Conviene dire innanzitutto che è sono esami radiologici e non è interventi chirurgici, anche se, comportando la puntura di una arteria. Infatti sono esami che richiedono l'inserimento di un catetere nell'arteria o nella vena di un braccio o una gamba (per questo vengono definite indagini invasive) per raggiungere il cuore e le arterie coronariche. Per tali procedura è necessario il ricovero in ospedale od in clinica. L’esame viene eseguito dal cardiologo specialista in emodinamica.
Al paziente sdraiato sul lettino della sala di emodinamica, viene praticata una anestesia locale all’altezza dell’inguine (più raramente del braccio), dove viene inserito un introduttore che permette di farvi scorrere il catetere per i vasi esami cardiologici.
Per approfondire in emodinamica
Cos'è?
È un esame invasivo per studiare come si comporta e come si diffonde lo stimolo elettrico che imprime gli impulsi contrattili al cuore.
A cosa serve?
Per diagnosticare molti tipi di aritmie cardiache e per stabilire le possibilità terapeutiche, sia tramite farmaci, sia tramite l'ablazione di vie anomale o altre strutture che disturbano la corretta stimolazione del miocardio.
Come si esegue?
Le la procedura è simile a quella dell’indagine emodinamica e quindi il paziente deve essere ricoverato. Tramite l'accesso venoso (dalla vena femorale o basilica) si fa risalire un catetere verso l'atrio destro per esplorare i potenziali elettrici endocavitari e in prossimità del fascio di His. In questo modo si possono individuare siti specifici dove la conduzione è regolare o irregolare (accelerata o ritardata o caotica). Inoltre con stimoli calibrati si possono slatentizzare aritmie e valutare l'effetto dei farmaci su di esse, specie in caso di aritmie maligne. Infine, quando ci sono le indicazioni si può procedere alla ablazione per mezzo di radiofrequenze, di vie accessorie del nodo AV o anomale. Viene eseguita dal cardiologo esperto in elettrofisiologia. Non viene iniettato mezzo di contrasto, talora si procede a stimolazione del cuore tramite impulsi elettrici.
Che cos'è?
È l'esame con cui si può valutare con precisione forma e calibro delle arterie. Utilizza una tecnica di visualizzazione radiologica di un'arteria mediante l'introduzione di un mezzo di contrasto radiopaco trasportato col sangue nel lume vasale.
A che serve?
Permette di esaminare affezioni sia a carico del cuore e dei grossi vasi (angiocardiografia), sia delle arterie periferiche (arteriografia). L'esame del ventricolo sinistro (Ventricolografia) permette di valutarne la funzionalità ed eventuali rigurgiti mitralici, mentre l'esame dell'aorta (aortografia) ascendente mostra la presenza o meno di rigurgito aortico.
L'avvento della TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) e della RMN (Risonanza Magnetica) ha di fatto ridimensionato l'importanza dell'angiografia cerebrale nell'esplorazione dei vasi cerebrali tuttavia questa rimane indispensabile per definire i dettagli in alcune diagnosi di stenosi, occlusioni o anomalie congenite e malformazioni dei vasi cerebrali, di trombosi dei seni venosi della dura madre. L'angiografia è una tecnica altamente sensibile in altri distretti corporei: consente di localizzare con precisione tumori delle cellule del pancreas, di individuare emboli polmonari, lesioni della vascolarizzazione renale (integrando i dati della TAC), ischemie o emorragie nel tratto gastrointestinale o malformazioni del tessuto epatico.
Come si esegue?
L'angiografia viene effettuata incannulando, mediante speciali cateteri, le arterie dell'organo da esaminare, introducendo il mezzo di contrasto (a base di iodio) e registrando le immagini radiografiche ad un ritmo di circa 3-6 sec.; il mezzo di contrasto viene poi eliminato per via renale.
Cosa devo sapere?
Durante l'esecuzione dell'esame possono verificarsi transitori effetti collaterali come sensazioni di calore, caduta della pressione sanguigna, nausea. Reazioni allergiche al mezzo di contrasto (broncospasmo, edema della laringe, orticaria) sono rare, mentre complicazioni più severe come aritmie cardiache, reazioni anafilattiche e shock sono da considerare eccezionali ma possibili (nell'ordine di 4 individui su 100.000). Nel 2% circa dei casi l'angiografia può dar luogo ad insufficienza renale lieve. Poiché non si può prevedere l'eventuale insorgenza di questi effetti collaterali, è indispensabile eseguire l'esame in centri attrezzati e solo se è strettamente necessario. Recentemente l'angiografia convenzionale è stata perfezionata per alcune indicazioni utilizzando la tecnica a sottrazione digitale che, migliorando la qualità dell'immagine, consente d'impiegare minori quantità di mezzo di contrasto e cateteri di calibro ridotto.
Cos'è
È l’esame fondamentale per visualizzare le arterie coronarie (le arterie che portano sangue al cuore) nel dettaglio. Con la coronarografia (chiamata anche angiografia coronarica) si possono rappresentare in immagine le arterie del cuore, cioè le coronarie, le loro diramazioni, i circoli collaterali. Utilissimo per valutare la presenza di stenosi (restringimenti) dell’arteria, per quantizzare anomalie valvolari, per la valutazione dei vizi congeniti.
A cosa serve?
L'indicazione alla coronarografia, tranne nelle urgenze, viene solitamente posta dopo aver eseguito gli altri esami diagnostici cardiologici (ECG da sforzo, ecocardiografia, scintigrafia miocardica) e riguarda in particolar modo la cardiopatia ischemica che non risponde convenientemente alle cure farmacologiche oppure nelle condizioni considerate a maggior pericolo per il paziente.
L'esame coronarografico viene generalmente eseguito in previsione di un intervento di rivascolarizzazione miocardica tramite un congegno a palloncino (angioplastica) oppure con by-pass aorto-coronarico.
Resta la metodica permette di elezione per valutare l'anatomia del circolo coronarico. Infatti per quanti progressi abbia fatto la moderna radiologia, con la TAC e la Risonanza Magnetica Nucleare, le arterie coronarie non si riesce a visualizzarle con un normale esame radiologico esterno.
Come si esegue
La coronarografia è una metodica diagnostica che prevede l'introduzione di cateteri (piccoli tubicini flessibili) nelle arterie dell'inguine per poter iniettare una sostanza (mezzo di contrasto) e visualizzare le arterie coronarie direttamente all'origine. L'introduzione dei cateteri (se ne adopera più di uno), che sono dei sottilissimi tubicini flessibili, frutto dell'alta tecnologia bioingegneristica, avviene attraverso l'inguine, dove passa una grossa arteria, l'arteria femorale. La puntura del vaso è preceduta da un'anestesia locale, che si pratica con un normale ago ed una normale siringa, proprio come l'anestesia che effettua il dentista per l'estrazione o la cura di un dente. Questo è l'unico dolore che si avverte, infatti la coronarografia non è un esame doloroso. Il catetere viene fatto avanzare nelle arterie, in aorta e fino all'imbocco delle arterie coronarie dove l'iniezione del mezzo di contrasto "colora" e opacizza i vasi rendendoli visibili ai raggi X. Si scatta allora una serie di radiografie (in genere è un vero e proprio film) che consentono di visualizzare i vasi ed i loro eventuali restringimenti. In questo modo è possibile evidenziare eventuali ostruzioni, come placche aterosclerotiche, all'interno dei vasi coronarici. Si tratta generalmente di un esame gravato da una bassissima incidenza di complicanze.
L'esame coronagrafico comporta, quindi, un cateterismo cardiaco ed è proprio questo che spaventa il paziente, per una sorta di paura nell'apprendere che un corpo estraneo sarà introdotto e manovrato all'interno del proprio cuore, violando ogni protezione di un organo vitale gelosamente custodito e protetto all'interno del proprio petto. Il cateterismo cardiaco non è certo una tecnica sperimentale nuova, essendo praticato ormai da moltissimi anni, in milioni di pazienti.
È necessario sottoporsi ad anestesia generale?
Per l'esecuzione della coronarografia non è necessaria l'anestesia generale; anzi, al contrario, il paziente deve essere ben sveglio e collaborare all'esame, respirando profondamente trattenendo il respiro a comando del medico e riferendo eventuali disturbi; i più coraggiosi possono addirittura seguire le varie fasi dell'esame con i propri occhi su un apposito monitor.
Ma è pericoloso?
La valutazione del rischio di una determinata procedura o terapia va sempre fatta in relazione alla necessità della procedura stessa, alla sua opportunità, al "guadagno" che ci si aspetta in termini di accuratezza diagnostica e scelte terapeutiche e sulla base del contesto clinico generale. A fronte del rischio di effettuare una determinata procedura, va esattamente, e con la stessa fermezza, valutato quello di non eseguirla. Ne consegue che l'esatta e completa valutazione del rischio sottintende un complesso processo logico che appartiene interamente al medico e richiede grande esperienza, cultura, professionalità e responsabilità.
Opinione diffusa da parte di pareri autorevoli è comunque che il rischio specifico della coronarografia è molto basso e comunque di gran lunga inferiore all'importanza delle informazioni che se ricavano, una volta che sia stata correttamente postulata la necessità della sua esecuzione.
La decisione di procedere alla coronarografia non è motivata, ovviamente, da pura curiosità o sete di sapere. È ormai noto che oggi la cura dell'infarto non si basa esclusivamente sui farmaci, ma che vi sono delle alternative alle cure mediche: la chirurgia del bypass e la dilatazione del vaso ristretto col palloncino (angioplastica). La Coronarografia è il punto di passaggio obbligato per accedere alle cure non mediche. Ne consegue che l'indicazione alla coronarografia viene posta laddove il contesto clinico ed i risultati degli esami non invasivi precedentemente attuati lascino prevedere che in quel determinato paziente le cure interventistiche, in alternativa o in aggiunta a quelle mediche, potrebbero essere necessarie o preferibili.
"In seguito a coronografia meno di un malato su 1000 subisce complicazioni serie, quali morte, infarto o ictus. Tali eventi avversi sono ancora meno frequenti in soggetti sotto i 70 anni, in buone condizioni generali. La complicazione più comune - intorno al 5 per mille - riguarda il punto di ingresso arterioso (in genere l'inguine), dove possono formarsi ematomi od occlusione arteriosa. Da ultimo, 2-3 malati per mille possono presentare reazione allergica al mezzo di contrasto usato per visualizzare le coronarie.È importante sottolineare che, se l'indicazione alla coronarografia è giusta, il rischio di non effettuare l'esame è più elevato di quello cui ci si espone eseguendolo. Infatti, la mancata conoscenza dell'anatomia coronarica non consente né di precisare la prognosi né di selezionale la terapia più corretta. Pertanto in generale, la coronarografia può essere eseguita in tutta sicurezza in quanto il beneficio per il malato supera il rischio dell'esame." (Xagena 2000 - A cura di Mauro Mennuni, Cardiologia, Ospedale S. Filippo Neri, Roma)
Dove eseguire l'esame?
È assolutamente inutile recarsi all'estero per eseguire la coronarografia; è inutile anche spostarsi in un'altra città del nostro Paese; è probabilmente sufficiente recarsi all'ospedale o alla clinica situati a pochi chilometri dalla propria dimora. Infatti in Italia, le Sezioni di Emodinamica sono circa 200, il livello medio degli operatori è in genere più che sufficiente e talora molto elevato, le apparecchiature ed i materiali impiegati sono di ottima qualità e sono in genere gli stessi che si trovano nelle sale di Emodinamica di Parigi, Londra, Lione, Houston, etc.
Gli emodinamisti che eseguono le coronarografie e le angioplastiche, in genere, fanno parte di team internazionali di esperti, con scambi continui di informazioni, dati, casistiche, aggiornamenti e miglioramenti delle tecniche. Quindi, una volta superata la "curva di apprendimento", che è correlata al numero degli esami effettuati e che, ovviamente, è un passaggio obbligato dappertutto e per tutti, il livello di abilità delle varie équipes è generalmente pari.
Una curiosità! Il primo cateterismo cardiaco su un uomo è stato effettuato da Werner Forssman nel 1929 su… sé stesso. Ha introdotto un tubicino in una vena del proprio braccio sino al cuore destro, quindi con il catetere posizionato all'interno del cuore ha salito le scale sino alla Radiologia per eseguire una radiografia e poter così documentare l'evento.
La coronarografia è un esame radiologico che si esegue con particolari apparecchiature radiologiche in una sala ad hoc, che è la sala di emodinamica, che somiglia molto ad una sala operatoria, ma non è una sala operatoria. Anche i cardiologi emodinamisti che eseguono l'esame sono vestiti con berretti, mascherine, guanti e gambali come i chirurghi, ma non sono chirurghi; infatti non sono armati di bisturi e forbici; devono solo, come i colleghi chirurghi, rispettare le norme di asepsi e sterilità.
La precisa conoscenza delle modalità di esecuzione dell'esame è molto utile per ridurre le preoccupazioni e le ansie del paziente, ottenere un suo assenso informato e la sua piena collaborazione: capire e razionalizzare è il modo migliore per vincere la paura, perché molto spesso la paura è causata o accresciuta dall'ignoto, cioè dalla mancanza di informazione. Per tali procedura è necessario il ricovero in ospedale od in clinica. L’esame dura in media circa un’ora. Il paziente dorme una notte in clinica ed il giorno dopo può essere dimesso.
N.B. in caso di stenosi coronarica, dopo attenta valutazione del caso, si può procedere ad una angioplastica, cioè ad una dilatazione della stenosi. La procedura, in questo caso diventa più lunga.
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Le informazioni qui riportate Hanno solo un fine illustrativo: NON costituiscono e NON provengono né da prescrizione né da consiglio medico, rivolgersi SEMPRE e comunque al PROPRIO MEDICO NB: L'ADMI ritiene i propri lettori persone ragionevoli e dotate di senso della misura. I vostri commenti VERRANNO INSERITI dopo controllo, in caso Si riserva la facoltà di cancellare commenti di CATTIVO GUSTO e/o OFFENSIVI
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15/09/12
INDAGINI
INFORMAZIONI GENERALI
Sono esami che prevedono l'iniezione di isotopi radioattivi, in genere Tallio 201 o Tecnezio, attraverso una vena periferica per esaminare le radiazioni emesse grazie ad una camera gamma sita sopra il torace e studiare in tal modo il miocardio o il ventricolo.
- Nel primo caso, l'esame della perfusione consente di individuare situazioni di ischemia e, di conseguenza, l'opportunità di un intervento di rivascolarizzazione: all'area ischemica corrisponde infatti un deficit di perfusione reversibile, contrariamente a quella dell'infarto miocardico.
- Nel secondo, si valutano molti aspetti della funzione ventricolare sinistra, in particolare la frazione di eiezione (che dovrebbe incrementarsi con l'esercizio) ed anomalie quali aneurismi ventricolari.
Fra questi test si annoverano:
Utilizza sostanze chiamate radioisotopi che, una volta iniettate, si distribuiscono al cuore e consentono, secondo il tipo di esame che viene effettuato, di definire la funzione del muscolo cardiaco o di valutare la distribuzione del sangue al cuore attraverso le arterie coronarie.
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Scintigrafia miocardica per perfusione permette un'istantanea delle condizioni di irrorazione sanguigna del miocardio sotto sforzo ed a riposo.
Esecuzione: con un ago o una cannula si inietta una piccolissima quantità di una sostanza radioattiva nella vena del braccio che in genere serve per rendere 'fotografabile' il sangue. Un apparecchio per la rilevazione delle radiazioni capta i segnali emessi dalle particelle radioattive ed elabora delle immagini del cuore. La sostanza si deposita soltanto nel tessuto miocardico sano. Quindi il cuore è sano dove vengono emessi molti segnali. Le zone insufficientemente irrorate si riconoscono perché non assorbono la sostanza.
Con questo esame si può valutare la contrazione e il successivo rilasciamento del cuore e può anche essere valutata la quantità di sangue che giunge al cuore attraverso le arterie coronariche.
Durata: la scintigrafia miocardica per perfusione sotto sforzo dura circa un'ora, l'esame a riposo altri 30-45 minuti.
Ventricolografia con radionuclidi
La ventricolografia con radionuclidi è un metodo scintigrafico (= che utilizza sostanze radioattive). Fornisce informazioni sul lavoro di pompaggio del cuore analoghe a quelle dell'ecocardiografia.
Esecuzione: una sostanza radioattiva iniettata nella vena del braccio si lega ai globuli rossi, "marcando" per così dire il sangue e rendendone visibile ad uno speciale apparecchio il flusso attraverso il cuore. Contemporaneamente si effettua un elettrocardiogramma. Si possono così correlare i movimenti visualizzati del cuore alla sua attività elettrica.
Durata: circa 1 ora.
La prova da sforzo al tallio: durante o subito dopo lo sforzo cui il paziente è sottoposto, gli si inietta il mezzo di contrasto per valutare la perfusione del miocardio durante l'esercizio; viene poi scattata un'altra serie di immagini in situazione di riposo. L'esistenza o meno di deficit di perfusione (in quanto l'isotopo non viene assorbito dalle zone muscolari cardiache insufficientemente perfuse) indica la presenza di eventuali anomalie nel flusso sanguigno attraverso le coronarie a riposo o sotto sforzo. Si può anche sostituire la prova da sforzo con la somministrazione di un farmaco (ad esempio il dipiridamolo) che simuli condizioni di stress.
a) la tomografia cardiaca per emissione di positroni (PET): permette lo studio di vari aspetti della funzionalità del tessuto cardiaco, combinando l'immagine tomografica con l'ausilio del tracciante, che fornisce dati sul flusso sanguigno ed il metabolismo cardiaco, ed il ricorso a principi cinetici per quantificare il flusso sanguigno nella regione miocardica, i flussi nei substrati, le reazioni biochimiche ed il controllo neurale. Le migliorie tecnologiche hanno consentito di disporre di uno strumento accurato, in grado di fornire nuovi dati sulla fisiologia e patofisiologia cardiaca;
b) la tomografia computerizzata per emissione singola di fotoni (SPECT): questa tecnica fornisce un'immagine di qualità superiore a quella planare ed è la più utile nel diagnosticare malattie delle coronarie;
Sono test innocui, molto sensibile ed accurati; consentono di localizzare con maggiore accuratezza le aree ischemiche o necrotiche. Tuttavia, sono test di alto costo, poiché comportano l'impiego di apparecchiature sofisticate e costose, e dei radioisotopi. Per questo motivo, non sono disponibili in tutti i centri cardiologici, anche perché in buona parte possono essere sostituiti, con altrettanta accuratezza diagnostica, dalle tecniche ecocardiografiche di ultima generazione L'angiografia con radionuclidi può essere anche utilizzata come scanner dei vasi cerebrali.
È una tecnica che fornisce immagini transezionali del torace, ivi compresi cuore e grandi vasi.
Ha un'elevata risoluzione spaziale, è tridimensionale e fornisce dati anatomici e funzionali clinicamente rilevanti, in particolare sulle malattie aortiche.
Vi sono diverse forme di tomografia:
- convenzionale (CT),
- elicoidale, assiale (CAT) - utilizzata anche per esaminare il funzionamento dei vasi cerebrali -
- e a raggio di elettroni o ultraveloce (EBCT), particolarmente utile per valutare le lesioni intracardiache e congenite e l'adeguatezza dei bypass coronarici nonché quantificare la massa ventricolare, i volumi delle camere cardiache e la funzione diastolica e sistolica (come la portata cardiaca e la frazione di eiezione). La tomografia EBCT si utilizza anche per misurare i depositi di calcio nelle coronarie, dato da cui si evince la probabile incidenza di eventi cardiaci o la necessità di ricorrere ai bypass o all'angioplastica coronarica.
È una nuova tecnica del tutto non invasiva, che non richiede l'utilizzo di mezzi di contrasto e fornisce un'immagine tridimensionale e ad elevata risoluzione del cuore e dei grandi vasi.
Le immagini prodotte sul computer da potenti magneti permettono di valutare malattie dell'aorta, malattie del pericardio, lesioni congenite, malattie del miocardio, masse cardiache quali tumori intracardiaci, danni da ischemia, morfologia delle camere cardiache, funzione ventricolare globale o regionale, rigurgiti valvolari.
Altre applicazioni potenziali riguardano la valutazione di anatomia e flusso delle arterie coronariche, del flusso di sangue nel miocardio, della funzionalità e del metabolismo miocardico.
L'ecocardiogramma
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USI CLINICI DELL’ECOCARDIOGRAFIA
dal manuale Merk
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14/09/12
Mantovani: "sclerosi multipla, dopo l'intervento in day hospital non ho...
Uno Mattina - Nicoletta Mantovani racconta di non avere più i sintomi della sclerosi multipla da quando si è sottoposta a un intervento in day hospital per liberare una vena ostruita. Guarda tutti i video di Uno Mattina su http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/page/Page-a58bde5f-d8e5-4aec-81b4-c11b98...
13/09/12
Pressoterapia sequenziale - fisioterapia vascolare
Pressoterapia sequenziale
Il trattamento
si basa sull'impiego di elementi pneumo - distensivi contenuti in
speciali terminali di forma anatomica (gambali, piedi,
gambaletti, braccia, fasce addominali-lombari) applicabili agli arti.
Questi elementi (sacche) sono mantenuti paralleli e
parzialmente sovrapposti al fine di assicurare un gradiente
pressorio solamente in direzione distale prossimale in modo da
evitare stasi o flussi retrogradi. Seguendo l'architettura dei
terminali, il ciclo operativo della durata media di trenta secondi,
inizia con il riempimento sequenziale delle sacche, a partire dalla
prima, e termina con il loro completo svuotamento. Una volta che la
prima sacca ha raggiunto il valore pressorio programmato, inizia il
gonfiaggio della seconda; arrivata anch'essa a regime, si attiva anche
la terza e così via sino all'ultima. A questo punto avviene lo
svuotamento contemporaneo di tutte le sacche per poi iniziale il nuovo
ciclo. La pressione viene selezionata dall'operatore in base alla
patologia del paziente. Il paziente indossa il bracciale, se il
trattamento deve essere fatto sul braccio, o il gambale/i se
viene eseguito sull' arto inferiore o ad entrambi gli arti. Viene
quindi programmato il tempo di terapia e la pressione che
deve essere esercitata: normalmente, dai dati di letteratura
scientifica, una durata di 30 minuti ed una pressione compresa tra i 30
ed i 60 mm. di Hg. sono sufficienti per svolgere efficacemente la
seduta. Naturalmente per un corretto utilizzo della metodica si
consiglia di visionare la letteratura scientifica prodotta sia italiana che internazionale.
www.angiodiagnostica.it/fisioterapia_vascolare.html
LPG Endermologie
L’ endermologie è un particolare tipo di massaggio meccanico effettuato con l’ausilio di una sofisticata apparecchiatura che si avvale di rulli esercitanti una pressione positiva associata alla applicazione di pressione negativa su cute e sottocutaneo.
Esistono inoltre protocolli terapeutici specifici per affezioni particolari, quali linfedemi, postumi cicatriziali delle ustioni, insufficienza venosa cronica, anomalie della cicatrizzazione cutanea.
In patologia venosa e linfatica questa metodica consente di ampliare le possibilità offerte dal tradizionale drenaggio linfatico manuale, superando il concetto di svuotamento dei vasi e sostituendolo con il momento di stimolazione metabolica e ristrutturazione tessutale.
L’Endermologie, grazie alla sua dimostrata capacità di stimolazione diretta sull’attività del tessuto connettivo (e delle cellule in esso contenute), e di miglioramento del flusso artero-venoso e linfatico, viene utilizzata nei protocolli terapeutici dei linfedemi, in particolare quelli di stadio più avanzato, non reversibili in clinostatismo e con alterazioni tessutali tali da determinare ripercussioni a livello cutaneo, oltre che sottocutanee.
www.angiodiagnostica.it/fisioterapia_vascolare.html
LPG Endermologie
L’ endermologie è un particolare tipo di massaggio meccanico effettuato con l’ausilio di una sofisticata apparecchiatura che si avvale di rulli esercitanti una pressione positiva associata alla applicazione di pressione negativa su cute e sottocutaneo.
Esistono inoltre protocolli terapeutici specifici per affezioni particolari, quali linfedemi, postumi cicatriziali delle ustioni, insufficienza venosa cronica, anomalie della cicatrizzazione cutanea.
In patologia venosa e linfatica questa metodica consente di ampliare le possibilità offerte dal tradizionale drenaggio linfatico manuale, superando il concetto di svuotamento dei vasi e sostituendolo con il momento di stimolazione metabolica e ristrutturazione tessutale.
L’Endermologie, grazie alla sua dimostrata capacità di stimolazione diretta sull’attività del tessuto connettivo (e delle cellule in esso contenute), e di miglioramento del flusso artero-venoso e linfatico, viene utilizzata nei protocolli terapeutici dei linfedemi, in particolare quelli di stadio più avanzato, non reversibili in clinostatismo e con alterazioni tessutali tali da determinare ripercussioni a livello cutaneo, oltre che sottocutanee.
IMPORTANTE: L'insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI)
DA: www.angiodiagnostica.it/ccsvi.html
info@angiodiagnostica.it
L'insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) è una controversa sindrome emodinamica, recentemente proposta, in cui le vene cervicali e toraciche non sono in grado di rimuovere efficacemente il sangue dal sistema nervoso centrale (SNC) presumibilmente a causa di stenosi e malformazioni delle vene giugulari e azygos. Questa patologia dell'apparato circolatorio è stata descritta da Paolo Zamboni, nel 2008 e nel settembre 2009 il panel di esperti della IUP, la più vasta organizzazione scientifica che si occupa di patologia venosa, la ha inserita tra le malformazioni venose congenite di tipo trunculare, ovvero fra quelle che si sviluppano fra il 3° ed il 5° mese di vita intrauterina. Il documento di consenso internazionale ne avalla anche la terapia attraverso angioplastica dilatativa. La procedura chirurgica in questione presenta però potenziali rischi. Il ricercatore asserisce altresì di aver individuato una stretta correlazione tra la CCSVI e la sclerosi multipla (SM), anche se la comunità medica mondiale ha espresso molte perplessità in merito. In uno studio pilota condotto in Italia, che però non rispetta i criteri internazionali delle ricerche scientifiche in cieco, tutti i pazienti affetti da sclerosi multipla testati hanno mostrato di possedere problemi venosi. Attualmente è in corso presso il NBAC di Buffalo, la seconda parte del primo studio indipendente a livello mondiale sulla correlazione tra CCSVI e SM .Guarda i video ( clicca qui)
Sintomi e conseguenze
La stasi venosa, e quindi anche la CCSVI, come avviene in altre parti del corpo umano, può causare: ipossia, ritardi di perfusione , riduzione del drenaggio dei cataboliti ed un aumento della pressione transmurale e intensa attivazione infiammatoria delle piccole vene e dei tessuti più vicini. Così come il cattivo funzionamento del sistema venoso degli arti inferiori provoca delle sclerosi sottocutanee, le stasi dei piccoli vasi venosi cerebrali e toracici potrebbero essere la causa iniziale delle placche sclerotiche, tipiche della sclerosi multipla. A confermare la teoria concorre la presenza, anomala di depositi di ferro intorno alle vene cerebrali e a livello encefalico e spinale.Diagnosi e trattamento della CCSVI
La CCSVI è stata individuata la prima volta attraverso un esame con EcoColorDoppler transcranico ed extracranico . I risultati del team del professor Zamboni confermano come l’EcoColorDoppler sia uno strumento di diagnosi potente, non invasivo e sempre riproducibile. È altamente specifico nello scoprire il tipo di distribuzione delle stenosi delle vene extracraniche e di quelle extravertebrali, con una sensibilità trascurabile. Comunque, la valutazione dei dati tra inter- e intra-osservatori indica chiaramente come la riproducibilità della diagnosi ECD è strettamente dipendente da un addestramento specifico. Il gold standard diagnostico è rappresentato dalla venografia selettiva ma per l'invasività della stessa si preferisce utilizzare l'ecocolordoppler come screening ed utilizzare la venografia in sede di trattamento.
Diagnosi con Ecocolordoppler
Durante la diagnosi con ecocolordoppler Il paziente viene posizionato su una poltrona a movimentazione meccanica, che permette effettuare le misurazioni con il capo posizionato a 90° e a 0°, l'esame è condotto con • Respirazione tranquilla e profonda. Durante la prima è richiesto di insipirare ed espirare con il naso non muovendo le spalle, allo scopo di attivare la pompa respiratoria e verificare se vi è un'induzione del drenaggio cerebro-spinale. • Respirazione profonda: consiste in un’inspirazione ed un'espirazione forzata anche attraverso la bocca con lo scopo di indurre al massimo il flusso nei vasi da esaminare (particolarmente utilizzato per la valutazione dei vai intracranici) e di valutare la corretta funzionali degli apparati valvolari ovvero apertura durante l’inspirazione e chiusura in espirazione. Il protocollo prevede l'uso di 2 sonde: una lineare 3.5 -10 kHz utilizzata per la scansione delle vene del collo(vene giugulari interne e vene del plesso vertebrale) e una transcranica 2.0-3.3 kHz per l’individuazione di struttute intracraniche quali III ventricolo cerebrale, corna posteriori dei ventricoli laterali, mesencefalo, oltre alle vene cerebrali profonde come la vena di Galeno, vena cerebrale interna e vena di Rosenthal. E’ previsto l’utilizzo facoltativo di una sonda microconvex 5.0-8.0 kHz che permette data la forma ergonomica di effettuare una valutazione più accurata delle parte inferiore dei vasi del collo (ostio giugulo-succlvio e vene intrarachidiane).
Parametri diagnostici
Per avere una diagnosi di CCSVI, secondo il protocollo Zamboni, occorre che il paziente abbia almeno 2 dei seguenti 5 parametri:
1. Reflusso nelle vene giugulari interne e/o vene vertebrali in posizione seduta e supina;
2. Reflusso nelle DCVs (vena cerebrale interna, vena basale di Rosenthal, e grande vena cerebrale di Galeno)
3. Presenza di stenosi nella vena giugulare interna all'indagine B-mode ad alta risoluzione;
4. Flusso non rilevabile all'indagine Doppler nelle vene giugulari interne e/o nelle vene vertebrali;
5. Controllo posturale inverso delle principali vie di deflusso venoso cerebrale.
Per maggiore accuratezza diagnostica, si pensava che altri tipi di stenosi potessero essere diagnosticati mediante angiografia RM oppure con l'Angio-TAC. Tali strumenti consentirebbero di visualizzare i grossi tronchi arteriosi e venosi extra ed intracerebrali ma anche in questo caso occorre che l'operatore sia opportunamente istruito su cosa ricercare. Questi metodi diagnostici presentano, tuttavia, dei limiti tecnologici non trascurabili: come è stato osservato dal dott. Salvatore Sclafani, esiste una scarsa correlazione tra i risultati anatomici evidenziati a mezzo flebografia RM, rispetto alla venografia selettiva effettuata in sede di trattamento, che rimane il gold standard Di fatto, molti dei restringimenti evidenziati adoperando i sistemi RM o TAC risultano essere non costanti o addirittura inesistenti nella controprova effettuata tramite venografia selettiva. Il problema dei falsi positivi e negativi prodotti dalla angiografia RM è stato posto in evidenza in più occasioni dallo stesso professor Zamboni, il quale da sempre ne sconsiglia l'utilizzo nella diagnosi per la CCSVI .
Trattamento tramite angioplastica
La sindrome quando causa stenosi può essere trattata attraverso un palloncino angioplastico o PTA. L'intevento consiste sostanzialmente nel praticare una puntura endovenosa alla vena femorale sinistra attraverso la quale viene fatto navigare un catetere guidato esternamente da un radiologo. Quando si raggiungono le vene bloccate queste vengono dilatate gonfiando un palloncino posto sul catetere. L'intervento si svolge nel territorio delle vene anziché in quello delle arterie come normalmente avviene.
Correlazione tra CCSVI e sclerosi multipla
La presenza di depositi di ferro ha spinto a ricercare una correlazione tra CCSVI e la sclerosi multipla. Secondo Zamboni, la CCSVI ha una elevata sensibilità e specificità tale da differenziare individui sani da quelli affetti da sclerosi multipla. Valvole venose e flusso sanguigno
Lo studio ha incluso varianti progressive di SM, ma esclude forme non standard della malattia come la sclerosi concentrica di Balo o la sindrome di Schilder. Questo ha portato alla redazione di una teoria che porta ad affermare che l'insufficienza venosa è presente in un sottotipo di pazienti affetti da sclerosi multipla. La più ampia indagine per verificare tale teoria è attualmente in corso presso il Neuroimaging Analysis Center di Buffalo. L'ipotesi venosa è stata sostenuta principalmente dal ricercatore Paolo Zamboni, che ha teorizzato che la deformazione dei vasi sanguigni causa un valido aumento del deposito di ferro nel cervello, fatto che a sua volta fa scattare un procedimento autoimmune e quindi la degenerazione della guaina mielinica dei nervi. Attualmente si ritiene che la sclerosi multipla sia una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il sistema nervoso centrale a patogenesi autoimmune ma la causa di tale reazione è ancora sconosciuta. Sulla base di tale teoria, trattamenti per la sclerosi multipla sono stati proposti e testati su un piccolo gruppo di pazienti. La Multiple Sclerosis Society canadese si è impegnata a finanziare ulteriori prove sperimentali su tale ipotesi, anche se il capo dell'organizzazione ha preso atto che i risultati iniziali sono stati molto promettenti seppur in una fase ancora preliminare . In merito al trattamento della CCSVI in pazienti affetti da sclerosi multipla i dati pubblicati mostrano un miglioramento della circolazione venosa cerebrale ed una riduzione del numero di ricadute e di lesioni attive, nonché un miglioramento della qualità della vita dei pazienti. In soggetti affetti da malattia progressiva questo andamento si blocca o rallenta. Secondo quanto pubblicato,questa esperienza protratta nell’osservazione a 18 mesi è da considerare con attenzione come un trattamento efficace contro la sclerosi multipla da aggiungere ai trattamenti esistenti .
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L'insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) è una controversa sindrome emodinamica, recentemente proposta, in cui le vene cervicali e toraciche non sono in grado di rimuovere efficacemente il sangue dal sistema nervoso centrale (SNC) presumibilmente a causa di stenosi e malformazioni delle vene giugulari e azygos. Questa patologia dell'apparato circolatorio è stata descritta da Paolo Zamboni, nel 2008 e nel settembre 2009 il panel di esperti della IUP, la più vasta organizzazione scientifica che si occupa di patologia venosa, la ha inserita tra le malformazioni venose congenite di tipo trunculare, ovvero fra quelle che si sviluppano fra il 3° ed il 5° mese di vita intrauterina. Il documento di consenso internazionale ne avalla anche la terapia attraverso angioplastica dilatativa. La procedura chirurgica in questione presenta però potenziali rischi. Il ricercatore asserisce altresì di aver individuato una stretta correlazione tra la CCSVI e la sclerosi multipla (SM), anche se la comunità medica mondiale ha espresso molte perplessità in merito. In uno studio pilota condotto in Italia, che però non rispetta i criteri internazionali delle ricerche scientifiche in cieco, tutti i pazienti affetti da sclerosi multipla testati hanno mostrato di possedere problemi venosi. Attualmente è in corso presso il NBAC di Buffalo, la seconda parte del primo studio indipendente a livello mondiale sulla correlazione tra CCSVI e SM .Guarda i video ( clicca qui)
Sintomi e conseguenze
La stasi venosa, e quindi anche la CCSVI, come avviene in altre parti del corpo umano, può causare: ipossia, ritardi di perfusione , riduzione del drenaggio dei cataboliti ed un aumento della pressione transmurale e intensa attivazione infiammatoria delle piccole vene e dei tessuti più vicini. Così come il cattivo funzionamento del sistema venoso degli arti inferiori provoca delle sclerosi sottocutanee, le stasi dei piccoli vasi venosi cerebrali e toracici potrebbero essere la causa iniziale delle placche sclerotiche, tipiche della sclerosi multipla. A confermare la teoria concorre la presenza, anomala di depositi di ferro intorno alle vene cerebrali e a livello encefalico e spinale.Diagnosi e trattamento della CCSVI
La CCSVI è stata individuata la prima volta attraverso un esame con EcoColorDoppler transcranico ed extracranico . I risultati del team del professor Zamboni confermano come l’EcoColorDoppler sia uno strumento di diagnosi potente, non invasivo e sempre riproducibile. È altamente specifico nello scoprire il tipo di distribuzione delle stenosi delle vene extracraniche e di quelle extravertebrali, con una sensibilità trascurabile. Comunque, la valutazione dei dati tra inter- e intra-osservatori indica chiaramente come la riproducibilità della diagnosi ECD è strettamente dipendente da un addestramento specifico. Il gold standard diagnostico è rappresentato dalla venografia selettiva ma per l'invasività della stessa si preferisce utilizzare l'ecocolordoppler come screening ed utilizzare la venografia in sede di trattamento.
Diagnosi con Ecocolordoppler
Durante la diagnosi con ecocolordoppler Il paziente viene posizionato su una poltrona a movimentazione meccanica, che permette effettuare le misurazioni con il capo posizionato a 90° e a 0°, l'esame è condotto con • Respirazione tranquilla e profonda. Durante la prima è richiesto di insipirare ed espirare con il naso non muovendo le spalle, allo scopo di attivare la pompa respiratoria e verificare se vi è un'induzione del drenaggio cerebro-spinale. • Respirazione profonda: consiste in un’inspirazione ed un'espirazione forzata anche attraverso la bocca con lo scopo di indurre al massimo il flusso nei vasi da esaminare (particolarmente utilizzato per la valutazione dei vai intracranici) e di valutare la corretta funzionali degli apparati valvolari ovvero apertura durante l’inspirazione e chiusura in espirazione. Il protocollo prevede l'uso di 2 sonde: una lineare 3.5 -10 kHz utilizzata per la scansione delle vene del collo(vene giugulari interne e vene del plesso vertebrale) e una transcranica 2.0-3.3 kHz per l’individuazione di struttute intracraniche quali III ventricolo cerebrale, corna posteriori dei ventricoli laterali, mesencefalo, oltre alle vene cerebrali profonde come la vena di Galeno, vena cerebrale interna e vena di Rosenthal. E’ previsto l’utilizzo facoltativo di una sonda microconvex 5.0-8.0 kHz che permette data la forma ergonomica di effettuare una valutazione più accurata delle parte inferiore dei vasi del collo (ostio giugulo-succlvio e vene intrarachidiane).
Parametri diagnostici
Per avere una diagnosi di CCSVI, secondo il protocollo Zamboni, occorre che il paziente abbia almeno 2 dei seguenti 5 parametri:
1. Reflusso nelle vene giugulari interne e/o vene vertebrali in posizione seduta e supina;
2. Reflusso nelle DCVs (vena cerebrale interna, vena basale di Rosenthal, e grande vena cerebrale di Galeno)
3. Presenza di stenosi nella vena giugulare interna all'indagine B-mode ad alta risoluzione;
4. Flusso non rilevabile all'indagine Doppler nelle vene giugulari interne e/o nelle vene vertebrali;
5. Controllo posturale inverso delle principali vie di deflusso venoso cerebrale.
Per maggiore accuratezza diagnostica, si pensava che altri tipi di stenosi potessero essere diagnosticati mediante angiografia RM oppure con l'Angio-TAC. Tali strumenti consentirebbero di visualizzare i grossi tronchi arteriosi e venosi extra ed intracerebrali ma anche in questo caso occorre che l'operatore sia opportunamente istruito su cosa ricercare. Questi metodi diagnostici presentano, tuttavia, dei limiti tecnologici non trascurabili: come è stato osservato dal dott. Salvatore Sclafani, esiste una scarsa correlazione tra i risultati anatomici evidenziati a mezzo flebografia RM, rispetto alla venografia selettiva effettuata in sede di trattamento, che rimane il gold standard Di fatto, molti dei restringimenti evidenziati adoperando i sistemi RM o TAC risultano essere non costanti o addirittura inesistenti nella controprova effettuata tramite venografia selettiva. Il problema dei falsi positivi e negativi prodotti dalla angiografia RM è stato posto in evidenza in più occasioni dallo stesso professor Zamboni, il quale da sempre ne sconsiglia l'utilizzo nella diagnosi per la CCSVI .
Trattamento tramite angioplastica
La sindrome quando causa stenosi può essere trattata attraverso un palloncino angioplastico o PTA. L'intevento consiste sostanzialmente nel praticare una puntura endovenosa alla vena femorale sinistra attraverso la quale viene fatto navigare un catetere guidato esternamente da un radiologo. Quando si raggiungono le vene bloccate queste vengono dilatate gonfiando un palloncino posto sul catetere. L'intervento si svolge nel territorio delle vene anziché in quello delle arterie come normalmente avviene.
Correlazione tra CCSVI e sclerosi multipla
La presenza di depositi di ferro ha spinto a ricercare una correlazione tra CCSVI e la sclerosi multipla. Secondo Zamboni, la CCSVI ha una elevata sensibilità e specificità tale da differenziare individui sani da quelli affetti da sclerosi multipla. Valvole venose e flusso sanguigno
Lo studio ha incluso varianti progressive di SM, ma esclude forme non standard della malattia come la sclerosi concentrica di Balo o la sindrome di Schilder. Questo ha portato alla redazione di una teoria che porta ad affermare che l'insufficienza venosa è presente in un sottotipo di pazienti affetti da sclerosi multipla. La più ampia indagine per verificare tale teoria è attualmente in corso presso il Neuroimaging Analysis Center di Buffalo. L'ipotesi venosa è stata sostenuta principalmente dal ricercatore Paolo Zamboni, che ha teorizzato che la deformazione dei vasi sanguigni causa un valido aumento del deposito di ferro nel cervello, fatto che a sua volta fa scattare un procedimento autoimmune e quindi la degenerazione della guaina mielinica dei nervi. Attualmente si ritiene che la sclerosi multipla sia una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il sistema nervoso centrale a patogenesi autoimmune ma la causa di tale reazione è ancora sconosciuta. Sulla base di tale teoria, trattamenti per la sclerosi multipla sono stati proposti e testati su un piccolo gruppo di pazienti. La Multiple Sclerosis Society canadese si è impegnata a finanziare ulteriori prove sperimentali su tale ipotesi, anche se il capo dell'organizzazione ha preso atto che i risultati iniziali sono stati molto promettenti seppur in una fase ancora preliminare . In merito al trattamento della CCSVI in pazienti affetti da sclerosi multipla i dati pubblicati mostrano un miglioramento della circolazione venosa cerebrale ed una riduzione del numero di ricadute e di lesioni attive, nonché un miglioramento della qualità della vita dei pazienti. In soggetti affetti da malattia progressiva questo andamento si blocca o rallenta. Secondo quanto pubblicato,questa esperienza protratta nell’osservazione a 18 mesi è da considerare con attenzione come un trattamento efficace contro la sclerosi multipla da aggiungere ai trattamenti esistenti .
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