CONTATORE PERSONE

16/08/12

SM SP


SM PP


SMRR


MALATTIA DI DEVIC


Possibile biomarcatore per attività del natalizumab


MSIF Research News febbraio 2012
14/02/2012 
Possibile biomarcatore per attività del natalizumab
Questi dati, elaborati da un gruppo di ricerca francese, suggeriscono come il monitoraggio dell’espressione di CD49d può essere utilizzato come biomarcatore surrogato per valutare l’ efficienza del natalizumab. (Natalizumab è un anticorpo monoclonale per un antigene di leucociti chiamato integrina-4 di VLA-4 (CD49d)).
Gli autori hanno testato l'espressione di CD49d su cellule mononucleate del sangue periferico in una coorte di persone con SM in trattamento con natalizumab. Essi riferiscono che nella maggior parte delle persone (41/49), l’espressione è stata inibita dopo l'inizio del trattamento e si è mantenuta a bassi livelli. Tuttavia, in otto persone c'è stato un recupero precoce di espressione di CD49d a livelli di pre-trattamento legata allo sviluppo di NABs. Tre delle otto persone avevano livelli particolarmente elevati di NABs e il natalizumab non era rilevabile nel siero. Gli autori ritengono quindi che il monitoraggio dell’espressione di CD49d potrebbe fungere da biomarcatore surrogato per predire quali pazienti avranno una minor possibilità di beneficiare di natalizumab.
J Neurol Sci. 2012 Mar 15;314(1-2):138-42. Epub 2011 Nov 1. Defer G, Mariotte D, Derache N, Toutirais O, Legros H, Cauquelin B, Le Mauff B.

Lavoro iraniano sulle possibili correlazioni tra fatica, depressione e qualità di vita
Questo articolo iraniano esamina gli effetti della depressione e della fatica sulla qualità della vita delle persone con SM. Anche se tali studi sono stati riprodotti in molte altre parti del mondo, pochi sono i dati disponibili per il Medio Oriente. I risultati suggeriscono che la disabilità fisica correlata alla SM, la stanchezza e la depressione influenzano la qualità di vita delle persone con SM indipendentemente l'uno dall'altro. Gli autori concludono che efficaci interventi su fatica e depressione possono contribuire a migliorare la qualità di vita, indipendentemente dal tipo di malattia e dal livello di disabilità.
Eur J Neurol. 2012 Mar;19(3):431-7. doi: 10.1111/j.1468-1331.2011.03535.x. Epub 2011 Oct 4. Kargarfard M, Eetemadifar M, Mehrabi M, Maghzi AH, Hayatbakhsh MR. 

Nuova sequenza di risonanza per rilevare lesioni corticali nella SM
Il presente lavoro condotto da un gruppo di ricercatori di Boston, USA, valuta la concordanza tra operatori nel rilevamento delle lesioni corticali utilizzando una MRI 7 Tesla (T) Flash-T2 e una 3T DIR. In totale, quattro operatori indipendenti hanno contato e categorizzato le lesioni corticali, i risultati evidenziano che la riproducibilità tra operatori era migliore quando l’esame era effettuato con il 7T rispetto al 3T. Le lesioni subpiali erano rilevabili solo con il 7T. Gli autori concludono che il 7T FLASH-sequenza T2* rileva meglio le lesioni corticale (in particolare sottopiali). Gli autori suggeriscono che questa sequenza di risonanza magnetica farà parte di future linee guida per la sclerosi multipla.
J Magn Reson Imaging. 2012 Mar;35(3):537-42. doi: 10.1002/jmri.22847. Epub 2011 Nov 1. Nielsen AS, Kinkel RP, Tinelli E, Benner T, Cohen-Adad J, Mainero C.


8 febbraio 2012

Impatto della gravidanza sulla sindrome radiologicamente isolata (RIS)
Gli autori di questo studio avevano come obiettivo quello di valutare l'impatto della gravidanza sullo sviluppo di un evento clinico in donne che avevano ricevuto una diagnosi di sindrome radiologicamente isolata (RIS). Gli autori, conducendo una valutazione prospettica sulle donne con diagnosi di RIS e confrontando coloro che erano rimaste incinta con coloro che non avevano avuto gravidanze, hanno osservato un tempo di conversione ad un primo evento clinico neurologico più breve nel gruppo delle donne che era rimasta incinta. Pertanto gli autori concludono la ricerca affermando che la gravidanza potrebbe influenzare la conversione da RIS a CIS.
Lebrun C, Le Page E, Kantarci O, Siva A, Pelletier D, Okuda D. Mult Scler. 2012 Feb 2

Teriflunomide nella SM
Questa pubblicazione fa riferimento ai dati di follow-up provenienti da 147 persone che hanno partecipato allo studio di estensione con il teriflunomide al dosaggio di 7 mg al giorno o 14 mg al giorno nella SM. Dopo una durata media dello studio di 7,1 anni, la percentuale annuale di ricadute (ARR) era bassa, con una tendenza verso una ARR inferiore nel gruppo in trattamento con i 14 mg al giorno. Il 19% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi, tra cui i più comuni erano le infezioni lievi, la stanchezza, i disturbi della sensibilità e la diarrea, non si sono verificate invece gravi infezioni opportunistiche, non si sono verificate interruzioni di trattamento in relazione alle infezioni. Né vi è stato un aumento significativo del tasso di tumori maligni nei  pazienti trattati. Complessivamente gli autori concludono che il profilo di sicurezza della teriflunomide è buono.
Confavreux C, Li DK, Freedman MS, Truffinet P, Benzerdjeb H, Wang D, Bar-Or A, Traboulsee AL, Reiman L, O'Connor P.  Mult Scler. 2012 Feb 3

Valutazione connettività nella SM
Questo interessante articolo francese è stato realizzato con l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale per confrontare i livelli locali e globali di connettività all'interno di varie reti tra soggetti sani e pazienti con iniziale sclerosi multipla recidivante-remittente in stato di riposo. Gli autori riportano che il livello globale di connettività a riposo è risultato significativamente aumentato nei pazienti rispetto ai controlli, in 7 reti su 8. I valori della MSFC erano correlati negativamente con l’aumento della connettività a riposo. Gli autori hanno quindi concluso che la riorganizzazione delle reti in stato di riposo è fortemente associato con la disabilità nelle prime fasi della sclerosi multipla e che queste sequenze di riorganizzazione potrebbero essere utili come biomarker per valutare l’attività precoce di malattia nella SMRR.
Faivre A, Rico A, Zaaraoui W, Crespy L, Reuter F, Wybrecht D, Soulier E, Malikova I, Confort-Gouny S, Cozzone PJ, Pelletier J, Ranjeva JP, Audoin B., Mult Scler. 2012 Feb 3.

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DEVO DEVO DEVO FARVI LEGGERE QUESTO


www.snoitalia.it/source/rivistasnopdf/Neurobiologia_n%203-4%202006.pdf

L'ecografia della tiroide


L'ecografia è una tecnica sicura, indolore, non invasiva, per ottenere una immagine della tiroide, senza l'uso di raggi X o l'iniezione di sostanze radioattive. Una piccola sonda invia e riceve ultrasuoni (suoni ad altissima frequenza che non possono essere uditi dall'orecchio umano) che vengono riflessi in misura diversa dalle strutture del corpo; viene appoggiata sul collo dopo avervi deposto una piccola quantità di gel conduttore. L'immagine viene catturata ed elaborata da un computer che la registrata come una fotografia.
Con l'ecografia si può:
- Misurare le dimensioni esatte della ghiandola, calcolarne il volume e valutare la risposta di una tiroide ingrandita al trattamento.
- Verificare la presenza di un nodulo, misurarlo nelle tre dimensioni, esaminarne le caratteristiche (solido, liquido, misto), i margini, i rapporti con le altre strutture.
- Valutare le risposta alla terapia di un sindolo nodulo.
- Seguire un paziente operato di tumore, per valutare una eventuale recidiva.
- Eseguire una biopsia guidata quando il nodulo è piccolo o vicino a struttura delicate quali arterie.
- Con la tecnica doppler associata all'ecografia si puo' studiare la vascolarizzazione della tiroide o di un singolo nodulo e trarne importanti informazioni circa la funzionalita' e l'attivita' metabolica.

La scintigrafia della tiroide


La tiroide produce ormoni che contengono nella loro molecola degli atomi di Iodio.
Avendo la necessità di disporre di questo prezioso elemento, la ghiandola lavora attivamente trattenendo dentro di sè la quasi totalità dello iodio che viene introdotto con la dieta.
Se viene somministrata una piccola quantità di Iodio radioattivo, questo viene assorbito dalla tiroide, che non lo riconosce diverso dallo iodio presente negli alimenti. Una macchina computerizzata (Scanner o Gamma camera) è capace di determinare la provenienza delle radiazioni e può fornire una immagine a colori differenziando le zone nelle quali si è avuta maggiore captazione dello Iodio (e quindi c'è una maggiore radioattività) da quelle nelle quali la captazione è stata inferiore. Si ottengono pertanto delle immagini nelle quali si ha un aspetto non solo  morfologico della ghiandola (come una fotografia), ma anche un aspetto funzionale (le zone più attive sono quelle nelle quali maggiore quantità di iodio tende ad essere utilizzata per produrre ormoni).
Per usi di routine, oggi non si usa più lo Iodio131, ma il Tecnezio99, una sostanza artificiale che viene captata dalla tiroide allo stesso modo dello iodio, ma che poi non rientra nella produzione ormonale. Il tecnezio offre alcuni vantaggi rispetto allo iodio, quali la minore quota di radiazioni assorbite, e consente una maggiore velocità di esecuzione dell'esame, essendo iniettato endovena.
Con la scintigrafia un nodulo può essere definito "freddo", se non capta la sostanza radioattiva, o "caldo" se invece la capta.
Alcuni esempi di scintigrafia.
normale
nodulo "freddo"
nodulo "caldo"

L'agoaspirato tiroideo

 Che cos'è

Con la scintigrafia si può valutare se un nodulo tiroideo è funzionante e quindi "caldo" (se capta l'isotopo radioattivo somministrato) o se è "freddo" (se non lo capta).
Con l'ecografia si possono studiare le dimensioni del nodulo, la sua struttura, se è solido, liquido o misto, ed i suoi rapporti con le strutture circostanti.
Con le analisi del sangue si può vedere se il quantitativo di ormoni circolante è normale, aumentato (ipertiroidismo) o ridotto (ipotiroidismo).

Nessuna di queste indagini però ci può dire se un nodulo è benigno o è un tumore.
L'agoaspirato è in grado di rispondere a questa domanda.


Come si esegue

Dopo avere disinfettato la cute del collo, si inserisce, sotto controllo ecografico, un ago molto sottile, di diametro di solito 0, 7 mm (22G) o 0,6 mm (23G); con l'ecografo si segue il percorso dell'ago e si controlla che la punta abbia raggiunto la parte del nodulo che si vuole analizzare; con una siringa da 20 cc si determina una depressione e si aspira una minima quantità di materiale, che viene poi strisciato su vetrini per essere successivamente colorato ed analizzato al microscopio.
La sonda ecografica da 7,5 MHz ad alta risoluzione utilizzata per l'agoaspirato. L'ago viene inserito in una apposita guida che gli fa percorrere una linea predeterminata fino a giungere al punto stabilito per l'aspirazione.

Noduli della tiroide

Che cosa sono ?

I noduli sono dei rigonfiamenti localizzati all'interno della tiroide; non sono per nulla rari nella popolazione più anziana, particolarmente nelle donne, e possono essere di dimensioni molto varie, da pochi millimetri ad oltre dieci centimetri.
Può essere presente un nodulo singolo nella ghiandola, oppure possono esserci più noduli nell'ambito di una tiroide ingrandita ("gozzo multinodulare").
Dal punto di vista della natura i noduli possono essere distinti in:

- cisti a contenuto liquido;
- noduli degenerativi;
- adenomi;
- tumori maligni.
Qual'è la causa che li determina ?
La tiroide diventa più grande e tende a formare noduli quando funziona male, sia per carenza di iodio nella dieta, sia per turbe enzimatiche su base ereditaria.
Come si manifestano ?
Nella maggior parte dei casi non determinano alcuna sintomatologia locale e possono essere riscontrati casualmente; altre volte, quando le dimensioni sono maggiori, si rendono facilmente visibili deformando il profilo del collo e possono  determinare fenomeni di compressione sulle strutture del collo (vasi, trachea, esofago), con fastidi nella respirazione, nella deglutizione o e nella voce.
Nodulo caldo o freddo ?
Con la scintigrafia è possibile differenziare i due tipi di noduli:
Un nodulo che capta l'isotopo radioattivo somministrato e che pertanto si colora nella mappa è un nodulo "caldo", ed è un nodulo che produce ormoni tiroidei. Questo nodulo può determinare ipertiroidismo ed è benigno nella quasi totalità dei casi.
Un nodulo che invece non capta l'isotopo radioattivo produce nella mappa una area non colorata ed è "freddo", non producendo ormone tiroideo. Il 5% circa dei noduli freddi è un tumore maligno.

Come si fa la diagnosi di natura di un nodulo ?

Con la scintigrafia si vede se un nodulo è freddo o caldo.
Con l'ecografia si studiano le dimensioni, i margini, i rapporti e la struttura del nodulo.
Con l'agoaspirato si studia la natura del nodulo.

Come sono le analisi di laboratorio?

Le analisi di laboratorio possono essere assolutamente normali anche in presenza di noduli singoli o multipli, piccoli o enormi.
I noduli caldi determinano un abbassamento del TSH con un incremento o meno degli ormoni tiroidei in caso di ipertiroidismo più o meno evidente.
In un particolare tipo di nodulo maligno (carcinoma midollare) è aumentata la calcitonina.

Come si curano ?
Un nodulo diagnosticato come benigno, che non determina alterazioni ormonali o fenomeni compressivi o un danno estetico, può non richiedere alcuna terapia, ma essere solo seguito nel tempo.
Un nodulo in una tiroide aumentata di volume in un giovane può essere trattato con terapia soppressiva con tiroxina.
Un nodulo cistico, cioè contenente liquido, può essere curato con l'aspirazione.
Un nodulo che determina compressione sulle strutture limitrofe, un nodulo caldo nella fase di ipertiroidismo, un nodulo sospetto o francamente tumorale richiede invece l'intervento chirurgico.

Sclerosi Multipla: da Buffalo uno studio sul liquido cefalorachidiano

pubblicata da A. R. su fb.

Sclerosi Multipla: da Buffalo uno studio sul liquido cefalorachidiano



E' stato pubblicato sulla rivista medica Journal of Magnetic Resonance Imaging un interessante studio intitolato "Cine-immagini del liquido cefalorachidiano nella sclerosi multipla".

Alcuni ricercatori dell'Università di Buffalo, coordinati dal dr. Christopher Magnano e dal dr. Robert Zivadinov, hanno indagato la dinamica del liquido cefalorachidiano (CSF) nell'acquedotto di Silvio dei pazienti con sclerosi multipla (SM) e nei controlli sani (HC) con cine-immagini a contrasto di fase.

Sono stati esaminati in tutto 67 pazienti con sclerosi multipla (48 con SM recidivante-remittente [RR] e 19 con SM secondariamente progressiva [SP]), nove pazienti con sindrome clinicamente isolata (CIS), e 35 controlli sani, abbinati per sesso ed età. Il flusso del liquido cefalorachidiano e le misure di velocità sono stati quantificati usando un metodo semiautomatico e confrontati con gli esiti clinici della malattia e di risonanza magnetica (MRI).

Un flusso netto di liquido cefalorachidiano significativamente diminuito è stato rilevato in pazienti con sclerosi multipla rispetto ai controlli sani (-3,7 contro -7,1 pl / battito, P = 0.005). C'era una tendenza per un aumento del flusso netto positivo tra i pazienti SP, RR e CIS. L'alterazione del flusso del liquido cefalorachidiano e delle misure di velocità sono stati associati con volumi più severi delle lesioni in T1e in T2, con volumi ventricolari laterali e del quarto, e con la larghezza del terzo ventricolare nei pazienti con SM e CIS (P

Al termine dello studio, secondo gli autori, le dinamiche di flusso del liquido cefalorachidiano sono alterate nei pazienti con sclerosi multipla. Risultati clinici e di risonanza magnetica più severi nei pazienti con SM  RR e nei pazienti con CIS riguardano l'alterato flusso del liquido cefalorachidiano e le misure di velocità.


Fonte: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jmri.23730/abstract;jsessionid=88D945C03B35A01D27568FDF9EDEFCCF.d03t04

14/08/12

L'handicap


L'handicap è una parte del mondo e non un mondo a parte. (Paolo Anibaldi)
 
 
https://www.facebook.com/pages/Occhi-di-bambino/301269696570700

LA VESCICA NEUROLOGICA

 DIAGNOSTICA
La International Conultation on Incontinence (ICI) fornisce un algoritmo diagnostico-terapeutico che prevede un approccio di primo livello non specialistico e un approccio di secondo livello specialistico per i LUTD con soluzione chirurgica o non responder all’approccio di primo livello.
Possimo riassumere l’iter diagnostico come segue:
1. corretto inquadramento neurologico clinico e strumentale con esami neuroelettrofisiologici;
2. esame obiettivo neuro-urologico che comprende valutazione della statica pelvica nella donna, della sensibilità perineale, contrazione perineale volontaria, valutazione del riflesso bulbo-cavernoso e riflesso anale alla tosse. Stress test. Valutazione della motilità e autonomia funzionale;
3. esami ematici della funzionalità renale (Azotemia, Creatinina), urinocoltura ed esame delle urine;
4. ecografia renale e pelvica;
5. diario vescicale con registrazione dell’apporto idrico frazionato, numero di minzioni spontanee o mediante cateterismo, episodi di incontinenza urinaria, diuresi complessiva e frazionata, osservazioni (ematuria, urina maleodorante, dolore o sintomi neurovegetativi alla minzione), nella sua forma più complessa o semplicemente riportando numero di minzioni, volumi espulsi spontaneamente o mediante cateterismo, episodi di incontinenza.

La valutazione specialistica prevede:
1. esame urodinamico con registrazione vescicale, rettale, emg, da considerare la videourodinamica per valutare eventuale reflusso vescico-ureterale (passivo, attivo), la morfologia vescicale ed il comportamento del collo vescicale in fase di riempimento e di svuotamento.
Esami opzionali:
1. cistografia (se non eseguibile videourodinamica);
2. urografia se l’ecografia depone per un sospetto di anomalie delle alte vie urinarie;
3. scintigrafia renale sequenziale se la vescica neurologica è a rischio per l’alto apparato urinario.
Farmaci per i deficit di svuotamento vescicale Gli alfa-litici agiscono selettivamente sui recettori alfa facilitando l’apertura del collo vescicale. Il loro utilizzo nella vescica neurologica è finalizzato a ridurre le resistenze allo svuotamento. Sono disponibili: la doxazosina, la terazosina, l’alfuzosina e la tamsulosina. L’effetto sistemico dell’azione alfa-litica viene inoltre impiegato per controllare i fenomeni di disreflessia autonomica nei pazienti a rischio.
Trattamento con stimolazione elettrica L’elettrostimolazione intravescicale è proponibile nei pazienti con ritenzione urinaria neurogena e con preservazione, anche parziale, delle connessioni neurologiche periferiche e centrali. La neuromodulazione sacrale è un’indicazione non codificata in pazienti neurologici nonresponders al trattamento farmacologico e con integrità, anche parziale, del tratto midollare e periferico.
La rizotomia delle radici sacrali posteriori (deafferentazione) e l’impianto dello stimolatore di Brindley sulle radici anteriori (neuroprotesi) è indicato solo in pazienti con lesione midollare completa di tipo sacrale.
Trattamento chirurgico L’ampliamento vescicale rappresenta l’ultima opzione terapeutica nei pazienti con iperattività detrusoriale neurogena non-responders ai trattamenti conservativi.
Le slings sono l’opzione di prima scelta nelle pazienti con ISD neurogena. Lo sfintere artificiale con sistema idraulico è indicato in pazienti con incontinenza da sforzo da ISD neurogena.
CONCLUSIONI Nei pazienti neurologici si deve sempre considerare il possibile coinvolgimento del basso tratto urinario.
Attualmente si prevedono strumenti semplici di valutazione come anamnesi, diario vescicale, esame obiettivo e funzionale, ecografia dell’apparato urinario ed esame colturale delle urine. In assenza di complicanze si può procedere al trattamento di primo livello riabilitativo e farmacologico.
a diagnosi precoce dei LUTD neurogeni evita le complicanze e consente una gestione ottimale della funzione vescicale a scarso impatto sulla qualità di vita dei pazienti neurogeni. Solo in caso di insuccesso o di pazienti con lesione midollare è consigliabile un approccio specialistico immediato.
Le tecniche di farmacomodulazione, neuromodulazione, neurostimolazione e le opzioni chirurgiche minivasive hanno migliorato notevolmente l’outcome di questi pazienti nell’ultimo decennio in termini di riduzione di rischi per la funzionalità renale e di qualità di vita.
Ma l’apporto maggiore può essere dato dal trattamento precoce delle disfunzioni vescico-sfinteriche neurogene, che necessariamente deve coinvolgere tutte le figure dal medico di base allo specialista neurologo o fisiatra, per poter dare una risposta a un’utenza vasta come nel caso dei pazienti neurologici .

 http://
www.vescicaiperattiva.it/cont/privata/focus-archivio/120/vescica-neurologica.asp296imhp1.jpg

13/08/12

IL PROGETTO Cannabis terapeutica, Veneto verso il sì Potrebbe essere data gratis ai malati.

http://www.lettera43.it/cronaca/cannabis-terapeutica-dal-veneto-il-si_4367561095.htm

Dopo la Toscana, anche il Veneto potrebbe dare il via libera alla cannabis per uso terapeutico.
Il progetto di legge presentato dal rappresentante di Sinistra veneta, Pietrangelo Pettenò, è stato approvato da Leonardo Padrin a capo alla commissione Sanità del Consiglio regionale.
L'iniziativa permetterebbe la distribuzione gratuita negli ospedali e nelle farmacie di medicine e preparati galenici a base di cannabinoidi.
CANNABIS A USO TERAPEUTICO. Ora si attende solo il voto finale dell'aula, ma per il momento la commissione ha accolto la proposta in maniera unanime e anche il vicepresidente del Consiglio, Matteo Toscani (Lega), ha mostrato il suo favore in proposito.
Il progetto ipotizza una convenzione con il Centro di ricerca per le colture industriali di Rovigo e lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, il quale potrebbe occuparsi di acquisire direttamente le sostanze a base di cannabinoidi a uso terapeutico.
Già disposizioni ministeriali del 2007 riconoscevano la valenza curativa della cannabis (per esempio è nota la sua azione benefica contro la depressione e il glaucoma).
DIBATTITO TRA SAVIANO-GIOVANARDI. Nel frattempo, a margine dell'iniziativa, continua il dibattito sulla liberalizzazione della marijuana.
Sono molte le dichiarazioni di politici e giornalisti che si danno battaglia verbale, esaminando i pro e i contro della questione.
Lo scrittore Roberto Saviano ha dichiarato di essere completamente a favore della legalizzazione della cannabis per -  a suo avviso - eliminare il mercato della criminalità.
Di tutt'altro avviso, invece, il senatore Carlo Giovanardi, responsabile delle politiche antidroga del Pdl, che a Radio 24 ha commentato così la proposta di Saviano: «La legalizzazione comporterebbe un aumento spaventoso dei costi sociali e sanitari per la cura dei tossici. Mentre negli ultimi anni una capillare azione di prevenzione, educazione e informazione sui pericoli della droga hanno fatto registrare un sensibile calo dei consumi in Italia, particolarmente per quanto riguarda i giovanissimi».
Lunedì, 13 Agosto 2012

Parkinson. La caffeina fa bene ai pazienti


www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=10424

Le capacità motorie sono migliori per chi assume regolarmente integratori per la sostanza: minori il tremore degli arti e la rigidità muscolare, migliori la velocità nei movimenti e l’equilibrio. La scoperta a opera di un team statunitense.

12 AGO - Alle varie virtù della caffeina potrebbe aggiungersene oggi una nuova: quella di aiutare a controllare i movimenti per le persone affette da morbo di Parkinson. A dirlo la recente pubblicazione sulle pagine di Neurology di uno studio condotto dal Research Institute del McGill University Health Centre (RI MUHC). “È il primo studio che dimostra questa capacità”, fanno sapere i ricercatori, che stanno già pensando a nuove opzioni terapeutiche.

In realtà, studi precedenti avevano già dimostrato che le persone che bevono caffè hanno un rischio minore di sviluppare la malattia neurodegenerativa. “Tuttavia ancora nessuno aveva dimostrato che la sostanza che si trova in questa bevanda, così come in altre di ampia diffusione, come il tè o alcune bevande gassate, potesse avere implicazioni immediate anche nel vero e proprio trattamento della patologia”, ha commentato Ronald Postuma, autore principale dello studio.
La scoperta è stata fatta su un campione di 61 pazienti affetti dal morbo: mentre una parte (gruppo di controllo) assumeva due volte al giorno placebo, ad altri partecipanti veniva fornita una dose da 100mg di caffeina per le prime tre settimane e da 200mg per altre tre settimane. “Le persone che hanno ricevuto gli integratori hanno dimostrato un miglioramento di cinque punti nella Unified Parkinson’s Disease Rating Scale, un indicatore usato per valutare la gravità della malattia”, ha spiegato ancora il ricercatore. “Ciò era dovuto ad un progresso dei pazienti per quanto riguarda la velocità e la mobilità complessiva dei partecipanti”.
Un risultato promettente, anche proprio per l’enorme uso che si fa della caffeina in tutto il mondo, anche come stimolante: la sostanza agisce infatti sul sistema nervoso centrale e sull’apparato cardiovascolare diminuendo temporaneamente la stanchezza e aumentando l’attenzione. “La sonnolenza è uno dei sintomi che vengono spesso associati al Parkinson, e per questo volevamo osservare che effetto avrebbe avuto la caffeina su questi pazienti. Ma ci siamo resi conto che la sostanza aveva effetto anche su molti altri sintomi motori del morbo, a partire dal tremore passando per la lentezza nei movimenti, alla rigidità muscolare, fino alla perdita di equilibrio”, ha aggiunto. I pazienti tuttavia non sperimentavano perdita di sonno, né un peggioramento della qualità del sonno notturno e non avevano ripercussioni sull’umore.

La ricerca dovrà ora però essere confermata, ma i ricercatori sono già ottimisti sulle possibili ripercussioni terapeutiche della scoperta. “Bisognerebbe esplorare l’utilizzo della caffeina come opzione per il trattamento del morbo di Parkinson”, ha concluso Postuma. “Potrebbe essere un integratore interessante ai farmaci già sviluppati, forse addirittura riducendone il dosaggio”.

Laura Berardi