La demenza è una sindrome clinica (insieme di sintomi) dovuta ad una malattia che colpisce il cervello, cronica e progressiva che comporta la degenerazione di: facoltà mentali quali la memoria, la capacità di ragionamento, il linguaggio e la capacità di riconoscere oggetti e persone; affettività ed emotività quali depressione, ansia ed angoscia; comportamento e personalità quali agitazione, aggressività, reazioni paranoiche ed apatia. Tali sintomi pregiudicano le normali attività sociali e lavorative del malato, con deterioramento della qualità di vita e perdita di autonomia. Contrariamente al pensiero comune, la demenza non è una conseguenza inesorabile dell’invecchiamento, molte persone raggiungono i novanta o addirittura i cento anni conservando pienamente le funzioni cerebrali, testimoniando così che è possibile raggiungere un’età avanzata in salute. In anni passati, quando una persona anziana perdeva la memoria o aveva atteggiamenti inconsueti, si riteneva che fosse colpa dell’arteriosclerosi oppure, come negli anni settanta, si parlava di demenza senile. Negli ultimi anni la scienza medica ha potuto stabilire che i disturbi attribuiti all’arteriosclerosi dipendono dalla DEMENZA, la quale può essere demenza da Alzheimer o di altro tipo, mentre parlare di demenza senile è alquanto generico e non indica alcuna malattia. Esistono diverse forme di demenza, la più frequente è la malattia di Alzheimer, che riguarda il 50% dei casi. Si tratta di una malattia progressiva che prende il nome da Alois Alzheimer, il neuropsichiatra tedesco che nel 1906 descrisse per primo la malattia. La seconda in ordine di frequenza è la demenza vascolare, dovuta all’arteriosclerosi cerebrale ed in particolare a lesioni cerebrali multiple provocate dall’interruzione del flusso di sangue (lesioni ischemiche). È importante sottolineare che questa forma di demenza può essere prevenuta attraverso un corretto controllo dei fattori di rischio, in particolare ipertensione arteriosa e diabete. Quando si presentano deficit di memoria, anche lievi, è importante una tempestiva valutazione da parte di uno specialista. In Italia attualmente sono oltre 800.000 i pazienti con Malattia di Alzheimer e si stima che ci siano 80.000 nuovi casi ogni anno. Nella sola Lombardia sono stati stimati 70-80.000 casi. Le cause Le cause della malattia sono fino ad oggi sconosciute; probabilmente l’origine è plurifattoriale, legata cioè a fattori genetici, ambientali o anche allo stile di vita. Il fattore di rischio più importante per lo sviluppo di malattia è l’età, soprattutto fra i 75 e gli 85 anni; tuttavia fra i centenari la malattia di Alzheimer sembra essere rara, al contrario possono esserne colpiti soggetti al di sotto di 75 anni.
cause
La diagnosi È di fondamentale importanza rivolgersi al medico quando si manifestano le prime avvisaglie di un deterioramento cognitivo; per avvistare i primi segni della malattia l’American Alzheimer Association nel 2005 ha pubblicato i 10 campanelli di allarme per la malattia di Alzheimer:
1 la persona va spesso in confusione ed ha dei vuoti di memoria;
2 non riesce più a fare le cose di tutti i giorni;
3 fatica a trovare le parole giuste;
4 dà l’impressione di aver perso il senso dell’orientamento;
5 indossa un abito sopra l’altro come se non sapesse vestirsi;
6 ha grossi problemi con i soldi e con i calcoli;
7 ripone gli oggetti nei posti più strani;
8 ha improvvisi ed immotivati sbalzi di umore;
9 non ha più il carattere di un tempo;
10 ha sempre meno interessi e spirito di iniziativa.
Chi si rende conto che sono suonati, per sé o per un parente, almeno quattro campanelli d’allarme, è bene che ne parli con il medico di famiglia. Questi, rilevato il peso dei sintomi e delle paure, potrà indirizzare ad un centro specialistico (Unità di Valutazione Alzheimer - UVA). Il percorso diagnostico dell’UVA si basa su: colloquio con il presunto malato e con un familiare (anamnesi); visita medica; esami del sangue; esami strumentali (TAC, Risonanza Magnetica-RM, Tomografia con emissione di positroni-PET); Test neuropsicologici. Può succedere che al termine di questo iter il medico non sia ancora in grado di formulare una diagnosi precisa, ma che proponga di tornare dopo alcuni mesi per una rivalutazione. Ciò non deve creare ansie ed incomprensioni; può infatti succedere che la diagnosi di malattia si possa formulare solo paragonando i risultati a distanza di tempo. La malattia si presenta in modo differente nel corso degli anni e l’evoluzione può essere diversa da caso a caso; dura mediamente 7-12 anni, con ampia variabilità individuale (dai 2 ai 20 anni). Descrizione sommaria di alcune manifestazioni comuni nella persona affetta da demenza È molto frequente trovare nel malato una serie di manifestazioni del comportamento che creano molta preoccupazione e fatica in chi gli sta accanto. I disturbi comportamentali più frequenti riguardano le autonomie personali, la gestione della vita quotidiana e le relazioni. È importante ricordare che il comportamento adottato dalla persona malata è l'unico in questo momento che gli permetta di far fronte alle richieste che il mondo che lo circonda le pone. Qualora tali manifestazioni diventino particolarmente forti e difficili da gestire, il consiglio primario è quello di consultare il medico specialista. Di seguito sono elencati alcuni dei comportamenti che possono creare particolare disagio a chi assiste una persona affetta da demenza:
la persona affetta da demenza può dimenticare ciò che ha detto o fatto già dopo pochi istanti compiendo azioni e facendo domande in modo ripetitivo. In molti casi è opportuno rassicurarlo invitandolo a fare semplici azioni cercando di mantenere un atteggiamento calmo e affettuoso. Ricordarsi che, a volte, l’azione ripetuta fa riferimento alle vecchie abitudini di lavoro che il malato aveva prima della comparsa della demenza. Attaccamento: il malato di Alzheimer può dipendere in modo estremo dalla persona che lo assiste e perciò non volere che questa lo lasci, nemmeno per un breve periodo. Tale comportamento può derivare dal timore del malato che la persona in questione possa abbandonarlo e quindi essere causato da un sentimento più generale di insicurezza. Ricordarsi che l’ambiente in generale può rappresentare motivo di angoscia perché non più riconosciuto come famigliare, quindi il rapporto stretto con un parente rappresenta un fattore altamente rassicurante. Perdite di oggetti e accuse di furto: il malato di Alzheimer dimentica spesso dove ripone gli oggetti e di conseguenza può accusare altri individui di averglieli sottratti. In tali circostanze è opportuno rispondere alle accuse della persona gentilmente, cercando di evitare conflitti, e aiutarlo a ritrovare l'oggetto perduto, tenendo presente che il suo comportamento dipende dalla malattia e non dalla sua volontà. È inoltre consigliabile avere un duplicato di oggetti importanti, quali chiavi e documenti, ed assicurarsi che non possa procurarsi oggetti di valore o preziosi. Deliri e allucinazioni: le persone malate a volte e a secondo della fase della malattia possono essere soggette a deliri e allucinazioni. Il delirio o le allucinazioni assumono forme di un pensiero vero e possono essere considerati, dalla persona affetta da demenza, come assolutamente reali creando uno stato di paura che può sfociare in comportamenti autodifensivi. Per abbassarne lo stato d'ansia si deve assecondarlo e non cercare di riportarlo bruscamente alla realtà, dandogli la possibilità di farlo parlare di ciò che lui crede stia accadendo. Comportamenti disinibiti: sebbene accada raramente, il comportamento del malato in pubblico può essere particolarmente inappropriato e disinibito; parla costantemente ad alta voce, saluta tutti, da manifestazioni di affetto anche a persone non conosciute, ecc… Il miglior modo per dissuaderlo è provare a distrarlo con dolcezza. Perdita dell’orientamento: il disorientamento può rappresentare uno dei problemi più difficili da gestire. La persona affetta da demenza può vagare e perdersi addirittura nei pressi della propria abitazione. Garantire la sua incolumità è di primaria importanza. Garantire al malato passeggiate frequenti in compagnia può comunque ridurre l'ansia legata alla voglia di uscire di casa autonomamente. Violenza e aggressività: in particolari circostanze il malato di Alzheimer può diventare irascibile, aggressivo e addirittura violento; ciò può accadere per svariati motivi come la perdita di autocontrollo in pubblico, il degenero delle capacità critiche, l'incapacità di esprimere con sicurezza emozioni e sentimenti sgradevoli e la difficoltà a relazionarsi con altri individui. L’aggressività può anche essere una reazione a: sensazioni e condizioni sgradevoli (es. rumore, confusione, posti troppo affollati….), a fattori fisici ( fame, freddo, caldo, sonno…), e fisiologici (infezioni alle vie urinarie, stitichezza, mal di denti…) manifestazioni che il malato non riesce ad identificare o ad esternare correttamente. L’aggressività è una delle principali difficoltà a cui la persona che assiste deve far fronte. L’unica strategia efficace, benché certamente sia anche la più difficile, è mantenere il
ontrollo e la calma, non insistere, rispettare i suoi tempi, osservare ed imparare a prevenire i fattori scatenanti. Depressione e ansia: la persona malata può sentirsi depressa e triste, tendere all’isolamento, parlare, agire e pensare con particolare lentezza e difficoltà. Da ciò può derivare un'ulteriore alterazione del ritmo di vita quotidiano e delle abitudini come ad esempio una diminuzione dell'appetito. Bisogna cercare di indurre il malato a sentirsi amato, non chiedendogli mai più di quanto possa dare, gratificandolo, facendogli sentire l'affetto della famiglia ed evitando di rimproverarlo duramente davanti agli insuccessi. 2.Terapie A tutto oggi la malattia di Alzheimer è inguaribile ma resta comunque curabile, in quanto è possibile prendersi cura del paziente affetto da demenza accompagnandolo nel suo percorso in modo da salvaguardarne il più possibile la qualità della vita. Ciò può essere fatto attraverso interventi sia farmacologici che non farmacologici. Trattamento farmacologico Nonostante i progressi in campo farmacologico al momento non esistono farmaci in grado di bloccare il progredire della malattia di Alzheimer. Attualmente sono disponibili farmaci detti “sintomatici”, cioè hanno dei benefici sui sintomi della malattia. Lo scopo di questi farmaci, insieme ai supporti non farmacologici è quello di ridare una vita dignitosa al malato e serenità all’ambiente familiare. Trattamento non farmacologico Per trattamento non farmacologico si intendono quegli accorgimenti relativi alla relazione con la persona malata e all’organizzazione dell’ambiente che lo circonda; ciò permette di accogliere al meglio i nuovi bisogni e le necessità del malato. I disturbi comportamentali (agitazione, irrequietezza, nervosismo crescente soprattutto nelle ore serali, angoscia, pianto, tendenza a scappare da casa e resistenza ai cambiamenti) sono di difficile gestione, creano molte difficoltà al malato e al suo benessere generale e, di conseguenza, anche alla persona che lo assiste e se ne prende cura. Alcuni atteggiamenti risentono dell’ansia, della stanchezza o delle difficoltà manifestate da chi cura, creando un circuito in cui più il malato “è difficile”, più chi assiste “perde la pazienza”. La relazione con un malato d’Alzheimer, l’accompagnarlo nelle varie fasi della malattia richiedono soprattutto “pazienza” e saper stare nei momenti di bisogno. Le capacità più compromesse dalla malattia come il linguaggio, la memoria, le autonomie personali e di vita quotidiana richiedono un atteggiamento particolare di chi cura il malato. Bisogna collocare le varie espressioni della malattia all’interno di un quadro più complesso: la persona colpita dalla demenza perde le capacità ma non perde la sua identità, rimane la persona che era prima di ammalarsi, con la sua storia di vita. Il presente comporta nuovi elementi: sintomi, difficoltà prima non affrontate, il tutto in un progetto di vita da ri-creare in famiglia che costantemente deve tenere insieme la nuova situazione del parente malato. Alcune tecniche di tipo relazionale (ad esempio il conversazionalismo e la conversazione possibile) aiutano a trovare nuovi canali comunicativi rispettosi della persona e della malattia, offrendo alla persona che cura nuovi modi di parlare, ascoltare e accogliere i nuovi atteggiamenti e comportamenti del parente malato....
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