Lo Spettro dei Disordini della Neuromielite Ottica (Neuromyelitis optica spectrum disorder - NMOSD), si riferisce a un gruppo di malattie rare che colpiscono meno di cinque persone su 100.000 in tutto il mondo. In particolare si tratta di una patologia presente principalmente fra le popolazioni est-asiatiche, con una prevalenza di 1-5 casi ogni centomila abitanti, e un nuovo caso ogni 770.000 persone all’anno. Circa il 90% dei casi colpisce il genere femminile.
Le manifestazioni cliniche iniziali si verificano, più frequentemente, in un’età compresa tra i 35-45 anni, mentre i casi presenti nei bambini e negli anziani rappresentano il 18%. La NMOSD è considerata una malattia autoimmune, associata nella stragrande maggioranza dei casi alla presenza di particolari anticorpi detti antiaquaporina-4 (AQP4).
L’esordio della NMOSD è per lo più acuto e può causare un importante calo della vista, oppure importanti difficoltà nella deambulazione (paraparesi o tetraparesi), accompagnati da disturbi delle sensibilità e del controllo degli sfinteri. La grande maggioranza delle persone con MNOSD ha un decorso caratterizzato da riacutizzazioni della malattia che compaiono a distanza di mesi o di anni e presentano un recupero della sintomatologia che spesso è solo parziale. Il decorso tipico della malattia è quello in cui si verificano nel tempo vari episodi acuti (recidive), tra cui neuriti ottiche e mieliti. In circa un terzo delle persone con NMOSD si possono manifestare anche sintomi collegati per esempio al coinvolgimento del tronco cerebrale, come vomito, singhiozzo, prurito, diminuzione e perdita dell’udito, paralisi facciale, vertigini. Inoltre in alcuni casi sono segnalate alterazioni ormonali, quindi a carico del sistema endocrino, del ritmo sonno-veglia oppure confusione, fino al coma.
Fino agli anni 2000 la NMO era considerata una variante della SM, nel 2004 sono stati individuati gli anticorpi anti-acquaporina-4 e nel 2015 sono stati aggiornati e pubblicati i nuovi criteri diagnostici per la NMOSD.
Nell’ambito dell’iter diagnostico dovranno essere escluse altre patologie, che potrebbero avere manifestazioni cliniche similari, come per esempio la SM, la mielite virale, vascolare e altre malattie auto-immuni, e - secondo i criteri diagnostici - la diagnosi di NMOSD potrà essere formulata in due distinti casi e cioè se siano presenti o assenti gli anticorpi antiAQP4. La diagnosi differenziale con il corretto inquadramento diagnostico è fondamentale, poiché eseguire una netta distinzione tra NMOSD e SM, e altre patologie autoimmuni, permette di utilizzare trattamenti farmacologici specifici, diversi da quelli più comunemente impiegati nella SM.
La NMOSD ha una prognosi molto severa, il recupero dagli attacchi è variabile, ma nella maggioranza dei casi il danno neurologico che ne deriva è importante, con deficit permanenti, che possono riguardare le varie funzioni controllate dalle zone del sistema nervoso centrale (SNC) colpito dalla malattia. Nelle persone non trattate, il 30% muore nei primi 5 anni di malattia in conseguenza di lesioni midollari e del tronco encefalico con insufficienza respiratoria. Proprio l’insufficienza respiratoria e le complicanze a lungo termine dei gravi deficit motori e dell’allettamento sono le principali cause di morte nelle persone affette da NMOSD; la probabilità di morte a causa della malattia è 12 volte superiore a quella delle persone con SM.
Terapie
È particolarmente importante trattare i pazienti con NMOSD con farmaci efficaci e farlo quanto più precocemente possibile per bloccare gli attacchi e, di conseguenza, arrestare l’accumulo di disabilità.
Sino ad oggi le NMOSD non disponevano di nessuna terapia approvata dagli Enti Regolatori con specifica indicazione non essendo disponibili farmaci di dimostrata efficacia testati in studi randomizzati controllati (RCP). La terapia cronica fino ad oggi utilizzata consiste nella somministrazione di immunosoppressori come prednisolone, azatioprina, micofenolato mofetile, mitoxantrone, metotrexate e rituximab comunemente usati come terapie off-label per la prevenzione delle ricadute NMOSD in relazione a piccoli studi clinici in aperto e/o non controllati (Jacob et al. 2013).
Il rituximab è, ad oggi, il farmaco più utilizzato e si è dimostrato, in studi osservazionali, efficace nel ridurre il numero di recidive di malattia garantendo un buon profilo di sicurezza. Rituximab è più efficace rispetto ad altri immunosoppressori ed è in grado di ridurre le ricadute cliniche nei pazienti con NMOSD fino all’80%, (Novi G et al 2019; Tahara M.et al. 2020, Gao F, 2019). A seguito di tali osservazioni, pur in assenza di studi randomizzati controllati, rituximab è stato inserito nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento delle NMOSD (D.L. n.536 del 21 ottobre 1996 convertito dalla Legge n.648 del 23 dicembre 1996, GU Serie Generale n.53 del 05-03-2018). Il farmaco gode di una tollerabilità complessiva piuttosto buona, tuttavia il rischio di ipogammaglobulinemia (Marcinnò A. et al 2018), infezioni opportunistiche gravi soprattutto nel lungo termine e le complicanze cardiovascolari devono essere prese in considerazione nel monitoraggio di sicurezza del trattamento (Prosol M W, 2021).
Dati di letteratura riportano che una percentuale variabile fra un terzo e tre quarti dei pazienti con NMOSD trattati con le terapie ad oggi disponibili hanno risposta solo parziale al trattamento in atto e continuano a presentare ricadute cliniche (Weinshenker BG, Wingerchuk DM. Neuromyelitis spectrum disorders. Mayo Clin Proc. 2017;92(4):663–79). Questi dati, in aggiunta alla necessità di dati controllati di safety, sottolineano la necessità di ampliare l’armamentario terapeutico disponibile per le persone affette da NMOSD con terapie alta efficacia provate in RCP da poter utilizzare precocemente in tutti i pazienti affetti da tale condizione.
Nel 2021 FDA ed EMA, a seguito della pubblicazione dei relativi studi registrativi di fase III, hanno approvato tre nuovi farmaci, con indicazione specifica NMOSD AQP4 positiva. I farmaci approvati sono anticorpi monoclonali umanizzati che agiscono con meccanismi di azione diversi in steps differenti del processo infiammatorio tipico della malattia:
• Inebilizumab, in analogia con Rituximab, agisce sui linfociti B principali attori nel processo di produzione degli anticorpi anti-AQP4 responsabili della malattia. A differenza di Rituximab, Inebilizumab riconosce una gamma più ampia di linfociti B (ovvero quelli CD19+) e non interferisce con quella piccola quota di linfociti T riconosciuta da Rituximab (CD20 +). Questa specificità, unitamente alla umanizzazione dell’anticorpo, dovrebbe garantire migliore profilo di sicurezza.
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• Satralizumab agisce bloccando il recettore dell’interleuchina 6 (IL6) una citochina coinvolta in maniera determinante a più livelli nella cascata infiammatoria tipica della NMOSD.
• Eculizumab agisce “più a valle” nella cascata immunopatogenetica delle NMOSD rispetto a Rituximab e Satralizumab, antagonizzando il complemento (in particolare la frazione 5). In particolare, Eculizumab interferisce con la lisi cellulare indotta dagli anticorpi patogeni, anti-AQP4.
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