte alta, la regione toracica? Come sono orientate le spalle? Qual è la posizione della testa rispetto al busto? La sentite in asse o più avanti? Ricordate il disegno della vostra postura per un confronto che faremo più tardi.
Distendetevi sulla schiena, con le gambe piegate e i polpacci appoggiati sopra il sedile. Come abbiamo visto, questa è un'ottima posizione per riposare la colonna: il carico sui dischi intervertebrali è minimo.
è molto utile anche per la circolazione delle gambe.
In questa posizione fate muovere il bacino, lasciando l'osso sacro appoggiato a terra, in modo che la zona lombare si inarchi e si appiattisca.
Quando la lombare si inarca e si allontana dal pavimento, il peso va più nella parte bassa dell'osso sacro, verso il coccige. Quando la zona lombare si appiattisce e aumenta il contatto con il suolo, il peso va verso la parte alta del bacino. Muovetevi in modo leggero e piacevole. Permette al movimento del bacino di propagarsi lungo la colonna. Poi lasciate andare e riposate. Ritornate come prima, in posizione seduta sul bordo anteriore del sedile e con le piante dei piedi a terra.
Muovete delicatamente il bacino in modo da portare il peso, alternativamente, sul davanti e sul retro degli ischi. Quando portate il peso sul davanti la schiena si inarca, quando portate il peso indietro la schiena si ingobbisce. Fate movimenti lievi e piacevoli. Quando il peso va avanti, permettete al torace di aprirsi e allo sguardo di andare verso il cielo, quando il peso va indietro, lasciate cadere le spalle e guardate in basso. Ripetete un po' di volte questa coordinazione e poi riposate sulla schiena con i polpacci appoggiati al sedile.
Ritornate seduti sul bordo anteriore del sedile e riprendete il movimento di spostare il peso sul davanti e sul retro degli ischi. Quando portate il peso sul davanti la schiena si inarca, quando portate il peso indietro la schiena si ingobbisce. Questa volta, però, invertite la direzione dello sguardo. Quando il peso va avanti e inarcate la schiena guardate verso il basso, quando il peso va indietro e la schiena si arrotonda, guardate verso l'alto. Il movimento è lo stesso di prima, cambia solo la coordinazione degli occhi che è diventata non abituale. Come abbiamo visto, le coordinazioni inusuali rappresentano un ottimo stimolo per il nostro sistema nervoso. Ricordate che non è necessario fare movimenti grandi.
Quando avete bisogno, distendetevi sulla schiena e riposate. Ascoltate il vostro respiro.
Ritornate, per un'ultima volta, seduti sul bordo anteriore del sedile, con le due piante dei piedi appoggiate comodamente a terra. Mantenete una postura naturale, senza forzarvi a stare diritti. Verificate l'impegno per mantenere la posizione seduta. È cambiato qualcosa rispetto all'inizio del processo? Riuscireste a stare così più a lungo? Qual è l'espansione del vostro respiro?
Risentite l'appoggio sulle due ossa del sedere, i due ischi. Il peso è più centrale?
Disegnate, mentalmente, il profilo della vostra schiena, dal sedere fino alla testa: è lo stesso di prima? Come sono le curve? Qual è la posizione della testa rispetto al busto? La sentite più in asse?
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais® (5)
Postura funzionale e dinamica con il metodo Feldenkrais®
A cura del Dottor Maurizio Cancenda
Risultati e discussione
I risultati dell'esperienza esposta sono in via di sistematizzazione in un progetto di ricerca, tuttora in corso, sulla base delle evidenze scientifiche.
Attualmente, nella stragrande maggioranza dei casi trattati con una certa continuità, sono emersi i seguenti risultati:
1. aumento della consapevolezza e della qualità di movimento da parte delle persone che hanno seguito il programma;
2. riduzione e scomparsa dei sintomi algici e di fastidio;
3. acquisizione di una postura più funzionale;4. riduzione dell'assunzione di farmaci antinfiammatori, miorilassanti e antidolorifici.
Le persone trattate hanno acquisito la consapevolezza che solo una cura di sé, della propriaschiena e della propria postura, costante nel tempo, fornisce risultati stabili in termini d'efficienza e di benessere.
Rispetto ad altri approcci la seguente esperienza ha puntato su due aspetti fondamentali: in primo luogo una concezione della rieducazione posturale secondo un approccio globale, in cui la componente biomeccanica sia integrata da quella neuromotoria e psicomotoria.
L'autore ha trovato nel Metodo Feldenkrais® un sistema di educazione del movimento al servizio dell'equilibrio e della salute della persona. La linea seguita è stata quella di migliorare la consapevolezza corporea in modo da abbandonare l'ottica della terapia circoscritta nel tempo per seguire quella dell'educazione e della cura di sé. L'obiettivo è quello di insegnare alle persone ad essere gli interpreti e non gli spettatori passivi della propria salute vertebrale e posturale. Il secondo aspetto riguarda lo svolgimento del programma in un clima di collaborazioni multidisciplinari, l'unico, a parere dell'Autore, in grado di risolvere una problematica come quella della rachialgia, che interessa diversi ambiti scientifici.
Navighiamo in un settore di ricerca in cui si incontrano competenze mediche, fisioterapiche, psicologiche e, non ultime, competenze che riguardano l'educazione motoria e posturale. Per tali motivi il lavoro si è avvalso della preziosa collaborazione di molti specialisti insieme con i quali ci si è occupati della salute, anche vertebrale, delle persone coinvolte nella ricerca.
Rispetto ad altri approcci la seguente esperienza ha puntato su due aspetti fondamentali: in primo luogo una concezione della rieducazione posturale secondo un approccio globale, in cui la componente biomeccanica sia integrata da quella neuromotoria e psicomotoria.
L'autore ha trovato nel Metodo Feldenkrais® un sistema di educazione del movimento al servizio dell'equilibrio e della salute della persona. La linea seguita è stata quella di migliorare la consapevolezza corporea in modo da abbandonare l'ottica della terapia circoscritta nel tempo per seguire quella dell'educazione e della cura di sé. L'obiettivo è quello di insegnare alle persone ad essere gli interpreti e non gli spettatori passivi della propria salute vertebrale e posturale. Il secondo aspetto riguarda lo svolgimento del programma in un clima di collaborazioni multidisciplinari, l'unico, a parere dell'Autore, in grado di risolvere una problematica come quella della rachialgia, che interessa diversi ambiti scientifici.
Navighiamo in un settore di ricerca in cui si incontrano competenze mediche, fisioterapiche, psicologiche e, non ultime, competenze che riguardano l'educazione motoria e posturale. Per tali motivi il lavoro si è avvalso della preziosa collaborazione di molti specialisti insieme con i quali ci si è occupati della salute, anche vertebrale, delle persone coinvolte nella ricerca.
Conclusioni
L'esposizione dell'idea operativa e dell'esperienza effettuata, evidenzia come sia possibile creare condizioni strutturali e metodologiche in cui le persone, in un clima favorevole e positivo possano risolvere problemi a volte invalidanti come quelli della rachialgia e delle alterazioni posturali.
Nell'approccio Feldenkrais, sistemico e psicomotorio, il miglioramento della postura avviene mediante un intervento globale, dinamico e rispettoso delle esigenze personali.
Non si ricerca una postura ideale che debba uniformarsi a meri princìpi biomeccanici.
Attraverso le lezioni di movimento e attraverso le lezioni individuali di integrazione funzionale, l'allievo diventa consapevole dei suoi schemi posturali dinamici e del rapporto tra questi ed il suo essere.
Nell'approccio Feldenkrais, sistemico e psicomotorio, il miglioramento della postura avviene mediante un intervento globale, dinamico e rispettoso delle esigenze personali.
Non si ricerca una postura ideale che debba uniformarsi a meri princìpi biomeccanici.
Attraverso le lezioni di movimento e attraverso le lezioni individuali di integrazione funzionale, l'allievo diventa consapevole dei suoi schemi posturali dinamici e del rapporto tra questi ed il suo essere.
In un clima di apprendimento favorevole sperimenta, attraverso piccoli aggiustamenti, nuove opzioni che arricchiranno il suo patrimonio senso-motorio.
La postura diventa più efficiente, più comoda e più plastica.
La postura diventa più efficiente, più comoda e più plastica.
Neuroni, nervi e barriera emato-encefalica
A cura del Dott. Stefano Casali
I Neuroni
Sono le cellule responsabili della ricezione e della trasmissione degli impulsi nervosi da e verso il SNC. I neuroni possono essere divisi in tre zone:
- Un corpo cellulare o soma;
- Dei prolungamenti detti dendriti;
- Un unico prolungamento detto neurite o assone.
I neuroni sono classificati in quattro tipi sulla base della loro forma:
- neuroni unipolari (possiedono un unico prolungamento e sono molto rari nei vertebrati);
- neuroni bipolari (presentano un singolo assone e un singolo dendrite. Si trovano nell'epitelio olfattivo della mucosa nasale);
- neuroni pseudounipolari (presentano un unico prolungamento che parte dal soma, dopo un breve tratto si biforca in due rami disposti a T, uno che entra nel SNC e l'altro che raggiunge la periferia);
- neuroni multipolari (dotati di più prolungamenti uno dei quali è l'assone e gli altri i dendriti).
Possono essere classificati anche sulla base della loro funzione:
- neuroni sensitivi (afferenti),sono specializzati nella ricezione di impulsi sensoriali sulla loro terminazione dendritica e a trasmetterli al SNC per la elaborazione;
- neuroni motori o motoneuroni (efferenti), si originano dal SNC e portano gli impulsi ai vari organi e cellule, muscolari, ghiandolari e altre cellule nervose.
- interneuroni: si trovano nel SNC e hanno la funzione di collegare e di integrare le cellule nervose sensitive e motorie per formare una rete di circuiti nervosi. Il loro numero è stato elevato dall'evoluzione del sistema nervoso.
I nervi
Le fibre nervose consistono di assoni neuronali avvolti da particolari guaine di origine ectodermica. Gruppi di fibre nervose costituiscono i fasci dell'encefalo e del midollo spinale e i nervi periferici. Si incontrano differenze nelle guaine che avvolgono gli assoni a seconda che le fibre facciano parte del SNC o del SNP. Nel tessuto nervoso adulto la maggior parte degli assoni è avvolta da pieghe singole o multiple di una cellula di rivestimento inguainante, rappresentata dalla cellula di Schwann nelle fibre del SNP e dall'oligodendrocito nelle fibre dl SNC. Negli invertebrati e nei vertebrati minori gli assoni possono rigenerare dopo una rottura traumatica. Nei mammiferi il fenomeno è meno comune ed è ristretto ai nervi periferici. Le cellule di Schwann sono le maggiori responsabili di questa rigenerazione.
La funzione metabolica e di supporto dei neuroni è svolta dalle cellule di nevroglia anche dette cellule gliali. Sono in grado di recuperaregli ioni e i prodotti del metabolismo dei neuroni, come il potassio, il glutammato e altro che si accumula attorno ai neuroni. Partecipano al metabolismo energetico dei neuroni liberando glucosio dai loro depositi di glicogeno. Gli astrociti delle zone periferiche del SNC formano uno strato cellulare continuo attorno ai vasi sanguigni costituendo probabilmente la barriera emato-encefalica. La barriera emato-encefalica è semipermeabile, si lascia attraversare da alcune sostanze, ma non da altre. Nelle maggior parte del corpo, i vasi ematici più piccoli, i capillari, sono ricoperti soltanto da cellule endoteliali. Normalmente, fra le cellule endoteliali esistono piccoli spazi che consentono a molte sostanze di muoversi facilmente attraverso la parete dei capillari stessi. Ma, nel cervello, le cellule endoteliali sono molto attaccate le une alle altre (complessi di giunzione) e le varie sostanze non possono attraversare la parete capillare. Le cellule gliali (astrociti) si dispongono a formare uno strato continuo intorno ai capillari cerebrali. Sembra, però, che gli astrociti non siano essenziali per costituire la barriera emato-encefalica, ma sarebbero importanti per il trasporto degli ioni dal cervello al sangue. La barriera e.e. ha le seguenti funzioni:
- Proteggere il cervello da "sostanze estranee" presenti nel sangue, che potrebbero danneggiarlo;
- Proteggere il cervello da ormoni e neurotrasmettitori liberati per agire in altre parti del corpo;
- Mantenere un ambiente costante per il cervello.
Proprietà generali della barriera emato-encefalica:
- Le grosse molecole non passano attraverso la barriera;
- Le molecole scarsamente solubili nei lipidi non penetrano nel cervello. Le molecole solubili nei lipidi (come i barbiturici e l'alcool) attraversano, invece, molto bene la barriera;
- Le molecole con elevata carica elettrica sono rallentate.
La barriera emato-encefalica può essere annullata o ridotta dalle seguenti cause:
- Ipertensione;
- Sviluppo: la barriera non è completamente formata alla nascita;
- Iperosmolarità : una sostanza presente nel sangue ad elevata concentrazione può attraversarla;
- Microonde;
- Radiazioni;
- Infezioni;
- Traumi, Ischemia, Infiammazioni.
Sistema nervoso
A cura del Dott. Stefano Casali
Le cellule di nevroglia
- Il numero delle cellule di nevroglia è 10 volte più alto rispetto a quello deineuroni;
- Conservano la capacità di dividersi per tutta la vita;
- Non sono coinvolte nella conduzione nervosa;
- Si dividono in cellule localizzate nel SNC (astrociti, oligodendrociti che formano la macroglia, la microglia e le cellule ependimali) e in quelle localizzate nel SNP (cellule di Schwann).
Astrociti (SNC)
Si conoscono due tipi di astrociti:
- astrociti protoplasmatici, presentinella sostanza grigia del SNC;
- astrociti fibrosi, presenti nella sostanza bianca del SNC.
Oligodendrociti (SNC)
- Sono simili ai dendrociti, ma più piccoli e con meno prolungamenti;
- Sono presenti sia nella sostanza grigia che in quella bianca;
- Si distinguono due tipi:
Oligodendrociti interfascicolari - presenti fra i fasci di assoni, responsabili della formazione e del mantenimento della guaina mielinica attorno agli assoni. Sono simili alle cellule di Schwann, ma mentre quest'ultime sono in grado di avvolgere un singolo assone, gli oligodendrociti avvolgono più assoni contemporaneamente;Oligodendrociti satelliti - sono strettamente adese al corpo cellulare dell'assone. La loro funzione non è nota.
Cellule ependimali (SNC)
- Derivano dal rivestimento interno del tubo neurale e formano un epitelio cubico o cilindrico ciliato alle volte, con la funzione di muovere il liquido cerebrospinale;
- Rivestono la cavità dei ventricoli cerebrali ed il canale del midollo spinale;
- Alcune di loro si modificano nei ventricoli partecipando alla formazione dei plessi coroidei, responsabili della formazione del liquido cerebrospinale.
La microglia (SNC)
- Il corpo cellulare è piccolo, di forma ellittica, il nucleo ha forma allungata con l'asse maggiore parallelo a quello del corpo cellulare. Si riconoscono poiché le altre cellule hanno nuclei tondi;
- Possiedono prolungamenti brevi ramificati. Alcune di loro hanno capacità fagocitaria e costituiscono il sistema fagocitario del tessuto nervoso.
Cellule di Schwann (SNP)
- Si avvolgono attorno agli assoni nel SNP, formando il rivestimento mielinico;
- Sono appiattite con nucleo piatto, pochi mitocondri e un piccolo apparato di Golgi;
- La mielina è costituita dal plasmalemma della cellula che si avvolge più volte attorno all'assone.
Guaine mieliniche
- Ad intervalli regolari la guaina si interrompe e queste regioni amieliniche si indicano come nodi di Ranvier;
- Il segmento di fibra compreso fra due nodi di Ranvier successivi si dice internodo o segmento internodale, esso è occupato da una sola cellula di Schwann.
La sinapsi e la conduzione dell'impulso nervoso
- Le sinapsi sono siti dove gli impulsi nervosi passano da una cellula presinaptica(neurone) ad un'altra cellula postsinaptica(un neurone, una cellula muscolare o ghiandolare);
- Le sinapsi quindi permettono la comunicazione fra neuroni e fra questi e le cellule effettrici.
La trasmissione dell'impulso nervoso può avvenire o elettricamente o chimicamente. Riconosciamo quindi due tipi di sinapsi:
- Sinapsi elettriche;
- Sinapsi chimiche.
Le Sinapsi elettriche:
- Sono poco frequenti nei mammiferi, si incontrano nella retina e nella corteccia celebrale;
- Sono realizzate tramite giunzioni comunicanti o nexus, che permettono libero flusso di ioni da una cellula all'altra;
- Quando si realizza fra neuroni si genera flusso di corrente;
- La trasmissione dell'impulso è più veloce nelle sinapsi elettriche.
Sinapsi chimiche:
- Rappresentano il modo più frequente di comunicazione fra due cellule nervose;
- La membrana presinaptica libera uno o più neurotrasmettitori nelle fessure intersinaptiche, spazi fra la membrana presinaptica della prima cellula e la membrana postsinaptica della seconda cellula;
- Il neurotrasmettitore diffonde attraverso lo spazio intersinaptico e si lega ai recettori della membrana postsinaptica;
- Il legame sui recettori scatena l'apertura dei canali ionici che consentono il passaggio di ioni che modificano la permeabilità della membrana postsinaptica ed invertono il potenziale di membrana.
Potenziale eccitatorio:
Quando lo stimolo sulla sinapsi porta la depolarizzazione dellamembrana postsinaptica ad un livello tale da provocare un potenziale d'azione, si parla di potenziale postsinaptico eccitatorio.
Potenziale inibitorio:
Quando al contrario uno stimolo della sinapsi porta ad un aumento della polarizzazione si crea un potenziale postsinaptico inibitorio.
Tipi di sinapsi chimiche:
- sinapsi assodendritiche (fra un assone e un dendrite);
- sinapsi assomatiche (fra un assone e un soma);
- sinapsi assoassoniche (fra due assoni);
- sinapsi dendrodendritiche (fra due dendriti).
Bibliografia:
Thompson, R.F., Il cervello. Introduzione alle neuroscienze, Zanichelli, Bologna 1998.
AA.VV., Dai neuroni al cervello, Zanichelli, Bologna 1997.
W.G.J. Bradley, R. . Daroff, et al. La Neurologia nella pratica clinica. III Edizione. CIC Editore Int. Roma, 2003.
Kandel ER, Schwartz JH, Jessell TMPrincipi di Neuroscienze,Casa Editrice Ambrosiana, Terza Ed. 2003.
Gary A.Thibodeau Anatomia & Fisiologia, Casa Editrice Ambrosiana.
Ganong W.: Fisiologia medica. Piccin, Padova, 1979.
Rindi G. Manni E.: Fisiologia umana 2 vol. Utet, Torino, 1994.
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Eccles, J.C., La conoscenza del cervello, Piccin, Padova, 1976.
Cavallotti, C., D'Andrea, V., La corteccia cerebrale: definizione anatomica, La Stampa Medica Europea, 1982.
Philip Felig, John D. Baxter, Lawrence A. Frohman, Endocrinologia e metabolismo 3/ed, March 1997.
Cellule satellite e iperplasia muscolare
La crescita muscolare è un processo estremamente complicato che per certi aspetti deve ancora essere chiarito. Il volume dei nostri muscoli è infatti regolato da numerosissimi fattori come geni, ormoni, enzimi, cellule, macro e micronutrienti, recettori ecc.
Il termine universalmente accettato per descrivere il fenomeno della crescita muscolare è "ipertrofia".
Una delle ricerche più affascinanti del settore è stata quella che nel 1961 ha portato alla scoperta delle cellule satellite. La caratteristica più interessante di queste cellule mononucleate risiede nella loro capacità di unirsi per generare nuove cellule muscolari. A differenza delle cellule satellite queste ultime non possiedono tale caratteristica e, seppur soggette ad un continuo turnover, possono solamente aumentare di dimensioni (ipertrofia) ma non di numero (iperplasia).
Ipertrofia muscolare
In condizioni normali le cellule satellite non partecipano allo sviluppo muscolare. Esse si trovano infatti in uno stato di quiescenza e diventano attive soltanto in particolari circostanze (soprattutto in risposta a forti stimoli ormonali oppure in seguito ad un forte trauma muscolare). Queste cellule possiedono quindi una potente azione rigeneratrice.
Dopo essere entrate in funzione le cellule satellite iniziano a dividersi e a moltiplicarsi dando origine ai mioblasti (cellule embrionali progenitrici di quelle muscolari). Questa prima fase è chiamata "proliferazione delle cellule satellite".
I mioblasti di nuova formazione si fondono con le cellule muscolari danneggiate donandogli i loro nuclei (fase della differenziazione). Le cellule muscolari polinucleate sono il risultato di tale unione, ed il loro nome deriva dalla presenza di più di un nucleo all'interno della stessa cellula.
L'aumento del numero dei nuclei permette a tali cellule di aumentare notevolmente la sintesi proteica producendo, tra l'altro, anche più proteine contrattili (actina e miosina) e più recettori per gli androgeni (ormoni con effetto anabolico).
L'insieme di tutti questi processi, chiamato ipertrofia muscolare, porta ad un aumento complessivo delle dimensioni della cellula muscolare.
Iperplasia muscolare
I mioblasti hanno anche la capacità di fondersi tra loro e generare così nuove cellule muscolari. Questo processo, chiamato iperplasia, ricopre un ruolo marginale nella crescita muscolare, che viene regolata soprattutto dall'ipertrofia.
E' importante sottolineare che il trauma muscolare può essere causato anche da un allenamento particolarmente intenso e sfibrante. Gli esercizi con i pesi e la corsa in discesa (contrazione muscolare eccentrica) rappresentano quindi un potente stimolo per l'attivazione delle cellule satellite.
Attivazione delle cellule satellite
Come accennato all'inizio dell'articolo le cellule satellite sono normalmente inattive. La loro proliferazione può essere innescata da fattori ormonali o da un importante trauma a livello muscolare.
Gli ormoni in grado di attivare le cellule satellite sono diversi e collaborano tra loro espletando un'azione comune (testosterone, insulina, HGH, IGF-1 ed altri fattori di crescita come l'MGF*, l'FGF** e l'HGF***). Per questo motivo l'assunzione di steroidi anabolizzanti, abbinata ad una dieta iperproteica e ad un allenamento adeguato, aumenta la massa muscolare stimolando l'ipertrofia ed in misura minore la formazione di nuove cellule muscolari (iperplasia).
Non tutti gli anabolizzanti agiscono però allo stesso modo. Sotto questo punto di vista gli effetti anabolici migliori sono attribuibili agli ormoni con forte attività androgena e/o aromatizzabili. Questi due aspetti sono tuttavia responsabili di buona parte dei più pericolosi effetti collaterali legati agli steroidi (ipertrofia prostatica, acne, caduta dei capelli, aggressività, ginecomastia e ritenzione idrica).
L'attivazione delle cellule satellite è regolata, oltre che dagli ormoni, anche da numerosi altri fattori. Tra questi segnaliamo la miostatina che svolge un'attività inibitoria sulla proliferazione delle cellule satellite limitando la crescita muscolare nello sviluppo e nella vita adulta.
*MGF o fattore di crescita meccanico: è una isoforma dell'IGF-1 e, oltre a stimolare la crescita del muscolo ne favorisce anche la riparazione in caso di lesione. Viene prodotto a livello muscolare ed ha azione autocrina e paracrina (non circola nel sangue e agisce sulle cellule presenti nelle immediate vicinanze). Entrambe queste attività sono mediate dall'interazione con le cellule satellite. L'MGF è prevalentemente prodotto sotto stimolo negli esercizi contro resistenza e risponde in misura inferiore al GH rispetto all'IGF-1 di origine epatica. Esperimenti condotti su animali da laboratorio hanno attribuito all'MGF proprietà anaboliche decisamente superiori rispetto all'IGF-1. Tali risultati, ancora in attesa di conferma, rappresentano una delle ultime frontiere nel campo deldoping genetico.
**FGF (Fibroblast Growth Factor) favorisce la capilarizzazione della fibra muscolare attraverso la formazione di nuovi microvasi (angiogenesi).
***HGF Hepatic Growth Factor: è prodotto da una varietà di tessuti, incluso il fegato dove stimola la proliferazione cellulare in vitro e la rigenerazione epatica in vivo.
Cordone ombelicale
Cordone ombelicale
Il cordone ombelicale è una formazione anatomica decidua, quindi temporanea, contenente i vasi sanguigni di collegamento tra feto e placenta. Alla nascita, il cordone o funicolo ombelicale misura mediamente 50-60 centimetri in lunghezza e 20 mm in diametro; l'aspetto è quello attorcigliato di una corda di colorito madreperlaceo, che lascia trasparire le sfumature scure del sangue contenuto neivasi.
L'aspetto nodoso del cordone ombelicale è legato al decorso attorcigliato dei suoi vasi ed alla presenza di rigonfiamenti (i cosiddetti falsi nodi) in corrispondenza di anse vascolari.
Il cordone ombelicale è l'anello di congiunzione tra la placenta ed il prodotto del concepimento. La sua presenza permette il trasferimento di gas ed altre sostanze tra madre e feto, senza che vi sia uno scambio diretto tra il sangue dei due organismi. In questo modo, la cosiddetta "barriera placentare" può impedire il passaggio di molte sostanze dannose, anche se alcune possono comunque attraversarla e nuocere al feto.
Di norma, all'interno del cordone ombelicale decorrono tre vasi sanguigni: la vena ombelicale da un lato e le due arterie ombelicali, avvolte a spirale intorno ad essa, dall'altro. Queste ultime, diversamente da quelle del circolo sistemico, trasportano sangue venoso, mentre nella vena ombelicale scorre sangue ricco di ossigeno e nutrienti. All'interno della parete addominale del feto, i vasi ombelicali prendono direzioni diverse: la vena ombelicale trasporta sangue arterioso al cuore, mentre le arterie ombelicali circondano la vescica e trasportano all'esterno il sangue venoso. Al di fuori della parete addominale, percorrendo il tratto funicolare, questi vasi sanguigni si dirigono al disco placentare; da esso, la vena ombelicale riceve il sangue ossigenato ricco di nutrienti, mentre le due arterie ombelicali trasportano sangue venoso, povero di ossigeno, ma ricco di anidride carbonica ed altre sostanze di rifiuto. Le fibre dei vasi sanguigni ombelicali sono particolarmente ricche di cellule muscolari; il significato fisiologico di questa caratteristica è insito nella necessità di interrompere rapidamente il flusso sanguigno in caso di rottura del cordone ombelicale. I vasi, inoltre, sono immersi in un tessuto connettivo mucoso (gelatina di Warthon), che li avvolge e li protegge, traendo nutrimento per via interstiziale.
Il cordone ombelicale inizia a designarsi intorno alla quinta settimana di gestazione, sostituendo - dal punto di vista funzionale - il sacco vitellino, che garantisce gli apporti nutrizionali nei primi stadi di sviluppo dell'embrione. Il sacco vitellino inizialmente è collegato al corion (membrana che racchiude l'embrione e lo mette in rapporto con la madre attraverso i villi coriali), ma tale rapporto regredisce con lo sviluppo dell'allantoide, una membrana extra-embrionale che permette la respirazione, la nutrizione e l'escrezione dell'embrione. E' proprio dalla maturazione dell'allantoide che si sviluppa il cordone ombelicale.
Patologie del cordone ombelicale
Le anomalie più frequenti a carico del cordone ombelicale sono quelle relative alla sua forma o lunghezza. A tal proposito, si parla di lunghezza eccessiva quando il cordone ombelicale supera gli 80 cm alla nascita, e di brevità assoluta quando non raggiunge i 30 cm. Può inoltre sussistere una brevità relativa, nel caso il tratto funicolare presenti giri singoli o multipli attorno al collo o ad altre parti del corpo fetale. Il pericolo, in questo caso, è che tali nodi si stringano ulteriormente durante iltravaglio, causando sofferenza fetale. In caso di brevità assoluta va considerata la grave possibilità che il funicolo si spezzi bruscamente durante il travaglio.
Un cordone ombelicale troppo sottile è associato ad un ritardo di crescita intrauterino (IUGR) e a placenta ipotrofica; inoltre, per la ridotta quantità di gelatina di Warthon, le ripiegature del funicolo possono determinare episodi occlusivi, con asfissia fetale più o meno grave.
Normalmente il cordone ombelicale è inserito sulla faccia fetale della placenta, in posizione grossomodo centrale. Nel 10% circa dei casi tale inserzione è marginale, mentre in circa un caso su 100 i vasi ombelicali decorrono per un tratto più o meno lungo tra amnios e corion, prima di raggiungere il bordo placentare (inserzione velamentosa). La mancanza della gelatina di Warthon in questo tratto espone i vasi del cordone ombelicale ad un maggior rischio di pericolose lesioni durante la rottura delle membrane.
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Nei nodi veri, a differenza di quelli falsi, si registra un effettivo annodamento del cordone ombelicale, con conseguente strozzamento - più o meno grave - dei vasi sanguigni che vi decorrono. I nodi veri possono stringersi ulteriormente durante il travaglio e causare asfissia fetale.
Alla nascita si possono riscontrare anche anomalie numeriche dei vasi ombelicali; quella più frequente riguarda l'assenza di una delle due arterie ombelicali che, seppur raramente, può associarsi ad alterazioni fetali e a malattie cromosomiche. Altre due possibili complicanze riguardano la procidenza ed il prolasso del cordone ombelicale; si manifestano (vedi figura) quando una o più anse del funicolo si presentano davanti alla parte presentata a membrane integre (procidenza) o rotte (prolasso). In quest'ultimo caso, in pratica, il cordone viene espulso per primo e durante il parto il bambino lo comprime sulla parete vaginale bloccando il flusso di sangue e ossigeno.
L'attento monitoraggio del battito fetale durante il travaglio consente di rilevare eventuali sofferenze del bambino ed intervenire tempestivamente nel caso le circostanze lo richiedano; in questo modo si minimizzano i rischi di severe complicanze legate a patologie del cordone ombelicale.
Dopo il parto...
Con il taglio del cordone ombelicale il neonato perde il contatto fisiologico con la propria madre, per poi riscoprirlo nel suo grembo durante l'allattamento.
Subito dopo la nascita, il funicolo viene reciso a circa 10 cm di distanza dall'addome del neonato, chiudendo il moncone residuo con un elastico o con una molletta di plastica ed avvolgendolo in una garza sterile asciutta. Questa manovra favorisce l'occlusione dei vasi, evitando emorragie ed infezioni. Il cordone ombelicale non contiene fibre nervose sensitive, per cui il bambino non avverte alcun dolore al momento del taglio.
Il segmento reciso rimasto attaccato all'addome del bambino va lentamente in contro ad essiccamento. Dopo la recisione del funicolo i vasi ombelicali si trombizzano rapidamente ed il moncone, non più irrorato dai vasi, si essicca assumendo un colorito bruno-nerastro. Questa sorta di appendice andrà tenuta asciutta e pulita, e coperta con una garza sterile da cambiare più volte al dì, fino a quando, intorno al 5°-10° giorno di vita, si staccherà da sola. Il personale sanitario darà alla nutrice le dovute indicazioni sull'igiene del moncone, suggerendo - ad esempio - di lavarsi con cura le mani prima di toccarlo, evitare di coprirlo con il bordo del pannolino, mantenerlo ben asciutto ed areato durante il giorno ed evitare di staccarlo anzitempo aspettando la sua caduta spontanea.
Le infezioni di ciò che resta del cordone ombelicale sono piuttosto rare e possono essere preannunciate da sintomi come perdite purulente (pus) e maleodoranti, rossore e vistoso gonfiore.
Cordone ombelicale e cellule staminali
Il sangue del cordone ombelicale è ricco di cellule staminali emopoietiche, con potenziale uso a fini trapiantologici per curare malattie del sangue piuttosto gravi (attualmente le applicazioni terapeutiche sono in realtà assai limitate). Per questo motivo il cordone ombelicale e la placenta non sono più considerati scarti da incenerire, ma una preziosa risorsa da conservare per donazioni o per uso autologo. Sulla base di queste considerazioni, negli ultimi anni sono sorte vere e proprie banche del cordone ombelicale, nelle quali si conserva il sangue estratto dalla placenta e dal funicolo al momento del parto; un business, questo, particolarmente fiorente e che per il momento corre molto più in fretta dei concreti progressi scientifici sulle cellule staminali adulte.
Uno sguardo alla cellula
Introduzione e concetti base
CARBOIDRATI (o glucidi) : sono gli zuccheri; sono composti terziari (costituiti di soli tre elementi: carbonio, idrogeno e ossigeno). Rappresentano una riserva energetica e sono il punto di partenza per la produzione di altri composti organici.
LIPIDI: sono comunemente chiamate grassi e sono anch'esse sostanze di riserva e sono costituenti delle strutture cellulari.
PROTEINE: sono costitute da amminoacidi; contribuiscono alla costruzione di strutture di vari organismi, emoglobina, enzimi, ormoni (regolano l'armonico coordinamento tra le diverse funzioni degli organismi), anticorpi.
ACIDI NUCLEICI: sono formati da una base azotata (citosina, timida, uracile, adenina e guanina), da uno zucchero e da dei gruppi fosfato.
LA CELLULA: la membrana della cellula ha spessore 6-7 × 10 -10m; il diametro di una cellula è di circa 15 mm mentre quello del nucleo è di circa 5 mm.
Gli elementi caratteristici di una cellula sono:
Gli elementi caratteristici di una cellula sono:
- Membrana perinucleare: delimita il nucleo;
- Nucleolo: è una parte specializzata del nucleo;
- Mitocondrio: è la "centrale energetica" della cellula;
- Perossisomi: sono organuli specializzati nelle reazioni di ossidazione (liberano H2O2) e sono di colore nero perché contengono molto ferro;
- Ribosomi: sono contenuti nel reticolo endoplasmatico e sintetizzano le proteine;
- Reticolo endoplasmatico: è ruvido se contiene i ribosomi e liscio se non li contiene. Presenta uno spazio interno (lume) in cui si accumulano le proteine sintetizzate;
- Apparato del Golgi: è costituito da sistemi di vesciche. Le proteine, attraverso questo apparato, raggiungono la loro destinazione senza errori.
Immagine tratta da www.progettogea.com
Una cellula figlia è sempre uguale ad una cellula madre.
Il genoma umano è l'insieme del patrimonio genetico di un individuo ed formato da quarantaseicromosomi (ventitre coppie) mediamente costituiti da settanta milioni di coppie di basi, quindi tutto il genoma contiene (46 × 70 000 000) 3×109 coppie di basi e ogni coppia contribuisce alla lunghezza per circa 6-7 × 10-10 m.
Se si srotola il DNA di ogni cromosoma e si allineano le quarantasei molecole contenute nel nucleo di una cellula somatica si arriva ad una lunghezza di 2 m (ogni cromosoma è lungo circa quattro cm). Considerando, poi che un uomo ha 10000 miliari di cellule, il DNA complessivo arriva a 20000 milioni di Km (la distanza tra il sole e la luna è di 200 milioni di Km)
Un singolo cromosoma è una macromolecola con diametro di circa 2×10-9 m e contiene una molecola di DNA; il gene è una porzione del DNA (cioè una porzione di un cromosoma) che contiene un'informazione completa e specifica per una certa proprietà. Al giorno d'oggi si conosce tutto il genoma umano cioè si conosce la successione completa delle basi nel DNA, ma solo a pochissime porzioni di DNA è stata data "un'identità": bisogna stabilire quale porzione di DNA corrisponde ad una determinata proprietà.
Ci sono circa trentamila geni ma un gene può essere espresso in modi diversi quindi questo è un dato indicativo.
ESPRESSIONE: l'informazione contenuta in un gene porta all'ottenimento di un prodotto finale (sintesi di proteine).
TRASCRIZIONE: conversione dell'informazione contenuta in un gene, in una catena di RNA messaggero ad opera di un sistema enzimatico; l'RNA messaggero, dal nucleo passa al citoplasma nel quale sono contenuti i ribosomi.
TRASCRIZIONE: conversione dell'informazione contenuta in un gene, in una catena di RNA messaggero ad opera di un sistema enzimatico; l'RNA messaggero, dal nucleo passa al citoplasma nel quale sono contenuti i ribosomi.
TRADUZIONE: i ribosomi sintetizzano la proteina che è il prodotto dell'espressione genetica.
CODIFICARE: significa tradurre il messaggio.
Un sistema enzimatico, quindi, attraverso il processo di trascrizione, converte l'informazione portata da un gene, in una catena di RNA messaggero e si dà il via alla traduzione.
Replicare il DNA significa copiare sul RNA messaggero la parte di DNA che interessa.
Le due principali differenze tra DNA e RNA:
Le due principali differenze tra DNA e RNA:
- Nel RNA come zucchero si ha il ribosio, mentre nel DNA il desossiribosio;
- Nel DNA le basi azotate sono: adenina, guanina, timina e citosina; mentre nel RNA l'uracile prende il posto della timina.
I geni solitamente contengono uno o più segmenti di DNA al loro interno, che non codificano per la proteina; questi frammenti vengono chiamati introni mentre i segmenti codificanti sono detti esoni.
Gli esoni rappresentano la porzione di gene che può essere espressa mentre gli introni non vengono espressi.
In determinate condizioni, il gene viene espresso senza introni, ma in altre condizioni, gli introni possono essere trasformati in esoni e, di conseguenza, espressi (cioè possono codificare per la proteina).
A seconda dei vari introni espressi, si hanno prodotti proteici diversi: un gene, quindi, può essere espresso in diversi modi.
Esiste una somiglianza funzionale tra i vari prodotti di uno stesso gene; essi hanno, però, una diversa struttura e per questo motivo sono usati in luoghi diversi.
Gli esoni rappresentano la porzione di gene che può essere espressa mentre gli introni non vengono espressi.
In determinate condizioni, il gene viene espresso senza introni, ma in altre condizioni, gli introni possono essere trasformati in esoni e, di conseguenza, espressi (cioè possono codificare per la proteina).
A seconda dei vari introni espressi, si hanno prodotti proteici diversi: un gene, quindi, può essere espresso in diversi modi.
Esiste una somiglianza funzionale tra i vari prodotti di uno stesso gene; essi hanno, però, una diversa struttura e per questo motivo sono usati in luoghi diversi.
L'informazione genetica contenuta in ogni cellula di un organismo, è la stessa. Ad esempio, il DNA di una cellula del fegato (epatocita) e il DNA contenuto in una cellula di un muscolo (miocita), è lo stesso; a differenziare un epatocita da un miocita è la diversa espressione dei geni contenuti nel DNA. In generale, in una cellula vengono espressi alcuni geni e in un'altra cellula, posta in un'altra parte dell'organismo, ne vengono espressi degli altri.