Secondo uno studio cinese, 3 su 4 dei pazienti ricoverati hanno un sintomo fino a sei mesi più tardi. Stanchezza, insonnia e ansia i più ricorrenti
L’esito negativo del tampone molecolare sancisce nella maggior parte dei casi la guarigione dall’infezione e permette a chi è reduce dalla Covid-19 di riprendere la propria vita all’interno della società. Non sempre però qusto step pone fine alla malattia. Con il passare dei mesi e l’aumentare dei pazienti, cresce infatti la quota di chi segnala alcuni sintomi che gli esperti oggi valutano come una possibile «coda» della polmonite interstiziale determinata da Sars-CoV-2. Da qui il nome di Long-Covid dato a questo insieme di manifestazioni che, a leggere le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, non sono una rarità. Tutt’altro: a soffrirne sarebbero infatti 3 su 4 dei pazienti costretti al ricovero durante la fase acuta della malattia.
LONG-COVID PER 3 PAZIENTI SU 4
L'ipotesi che Covid-19 possa lasciare il segno nel tempo trova conferma in uno studio cinese condotto su oltre 1.700 pazienti ammalatisi a Wuhan tra gennaio e maggio. Seguendoli per l'intero arco dell'estate, i camici bianchi che per primi si sono ritrovati a fare i conti con la pandemia hanno registrato che il 76 per cento di coloro che si erano ammalati di Covid-19 non si sentiva completamente ristabilito nemmeno sei mesi dopo aver superato l'infezione. Almeno un sintomo continuava infatti a essere presente nel tempo, nonostante la guarigione. Un riscontro a cui i ricercatori sono giunti interrogando i loro pazienti e sottoponendoli a test fisici e di laboratorio. «Avendo a che fare con una malattia nuova, stiamo iniziando a capire quali conseguenze possa determinare nel tempo - afferma Bin Cao, direttore dell'unità di pneumologia e terapia intensiva del China-Japan Friendship Hospital di Beijing -. Ora scopriamo che la maggior parte dei pazienti che hanno sviluppato la Covid-19 in maniera severa convive con le conseguenze dell'infezione anche molto tempo dopo aver lasciato l'ospedale».
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QUALI SONO I SINTOMI PIÙ FREQUENTI?
La stanchezza e la debolezza muscolare sono stati i sintomi documentati con maggiore frequenza (da 6 pazienti su 10). A seguire i disturbi del sonno, l'ansia e la depressione (rilevati in media in 1 persona su 4). Oltre a registrare quanto dichiarato dai pazienti, i medici hanno sottoposto 349 di loro a una serie di test per valutare la funzionalità polmonare: spirometria, ecografia e Tac del torace. Da questi è emerso che quanto più severa era stata la polmonite, tanto più evidente era la riduzione della capacità respiratoria. Segno con ogni probabilità di un'aumentata cicatrizzazione del tessuto polmonare, sui cui margini e tempi di recupero occorrerà indagare ancora. A fronte della ridotta capacità dei polmoni di supportare l'attività del corpo, i medici hanno registrato peggiori performance di questi ex pazienti al test del cammino in 6 minuti, usato per valutare la performance fisica durante uno sforzo moderato. In poco più di un decimo dei reduci dalla Covid-19 è stato inoltre registrato un calo della funzionalità renale. Un dato che supporta l'ipotesi - sempre più circostanziata - che la malattia non si estingua soltanto come un'infezione polmonare. Ma che, anzi, determini le prognosi più gravi nel momento in cui si diffonde ad altri organi.
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