CONTATORE PERSONE

21/12/12

TYSABRI / Nataluzimab - NE VALE LA PENA?


Il natalizumab (Tysabri) è un anticorpo monoclonale contro l’α4 integrina che riduce  il passaggio dei linfociti  attraverso la barriera emato-encefalica; la sua efficacia nella terapia della Sclerosi Multipla sembra definitivamente confermata.
L’utilizzo del natalizumab è però stato sospeso nel novembre 2004 a causa della comparsa di casi di Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva (PML) in pazienti in monoterapia per Sclerosi Multipla Relapsing Remitting (SMRR). Nel dicembre 2006, successivi accertamenti sul rapporto tra la sua  efficacia e la nocività, hanno portato alla reintroduzione del farmaco nella pratica clinica.
Il rischio di contrarre PML da natalizumab è molto basso all’inizio del trattamento, ma tende a crescere con il numero di somministrazioni per arrivare a un picco intorno al  secondo anno di terapia quando raggiunge  un  valore circa di 1.59 ogni 1000 pazienti trattati (Tab. 1).
(Tab. 1) Rischio di Leucoencefalopatia Multifocale
Progressiva da nataluzimab
No. di InfusioniRischio
121:50,000
241:3000
361:750

Il numero di pazienti che ha  raggiunto e superato la “soglia rischio” dei 24 mesi di terapia con nataluzimab  è in aumento per la diffusione dell’uso del farmaco. Nei primi mesi  del 2010, i casi di PML sono stati calcolati in  46 su 65.000  pazienti trattati per SMRR (0.67 per 1000); di qui l’opportunità di limitare il numero/dosaggio di somministrazioni della molecola e di pianificare la sua sospensione per di 3-6 mesi,  periodo ritenuto sufficiente a ridurre il rischio di encefalopatia.
Sono sorti però altri interrogativi. Un primo articolo del 2010  ha segnalato che la sospensione del farmaco può facilitare la riaccensione della malattia [Killestein et al. , 2010]: sette pazienti su 10 hanno avuto una recidiva di SM dopo l’interruzione del trattamento .
Un’ulteriore conferma della possibilità di rebound è data dall’osservazione di  
84 pazienti affetti da  SM e  sottoposti a 12 o più infusioni di natalizumab  [West et al., 2010]. 
Sessantotto pazienti degli 84 (81%)  che hanno interrotto la terapia e 19 (27,9%) hanno avuto una recidiva di SM nei sei mesi dalla sospensione (mediana di tre mesi) contro nessuna recidiva in coloro che hanno continuato il trattamento per altri 12-18 mesi (p = 0.017, Fisher exact test). 
Tra i 19 pazienti recidivati, 7 hanno manifestato una riaccensione grave con  una media di 16 lesioni (range, 6-40)  captanti contrasto alla RM e   un  Expanded Disability Status Scale (EDSS) mediano  che è passato da 3 a 6 dopo l’interruzione del natalizumab (p = 0.0008).

QUINDI – La possibilità di un effetto rebound  da sospensione del natalizumab nei pazienti affetti da SM  è quindi più di una ipotesi. Il farmaco è indicato nei pazienti con MSRR che non hanno risposto a  un ciclo terapeutico completo e adeguato con molecole immunomodulanti e che hanno presentato:  a) almeno una recidiva nell’anno precedente, nonostante la terapia;  b) presenza di una ricaduta nel corso dell’ultimo anno di terapia con recupero incompleto e disabilità non inferiore a 2 alla EDSS; c) oppure pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante remittente grave ad evoluzione rapida, definita da due o più recidive disabilitanti in un anno oppure da almeno una lesione captante gadolinio o un aumento significativo del carico lesionale in T2 rispetto a una precedente e recente RM ; presenza di almeno nove lesioni in T2 alla RM, oppure di almeno una lesione positiva al gadolinio.
In letteratura esistono numerose definizioni di “non risponder” all’interferone beta:
a) pazienti che presentano un incremento di punteggio all’EDSS   dopo due anni di trattamento     e  confermato dopo altri sei mesi; b) presenza di qualsiasi ricaduta dopo due anni di trattamento con interferone; c) pazienti con una risposta sub-ottimale dopo un anno di trattamento e, quindi, probabilmente “non responder” sulla base di un modello che valuti contemporaneamente le ricadute, la disabilità e la risonanza magnetica.
Date le attuali indicazioni all’uso del natalizumab e considerato il rischio di scatenare  nel lungo periodo una malattia mortale come la PML o una grave recidiva alla sospensione della terapia, pare certamente molto dubbio che il farmaco possa essere impiegato in pazienti che non si trovino “all’ultima spiaggia”

Bibliografia
Killestein JVennegoor AStrijbis EMSeewann Avan Oosten BWUitdehaag BMPolman CH. Natalizumab drug holiday in multiple sclerosis: poorly tolerated. Ann Neurol. 2010 Sep;68(3):392-5.
West TWCree BA. Natalizumab dosage suspension: are we helping or hurting? Ann Neurol.2010 Sep;68(3):395-9

Percutanea transluminale percutanea in un paziente con insufficienza venosa cronica cerebrospinale e persistente sinistra vena cava superiore.

 www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23155131

da: CCSVI in Multiple Sclerosis

Percutaneous transluminal angioplasty in a patient with chronic cerebrospinal venous insufficiency and persistent left superior vena cava.

Persistant left superior vena cava (PLSVC) is the most common congenital venous anomoly of the thoracic region, found in 0.3%-0.5% of the population. The left brachiocephalic vein does not develop fully, and the head and neck drain into the right atrium. Here is a patient with CCSVI and this malformation, who is successfully treated with venoplasty.
                 



Ccsvi Reggio Emilia-Roma

Percutanea transluminale percutanea in un paziente con insufficienza venosa cronica cerebrospinale e persistente sinistra vena cava superiore.
Persistente a sinistra della vena cava superiore (PLSVC) è la più comune anomalia venosa congenita della regione toracica, trovata in 0,3%-0,5% della popolazione. La Vena brachiocefalica sinistra non si sviluppa completamente, e la testa e il collo defluiscono nell'atrio destro. Qui è un paziente con CCSVI e questa malformazione, che viene trattata con successo con venoplasty. (Tradotto da Bing)

Sclerosi multipla: la regione Emilia-Romagna finanzia la sperimentazione “Zamboni”

19 dicembre 2012
La Regione Emilia-Romagna ha espresso soddisfazione per la sperimentazione dell’angioplastica come trattamento per la Ccsvi (insufficienza venosa cerebro-spinale cronica) associata alla sclerosi multipla, secondo lo studio Brave Dreams del professor Paolo Zamboni, e si é impegnata “affinché studi contrapposti, condotti da privati, seppur meritevoli, non siano utilizzati per condizionare o frenare la sperimentazione su tutto il territorio nazionale”. La Regione Emilia-Romagna ha finanziato la sperimentazione della ‘cura Zamboni’ in 19 diversi centri sanitari italiani. E ha preso posizione approvando in Assemblea legislativa due risoluzioni, una del M5S per impegnare la Giunta regionale a contrapporsi a un uso di studi diversi che intenda “condizionare o frenare” la sperimentazione clinica del trattamento per l’Insufficienza venosa cerebro-spinale cronica (Ccsvi). ...........continua qui: http://www.telesanterno.com/sclerosi-multipla-la-regione-emilia-romagna-finanzia-la-sperimentazione-zamboni-1219.html

19/12/12

La labirintite


La vera labirintite è un disturbo infiammatorio dell’orecchio interno, o labirinto. Dal punto di vista clinico questa malattia provoca disturbi dell’equilibrio e può colpire una o entrambe le orecchie, oltre ai problemi di postura il paziente affetto può andare incontro a riduzione dell’udito e acufene.



Orecchio esterno: 1 pericondrio, 2 condotto uditivo, 3 padiglione auricolare

Orecchio medio: 4 timpano, 5 finestra ovale, 6 martello, 7 incudine, 8 staffa

Orecchio interno: 9 canali semicircolari, 10 coclea, 11 nervo acustico, 12 tromba di Eustachio

(http://it.wikipedia.org/wiki/Orecchio)

Uno dei sintomi più importanti e debilitanti della labirintite sono le vertigini, anche gravi. L’apparato vestibolare, che si trova nell’orecchio interno, è un insieme di terminazioni nervose composto da tre canali semicircolari (9 in figura), che si occupano di rilevare i movimenti rotatori dell’organismo, e dagli otoliti, che rilevano il movimento lineare. Il cervello combina le informazioni visive con quelle sensoriali date dall’apparato vestibolare, per effettuare le correzioni necessarie al mantenimento dell’equilibrio. Se funziona correttamente, l’apparato vestibolare fornisce al muscolo oculare anche le informazioni relative al movimento della testa: questo meccanismo, chiamato riflesso vestibolo-oculare, ci permette di mantenere sempre gli oggetti a fuoco, anche quando siamo in movimento.

Quando l’apparato vestibolare è colpito dalla labirintite spesso si crea un movimento rapido e indesiderato dell’occhio (il nistagmo), perché i movimenti rotatori non vengono rilevati con precisione. La nausea, l’ansia e una sensazione di malessere generale sono frequenti, perché il cervello riceve dall’orecchio interno informazioni distorte per quanto riguarda l’equilibrio. Gli stessi disturbi possono anche essere provocati dai cambiamenti di pressione, ad esempio quando si va in aereo o si fanno delle immersioni subacquee.

La labirintite virale di solito si verifica negli adulti dai 30 ai 60 anni di età e solo raramente viene diagnosticata nei bambini.
La labirintite purulenta, collegata alla meningite, di solito viene diagnosticata nei bambini di età inferiore ai 2 anni che appartengono alla fascia età maggiormente a rischio per quanto riguarda la meningite. La labirintite purulenta si può verificare a qualsiasi età se si è in presenza di colesteatoma e di otite media acuta non adeguatamente curata.
La labirintite sierosa è più frequente nella fascia di età pediatrica, in cui si verifica anche la stragrande maggioranza dei casi di otite media, sia acuta sia cronica.
Cause
La labirintite di solito è causata da un virus, ma può anche essere provocata da un’infezione batterica (spesso ha origine dopo un’infezione delle vie aeree superiori), da un trauma alla testa, da situazioni di grave stress, da un’allergia oppure da una reazione a un farmaco. Sia la labirintite di origine batterica sia quella di origine virale possono causare sordità permanente, ma per fortuna si tratta di un’eventualità rara.

Esistono poche prove dirette che ci inducono a pensare che la labirintite abbia una causa virale, ma l’esperienza dimostra che molti virus sono davvero in grado di causare l’infiammazione del labirinto. Spesso la labirintite virale ha origine dopo un’infezione delle vie respiratorie superiori ed è contagiosa.

Possibili cause virali:

cytomegalovirus
virus della parotite
virus della varicella
virus del morbillo
virus dell’influenza
virus della parainfluenza
virus della rosolia
virus dell’herpes simplex
adenovirus
coxsackievirus
virus sinciziale respiratorio (pneumovirus)
I batteri che provocano la labirintite sono gli stessi responsabili anche della meningite e dell’otite:

Streptococcus pneumoniae
Haemophilus influenzae
Moraxella catarrhalis
Neisseria meningitidis
Batteri della specie streptococco
Batteri della specie stafilococco
Batteri della specie proteus
Batteri della specie batteroide
Escherichia coli
Mycobacterium tuberculosis
Fattori di rischio presunti:

Episodi di vertigini o di diminuzione dell’udito,
infezioni,
contatto con persone malate,
interventi chirurgici all’orecchio,
ipertensione/ipotensione,
diabete,
attacco apoplettico (scarsa affluenza di sangue al cervello),
emicrania,
trauma (cranico o della zona cervicale),
precedenti familiari di diminuzione dell’udito o di malattie dell’orecchio.
Sintomi
I principali sintomi caratteristici della labirintite sono (Fonte: 5 Minute Clinical Consult):

Vertigine,
stordimento,
perdita dell’udito,
nausea e vomito,
acufene,
sudorazione,
scialorrea (saliva che cola per difficoltà di deglutizione),
malessere generalizzato,
ipercapnia (aumento di anidride carbonica nel sangue),
nistagmo (movimento involontario dell’occhio).
Oltre alle vertigini (anomala sensazione di movimento), l’ansia cronica è un effetto collaterale frequente della labirintite, che può provocare anche:

attacchi di panico,
derealizzazione,
depressione.
Spesso l’attacco di panico è uno dei primi sintomi che accompagna l’insorgenza della labirintite.

Le vertigini potrebbero anche essere provocate da uno stato di grave ansia, mentre la labirintite, da sola, può facilitare la comparsa e la ricorrenza degli attacchi di panico.

Pericoli
Se l’orecchio interno subisce danni permanenti, il decorso della malattia di solito si divide in tre fasi:

una fase acuta, che può comprendere sintomi gravi come vertigini e vomito
due settimane circa di sintomi subacuti, seguiti da una guarigione rapida
una fase finale cronica di compensazione, che può durare mesi o anni.
I sintomi acuti, cioè le vertigini, la nausea e il vomito, guariscono dopo diversi giorni o settimane in tutti i tipi di labirintite, invece la riduzione dell’udito varia maggiormente da persona a persona.

Non è stato riportato alcun decesso associato alla labirintite, tranne nel caso di meningite o di sepsi gravissima (malattia sistemica dovuta all’attivazione del sistema immunitario in seguito alla presenza di batteri o loro tossine nel sangue).

Il tasso di morbilità della labirintite, soprattutto del tipo batterico, è significativo: tra i pazienti pediatrici si stima che il rischio di diminuzione dell’udito provocato dalla meningite vari dal 10 al 20%.

Durata
Il processo di guarigione dalla labirintite acuta di solito dura da una a sei settimane, però accade sovente che alcuni sintomi (mancanza di equilibrio e/o vertigini) continuino per molti mesi o addirittura anni, se si verifica un danno permanente.

Cura e terapia
Spesso determinante è l’approccio allo stile di vita, che permette spesso di diminuire sensibilmente l’impatto del disturbo; scrive per esempio Mario nei commenti:

Ho notato un forte miglioramento da quando ho diminuito drasticamente il sale, eliminato completamente cioccolata e caffè ed incrementato l’attività motoria (ogni giorno cammino per 10/15 km) vado e torno a piedi dal lavoro.

Tra i farmaci, uno dei più usati è la proclorperazina (Stemetil®) che contribuisce ad alleviare i sintomi delle vertigini e della nausea.

Poiché l’ansia interferisce con il processo di compensazione dell’equilibrio è importante curare il prima possibile il disturbo ansioso e/o depressivo, per permettere al cervello di compensare un eventuale danno vestibolare. L’ansia acuta può essere curata sul breve periodo con le benzodiazepine, come ad esempio il diazepam (Valium®); non è consigliabile fare un uso protratto di questi farmaci, perché le benzodiazepine generano dipendenza e potrebbero provocare interferenze con la compensazione vestibolare.

Gli esperimenti dimostrano che alcuni antidepressivi (gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, SSRI) potrebbero essere più efficaci per la terapia della labirintite. La loro azione consiste nell’alleviare i sintomi dell’ansia e potrebbero stimolare la ricrescita neurale nell’orecchio interno favorendo la comparsa di una compensazione vestibolare più rapida.

La labirintite virale dovrebbe essere curata nelle prime fasi con i corticosteroidi, ad esempio con il prednisone, e magari anche con farmaci antivirali, come il valaciclovir (Talavir®, Zelitrex®) e questa terapia dovrebbe iniziare il prima possibile in modo da prevenire danni permanenti all’orecchio interno.

 
Le informazioni contenute in questo articolo non devono in alcun modo sostituire il rapporto dottore-paziente; si raccomanda al contrario di chiedere il parere del proprio medico prima di mettere in pratica qualsiasi consiglio od indicazione riportata.

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18/12/12

Ricette di Canapa E' ora di piantarla





La teoria e` che il THC non e` solubile in acqua, ma liposolubile, per cui bisogna utilizzare dei grassi per scioglierlo per bene.

In genere si usa olio d'oliva, o burro.
La base e` fare una sorta di soffritto con la ganja, o l'hashish, e poi condirci le cose da mangiare. 

La quantita` di sostanza varia dal tipo di erba o fumo che si ha a disposizione.
E anche le ricette (oltre che le quantita`) influenzano il trip.


Mangiare hashish di strada, e` pericoloso, visto la mancanza di igiene legata alla clandestinita` del prodotto (pensate gli ovuli di hashish che vengono cagati per essere recuperati.... vabbe` che sono sigillati, ma non si sa mai i batteri dove si infilano!). 
Si dice che mangiare hashish possa causare epatite; e credo anche altre malattie, tutte legate alla mancanza di igiene, per il trasporto internazionale dell'hashish.

Cosi`, se proprio dovete mangiarla, usate buon fumo (e quindi evitate il cioccolato!)..
E per prevenire i rischi di epatiti e malattie varie, il consiglio e` di far soffriggere bene in olio l'hashish, in modo da uccidere tutti i batteri, che non dovrebbero resistere alle alte temperature...

Una raccomandazione, l'assunzione per ingestione influisce maggiormente sulla pressione di quanto succederebbe altrimenti...evitare di esagerare, 4-5 x è già troppo, è sufficiente mettere il doppio di quanto se ne mette di solito in una sigaretta...il calore moltiplica l'efficacia...

Comunque se avete materiale di buona qualita` (meglio se autoprodotto) potete anche mangiarlo crudo, che gli effetti sono assicurati.

L'unica pecca del mangiare THC, e` che sale molto lentamente (1 ora a stomaco vuoto, e 2 a stomaco pieno), e l'effetto dura mooolto di piu` di una semplice canna.
Quindi l'ingestione di THC e` consigliata per chi e` gia` esperto della sostanza.

In ogni caso, mangiare il THC, dovrebbe essere piu` sicuro che fumarlo, dato che si evitano i rischi connessi con l'atto di fumare (che di per se` e` cargerogeno!)... 


LE RICETTE

Yogurt al Fumo:

Questa e` una ricetta consigliata non tanto per il gusto, quanto per l'effetto che produce. 
Si prendono un paio di canne di buon fumo (tipo SP o caramello), si sgretolano in un cucchiaino da caffe`, e si aggiunge olio d'oliva. 
Si fa friggere il tutto per un po', finche` il fumo non si scioglie bene nell'olio, dopodiche` si sbatte tutto insieme allo yogurt, si mescola e si mangia.

La ricetta e` per una persona. L'effetto dura circa 6 ore, sale molto lentamente dopo la digestione, e continua a salire inesorabilmente.

Molti lo trovano un bel trip, altri niente di speciale...


Gran Cereale:

Prendete i biscotti del Mulino Bianco, GranCereale nella confezione verde (non a caso).
Prendete una cima di ganja di ottima qualita`, mettetela sul biscotto e gustatevi la favolosa ricetta!!!

In teoria non dovrebbe avere particolari effetti, ma in realta` vi dico di starci molto attenti a non farvi prendere dalla bonta` della cosa, perche` e` abbastanza deleteria..


Biscotti Primavera 

gustose (o quasi) e sicuramente più salubri:

grattuggiare il fumo, e far soffriggere in un pò di burro...la temperatura che raggiunge durante la preparazione del soffritto è sufficiente a garantire un minimo di igiene...e il thc è liposolubile, che significa che si diluisce bene nei grassi.

Il sughetto va spalmato su un crostino...aggiungere a piacere altri ingredienti vegetali...vanno benissimo i pomodorini a fettine...tipo bruschetta...


THE di Marijuana

Dicono che il the dei coffeshop olandesi non faccia un granche`.
In effetti se si prova a fare un infuso o una tisana con della ganja, l'effetto si sente moolto poco, dato che il thc non e` idrosolubile.

Per ovviare a questo fatto, si consiglia di aggiungere all'acqua bollente, oltre che la quantita` di erba desiderata e tritata, anche un po' di burro, che facilita il discioglimento del thc... 

In questa maniera il the dovrebbe essere proprio buono..

Per le quantita` dipende un po' da vari fattori: la qualita` dell'erba, il metabolismo di chi la vuole ingerire... in genere 1 gr. o 2 a testa dovrebbero bastare. 


Bhang 

2 tazze d'acqua 
30 g di marijuana fresca (preferibilmente foglie e infiorescenze femminili) 
4 tazze di latte caldo 
2 cucchiai di mandorle pelate e sminuzzate 
1/8 di cucchiaino di garam masala (miscela di cardamomo,chiodi di garofano, cumino e cannella tostati e tritati) 
1/4 di cucchiaino di zenzero 
1 tazza di zucchero 
1/2 - 1 cucchiaino di acqua di rose (altrimenti aggiungere una rosa assieme alla maria e toglierla dopo l'infusione.) 

Fai bollire l'acqua e versala in una teiera pulita. Aggiungi la maria pulita da semi e rametti e copri con un coperchio. 
Lascia in infusione per 7 minuti. Indi separa l'acqua con un filtro. 
Spremi tra le dita le foglie e i fiori per estrarne tutti i liquidi rimasti, che aggiungerai all'acqua d'infusione.
Ponili quindi in un mortaio con due cucchiai di latte caldo e pesta il tutto. 
Raccogli la maria ed spremine fuori i liquidi. Ripeti questo processo fino a quando non avrai usato 1/2 tazza di latte (4 - 5 volte). 

Poi aggiungi le mandorle spezzettate nel mortaio e ripeti il precedente procedimento fino a quando non hai finito il latte. Nel mortaio dovrebbero rimanere solo fibre vegetali e una farina dovuta alle mandorle. Questo residuo può essere gettato. 

Raccogli assieme tutti i liquidi e incorpora il garam masala, l'eventuale latte rimasto, l'acqua di rose e lo zucchero. Da servire freddo. 

E' un procedimento un po' laborioso, ma il piatto è un offerta a Shiva. 


Burro al THC

Prendere la quantità di Thc desiderata (va bene sia hashish che erba, ma già sbriciolata), e scioglierla in una quantità adeguata di burro...
Per quantità adeguata si intende, un tot di burro tanto che si sciolga tutto il thc... per cui non usatene troppo poco, ma nemmeno troppo (che fa male)... 

Dopo avere sciolto il burro con la cannabis, potete farci qualunque cosa: dalle torte, al sugo, alle bruschette, alle salse... sta alla vostra fantasia creare sempre nuove ricette...(e alla vostra buona volontà farcele conoscere!!!)

Il DNA può essere riparato dalla canapa


I ricercatori sostengono che se non venisse consumato nessun altro cibo, la canapa potrebbe sostenere una vita umana per un paio di mesi senza avere carenze nutrizionali.
Infatti la proteina della canapa è stata utilizzata in Europa durante le epidemie di tubercolosi per far regredire il processo di deperimento causato dalla malattia.
I semi di canapa sono un cibo altamente nutriente che contiene antiossidanti, proteine, carotene, fitosteroli, fosfolipidi, così come un certo numero di minerali tra cui calcio, magnesio, zolfo, potassio, ferro, zinco e fosforo.
I semi contengono inoltre vitamina A, B1, B2, B3, B6, C, D ed E.
Hanno un alto contenuto di proteine di cui il 65% Edestina e il 35% Albumina.
In questo super-cibo sono presenti anche gli acidi omega 3 e 6 in rapporto perfetto di 3 a 1 e tutti gli otto aminoacidi essenziali più due condizionatamente essenziali.
Perché gli aminoacidi sono importanti?
Un essere umano ha bisogno di 21 aminoacidi per sopravvivere: otto sono essenziali e devono essere ottenuti da alimenti, due sono condizionatamente essenziali e possono essere sintetizzati se tutti gli otto aminoacidi essenziali sono consumati.
Gli aminoacidi intervengono nella sintesi proteica necessaria per far fronte ai processi di rinnovamento cellulare dell'organismo. Le cellule non possono funzionare correttamente se il DNA è danneggiato, tuttavia le cellule possono, attraverso processi chimici, riparare il danno.
L'olio e i semi di canapa possono contribuire alla riparazione del DNA in virtù del loro alto contenuto di Edestina che è la proteina più vicina alla globulina umana, che si trova nel plasma sanguigno, ed è inoltre facilmente digeribile dal nostro organismo. La proteina è un fattore importante nella riparazione del DNA poiché le cellule utilizzano le proteine per correggere i danni del DNA.
“Nessun alimento vegetale può essere paragonato ai semi di canapa per quanto riguarda il valore nutritivo. Mezzo chilo di semi di canapa, fornisce tutte le proteine, gli acidi grassi essenziali e la fibra necessari alla vita umana per due settimane”.
Dott. Uso Erasmus da Fats that Heals, Fats that Kill, Alive Books, 1993http://www.ecplanet.com/node/3627

Cos'è la Canapa?




La canapa spesso e volentieri viene chiamata Marijuana e associata come droga.
La canapa ha una storia molto nobile, in passato la coltivazione agricola era molto comune nelle zone mediterranee e centro europee, questa pianta cresceva su terreni difficili da coltivare (terreni sabbiosi e zone paludose nelle pianure dei fiumi), inoltre vi era una forte richiesta di piante polivalenti e a buon mercato, infatti la canapa era utile per produrre sostanze "oleose" (per l'illuminazione), "fibrose" (fibre tessili, carta, corda) e di mangime per il bestiame produttivo.

Fin dal sedicesimo secolo la canapa italiana fu considerata la migliore al mondo e il seme più pregiato era il “Carmagnola”. Tutto ciò che aveva a che fare con il settore navale era fatto in canapa. La canapa fu utilizzata anche nel settore militare, perché era un materiale versatile e resistente. Nel Novecento la produzione di canapa quasi sparì, a causa di Hurst e Dunlop assieme all'azienda chimica DuPont con l'introduzione sul mercato del nylon e del boicottaggio mediatico sugli effetti stupefacenti. In Italia resistette nel piemontese, nell’emiliano e nel casertano fino agli anni Cinquanta.

Dal 1990 si è riusciti a far modificare la legislazione per la coltivazione di canapa e il mercato si sta riaprendo, la canapa viene oggi usata oltre che nel settore tessile, anche in quello farmaceutico, in quello alimentare (olio, farina, ecc.) e in quello edilizio (per gli isolanti).

In Italia si possono coltivare solo varietà di canapa a basso tenore di Thc. Il Thc (delta-9-tetraidrocannabinolo) è un principio attivo che ha effetti psicotropi e per questa ragione è considerato illegale. Il Thc può variare la sua concentrazione in base alla varietà del seme o alle condizioni ambientali. Per legge, la canapa a uso agricolo deve avere un Thc inferiore allo 0,3 per cento e provenire da una varietà compresa nei Registri europei delle sementi.

La canapa è una risorsa non indifferente, soprattutto in questi periodi di inquinamento record, da essa è possibile ricavare: carta (la costituzione americana e le vecchie banconote francesi sono fatte di carta di canapa), cartone, pannolini, plastica (già impiegata su alcune automobili come specchietti retrovisori), isolanti, solventi, vernici, oli lubrificanti, oli combustibili e olio alimentare.
L’olio di semi e la farina di semi di canapa sono considerati dai nutrizionisti “vaccino nutrizionale”, alimento che, introdotto nella dieta giornaliera, rinforza e regola la risposta del sistema immunitario, del sistema ormonale e del sistema nervoso nei confronti delle aggressioni dell’ambiente.I semi di canapa, che non contengono mai THC (droga), contengono naturalmente omega 6 ed omega 3 in rapporto 3/1, che in natura è quello più vicino al rapporto raccomandato dall’OMS. Analogo rapporto si trova soltanto nell’olio di pesce, che deve essere chimicamente trattato.
In più ci sono molti studi dove si dimostra che il Thc ha un forte potenziale nell’uccidere le cellule cancerogene, tesi sostenuta in modo particolare da Rick Simpson.

L'associazione che protegge e difende la canapa in Italia è Assocanapa con sede a Carmagnola (Torino).

Fonti e approfondimenti:

Assocanapa sito ufficiale
 www.assocanapa.org/

Assocanapa vendita online
 www.assocanapashop.it/

 www.gazzettadalba.it/2012/10/canapa-coltura-della-tradizione/

 www.corriere.it/ambiente/12_novembre_05/casa-canapa-natuial-beton_f47e6c5e-24dc-11e2-974b-22431e7be0ba.shtml

 www.calcecanapa.it/

 www.bioterraitalia.com/

 www.informarexresistere.fr/2012/12/11/la-cura-proibita-rick-simpson-e-lolio-di-canapa-contro-le-cellule-cancerose/#axzz2En1HhLUD

http://it.wikipedia.org/wiki/Cannabis_sativa

 www.youtube.com/watch?v=5z-DwxsEiX8

di Andrea  Lo Sai - Piemonte.

e condiviso da : 
  www.facebook.com/Assocanapa?fref=pb

PROGETTO FREEWEED


Per chi di voi ragazzi fosse interessato a ricoprire posizioni di Coordinazione Politica per Rinascita Liberale Antiproibizionista come Stefano Auditore,Sebastiano PuggioniGianluca TenutaAndrew MarcellusAntonio Da Col e me può controllare l'organigramma nel link qui sotto, ci sono molte Regioni e Province scoperte.
Se siete interessati contattate il Coordinatore a voi più vicino.
http://www.rinascitaliberale.it/organigramma/

La cervicale


La cervicale è il segmento della colonna vertebrale che comprende le sette vertebre che danno sostegno al capo e permettono di compiere movimenti rotatori, flessori ed estensori della testa. Nel linguaggio comune l’aggettivo cervicale è usato in riferimento a un qualsiasi disturbo o problema di questo tratto, tra cui l’artrosi cervicale, il dolore cervicale, la distorsione cervicale.

I dolori generalmente possono interessare sia le strutture ossee, nervose e muscolari, che quelle vascolari o ligamentose. E dato che le cause di questo dolore sono molteplici e di diversa entità, così come i sintomi sono vari e diversificati, è fondamentale una corretta diagnosi del disturbo che si può ottenere con semplici esami, quali i raggi X o la TAC.


Nella maggioranza dei casi, la cervicalgia è provocata dalla semplice contrattura della muscolatura del collo e delle spalle, essendo i problemi di natura ossea e cartilaginea abbastanza rari, almeno in giovane età.

I sintomi più comuni della cervicale sono dolore e rigidità localizzati nella zona del collo e il mal di testa, definito in questo caso cefalea di tipo muscolo-tensivo, ma vanno menzionati anche dolore alla fronte e sopra gli occhi, problemi alla vista, cerchio alla testa, contrazioni dei muscoli delle spalle, scricchiolii nella torsione del collo, formicolii alle braccia o mancanza di forza negli arti superiori.

Tali sintomi possono essere di varia entità: si va dal semplice torcicollo ad un dolore che si può estendere fino alle braccia rendendo difficoltosi i movimenti, dal senso di nausea, di vertigine ai giramenti di testa, alla perdita di equilibrio o ronzii alle orecchie, ai problemi all’udito, legati al fatto che nella zona cervicale passano le radici nervose.

Tali disturbi possono manifestarsi sia in modo discontinuo, che come un dolore continuo o un insieme di disturbi. In questi ultimi casi è molto importante non sottovalutare i disturbi e affidarsi alle cure di uno specialista.

Le cause scatenanti del dolore cervicale vanno da un semplice colpo di freddo, cattiva postura, stress, tensione e vita sedentaria, fino a cause più serie come schiacciamenti della colonna, compressione delle vertebre, artrite o fratture. Tuttavia, nell’85% dei casi, l’origine dei disturbi è un’alterazione non grave che interessa i muscoli, i legamenti, i dischi intervertebrali e le articolazioni posteriori. Basta, infatti, uno sforzo eccessivo al livello del collo, brusco e prolungato, per creare una lesione di queste strutture e di conseguenza dolore.

ALLINEAMENTO MALSANO DEL COLLO E DELLA COLONNA VERTEBRALE, AVRA’ COME CONSEGUENZA IL DOLORE CERVICALE.

In conclusione che misure si possono prendere per evitare o alleviare il mal di testa cervicale?
come curarla ??
Una delle cause più comuni di mal di testa cervicale è una cattiva postura durante il sonno. Beh, la maggior parte delle persone ha abitudini posturali scorrette non solo quando dormono, ma anche durante il giorno, senza accorgersene.
Anche quando si esegue un compito che si può giudicare innocuo (come leggere a letto) può produrre dolore cervicale e problemi ancora più gravi.
Un suggerimento di base è quello di evitare di stare seduti nella stessa posizione per un periodo di tempo prolungato. Purtroppo, la maggior parte di noi deve farlo a causa di una miriade di ragioni.
Dobbiamo evitare di curvare o piegare il collo in avanti per lunghi periodi.
Le posizioni che si prendono durante il sonno sono più importanti di quanto si crede, perché sono la causa più frequente di dolore cervicale.
Perché questo accade?
La maggior parte di noi usa cuscini non a “norma”, che fanno dormire con il collo in una posizione troppo alta o troppo bassa e non fanno mantenere la tua spina dorsale dritta: di conseguenza queste posizioni possono causare dolore cervicale, mal di testa, mal di schiena, disagio e stanchezza.
Se la superficie dove poggia la testa durante il sonno non è corretta essa provoca un allineamento malsano della colonna vertebrale; i muscoli della schiena tenteranno di bilanciare la posizione scorretta cercando di ripristinare una postura più naturale della colonna vertebrale.
Tuttavia, questa tensione muscolare produce stress mattutino, cervicalgia acuta, mal di testa e mal di schiena.
Come Curare la Cervicale?
Pertanto, il modo migliore per evitare e alleviare l’infiammazione cervicale è quello di mantenere una postura corretta durante il sonno.
Per farlo, come ti ho già, detto è bene eliminare il tuo cuscino (quello che usi attualmente) e acquistare un cuscino specifico, di quelli che ti offrono la giusta posizione per la zona cervicale, per il benessere del tuo sonno e della tua salute.
Tra i cuscini che assurgono perfettamente a questa mansione sono i cuscini cosiddetti Memory.
Sono cuscini costituiti da materiale in schiuma che forniscono il supporto completo alla tua zona cervicale, adattandosi facilmente alla forma del collo e portandoti il corretto allineamento della colonna vertebrale.
In questo modo rendono il sonno, una fonte di benessere invece che di tensione e dolore cervicale.
Questo tipo di cuscini per la cervicale, ti rendono possibile dormire in qualsiasi posizione tu voglia: se la tua posizione preferita è quella su un fianco oppure a pancia sotto. Con i cuscini memory puoi dormire comodamente in qualsiasi posizione tu preferisca senza dover più aver paura dei sintomi della cervicale infiammata.
Meglio iniziare a dormire bene e senza dolore cervicale.

anni 60 e nevralgia del trigemino

 
Secondo gli studi degli anni ’60, la nevralgia del trigemino interesserebbe soltanto 5 nuovi pazienti l’anno/100.000 abitanti. E’ verosimile che oggi, con l’invecchiamento della popolazione, i pazienti che ogni anno vanno incontro alla malattia siano più di quelli segnalati dagli studi epidemiologici e siano destinati ad aumentare ancora.
   La nevralgia del trigemino si presenta con un dolore facciale descritto come una pugnalata o una scossa elettrica, sempre nella stessa sede (a carico della I, della II o della III branca del trigemino o di una loro combinazione), della durata di pochi istanti, che si ripete molte volte il giorno. Esso è provocato da ogni piccolo movimento (parlare, masticare e bere) o sfioramento del viso (lavarsi la faccia o i denti, radersi od anche solo un soffio di vento).
La Nevralgia del Trigemino
La diagnosi non è difficile ma spesso si vedono pazienti etichettati come sofferenti di nevralgia del trigemino e trattati (senza successo) con i farmaci specifici che hanno in realtà un dolore facciale d’altra natura e, per contro, pazienti con nevralgia del trigemino, sottoposti ad inutili estrazioni dentarie…Molti pazienti giungono all’osservazione dell’algologo dopo essere stati privati di tutti i denti nella vana speranza di controllare un dolore che, anche se è avvertito nei denti, non dipende da una malattia dei denti.
N.B.: Posta la diagnosi, la nevralgia del trigemino può essere curata con successo in quasi tutti i pazienti.
Ogni paziente con nevralgia del trigemino dev’essere sottoposto ad uno studio TAC o RMN per escludere una causa tumorale (presente nell’1-2% dei casi). Esclusa questa causa, che se c’è richiede un trattamento neurochirurgico diretto a rimuovere il tumore, si deve trattare la nevralgia in quanto tale, con i mezzi adeguati.
Alcuni concetti devono essere tenuti a mente:
  1. sono inefficaci i comuni antidolorifici (persino la morfina),
  2. sono inutili i polivitamici, i neurotrofici ed altri prodotti similari e non è indicata nessuna terapia fisica (TENS, laser-terapia, magneto-terapia, agopuntura, eccetera).
La CURA DELLA NEVRALGIA DEL TRIGEMINO si basa su due linee di trattatamento che sono:
  1. la terapia farmacologia con gli antiepilettici
  2. la terapia chirurgica.

...se i farmaci sono efficaci e tollerati, la cura si basa sulla loro regolare e disciplinata assunzione: se, come accade in circa la metà dei casi, i farmaci non sono tollerati o non sono efficaci, si deve ricorrere al trattamento chirurgico...


La terapia farmacologica

   La terapia farmacologia consiste nell'uso dei seguenti farmaci antiepilettici:
Carbamazepina
Oxacarbazepina
Difenilidantoina
Lamotrigina
Gabapentin
Pregabalin

La terapia chirurgica 

   Le cure chirurgiche consistono in alcune procedure percutanee poco invasive (fra le quali quella più efficace è la termorizotomia trigeminale a radiofrequenza) ed un intervento "a cielo aperto" (la decompressione microvascolare che prevede la craniotomia). 
   La Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza prevede l’inserimento di un ago nel forame della base cranica attraverso il quale il trigemino esce dal cranio. Raggiunta la radice del nervo si invia una corrente a radiofrequenza che produce il riscaldamento del tessuto nervoso in quella sede, responsabile della distruzione di un certo numero di fibre nervose con conseguente controllo del dolore e parziale riduzione della sensibilità facciale nella sede del dolore.
   Basata sull'ipotesi che la nevralgia del trigemino sia dovuta alla compressione della radice del trigemino da parte di un'arteria con decorso anomalo, la Decompressione microvascolare prevede l’apertura del cranio per raggiungere la radice del trigemino ed interporre fra questa e l’arteria con decorso anormale una spugnetta che impedisce all’arteria di comprimere la radice.
   La scelta fra i due interventi è subordinata alle seguenti considerazioni:
  1. se il paziente è giovane (in questo caso se ha mano di 60 anni) ed è in buone condizioni generali (non ha malattie del cuore o dei polmoni, non è diabetico, non soffre di ipertensione arteriosa, eccetera) si considera l'opportunità di eseguire laDecompressione microvascolare. In questo caso il paziente dev'essere sottoposto a Risonanza Magnetica Nucleare per accertare se c'è realmente la compressione della radice del trigemino da parte di un'arteria (il cosiddetto "conflitto neurovascolare"). Se la Risonanza Magnetica Nucleare non visualizza la compressione della radice del trigemino da parte dell'arteria si esclude categoricamente l'intervento di Decompressione microvascolare (...in questo caso non c'è nulla da "decomprimere"...) e si propone al paziente la Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza. Al contrario, se la Risonanza Magnetica Nucleare ha visualizzato la compressione della radice del trigemino da parte dell'arteria si propone al paziente la Decompressione microvascolare, spiegandogli quanto segue: 
la Termorizotomia trigeminale elimina il dolore della nevralgia del trigemino lasciando una riduzione della sensibilità facciale nella sede dove prima c'era il dolore. Questo significa che in quella sede dopo l'intervento il paziente avvertirà un pò meno il tatto ed avvertirà la puntura come se fosse un semplice toccamento;
il controllo del dolore da nevralgia del trigemino dopo la Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza può essere definitivo o durare qualche anno: statisticamente, è prevedibile che 5 anni dopo l'intervento metà dei pazienti siano ancora senza dolore e metà abbiano di nuovo dolore e richiedano la ripetizione della procedura;
un concetto che il paziente deve avere ben chiaro è il seguente: più la Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza produce riduzione della sensibilità facciale nella sede dove prima c'era il dolore e più si mantiene il risultato dell'intervento...Al contrario, più è lieve la riduzione della sensibilità facciale e più è probabile che il paziente abbia una precoce recidiva del dolore...Per contro, più la Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza produce riduzione della sensibilità facciale e più è probabile che il paziente abbia dopo l'intervento "disturbi da denervazione" che consistono in spiacevoli sensazioni di formicolio, di bruciore, di punture di spilli e di fastidiso intorpidimento del viso...Quindi, il minimo grado di riduzione della sensibilità facciale sufficiente a controllare il dolore della nevralgia del trigemino dev'essere considerato il risultato ottimale anche se espone al rischio di una relativamente precoce recidiva del dolore (qualche anno): in questo caso, la Termorizotomia trigeminale può essere ripetuta senza problemi particolari;
si tenga presente che l'esecuzione della Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza è assolutamente indolore e comporta un ricovero di 1-2 giorni senza particolari rischi operatori: quindi, la ripetizione dell'intervento in caso di recidiva del dolore dopo qualche anno rappresenta un disagio realmente minimo per il paziente...Per contro, l'aver prodotto una marcata riduzione della sensibilità facciale del viso con l'obiettivo di rendere permanente il risultato dell'intervento espone il paziente al rischio di avere i "disturbi da denervazione" prima descritti...questo è il vero ed unico rischio della procedura;
la Decompressione microvascolare elimina il dolore della nevralgia del trigemino senza riduzione della sensibilità facciale nella sede dove prima c'era il dolore. Questo è il risultato ottimale che però non è sempre conseguibile: tralasciando le complicanze maggiori, dopo l'intervento, infatti, può residuare una riduzione dell'udito e non è infrequente la riduzione della sensibilità facciale nella sede dove prima c'era il dolore;
il controllo del dolore da nevralgia del trigemino dopo la Decompressione microvascolare può essere definitivo o durare qualche anno: statisticamente, è prevedibile che 10 anni dopo l'intervento metà dei pazienti siano ancora senza dolore e metà abbiano di nuovo dolore;
  1. se il paziente è anziano (in questo caso se ha più di 60 anni) o non è in buone condizioni generali (ha malattie del cuore o dei polmoni, è diabetico, soffre di ipertensione arteriosa, eccetera) si scarta in ogni caso la Decompressione microvascolare che esporrebbe a rischi eccessivi. In questo caso il paziente dev'essere sottoposto alla Termorizotomia trigeminale a radiofrequenza.
  info di: http://www.curadeldolore.it/content/view/28/7/



Nevralgia del trigemino




La nevralgia del trigemino è un disordine neuropatico a carico del V nervo cranico (il trigemino) accompagnato da un dolore considerato uno dei più violenti che si possano sperimentare. Il dolore interessa una o più aree di competenza delle tre branche del nervo: la branca oftalmica, che si distribuisce all'occhio e alla fronte, la seconda, che interessa la regione mascellare, e la terza, che innerva la regione mandibolare. Compare all'improvviso, in apparenza senza alcuna causa, ed è subito molto intenso, tanto da essere paragonato a una violenta scossa elettrica che impedisce di svolgere anche le normali attività quotidiane. Alcuni fattori scatenanti sono noti, per esempio il caldo, il freddo o il vento, oppure, talvolta, anche il solo sfiorare alcune aree del viso. In ogni caso, qualunque sia l'evento scatenante, nello stesso soggetto gli attacchi si ripetono sempre con le stesse modalità. Nel 95% dei casi a indurre la nevralgia del trigemino è una compressione che si verifica tra il nervo e uno o più vasi sanguigni (definita conflitto neuro-vascolare).

Sintomi
Il dolore lamentato dai pazienti è fortissimo, talora definito insopportabile, lancinante, e si presenta come attacchi che possono durare da qualche secondo fino a un paio di minuti. Generalmente, dopo una breve tregua l'attacco tende a ripetersi più volte; gli episodi algici costringono a sospendere qualsiasi attività. Il dolore interessa solo metà del volto e può essere accompagnato da altri sintomi quali arrossamento al viso, lacrimazione e sensibilità alla luce. Tra un attacco e quello successivo, anche se in rapida successione, il dolore è assente a causa di un periodo di refrattarietà del nervo.


Anatomia
Il nervo trigemino è il nervo cranico più grande (fig. 57.1): è formato dall'unione di fibre sensitive e motorie. Nel punto di unione si trova il ganglio del trigemino (di Gasser), situato all'interno del cranio in una fossetta vicino alla rocca petrosa dell'osso temporale. Attraverso i suoi tre rami principali esso innerva la cute del volto e del cuoio capelluto e i muscoli della masticazione (fig. 57.2).
I tre rami principali sono:
1) Il nervo oftalmico, che fuoriesce dal cranio attraverso la fessura orbitaria superiore;
2) Il nervo mascellare, che lascia il cranio attraverso il forame rotondo;
3) Il nervo mandibolare, che lascia il cranio attraverso il forame ovale.

Per bloccare tutti e tre i nervi con una sola iniezione, l'ago deve raggiungere il ganglio del trigemino passando attraverso il forame ovale.
Usando uno stimolatore nervoso, è possibile identificare i tre rami principali del trigemino.
In considerazione dell'accuratezza necessaria per localizzare il forame ovale e delle gravi conseguenze di un'infezione nella sede sbagliata, questo blocco deve essere eseguito solo sotto controllo radiografico.



Approfondisci la Terapia farmacologica:
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO DEL DOLORE NEUROPATICO
Introduzione
L’International Association for the Study of Pain (IASP) definisce il dolore neuropatico come “il dolore causato da una lesione primaria o da una disfunzione del sistema nervoso” distinguendolo poi in “dolore neurogenico e dolore centrale”.
Si tratta, quindi, di un dolore dovuto ad un danno del sistema nervoso centrale e/o periferico, conseguente ad una anomalia anatomica e/o funzionale del meccanismo di segnalazione del dolore, senza l’attivazione dei nocicettori. È spesso di tipo urente o viene percepito dal paziente come una sensazione di bruciore, formicolio o scossa elettrica. Può essere associato o meno a deficit sensitivi, allodinia, iperalgesia e segni autonomici.
Il trattamento del dolore neuropatico rimane a tutt’oggi insoddisfacente, nonostante il notevole incremento degli studi negli ultimi anni [Attal et al.2006].
Nel corso del tempo, sono stati proposti i seguenti trattamenti [ Beydoun et al. 2003] :
• trattamento causale;
• trattamento sintomatico;
• trattamento basato sul meccanismo del dolore.

Un esempio di trattamento causale è la terapia antivirale somministrata nella fase acuta della patologia erpetica (o il vaccino prossimamente disponibile), il blocco epidurale effettuato nella stessa fase, o una appropriata terapia del diabete, al fine di evitare lo sviluppo della patologia dolorosa nei pazienti diabetici.
Un trattamento sintomatico è quello caratterizzato dall’uso di farmaci analgesici, che agiscono sul sintomo in maniera aspecifica. Un trattamento basato sul meccanismo dovrebbe rappresentare l’obiettivo della ricerca moderna, obiettivo apparentemente semplice ma quanto mai difficile da raggiungere
Lo studio della fisiopatologia del dolore neuropatico, infatti, sebbene in stato avanzato, ha permesso di formulare varie ipotesi, ma non una definitiva in merito al meccanismo di base da cui origina il dolore neuropatico stesso. Non è stato ancora individuato un target specifico che, aggredito, possa risolverlo totalmente.
Sulla base dei numerosi studi pubblicati, è possibile dividere le patologie con espressione di dolore neuropatico nei seguenti, grandi, capitoli:

• Polineuropatie, e fondamentalmente la polineuropatia diabetica (DPN)
• Nevralgia post-erpetica (PHN)
• Nevralgia Trigeminale (TN)
• Dolore Centrale (CP)
• Altre Condizione di dolore neuropatico

Le classi di farmaci più frequentemente utilizzate per il trattamento del dolore neuropatico sono risultate le seguenti:

Trattamenti specifici
Nevralgia Posterpetica (PHN): si tratta di una neuropatia da deafferentazione che rappresenta una temibile complicanza dell’infezione da Herpes Zoster e che può residuare per mesi o, talvolta per anni, dopo la risoluzione delle manifestazioni cutanee. Si manifesta con maggiore frequenza nei pazienti senescenti e la sintomatologia algica può essere di due tipi: un primo tipo parossistico e lancinante, l’altro sordo, continuo e urente, variabile nell’intensità a seconda del paziente.
La strategia terapeutica proposta dalla Società Europea dei Neurologi prevede:

1. Trattamento di prima linea: gabapentinpregabalinlidocaina topicaantidepressivi triciclici
2. Trattamento di seconda e terza linea: capsaicinaoppiacei fortitramadolovalproato

Il gabapentin (GBP), nello specifico, nato come antiepilettico, ha ottenuto nel febbraio 2001 l’indicazione registrata per il trattamento del dolore neuropatico negli adulti. Studi randomizzati e controllati sono stati condotti con lo scopo di testare il GBP versus il placebo nella PHN attestandone a pieno l’efficacia quando utilizzato per 8 settimane a III dosaggi tra i 1800 e i 3600mg/die.
Proprietà farmacologiche simili, con maggiore tollerabilità e minori interazioni, ha il pregabalin, registrato per il dolore neuropatico periferico e centrale nell’adulto.
Diversi studi ne accreditano l’efficacia con un uso continuativo per 8 settimane con dosaggi compresi tra i 150 e i 600 mg/die.
Molto interessante risulta anche l’uso combinato dei due principi attivi.
Gli effetti collaterali di maggior riscontro conseguenti la somministrazione di pregabalin, la comparsa dei quali, però, non è determinante ai fini della sospensione della terapia, sono le vertigini e la sonnolenza.
Il 19% circa dei pazienti in terapia con il pregabalin manifesta, invece, edema periferico, sintomo che sarebbe strettamente dose-dipendente.

Per quanto attiene la lidocaina topica (cerotto), vi sono dubbi sulla sua reale utilità quale trattamento di prima linea, anche se evidenze scientifiche mostrano buoni risultati soprattutto nel trattamento dell’allodinia e di aree non troppo vaste di dolore, specie nei pazienti più giovani e con dolore di recente comparsa [ Khaliq et al. 2007].
La formulazione endovenosa di lidocaina [Carroll 2007] ha dimostrato effetti degni di nota quando somministrata in infusione continua al dosaggio di 2 mg/kg in 5 minuti, sotto continuo monitoraggio elettrocardiografico. I risultanti incoraggianti derivati dall’impiego di lidocaina somministrata in varie formulazioni (gel, patch, ed endovenosa), fanno ben sperare sulla validità dell’uso della stessa in questa tipologia di paziente.

Lo studio della validità degli antidepressivi nella PHN è oggetto di discussione da più di un ventennio. Il loro impiego non è più finalizzato al solo scopo di ottenere un effetto antidepressivo, ma, viceversa, è stata dimostrata la validità degli stessi nella soppressione del sintomo dolore. La loro efficacia è strettamente legata, però, ad una evidente “variabilità farmacocinetica interindividuale e ad uno stretto indice terapeutico”.
L’effetto antidolorifico ha bisogno di una latenza di circa 3 settimane prima di poter estrinsecarsi al massimo. Come ogni trattamento terapeutico, l’impiego degli antidepressivi triciclici (TCAs) non è scevro da effetti collaterali, e quelli di più comune
riscontro sono i sintomi anticolinergici (xerostomia, esacerbazione del glaucoma, ritenzione urinaria e confusione mentale), legati agli effetti centrali di questa classe di farmaci.

Nevralgia Tigeminale (NT): si manifesta con dolore parossistico, improvviso, di breve durata (da pochi secondi a 1-2 minuti), a “colpo di pugnale” o, in altri pazienti, “a scarica elettrica”, quasi sempre piuttosto severo. La distribuzione del dolore è tipicamente monolaterale ed è riferita alla zona di innervazione delle tre branche del trigemino, interessando con maggiore frequenza il territorio della II e III branca. L’attacco doloroso può essere scatenato anche dalle più semplici manovre su zone definite trigger, così che anche semplici attività come lavarsi il viso, radersi o masticare possono essere responsabili dell’insorgenza dell’attacco doloroso. Si riconoscono una forma classica-idiopatica e una forma sintomatica, che viene definita, più correttamente neuropatia trigeminale. Il trattamento più accreditato è il seguente:

1. Trattamento di prima linea: ossicarbazepina, carbamazepine;
2. Trattamento di seconda/terza linea: chirurgia

Proprio per l’entità del dolore evocato e l’invalidità che esso provoca, la NT da sempre è stata oggetto di grande interesse medico-scientifico, spingendo, appunto, la ricerca a proporre tecniche sempre più innovative per la diagnosi ed il trattamento di questa patologia. La risonanza magnetica è la tecnica di diagnostica per immagini di miglior ausilio per l’utilizzo del Gamma knife radiosurgery (GKRS), selettivamente indicato come tecnica di Neuroradiochirurgia interventistica in tutte le forme di presentazione della TN non rispondenti alle terapie usuali.
Dal punto di vista della terapia farmacologica la carbamazepina (CBZ) ha una efficacia dimostrata ed è considerata il trattamento di prima linea ad un dosaggio compreso tra i 200 e i 1200mg/die. Per ridurre l’incidenza degli effetti indesiderati, come ad esempio le vertigini, si consiglia di iniziare il trattamento con basse dosi.
Con l’ausilio di studi controllati, in doppio cieco, è stata proposta la somministrazione dell’ossicarbamazepina (OXC) nel trattamento del dolore da nevralgia trigeminale, ad una dose compresa tra i 600 e i 1800 mg/die, come valida alternativa alla
CBZ per la terapia di prima linea. Alcuni studi hanno, tra l’altro, dimostrato anche una minore alterazione degli enzimi epatici  ed una minore ipersensibilità indotta dal farmaco con l’uso dell’OXC, la cui indicazione per il trattamento di questa patologia non risulta, però, registrata. La concentrazione plasmatica di questi farmaci deve essere, peraltro, attentamente monitorata, somministrando dosi scalari man mano che si hanno risposte al trattamento, e valutando i farmaci contemporaneamente assunti dal paziente per evitare le ben note interazioni farmacologiche. Studi clinici hanno dimostrato come, ad esempio, la contemporanea somministrazione di CBZ e fenitoina, fenobarbitale, acido valproico, primidone e warfarin, potenzi gli effetti di questi ultimi farmaci. Inoltre la fenitoina, il fenobarbitale e il primidone potrebbero incrementere il metabolismo epatico della CBZ che, a sua volta, potrebbe essere inibito dall’uso combinato con triacetiloleandomicina, eritromicina, propossifene, isoniazide e cimetidina.

Tra gli altri farmaci proposti per il trattamento della TN vanno anche citati il baclofen, il GBP, la fenitoina e la lamotrigina (LTG), ma i risultati non sembrano in realtà univoci. Una migliore risposta terapeutica si avrebbe, invece, con la somministrazione di pregabalin. In pazienti selezionati e non-responders al trattamento medico, deve essere preso in considerazione il trattamento chirurgico. Nel corso degli anni sono state affinate innumerevoli tecniche chirurgiche con differenti vie di accesso, sollevando spesso non pochi dubbi circa la validità di alcune delle stesse. Vi sono, comunque, evidenze che attestano come l’intervento chirurgico possa alleviare il dolore, restituendo una adeguata qualità di vita.
Ovviamente tali procedure non sono esenti da rischi, per cui i pazienti devono essere accuratamente selezionati ed informati.
Dolore Polineuropatico (PPN): da un punto di vista fisiopatogenetico, la distribuzione del dolore neuropatico periferico può essere limitata al territorio di un singola radice nervosa (mononeuropatia), a più radici nervose (mononeuropatia multipla) oppure interessare i territori bilateralmente e simmetricamente (polineuropatia).
La neuropatia diabetica è la più comune tra le polineuropatie ed è, perciò, frequentemente considerata la forma di riferimento dalla maggior parte degli studiosi. Nell’ambito di questa patologia si possono distinguere due gruppi principali: le polineuropatie simmetrico-distali, a genesi dismetabolica, e le forme mono-o multi-focali, a genesi ischemica.
I farmaci utilizzati e testati nella polineuropatia diabetica sono riportati in Tab. 1, con il relativo range di NNT (Number Needed to Treat ) nei vari studi.  
(continua qui http://www.olegginiterapiadeldolore.com/neuropatico.htm#TRATTAMENTO_FARMACOLOGICO_DEL_DOLORE_NEUROPATICO)

(Fonti: Wikipedia e Tecniche di anestesia regionale, Verduci Editore

13/12/12

SCLEROSI MULTIPLA E BORDETELLE: Caso clinico e conferme

http://www.aibor.it/la-sclerosi-multipla.html


Sclerosi multipla
Dr. Domenico Fiore : studi e ricerche
Contatto: Dr. Domenico FIORE - V.le Madonna delle Grazie, 17 - 35028 Piove di Sacco (Padova)
Indice argomenti

SCLEROSI MULTIPLA E BORDETELLE:
Caso clinico e conferme

G.M.P., 38 anni. Viene ricoverato (gennaio.2002) nella Divisione di Malattie Infettive di uno dei più famosi Ospedali pubblici del Nord Italia per escludere la eventuale eziologia infettiva di due lesioni demielinizzanti della sostanza bianca (la prima dimostrata da RMN nel gennaio 2000; la seconda evidenziata da RMN a dicembre 2001). Tra l'altro, vengono eseguiti i seguenti accertamenti: Sangue: Titolazione anti citoplasma dei neutrofili (ANCA) assenti; ricerca antigene aspergillare negativa; ricerca anticorpi anti-Aspergillo negativa; IgG anti-CMV 5,5; IgM anti-CMV assenti; IgG anti HSV1 e HSV2 assenti; IgM anti-HVS assenti; IgG anti-VCA-EBV 4,0; IgM anti-VCA-EBV assenti; IgG anti-VZV 2,3; IgM anti-VZV assenti; IgG anti-toxoplasma < 4; IgM anti-toxoplasma assenti; antigene criptococcico negativo; CMV-IEA negativa; anticorpi anti-Borrelia Burgdorferi assenti; sierologia per la Lue negativa; esame parassitologico delle feci negativo; anticorpi anti-HIV1/2 assenti; Widal-Wright negativa. Liquido Cefalo-Rachidiano: aspetto limpido, incolore, albumina 36.3, titolazione globuline IgG 4.23, elementi nucleati < 1; ricerca DNA virali nel Liquor negativa per HSV1, HSV2, CMV, EBV, HVZ, HHV6, JCV; esame culturale negativo; ricerca Bande Oligoclonali negativa.

CONCLUSIONE DEGLI INFETTIVOLOGI: gli esami eseguiti durante il ricovero escludono l'eziologia infettiva.

Dopo la dimissione, per mio consiglio, il paziente chiede la ricerca degli anticorpi (AC) anti-Bordetella Pertussis. Referto dell'O.C. Pesaro: AC anti Bordetella IgG 0,64 D.O, cut-off 0,56 D.O, Assorbanza 11,40 (positivo maggiore o uguale a 8 ); AC anti Bordetella IgM 0,14 D.O., cut-off 0,27 D.O., Assorbanza 5,18 (nella risposta immune secondaria, positivo maggiore o uguale a 4 ); AC anti H.A.Filamentosa IgA 0,93 D.O. (positivo per infezione da Bordetella Pertussis in fase-S maggiore o uguale a 0,30 D.O.); AC anti H.A.Filamentosa IgG 0,65 D.O.; AC anti Tossina Pertussica IgA 0,29 D.O.; AC anti Tossina Pertussica IgG 0,30 D.O.

OSSERVAZIONI DEL LABORATORIO: infezione molto recente.

Una importante, dimostrativa, verifica del coinvolgimento della Bordetella Pertussis nella Sclerosi Multipla è stata fatta dalla ASL n° 22 di Acqui Terme (Alessandria), nel Laboratorio Analisi ASL 22, diretto dalla Dr.ssa L. Camogliano; in collaborazione con il Dr. M. Polverelli, Responsabile RRF ASL 22; in collaborazione con il Dr. A. Valente, RRF ASL 22 P.O. Acqui Terme; dalla Dr.ssa M. G. Mazzarello e dal Tecnico A. M. Torriglia, Responsabili del procedimento. Sono stati ricercati in E.L.I.S.A.:

    Gli anticorpi IgA e IgG anti H.A. Filamentosa
    Gli anticorpi IgA e IgG anti Tossina Pertussica
    Gli anticorpi IgG totali anti Bordetella Pertussis
    Gli anticorpi IgM totali anti Bordetella Pertussis.

Di tutte le classi immunoglobuliniche ricercate, sono state riportate le densità ottiche (D.O.) del campione e del cut-off. In 25 pazienti affetti da SM definita, è risultato che:

    n° 11 pazienti erano affetti da infezione in atto da Bordetella Pertussis in fase-S (massima virulenza + contagiosità);
    n° 14 pazienti erano affetti da infezione in atto da Bordetella Pertussis in fase-R (conservata produzione delle principali tossine; perdita di virulenza e di contagiosità) .stato confermato da un secondo esame fatto a distanza di qualche giorno dal primo (risultato ancora positivo).

Globalmente: nel 100 % di 25 pazienti affetti da Sclerosi Multipla definita è stata confermata una tossi-infezione in atto da Bordetella Pertussis.

CONCLUSIONE
Allo stato attuale delle mie ricerche ( vedi nota 1 ):

    dopo la verifica dell'ASL 22 di Acqui Terme;
    dopo la clamorosa conferma del caso clinico presentato (ricordo che la Bordetella in fase-S ha la massima virulenza ed è contagiosa);
    visto che per la ricerca degli anticorpi anti Bordetella con la metodica descritta (la sola adeguata) basta disporre di un semplice Spettrofotometro e che i kit diagnostici costano pochissimo;

    non si ha più il diritto di ignorare (o arbitrariamente negare) che, con un semplice esame del sangue, si può fare una diagnosi eziologica precoce e curare ambulatoriamente (con pochissima spesa sociale) pazienti, altrimenti esposti (colpevolmente condannati) a drammatica disabilità;
    nell'interesse dei Malati e della Comunità, tutti i Laboratori dovrebbero attrezzarsi per fare la ricerca degli anticorpi anti Bordetella con la metodica indicata.

BIBLIOGRAFIA

    Dr. Domenico Fiore: Sclerosi Multipla. in:
        Confer. Internat. Federation of Multiple Sclerosis Societies. Dublino 1990. 45.
        MS conference - Sud East Eurpean Society for Neurology. Poznan (Poland). 1991. 4.
        Confer. Internat. Federation of Multiple Sclerosis Societies. Amsterdam (The Netherlands), 1991. 58.
        1994 Meeting of the Europea Federation of Neurological Societies. Poznan, Poland, 1994.
        Congresso Annuale della Federazione Mondiale Sclerosi Multipla IFMSS 1994. Budapest 1994. 24.
        XVI Congresso Mondiale di Neurologia - Buenos Aires, sett. 1997, 4-31.05
        40° Congresso SNO - Otranto, giugno 2000, 96-99 I fattori immunologici nella patogenesi delle Encefalo-Medullopatie da Bordetella Pertussis - EOS, n° 3, vol XX, 2000. 63-70
        XLI Congresso SNO - Rimini, giugno 2001 - Encefalo-Medullopatie da Bordetella Pertussis. Riv. di Neurobiologia, 3/2001, 219-225.
        Malattie da Bordetella Pertussis nell'Uomo: acute, recidivanti, croniche - forme cliniche, trattamento EOS, vol. XXI, 2001, n° 3-4, 61-85

CARENZA ERITROCINA

Dal sito dell'AIFA, alla pagina ELENCO MEDICINALI ATTUALMENTE CARENTI riportiamo quanto segue
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/elenco_dei_medicinali_carenti_2012_al_19.04.2012_0.pdf
Alla data presunta del 14 maggio p.v. pertanto il problema dovrebbe avviarsi alla soluzione e l'eritrocina, nei formati 1000mg e 600 mg, tornare in commercio.