Il rituximab, in commercio con i marchi Rituxan e Mabthera, è un farmaco
appartenente alla classe degli anticorpi monoclonali; il suo bersaglio è
la proteina CD20. Viene utilizzato nel trattamento del Linfoma non
Hodgkin delle cellule B, nelle leucemie delle cellule B e in talune
malattie autoimmuni.
Il rituximab è stato sviluppato da Idec
Pharmaceuticals e, in seguito all'analisi dei dati di sicurezza ed
efficacia prodotti dagli studi clinici, è stato approvato dall'Food and
Drug Administration (FDA) americana nel 1997 per i pazienti affetti da
linfoma non Hodgkin a cellule B, resistenti ad altri regimi di
chemioterapia.
Il farmaco, in combinazione con la chemioterapia
CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone o
prednisolone) è divenuto la terapia standard per il trattamento iniziale
del linfoma diffuso a grandi cellule ed altri linfomi non Hodgkin
aggressivi.
Attualmente è messo in commercio (co-marketing) da Biogen Idec e da Genentech negli USA e da Roche nell'Unione Europea.
Rituximab agisce sui linfociti B, distruggendo sia le cellule normali
che quelle maligne; per tale ragione è utilizzato per il trattamento di
malattie caratterizzate per avere un elevato numero di cellule B,
cellule B iperattive o cellule B disfunzionali.
La maggior parte dei pazienti è trattata con rituximab perché soffre di patologie neoplastiche come la leucemia ed il linfoma.
Non mancano utilizzi nelle malattie autoimmuni: il farmaco ha infatti
mostrato efficacia nel trattamento dell'artrite reumatoide in tre studi
clinici controllati randomizzati ed attualmente ha ottenuto la licenza
per l'immissione in commercio dall'FDA, in combinazione con il
metotrexato nella riduzione dei sintomi in pazienti adulti con artrite
reumatoide attiva da grave a moderata, con inadeguata risposta ad una o
più precedenti terapie con anti-alpha TNF. Non mancano dati di efficacia
in malattie come l'anemia emolitica autoimmune idiopatica, l'aplasia
eritroide pura, la porpora trombocitopenica idiopatica, la sindrome di
Evans, la vasculite, la sclerosi multipla, il pemfigo, il pemfigoide, il
diabete mellito di tipo I, la sindrome di Sjögren, il lupus eritematoso
sistemico, nonostante per pazienti affetti da quest'ultima patologia,
vi siano significativi rischi di infezione da leucoencefalopatia
multifocale progressiva.
Il farmaco è attualmente utilizzato anche nel trattamento dei trapiantati renali.
L'anticorpo si lega al cluster di differenziazione 20 (CD20), espresso
sulle cellule B, sin dalla fase precoce di differenziazione; il CD20 è
invece assente sulle plasmacellule nella fase finale della
differenziazione. Pur essendo l'esatta funzione del CD20 ignota,
sembrerebbe che il complesso proteico giochi un ruolo importante nel
flusso del calcio (Ca2+) attraverso la membrana cellulare, mantenendo la
concentrazione intracellulare degli ioni calcio e consentendo così
l'attivazione delle cellule B.
Resta poco chiaro l'esatto
meccanismo d'azione del farmaco, ma è stato possibile rilevare che gli
effetti combinati conducono all'eliminazione delle cellule B (incluse
quelle maligne) dall'organismo, permettendo così lo sviluppo di una
nuova popolazione cellulare sana dalle cellule staminali della linea
linfoide.
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