http://www.drpierpaoli.ch/index.php?node=304&lng=1&rif=ed741cde39
In termini prettamente immunobiologici, il cancro può essere definito come la comparsa e la visibilità quantitativa nel corpo vivente di elementi cellulari anomali e con un grado di autonomia profondamente diversa da tumore a tumore, nel senso che essi, sia dal punto di vista metabolico che immunologico, si differenziano dalle cellule normali del portatore e costituiscono quindi un "corpo estraneo" che sfugge ad un controllo non-proliferativo, sia metabolico che immunologico. In altre parole, e certamente semplificando, le cellule tumorali hanno o acquistano autonomia e possono quindi riprodursi al di fuori delle "regole" di controllo metabolico ed immunologico delle cellule normali dell'organismo. Le cellule tumorali sono o diventano, nel corso della progressiva trasformazione maligna, vieppiù indipendenti ed in un certo qual modo più "semplici" e meno esigenti dal punto di vista del metabolismo ossidativo, e da elementi riconoscibili dal nostro sistema immunitario come "self", quindi "proprie", diventano "non-self" o "diverse" e quindi sfuggono sempre più ad un controllo immunologico. Nonostante teoricamente la "sdifferenziazione" delle cellule tumorali dovrebbe portare ad una loro maggiore "diversità" antigenica e di conseguenza ad un aumento della reazione immunitaria di rigetto del tumore, in realtà si verifica il fenomeno opposto e la cellula "maligna" diviene praticamente libera e avulsa dal contesto del corpo, analogamente ad un parassita che si nutre di elementi non suoi, conduce vita autonoma, e si scherma in modi diversi e raffinati verso le difese immunitarie. Il tumore è un vero ospite non gradito, che si accontenta di poco e semplice cibo, consuma poco ossigeno dell'ambiente, ma invade silenziosamente la casa e si comporta poi inaspettatamente come se ne fosse il padrone. Questo processo è erroneamente visto come nuovo, mentre invece le cellule tumorali più o meno "quiescenti" o "dormenti", sono sempre nascoste e presenti nel corpo, per esempio nel midollo osseo, ma non si replicano e non danno quindi origine ad un tumore. Quindi l'origine del cancro è verosimilmente dovuta alla rottura di un equilibrio centrale di controllo non-proliferativo, che noi abbiamo identificato nel sistema neuroendocrino o "ormonale". L'esperienza acquisita nella disciplina integrativa medica ora nota come "neuroimmunomodulazione" (NIM), ci fanno ritenere che alla base della rottura del controllo centrale che presiede alla non-crescita tumorale, vi sia uno squilibrio genetico-costituzionale o acquisito di natura "ormonale" in senso lato, che conduce poi ad una carenza del controllo "immunologico". Tuttavia, riteniamo che la componente immunologica, sia sempre un elemento secondario allo squilibrio neuroendocrino, come da noi dimostrato con molti modelli sperimentali e come risultante di osservazioni cliniche svariatissime. Questo spiega anche la ragione della ormono-dipendenza di molti tumori non anaplastici (poco maligni) come quelli degli organi della riproduzione (utero, prostata, ovaie, mammella), che dipendono da cicli ormonali precisi. Io non credo affatto in una efficacia vera della "immunoterapia dei tumori" dato che essa può solo essere considerata nel contesto di una strategia basata sulla comprensione delle cause primarie che hanno condotto alla cosidetta "immunodeficienza" primaria. A mio avviso, la lotta contro i tumori deve essere condotta con la logica scientifica derivante dalle conoscenza di fisiologia e di patologia e dalla conoscenza quindi del "non-cancro", vale a dire della regolazione neuroendocrina del metabolismo ossidativo e della replicazione cellulare normali, che è basata su una miriade di elementi, in gran parte ignoti. La carenza di conoscenze integrate sui sistemi di regolazione cellulare e organica, ci costringono ad anticipare empiricamente dei tentativi terapeutici che permettano di prevenire il cancro, di tenerlo sotto controllo in certe fasi, e di eradicarlo totalmente con una terapia d'urto quando tutti i tentativi di prevenzione e di controllo siano falliti. Sono tuttavia convinto che già ora sia possibile prevenire le malattie oncologiche con una adeguata protezione, mantenendo l'integrità del sistema neuroendocrino e la splendida ritmicità biologica che è alla base della salute. Abbiamo "scoperto" la quanto mai ovvia esistenza dell' "orologio della salute", e ne possiamo fare impunemente uso. Il ritardo nella applicazione di procedure terapeutiche elementari ed efficaci, sia pure ancora empiriche, non risponde ai criteri della logica scientifica e all'interesse del paziente, ma è solo prodotto dalla banale e interessata speculazione sulla chiara impossibilità di produrre risultati clinici nell'uomo nel corso di due-tre anni. Tale speculazione troverà una sua fine al termine di studi clinici in corso che indicheranno, non solo il modo per prevenire i tumori, ma anche come invecchiare senza malattie. In tale strategia contemplo quindi delle fasi nella lotta ai tumori che possono essere suddivise come segue.
Prevenzione dei tumori come inevitabile conseguenza del mantenimento dell'equilibrio neuroendocrino circadiano:
la ghiandola pineale e la melatoninaSe la genesi dei tumori dipende dalla pre-esistente o acquisita inadeguatezza nel corso dell'invecchiamento del controllo neuroendocrino delle funzioni fisiologiche, ritengo che il mantenimento della ritmicità neuroendocrina circadiana sia la base fondamentale nella prevenzione dei tumori. Gli interventi ora praticabili per il mantenimento della sincronicità di tutte le funzioni corporee secondo i ritmi solari-planetari ultradiani, circadiani, lunari e stagionali, consentono di ri-sincronizzare tutte le funzioni neuroendocrine e quindi anche immunitarie in modo tale che, nonostante vi possano essere gravi squilibri persino in individui giovani, un monitoraggio neuroendocrino accurato deve permetterci di anticipare con largo margine di tempo la genesi dei tumori. Non risponde a verità la considerazione dello "stato di salute" dato che la nostrà società ha permesso la sopravvivenza di moltissime persone che non sarebbero sopravvissute nelle condizioni di vita di un secolo fà e portano quindi tare ereditarie e costituzionali ed una tendenza a sviluppare ogni tipo di malattia anche in età giovanile. Per cui il monitoraggio della integrità del sistema neuroendocrino, mediante esami routinari, dovrebbe essere praticato sistematicamente dall'età giovanile a distanza di non più di sei mesi, allo scopo di individuare le alterazioni neuroendocrine e gli squilibri della ciclicità ormonale che preludono alla genesi del tumore e ne sono la causa diretta. La possibilità di ristabilire gradualmente o rapidamente una ritmicità biologica dei cosidetti "ormoni" con interventi esterni, è la base della prevenzione dei tumori a tutte le età. La scoperta che l'invecchiamento è un programma insito nel "sistema pinealico" del cervello, consente ora di riequilibrare l'organismo sia dal punto di vista endocrinologico che immunologico. Tale metodo è di una impressionante semplicità, ma richiede una educazione di base in fisiologia che pochi posseggono e molti stoltamente si vantano persino di non vedere, medici e specialisti inclusi! E' del tutto chiaro che la somministrazione esogena di melatonina con ritmo serale è, in questo momento, la base unica e inconfutabile per la prevenzione dei tumori, assieme ad altri elementi coadiuvanti ma non determinanti come dieta, sonno ed esercizio fisico armonico e continuato. Si tratta ora solo di identificare meglio gli elementi della ghiandola pineale che partecipano al mantenimento dei ritmi circadiani e che possano accellerare ed incrementare la risincronizzazione biologica dell'organismo.
Cosa fare se il tumore è già insorto? La strategia dell'accerchiamento del tumore "benigno"
1) Gli inibitori dei fattori di crescita non servono.Nel corso degli ultimi venti anni abbiamo studiato in molti modelli in vivo se l'inibizione dei fattori di crescita conosciuti (ormone della crescita, prolattina) o ancora non identificati nella loro natura chimica (tumor inhibiting factor, TIF) possano frenare o abrogare la crescita di tumori negli animali da esperimento.La mia conclusione è che questa è una strada sbagliata. Non è possibile cercare di arrestare un tumore maligno ed invasivo, e neppure relativamente "benigno", con agenti inibitori della crescita e della proliferazione normale dei tessuti come nel caso, per esempio, della somatostatina. Infatti pochi sono i tumori sensibili agli inibitori dei fattori di crescita fisiologici e, come è ben noto, i tumori acquisiscono un loro metabolismo e delle caratteristiche di autonomia e di autarchia che li rendono refrattari ad ogni influenza degli agenti di regolazione di cellule e tessuti normali. Inoltre, e questa è stata la risposta dei miei esperimenti nei roditori, non è possibile inibire la crescita tumorale con agenti inibitori se non brevemente, dato che la risposta del corpo dopo poco tempo sarà inevitabilmente, e fatalmente, un accelleramento della crescita tumorale. Infatti, esistono del meccanismi automatici, e nefasti in questo caso, per cui la inibizione artificiale ed esogena indotta, evocherà una risposta opposta che annullerà e renderà micidiale per il paziente l'applicazione dell'inibitore. In altri termini, la risposta contraria dell'organismo alla introduzione di fattori inbitori della crescita sarà tanto più vivace quanto più sarà potente il fattore inibitorio. Gli effetti positivi transitori eventualmente ottenuti sono illusori e inoltre i fattori inibitori introdotti produrranno inevitabilmente degli effetti collaterali dovuti allo sbilanciamento di tutto il sistema neuroendocrino e immunitario, il che è esattamente quello che vogliamo evitare!
2) La ri-sincronizzazione neuroendocrina
Sono convinto che moltissimi tumori inizialmente ormono-dipendenti siano, nella loro fase iniziale, perfettamente "addomesticabili" e riconducibili al controllo centrale, purchè non si manometta il corpo e la psiche del "paziente" con procedimenti semplicistici e pseudo-terapeutici basati su: 1) Induzione di uno stato permanente di ansia e insicurezza che altera profondamente il sistema neuroendocrino e crea una aspetttiva di morte e dolore. 2) Alterazione ulteriore e distruzione della ritmicità biologica con ormoni vari o inibitori della loro sintesi, compresi i famigerati beta-bloccanti e la somatostatina. 3) Manomissione irreversibile del sistema immunitario mediante l'uso di farmaci citostatici e chemioterapici che riducono o "curano" il tumore ma distruggono il sistema di sorveglianza immunologica del paziente, con gravi alterazioni metaboliche e spesso recidiva di tumori meno "benigni". L'oncologo deve innanzi tutto riacquistare conoscenze moderne di biochimica e di fisiologia prima di prescrivere farmaci tossici che dovrebbero "inibire" o "distruggere" il tumore. Perchè mai dovrebbero tali farmaci privilegiare, rispetto ai tessuti normali, i tumori che, di per sè, hanno spesso un sistema operativo di sopravvivenza più raffinato e evoluzionarmente antico, basato su meccanismi che risalgono ai batteri? Questo concetto terapeutico è privo di qualsiasi logica!
La domanda che sempre mi pongo in ogni situazione di questo tipo é la seguente: cosa faresti se capitasse a te o a una persona a te cara? Questa domanda non presuppone una risposta precisa e convincente, ma mi pone in una situazione dove devo fare il possibile per cavarmela con onore!In molti casi si propone l'asportazione di un tumore presumibilmente primario e un intervento successivo di "pulizia" con chemioterapici vari e sempre "nuovi", assortiti secondo il capriccio e le mode dell'oncologia cosidetta "moderna", se non si consiglia invece giustamente una radioterapia nel caso di tumori molto radiosensibili. La decisione sta al paziente, ma in realtà dipende dal medico che ne gode la fiducia. Gli interventi di asportazione e trattamento del tumore più o meno "benigno" riguardano una vasta gamma di forme tumorali sistemiche o localizzate ed essi non sono affatto da scartare a priori. Infatti, molti dei cosidetti tumori "trattabili" guariscono facilmente con diversi interventi, inclusi quelli tradizionali accettati ciecamente dalla medicina "moderna". Il problema è che gli interventi chirurgici e i successivi trattamenti atti ad eradicare ogni traccia del tumore, sono altamente nocivi per la salute e l'integrità psicosomatica del paziente e forieri di ogni tipo di disturbi neuroendocrini, immunitari, psichici e spesso di recidive ostili a ogni trattamento. Invece, a mio avviso, la comparsa di un tumore trattabile, non invasivo e poco "maligno", è un messaggio importante che l'organismo ci invia sul nostro stato di salute menomato da cause spesso remote e congenite, che spesso sfuggono alla comprensione e vanno attribuite quasi sempre a fatti di natura intricata e complessa, anche socio-economica e familiare, e a ragioni crudeli ma naturali di selezione genetica. La domanda è sempre: perchè doveva capitare proprio a me? Quindi dobbiamo imparare a considerare il tumore benigno, non come un amico, ma come un ambasciatore che porta notizie allarmanti ma non catastrofiche, e che ci mette all'erta su una situazione pericolosa. La mia strategia sarebbe quella di battere il tumore sui tempi e di anticipare con mosse preventive appropriate l'evoluzione della sua strabiliante astuzia. Si deve in altre parole, minare la base sulla quale si è generato il tumore, vale a dire un sistema neuroendocrino sbilanciato acquisito, o indotto da cause diverse che è quasi sempre impossibile percepire in anticipo. Dobbiamo esaminare accuratamente lo stato neuroendocrino con tutti i mezzi a disposizione e ri-equilibrarci o re-sincronizzarci qualora si scoprisse o si avesse anche solo il sospetto di avere una deficienza vista non solo come carenza quantitativa, ma anche e soprattutto come squilibrio nei rapporti inter-ormonali e in particolare, e qui sta la base della nostra proposta profilattica e terapeutica, nella riacquisizione della periodicità e sincronicità circadiana che è alla base della salute e della genesi e progressione delle malattie degenerative e tumorali legate all'invecchiamento. La terapia d'urto iniziale e il suo mantenimento nel tempo sono parte di un concetto di fisiologia direi "planetaria" che ci permette si riadattare il nostro organismo alle leggi fondamentali dei ritmi circadiani e stagionali. La strategia pratica e terapeutica da seguire non fa parte di questo saggio, ed è basata sui nostri primi e timidi tentativi di prevenire le malattie legate all'invecchiamento, intervento accoppiato all'uso di sostanze minerali e naturali che fanno parte del nostro corredo biologico e biochimico. Il tumore deve essere tenuto sotto controllo e possibilmente eliminato mediante una vera tattica di accerchiamento, dove i nostri interventi hanno lo scopo di restaurare nel più breve tempo possibile lo stato di equilibrio neuroendocrino e conseguentemente psichico e immunitario dell'ammalato. Dobbiamo quindi modificare radicalmente la nostra visione della malattia degenerativa e tumorale, considerandola come il frutto di una deviazione acquisita o indotta del nostro sistema neuroendocrino, che è perfettamente suscettibile di aggiustamento sulla base dell'invio, acquisizione e mantenimento, anche con metodi farmacologici, di impulsi centrali sincronici che partono dal nostro "orologio centrale" del sistema ipotalamo-ipofisi-pineale e che sono la base del mantenimento di un corpo biologico sintonizzato sui ritmi naturali propri di un individuo neuroendocrinologicamente sano. Senza la possibilità che il nostro sistema nervoso possa scandire i tempi dei ritmi naturali e trasmetterli all'infinità di elementi e cellule del corpo, sarebbe vano cercare di porre rimedio al tumore insorgente con terapie "ormonali" che riparano in modo casuale e confuso alla carenza apparente di un solo elemento, producendo nello stesso tempo danni irreparabili, come è quasi sempre il caso, per fare un esempio, nell'uso del famigerato "cortisone", tra i "killer" più popolari nella pratica medica.
Abbiamo quindi identificato nel sistema pinealico il "ragno" che controlla la complessa tela ormonale e ne percepisce e ne dirige costantemente ogni vibrazione!
Come curare il cancro invasivo, intrattabile e metastasico? Il trapianto di midollo osseo ovvero "l'ultima spiaggia".
Nel corso delle mie ricerche degli ultimi trent'anni, mi sono reso conto che tutti i tentativi terapeutici di trattare pazienti affetti dacancro altamente maligno, invasivo e metastatico si risolvonoin clamorosi insuccessi, ove una "prolungata sopravvivenza" talvolta ottenuta con massicce dosi di "chemioterapici", maschera prolungate sofferenze e uno stato di totale debilitazione. Il crollo di ogni difesa contro il tumore senza o dopo una chemioterapia richiede quindi un intervento in extremis che possa creare una nuova situazione nella quale il corpo si trovi in possesso di nuovi mezzi per riconoscere e bloccare, se non distruggere, il tumore. A mio avviso, l'unico modo per conferire rapidamente al paziente una nuova capacità di reagire al cancro invasivo e metastatico è il trapianto di midollo osseo, ottenuto mediante irradiazione del midollo osseo del paziente, seguito da infusione di midollo, da donatore sano geneticamente incompatibile o da animale. I lunghi studi compiuti negli ultimi venti anni, mi hanno fatto giungere alla conclusione che i metodi di trapianto sui quali si basa il trapianto di midollo osseo nelle leucemie di varia natura, sono totalmente errati. Infatti, è solo ed unicamente usando midollo di donatore geneticamente diverso e incompatibile con il recipiente, che si può sperare di guarire tutte le leucemie, anche quelle, come la leucemia mieloide cronica, che sono praticamente incurabili anche con il trapianto di midollo. Nel caso dei tumori maligni invasivi, ritengo che neppure il trapianto di midollo umano derivante da donatore sano ed incompatibile con il recipiente sia in grado di ottenere una inibizione o un rigetto del cancro. I nostri esperimenti indicano infatti che il chimerismo emopoietico ottenuto con trapianto di midollo da animali della stessa specie ma totalmente diversi dal punto di vista immunogenetico, non arresta la crescita del tumore. Dobbiamo quindi ricorrere al trapianto di midollo osseo da animale di specie diversa, vale a dire allo xenotrapianto. Non ho dubbi che il nuovo metodo da noi sviluppato ed in corso di valutazione pre-clinica, sia in grado di risolvere il problema del rigetto del tumore da un punto di vista immunologico. Infatti, non è pensabile che si stabilisca una tolleranza immunologica immediata ereciproca tra gli antigeni tumorali umani ed un sistema immunologico eterologo derivante da una specie totalmente diversa. Quindi le nostre ricerche puntano allo xenotrapianto di midollo osseo dal maiale all'uomo con il nostro nuovo metodo basato sull'uso delle transferrine. Ritengo che questa sia la via maestra nella cura dei tumori invasivi e metastatici e non ho dubbi che questa sia la sola terapia nei casi estremi nei quali tutti i tentativi terapeutici basati sui suggerimenti sopra elencati, siano falliti. E' solo dotando il portatore del cancro di un sistema linfoemopoietico e immunitario totalmente diverso che i meccanismi di "sorveglianza" saranno riattivati e potremo sperare in una stasi o in una regressione del cancro. Si tratta solo di accellerare questa ricerca e di condurla dalla fase sperimentale a quella clinica.
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