CONTATORE PERSONE

13/01/13

ossigeno - ozono terapia


L'ozono terapia è conosciuta e praticata da oltre 160 anni. Non è una panacea e quindi non è in grado di guarire tutto ma di influire positivamente un pò in tutti i problemi psicofisici senza alcun effetto collaterale e/o negativo.

Patologie trattabili con l' ossigeno - ozono terapia:

Medicina Interna: epatotossicosi, epatopatie croniche, epatopatie acute e croniche da virus A, B e C, esofagiti, gastriti di varia natura, colonpatia da nevrosi ed organiche, morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, disbiosi intestinale, diabete con complicanze periferiche neurovascolari con piaghe e ulcere.

Pneumolgia: broncospasmo,asma bronchiale acuta e cronica di varia natura, allergie da tabacco e molteplici altri fattori etiologici. Ossigenazione circolo polmonare. BPCO(broncopatia cronico ostruttiva),bronchiti,broncopolmoniti,pleuriti.

Ematologia: malattie del ricambio, alterazioni dei componenti del sangue: piastrinosi..

Geriartria : atero ed arteriosclerosi periferica e cerebrale, ictus, ischemie, paresi e paralisi; morbo di Parkinson, prevenzione e stabilizzazione Alzheimer.

Neurologia: cefalee a grappolo, vasomotorie, da tensione; emicranie, ansietà, stati depressivi anche maggiori, modulazione dell'umore, neuropatite diabetiche e di ogni altro tipo e distretto corporeo, sindrome del tunel carpale, sclerosi multipla e SLA. Esiti neurologici di ischemia celebrale, epilessia, Sindrome di Meniere e Tinnitus .

Immunologia: immunodeficienze acquisite e non, sindromi autoimmunitarie: tiroiditi, vasculiti, fibromialgie, dermatomiositi, Raynaud, connetiviti, lupus eritematodes. Coadiuvante nei trattamenti oncologici radianti e chemioterapici, ed in Oncologia.

Andrologia: impotenza vascolare peniena funzionale e organica, impotenza della donna, coadiuvante nella fertilità.

Trapianti : tonificazione generale, praparazione pre e post trapianto(cardiaco,epatico,renale), ossigenazione tissutale. Trattamento di supporto antirigetto.

Traumatologia/Ortopedia: osteoporosi, artrosi, artrite, discopatie della colonna, confilitti discoradicolari, protusione ed ernie discali di ogni distretto cervico-dorso-lombare, lombosciatalgia, sciatica paralizzante, cervicobrachialgie anche con paresi e paralisi, periartrite scapolo omerale, epicondiliti, sindrome del tunnel Carpale ed ulnare, artrite radiocarpica e piccole articolazioni, coxartrosi(anca),periartrite d' anca, gonartrosi, meniscopatie, lacerazioni meniscali e ligamintose, lacerazioni nervose e tendinee(achilleo..), lesioni e rotture muscolari, caviglie, reumatismo articolare acuto, artrite reumatoide. Spondilopatia artrosica ed artritica, artrite psoriasica ossea, rapido miglioramento post operatorio con ossificazione di fratture di ogni tipo.

Allergologia: allergie alimentari, da contatto, dermatiti, pollinosi, allergie in genere, asma allergico, riniti, eczemi.

Angiologia: arteriopatie del Grado I ° al IV °(preamputazione da occlusione o altre patologie),vasculopatia venosa,flebiti recenti e croniche, coronaropatie, troboflebiti recenti e croniche, ulcere venose postflebitiche e diabetiche, varici venose, sclerosi capillare, piaghe da decubito e cancrena, insufficienze venose (anche croniche ), emorroidi, vasculti da ischemia, maculopatie retiniche ischemiche senili e non.

Otorinolaringoiatria: otiti esterne e medie, polipi nasali, sinusiti acute e croniche, mastoiditi, sindrome di Meniere,Tinnitus,vertigini di vario genere, acufeni.

Oculistica: retinopatia ischemiche e degenerative, retinopatie diabetiche, maculopatie retiniche di varie etiologie, ipovisus, tra cui da ischemia cerebrale e non, calazi..

Urologia: cistiti, cistopieliti, nefriti, insufficienza renale acuta e cronica, ipertrofia prostatica, prostatiti, induratio penis plastica, infezione e micosi dei tratti urinari superiori ed inferiore incluse pielonefriti. Coadiuvante nella dialisi.

Ginecologia: annesiti tubariche ed ovariche, bartoliniti, infezioni batteriche, protozoarie e micotiche, anche cronicizzate da anni, cistiti, vaginiti, mestruazioni dolorose, mastopatia fibrocistica.

Dermatologia: herpes simplex orale e sessuale, herpes zooster anche oculare, acne, alopecia aerata, caduta capelli, foruncolosi, verruche, linfoedema, micosi, eczemi anali ed inguinali, piaghe da decubito e diabetiche, psoriasi, dermatiti e neurodermiti.

Chirurgia : coadiuvante nel trattamento pre operatorio e post. Preparazione rapido recupero fisico. Peritoniti ed asciti.

Medicina Estetica : lipodistrofia antiestetica(ovvero cellulite), adiposità localizzate e obesità, cheloidi, cicatrici post operatorie, rughe, tonificazione della cute, borse palpebrali superiori ed inferiori .

Medicina dello Sport: fascite plantare, morbo di Morton, tallonite, metatarsalgia, distorsioni di qualsiasi genere, distorsioni del ginocchio, meniscopatie traumatiche e degernerative, lesioni legamento collaterale interno ed esterno, crociato anteriore interno ed esterno, tendinopatie achillea anche con lacerazione, tendinite e rottura della cuffia dei rotatori della spalla, ernie discali dei vari distretti(anche cervicali); Recupero fratture e lesioni tendino- muscolari (azione rapida di cicatrizzazione anche nell 'anziano), epicondilite e borsiti.

Varie: lipomi, emorroidi, impotenza maschile di ogni età, lavaggio del sangue con pulizia vascolare, arteriolare, venulare, capillare, di ogni distretto corporeo e con ossigenazione.

12/01/13

FORUM - argento colloidale

 FORUM per coloro che stanno assumendo l'AC = argento colloidale

<http://argento.forumfree.it/?f=10768906#>
ragazzi/e c'e' la possibilita' di leggere <Argento Colloidale Elettrolitico - Esperienza condivisa> e interagire con il forum


chi lo ha ideato........informa che :
In questa sezione coloro che stanno assumendo l'AC potranno scambiarsi opinioni, fare domande, trovare risposte e ottenere consigli ...


bisogna solamente effettuare  una <Registrazione veloce>

08/01/13

Everolimus altera la diffusione della materia bianca nella sclerosi tuberosa complessa


È stata condotta l'analisi del tensore di diffusione ( DTI ) su pazienti affetti da sclerosi tuberosa complessa per studiare possibili modifiche nel normale aspetto della sostanza bianca dopo il trattamento con Everolimus ( Afinitor ), un inibitore della mTOR ( bersaglio della rapamicina nei mammiferi ).

Recentemente, uno studio di fase I/II di Everolimus ha dimostrato una significativa riduzione del volume dell'astrocitoma subependimale a cellule giganti ( SEGA ) e riduzione della frequenza delle crisi convulsive.

È stata effettuata un'analisi per sottogruppi sui dati del tensore di diffusione disponibili da questo studio.

I pazienti affetti da sclerosi tuberosa complessa con astrocitoma subependimale a cellule giganti hanno ricevuto Everolimus, titolato alla tollerabilità per raggiungere l'obiettivo a concentrazioni crescenti di 5-15 ng/mL.


L'analisi del tensore di diffusione ( 1.5 T, 15 direzioni ) è stata utilizzata per calcolare la anisotropia frazionaria ( FA ) e la diffusività assiale, radiale e media all'interno delle regioni di interesse ( ROI ).

Le scansioni al basale sono state confrontate con le scansioni a 12-18 mesi post-trattamento, e comparate con una coorte di controllo di soggetti affetti da sclerosi tuberosa complessa non-trattata, abbinati per età e sesso.

Dei 28 pazienti arruolati, 20 avevano sufficienti dati all'analisi del tensore di diffusione.

Confrontando i valori di base con quelli acquisiti 12-18 mesi dopo il trattamento, è stato osservato un cambiamento significativo della anisotropia frazionaria nel corpo calloso, capsula interna e nella regione genicolo-calcarina ( P minore di 0.05 ).

La variazione media della anisotropia frazionaria è stata di 0.04 ( P minore di 0.01 ), dovuta principalmente a una riduzione significativa della diffusività radiale.
La diffusività media delle regioni di interesse combinate è leggermente diminuita ( P minore di 0.05), la diffusività assiale è rimasta stabile.

Il gruppo di controllo non ha mostrato alcun cambiamento nel corso del tempo.

In conclusione, cambiamenti significativi nella anisotropia frazionaria e nella diffusività radiale sono stati osservati dopo trattamento con Everolimus in pazienti con sclerosi tuberosa, suggerendo che il difetto genetico della sclerosi tuberosa nel cervello può essere modificato farmacologicamente, anche con sostanza bianca di aspetto normale. ( Xagena2012 )

Tillema JM et al, Neurology 2012; 78: 526-531


Neuro2012 Farma2012

L’Interferone beta non ritarda la progressione della sclerosi multipla


In uno studio clinico, l’Interferone beta, il farmaco più ampiamente prescritto nel trattamento della sclerosi multipla, non ha mostrato alcun effetto nel ritardare la progressione della malattia

I ricercatori del University of British Columbia ( Vancouver, Canada ) hanno raccolto informazioni su 868 pazienti con sclerosi multipla che avevano assunto Interferone-beta e 1.788 pazienti non-trattati con questo farmaco, nel periodo 1985-2008.

E’stato osservato che coloro che avevano assunto Interferone-beta non presentavano una minore probabilità di sviluppare disabilità nel lungo periodo, rispetto a quelli non-trattati con il farmaco.

I ricercatori hanno esaminato la progressione della malattia mediante la scala EDSS ( Expanded Disability Status Scale ).
Coloro che avevano un punteggio di 6 ( necessità di utilizzare un bastone per compiere un cammino di 100 metri ) sono stati considerati avere una malattia in progressione.

Tra i pazienti trattati con Interferone beta, il 10.8% aveva ottenuto un punteggio 6.
Dei soggetti che non erano stati trattati, il 5.3% e il 23.1% dei gruppi controllo ( controllo contemporaneo e controllo storico ) aveva raggiunto questo stesso punteggio.

Studi precedenti avevano mostrato che l'Interferone beta poteva prevenire la progressione della malattia. Tuttavia questo risultato sarebbe la conseguenza di una non-corretta metodologia; i campioni erano di piccole dimensioni, il periodo osservazionale limitato; inoltre nel gruppo controllo erano stati inseriti pazienti troppo ammalati per iniziare ad assumere farmaci.

L’Interferone beta rimane un’opzione terapeutica per ridurre le recidive e le lesioni cerebrali nei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente. ( Xagena2012 )

Fonte: Journal of American Medical Association, 2012



Neuro2012 Farma2012

Confronto tra Apixaban e Warfarin in pazienti con fibrillazione atriale e precedente ictus o attacco ischemico transitorio


Nello studio ARISTOTLE, il tasso di ictus o embolia sistemica è risultato ridotto con Apixaban ( Eliquis ), rispetto a Warfarin ( Couamdin ) nei pazienti con fibrillazione atriale.

Pazienti con fibrillazione atriale e precedente ictus o attacco ischemico transiente ( TIA ) sono ad alto rischio di ictus.

È stato condotto uno studio per valutare efficacia e sicurezza di Apixaban rispetto a Warfarin in sottogruppi prespecificati di pazienti con e senza precedente ictus o attacco ischemico transitorio ( TIA ).

Nel periodo 2006-2010, sono stati arruolati i pazienti nello studio ARISTOTLE presso 1.034 Centri clinici in 39 Paesi.

In totale, 18.201 pazienti con fibrillazione atriale o flutter atriale sono stati assegnati in maniera casuale a ricevere Apixaban 5 mg 2 volte al giorno o Warfarin ( INR target: 2.0-3.0 ).

La durata mediana del follow-up è stata di 1.8 anni.

L’esito primario di efficacia era rappresentato da ictus o embolia sistemica ed è stato analizzato per intention-to-treat.
L’esito primario di sicurezza era il sanguinamento maggiore nella popolazione sottoposta a trattamento.

In questa analisi di sottogruppo, sono stati stimati i tassi di evento, e sono stati utilizzati modelli di Cox per confrontare gli esiti in pazienti con e senza precedente ictus o attacco ischemico transitorio.

Nella popolazione dello studio, 3.436 ( 19% ) pazienti avevano sofferto in precedenza di un ictus o di un TIA.

Nel sottogruppo di pazienti con precedente ictus o attacco ischemico transitorio, il tasso di ictus o embolia sistemica è stato pari a 2.46 per 100 anni-paziente di follow-up nel gruppo Apixaban e 3.24 nel gruppo Warfarin ( hazard ratio [ HR ] 0.76 ); nel sottogruppo di pazienti senza precedente ictus o TIA, il tasso di ictus o embolia sistemica è stato del 1.01 per 100 anni-paziente di follow-up con Apixaban e 1.23 con Warfarin ( HR=0.82; p per interazione=0.71 ).

La riduzione assoluta nel tasso di ictus o embolia sistemica con Apixaban versus Warfarin è stata pari a 0.77 per 100 anni-paziente di follow-up nei pazienti con ictus o TIA, e 0.22 in quelli senza un precedente evento ictale o attacco ischemico transitorio.

La differenza nel sanguinamento maggiore con Apixaban rispetto a Warfarin è stata del 1.07 per 100 anni-paziente nei pazienti con ictus o attacco ischemico transitorio e 0.93 in quelli senza.

In conclusione, gli effetti di Apixaban versus Warfarin sono risultati simili nei pazienti con fibrillazione atriale con e senza precedente ictus o attacco ischemico transitorio.
Dato l’elevato rischio di tali esiti in pazienti con precedente ictus o TIA, i benefici assoluti di Apixaban potrebbero essere maggiori in questa popolazione. ( Xagena2012 )

Easton JD et al, Lancet Neurol 2012; 11: 503-511


Neuro2012 Farma2012

Somministrazione per via endovenosa di Immunoglobulina versus Metilprednisolone per la poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica

 


Le somministrazioni intravenose di Immunoglobulina ( IgIV ) e corticosteroidi sono efficaci come trattamento iniziale in pazienti con poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica, ma sono disponibili poche informazioni sul profilo rischio-beneficio comparativo del loro utilizzo nel lungo periodo in questa malattia.

In uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo e a gruppi paralleli condotto su pazienti con poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica sono state valutate efficacia e tollerabilità di un trattamento semestrale con Immunoglobulina per via endovenosa versus quella di Metilprednisolone per via intravenosa.

Nello studio sono state valutate efficacia e tollerabilità delle immunoglobulineper via endovenosa ( 0.5 g/kg al giorno per 4 giorni consecutivi ) e Metilprednisolone per via intravenosa ( 0.5 g in 250 mL di soluzione salina al giorno per 4 giorni consecutivi ), somministrati ogni mese per 6 mesi.

I pazienti idonei a essere inclusi nello studio dovevano trovarsi in una fase attiva o stazionaria della malattia.

Dopo la sospensione della terapia, i pazienti sono stati seguiti per 6 mesi per valutare le recidive.

L’esito primario era la differenza nel numero di pazienti che hanno sospeso la terapia per mancanza di efficacia o per intollerabilità.
Gli endpoint secondari includevano la differenza nella proporzione di pazienti andati incontro ad effetti avversi o in peggioramento dopo la sospensione della terapia.

In totale, 45 pazienti ( 24 nel gruppo Immunoglobulina per via endovenosa, 21 in quello Metilprednisolone intravenoso ) hanno completato lo studio; 1 è stato escluso per precedente inclusione inappropriata.

Una percentuale superiore di pazienti ha interrotto il trattamento con Metilprednisolone ( 52% ), rispetto alla Immunoglobulina per via endovenosa ( 13%; rischio relativo, RR=0.54; p=0.0085 ).

Dopo aggiustamento per sesso, età, durata della malattia, co-morbilità, scala Rankin modificata e punteggi ONLS all’arruolamento e precedente trattamento con Immunoglobulina e steroidi, la differenza tra i 2 gruppi è rimasta significativa ( odds ratio, OR=7.7; p=0.0070 ).

Le ragioni per la sospensione del trattamento sono state mancanza di efficacia ( 8 nel gruppo Metilprednisolone versus 3 in quello Immunoglobulina ), eventi avversi ( 1 nel gruppo Metilprednisolone ) o abbandono volontario ( 2 nel gruppo Metilprednisolone ).

Due pazienti in trattamento con Immunoglobulina sono risultati deceduti nel corso del follow-up dopo la valutazione a 6 mesi.

La proporzione di pazienti con eventi avversi non ha mostrato differenze significative tra il gruppo Metilprednisolone per via endovenosa ( 67% ) e il gruppo Immunoglobulina ( 46%; p=0.1606 ).

Dopo sospensione del trattamento, più pazienti nel gruppo Immunoglobulina per via endovenosa hanno mostrato peggioramento e hanno avuto bisogno di ulteriore terapia ( 38% ) rispetto al gruppo Metilprednisolone ( 0 su 10; p=0.0317 ).

In conclusione, il trattamento della poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica con immunoglobuline per via endovenosa per 6 mesi è stato interrotto meno frequentemente a causa di inefficacia, eventi avversi o intolleranza, rispetto al trattamento con Metilprednisolone per via intravenosa.
Sono necessari altri studi per valutare gli effetti nel lungo periodo di questi trattamenti sul decorso della poliradiculoneuropatia demielinizzante infiammatoria cronica. ( Xagena2012 )

Nobile-Orazio E et al, Lancet Neurol 2012; 11: 493-502


Neuro2012 Farma2012

05/01/13

Convegno AIBOR sul tema Sclerosi Multipla, SLA, Parkinson, Fibromialgia. Causa infettiva?

   
Caricato in data 23/gen/2012


Convegno AIBOR sul tema Sclerosi Multipla, SLA, Parkinson, Fibromialgia. Causa infettiva?

A.I.BOR. (Associazione Italiana Bordetella pertussis ONLUS) nasce per volontà di un gruppo di malati e di ricercatori, interessati ad approfondire gli studi del Dr. Domenico Fiore sul possibile nesso di causalità tra il batterio Bordetella pertussis ed una serie di patologie prive di sicura diagnosi eziologica, definite autoimmuni e neurodegenerative.
Vari studi condotti a livello internazionale presso prestigiosi centri di ricerca - avvalorando con sempre maggior forza l'ipotesi di una eziopatogenesi batterica per una serie di patologie - danno nuova luce all'ipotesi formulata oltre un ventennio fa, dal Dr. Domenico Fiore, relativamente al coinvolgimento della Bordetella pertussis.
Non è nostra intenzione fare delle ricerche del Dr. Fiore occasione di scontro con la medicina "ufficiale" ma, al contrario, riteniamo che i suoi studi (un compendio di conoscenze di microbiologia, biochimica, neurologia e immunologia basato su rigorosi criteri scientifici), necessitino di ulteriore attenzione e approfondimento proprio da parte delle Istituzioni abilitate a validare le basi scientifiche di nuovi approcci terapeutici, senza aprioristiche chiusure.
Il nostro impegno vuole perciò essere rivolto a sviluppare ed evolvere tanto i temi della ricerca, quanto quelli della libertà di cura e del diritto alla cura, con l'obiettivo ultimo di facilitare la sperimentazione di trattamenti innovativi per la terapia delle malattie autoimmuni e neurodegenerative.


Sito dell'Associazione AIBOR: http://www.aibor.it/



04/01/13

03/01/13

GIURAMENTO PARLATO

la chelazione


" La procedura standard per la rimozione dei metalli pesanti del corpo è detta "chelazione."

Tutto è compiuto con la somministrazione di un agente chelante - solitamente acido dimercaptosuccinico (DMSA) - che si lega ai metalli pesanti residenti nello organismo facilitandone la naturale espulsione.

Questo tipo di trattamento è piuttosto faticoso, ha molti effetti collaterali e deve essere attuato sotto stretto controllo medico.

Se, tuttavia, ritenete che liberare il corpo da una sostanza chimica mediante la somministrazione di un'altra sostanza chimica potrebbe essere controproducente, sono tendenzialmente d'accordo. Per fortuna esistono erbe e spezie che agiscono naturalmente come agenti chelanti: il coriandolo è una di esse

coriandolo
Tale erba ha il potere esclusivo di neutralizzare il mercurio.

"Questa erba da cucina è in grado di mobilitare mercurio, cadmio, piombo e alluminio tanto nelle ossa che nel sistema nervoso centrale. È probabilmente l'unico agente efficace nel mobilitare il mercurio immagazzinato nello spazio intracellulare (allegato al mitocondri, tubulina, liposomi ecc) e nel nucleo della cellula (invertendo il danno al DNA di mercurio)."


Dietrich Klinghardt, MD, PhD - Chelazione: Come Rimuovere dal Corpo Mercurio, Piombo e altri metalli.

Gli studi hanno tuttavia suggerito che il coriandolo rimuove il problema solo in alcune parti del corpo, quindi è necessario adoperarlo in abbinamento ad un altro agente per completare il processo di disintossicazione.
Oltre che per diversi altri effetti benefici, la chlorella è conosciuta per le sue proprietà disintossicanti da tutti i metalli tossici e le tossine ambientali. Questo la rende perfetta per affiancare il coriandolo in una cura disintossicante-.

"Mobilitando le tossine il coriandolo può far si che una parte di esse vada ad invadere il tessuto connettivo (dove risiedono i nervi). Tale processo è definito reintossicazione, e può facilmente essere evitato somministrando contemporaneamente un agente di assorbimento intestinale delle tossine. La nostra scelta definitiva è appunto la chlorella, organismo algale. Uno studio recente ha dimostrato nei test su animali un eliminazione di alluminio dallo scheletro superiore a qualsiasi altro agente disintossicante conosciuto.

Il coriandolo induce la colecisti a riversare bile - contenente le neurotossine escrete - nello intestino tenue. Il rilascio di bile - fenomeno che avviene naturalmente dopo i pasti - è reso molto più efficace dal coriandolo. Se però non si assume il secondo agente - come la chlorella - la maggior parte delle neurotossine finiscono per essere riassorbite lungo la strada verso l'intestino tenue dalle terminazioni nervose del sistema nervoso enterico" Ibidem

  L'aglio  possiamo essere sicuri che respinge le tossine dal corpo.
  "L'aglio contiene molto zolfo, compresi i gruppi di maggior valore Sulph-hydryl, che ossidano mercurio, cadmio e piombo e rendono questi metalli solubili in acqua.


L'aglio contiene anche il minerale più importante, che protegge dalla tossicità del mercurio, il selenio bioattivo." Ibidem

Quindi l'aglio agisce su mercurio e piombo e aiuta il corpo a evacuare i metalli dal corpo. Forse l'alito cattivo è uno dei prezzi da pagare per conservare una buona salute.




                         La curcuma, infine, fu definita dalla medicina ayurvedica la regina delle spezie. La spezia amara aiuta a ripulire il fegato, purifica il sangue e promuove una buona digestione. Ha grandi proprietà anti-infiammatorie, ma nessuno degli spiacevoli effetti collaterali dei farmaci anti-infiammatori. È usata altresì per la pulizia della pelle e la conservazione degli alimenti.

"La curcuma stimola la produzione di tre enzimi-aril-idrocarburo-idrossilasi, glutatione-S-transferasi, e UDP-glucuronil-transferasi. Questi sono "coltelli" chimici che abbattono le sostanze potenzialmente nocive nel fegato.  

La curcuma offre una protezione analoga per le persone che stanno assumendo farmaci come il metotressato e altre forme di chemioterapia, che sono metabolizzati da o attraverso il fegato." James A. Dukes, Ph D., Dr. - Erbe Essenziali

Recenti studi scientifici hanno scoperto che la miscelazione con il pepe nero aumenta in modo esponenziale le proprietà curative della curcuma. Nessuna meraviglia che nelle ricette tradizionali dell'Asia meridionale spesso si combinino tali due spezie. Quindi datevi da fare ... macinate un mucchio di pepe nero in quella curcuma!

tratto da "Societa ammalata come uscirne":http://scienzamarcia.blogspot.com/2010/08/societa-ammalata-come-uscirne-come.html 

Fonte: http://saluteolistica.blogspot.com

DEGENERAZIONE MACULARE - maculopatia


DEGENERAZIONE MACULARE

COS’E’

La degenerazione maculare è per lo più dovuta al processo di invecchiamento dell’occhio (degenerazione maculare senile), sebbene alcuni pazienti presentino una predisposizione ereditaria; per questo è bene che i familiari di soggetti affetti da degenerazione maculare, una volta superati i 40 anni, si sottopongano a periodici esami oftalmologici. In altri casi la degenerazione maculare si sviluppa in seguito a traumi oculari, infezioni, infiammazioni o miopia.

La Degenerazione Maculare Senile

Nel mondo occidentale rappresenta una delle cause più frequenti di cecità legale. Circa il 20% della popolazione ne è colpita, con prevalenza per il sesso femminile.
Nei soggetti colpiti il rischio di ammalarsi al secondo occhio è del 5 – 15%.
La forma più diffusa è la degenerazione maculare atrofica o secca e riguarda il 90% di tutte le maculopatie.
Con l’invecchiamento si riduce l’apporto di sangue e di elementi nutritivi; i tessuti della retina si deteriorano e si assottigliano: al di sotto della macula si accumulano dei depositi di colore giallo che alterano la funzionalità delle cellule deputate alla visione centrale. Tali cellule, scarsamente nutrite dai capillari della retina centrale, si atrofizzano.
Nella degenerazione maculare essudativa o umida, più rara, si formano, al di sotto della macula indebolita, alcuni vasi sanguigni anomali inglobati in sottili membrane neovascolari dalla parete molto fragile.
Questi neovasi possono lasciar facilmente fuoriuscire del liquido essudativo (plasma, la parte liquida del sangue) che danneggia le cellule fotosensibili della macula o possono addirittura rompersi causando emorragie nella retina.
Gli episodi emorragici sono seguiti da tentativi di riparazione tessutale che portano alla formazione di una cicatrice centrale.
Se non si ricorre ad una terapia, in poche settimane o entro qualche mese, una gran parte delle cellule nervose della macula perisce o viene gravemente danneggiata. Si tratta di un processo irreversibile perché le cellule nervose della retina, una volta distrutte, non si ricostituiscono più.


SINTOMI
Il sintomo caratteristico e iniziale della degenerazione maculare è la percezione alterata e distorta delle immagini (metamorfopsie) seguita da una riduzione graduale e progressiva della visione centrale.
Anche i colori sembrano meno brillanti. Poiché la visione centrale è compromessa, risulta impossibile la lettura in quanto le lettere su cui viene fissata l’attenzione appaiono confuse e distorte.
Tipica è la distorsione delle linee dritte (i bordi delle piastrelle del pavimento possono sembrare ondulati, il profilo di una casa appare distorto). Può accadere che vengano percepite delle macchie grigie nel campo visivo o che le dimensioni di determinati oggetti appaiano diverse a seconda dell’occhio con cui si guardano.
Il sintomo tipico allo stadio terminale della maculopatia è lo scotoma (area di visione ridotta o assente nel campo visivo) centrale: la perdita della visione centrale diventa completa per cui non è possibile vedere nel punto in cui si fissa lo sguardo.
Anche nei casi più gravi, la degenerazione maculare non provoca totale cecità in quanto la visione paracentrale e laterale non è compromessa.






LA DIAGNOSI
Durante la visita oculistica, lo specialista esamina in primo luogo la parte centrale della retina mediante l’oftalmoscopio, uno strumento che, grazie ad un sistema di lenti, rende possibile l’osservazione diretta della retina.
È utile effettuare anche un test sulla visione dei colori (Test color) e di elettrofisiologia oculare (ERG focale).
L’esame fondamentale nella diagnosi delle maculopatie è la fluoroangiografia retinica che permette di studiare dettagliatamente la circolazione sanguigna della retina e della coroide (una specie di spugna vascolare posta al di sotto della retina stessa). Al paziente viene iniettata nel braccio una sostanza colorante (la fluorescina) che raggiunge in pochi secondi la circolazione retinica: i capillari e le strutture retiniche sono osservate attraverso un fluorangiografo e fotografati con un’apparecchiatura dotata di particolari filtri.
Con metodo simile si esegue l’angiografia ad indocianina che grazie alla sostanza iniettata (indocianina) permette di evidenziare le anomalie retiniche e coroideali più profonde.
L’OCT (tomografia ottica a radiazione coerente) è una tecnica recente che permette l’acquisizione e l’elaborazione computerizzata di immagini bi e tridimensionali della sezione retinica.
Mentre la fluoroangiografia e l’angiografia permettono la visualizzazione dei vasi sanguigni, l’OCT permette di visualizzare gli strati della retina fornendone delle immagini dettagliate in grado di evidenziare le minime alterazioni.
Non c’è contatto tra la sonda e le strutture dell’occhio, ma solo un raggio luminoso che in pochi secondi ottiene una mappa retinica ad alta risoluzione.
L’HRT-II (tomografo retinico laser Heidelberg) è un strumento utilizzato per misurare lo spessore retinico nella regione maculare.
È in grado di fornire informazioni complementari all’esame agiografico nel determinare la sede e il grado di edema retinico (pre e post terapia laser) o di atrofia maculare. L’esame è indolore e non richiede la dilatazione della pupilla
GRIGLIA DI AMSLER
La griglia di Amsler è costituita da incroci di linee diritte e perpendicolari fra loro.
Collocare l’immagine del reticolo a circa 35 centimetri di distanza dagli occhi, in buone condizioni di luce e fissare il puntino nero al centro avendo cura di coprire l’altro occhio.
In condizioni normali le linee devono apparire tutte ugualmente diritte. In caso di patologie oculari in una o più zone della griglia le linee possono apparire offuscate, confuse o distorte come indicato nella figura sotto a destra: è necessario rivolgersi immediatamente ad un medico oculista.
COME SI CURA
La degenerazione maculare è una malattia della retina non curabile.
Nel caso della degenerazione maculare secca è possibile aiutare concretamente la capacità visiva residua utilizzando ausilii ottici e ricorrendo all’insegnamento di specialisti in ipovisione, imparando a sfruttare la capacità visiva periferica.
La degenerazione maculare umida può compromettere seriamente la capacità visiva: se diagnosticata in tempo il trattamento laser può rallentare il decorso della malattia.
La fotocoagulazione con laser termico
La fotocoagulazione con laser termico permette di fotocoagulare i vasi retinici anomali individuati in precedenza con l’esame fluroangiografico: il raggio laser (green) raggiunge le aree sottoretiniche e distrugge i neovasi. Con l’utilizzo del laser la vista non migliora, si interrompe solamente la fuoriuscita di liquido dai neovasi.
In casi estremamente selezionati le membrane neovascolari possono essere rimosse chirurgicamente.
Solitamente il beneficio ottenuto attraverso questi interventi è modesto e non è esente da rischi poiché si opera su una zona della retina estremamente vulnerabile.
La terapia fotodinamica con verteporfina
Di recente introduzione, la terapia fotodinamica con verteporfina è una tipologia di trattamento laser molto complesso che richiede personale altamente specializzato operante in strutture adeguate.
Ampiamente studiata nel campo dell’oncologia per il trattamento dei tumori dermatologici, la terapia fotodinamica permette di distruggere la membrana neovascolare maculare attraverso l’iniezione endovenosa di una sostanza farmacologia fotosensitiva che è attivata mediante il trattamento laser.
La verteporfina svolge una potente azione citotossica legata all’induzione di una trombosi intraluminale con conseguente eliminazione di apporto sanguigno al tessuto patologico.
La sostanza si accumula selettivamente nelle cellule endoteliali dei neovasi.
La sua attivazione avviene con l’applicazione di un raggio laser utilizzato sulle aree da trattare, di lunghezza d’onda pari al picco di assorbimento della sostanza stessa (689 nm).
Il raggio laser utilizzato è di tipo non termico e di conseguenza non provoca danni alla retina sovrastante. La sicurezza, l’efficacia e la selettività di questa terapia sono state dimostrate attraverso numerosi studi sperimentali scientifici.
La terapia combinata
La terapia combinata (terapia fotodinamica e triamcinolone intravitreale) di recente introduzione è ancora in fase sperimentale e per i suoi numerosi potenziali effetti avversi la diffusione su larga scala potrebbe essere limitata.
Tale terapia consiste nell’associare alla terapia fotodinamica una iniezione intravitreale di triamcinolone (corticosteroide) che genera una diminuzione della componente infiammatoria della lesione neovascolare, potenziata dall’azione antiangiogenetica già riconosciuta ai corticosteroidi.
Attualmente l’attenzione si sta rivolgendo anche verso le terapie farmacologiche mirate all’inibizione del processo di angiogenesi che sta alla base della degenerazione maculare umida. Si tratta di molecole inibitrici del VEGF (vascular endothelial factor o fattore vascolare endoteliale), una proteina che sembra giocare un ruolo importante nella crescita di vasi anomali a livello maculare.
Attualmente il VEGF è il più studiato fattore di crescita responsabile di neovascolarizzazione in vari tessuti.
AUSILI OTTICI
Le persone affette da degenerazione maculare dispongono di una visione periferica sufficiente per saper affrontare la vita di tutti i giorni senza l’aiuto di altri. Ciò nonostante esse faticano a leggere l’ora sull’orologio, a decifrare un cartello stradale, a riconoscere la destinazione dell’autobus: ciò che richiede capacità visiva centrale diventa per loro molto difficile da realizzare.
Tutte le attività che richiedono una buona capacità di risoluzione (leggere, guidare) esigono una macula integra; nelle persone affette da degenerazione maculare tutto ciò che viene guardato appare sfumato.
Le parti della retina distrutte non si possono sostituire né rinnovare.
La degenerazione maculare riguarda però soltanto una piccola parte della retina. Se si riuscisse ad ingrandire l’immagine da guardare in modo che essa oltrepassi la parte di macula carente e venga proiettata sul resto della retina, l’occhio dovrebbe riuscire a distinguerla.
Ciò è possibile mediante l’uso di ausili ottici, di sistemi di ingrandimento che utilizzano lenti particolari.
Per stabilire quale sia l’ausilio più adeguato, ogni persona con degenerazione maculare dovrebbe rivolgersi ad uno specialista in ipovisione.
Tra gli ausili ingrandenti possono rivelarsi utili sia occhiali da lettura più forti sia occhiali con lenti telescopiche o con lenti di ingrandimento.
Se ciò non fosse sufficiente si può ricorrere all’apparecchio di lettura televisivo a circuito chiuso, un sistema che è in grado di rappresentare l’oggetto da guardare o il testo da leggere su uno schermo e nella grandezza necessaria.
PREVENZIONE
Esistono fattori di rischio associati in modo significativo alla degenerazione maculare come ad altre patologie circolatorie. È importante controllare la pressione arteriosa, la concentrazione del glucosio e del colesterolo nel sangue.
Possono essere efficaci per la circolazione retinica i farmaci “vasoprotettori”; utili sono anche vitamine (in particolare A, E e C) e minerali assunti a dosaggi terapeutici.
La degenerazione maculare può essere rallentata nella sua evoluzione se colta nelle fasi precoci.
Spesso il paziente non riconosce i sintomi della degenerazione maculare se presenti in un solo occhio perché l’altro supplisce alla visione dei dettagli.
Quando anche l’altro occhio è colpito può essere troppo tardi per qualunque trattamento. Perciò è importante abituarsi, dopo i 40 anni, a visite periodiche di controllo a scopo preventivo.







01/01/13

Acufene


L’acufene, chiamato anche tinnitus (dal latino), è un disturbo della capacità uditiva e consiste nella percezione di rumori, suoni fastidiosi, talvolta sottili fischi o ronzii.
Si tratta di rumori creati all’interno del corpo o percezioni di rumori esterni che in realtà non esistono: caratteristica comune di questi 2 tipi di acufene è che tali rumori sono percepiti soltanto da chi è affetto da questo disturbo, mentre le persone che gli sono intorno non sentono alcun suono.
L’acufene può manifestarsi a qualsiasi età e senza distinzione di sesso.

Le cause dell’acufene
Non sono del tutto ancora chiare le cause che scatenano l’acufene; probabilmente l’acufene è causato dalla combinazione di molteplici fattori che si presentano contemporaneamente e favoriscono lo sviluppo questo disturbo.
È possibile però stabilire con sicurezza che l’acufene deriva da un malfunzionamento dell’apparato uditivo: a causa di problemi (traumi, lesioni) del nervo acustico o della chiocciola (che trasforma gli impulsi sonori in impulsi nervosi), il suono arriva in modo errato al cervello, che elabora i segnali in modo sbagliato causando, talvolta, disturbi quali l’acufene.
Fra le probabili cause che sono state attribuite al manifestarsi dell’acufene troviamo:
- Rumori troppo forti: l’esposizione a rumori troppo forti può distruggere le cellule ciliate, responsabili di inviare gli stimoli al nervo acustico; tale distruzione rende impossibile la corretta percezione dei suoni. Poiché la distruzione delle cellule ciliate è irreversibile (queste cellule non guariscono e non si ricreano), l’acufene può essere anche permanente. A volte, invece, rumori troppo forti arrecano danni fastidiosi, ma soltanto temporanei.
- Infezioni all’orecchio: quando l’orecchio ha un’infezione anche l’udito, talvolta, ne risente; è possibile, infatti, riscontrare l’acufene durante un’infezione o anche solo durante una sinusite o un’otite. Questo tipo di acufene scompare una volta curata l’infezione.
- Accumulo di cerume: se il condotto uditivo è ostruito da eccessiva quantità di cerume, l’udito può essere compromesso ed è possibile che il disturbo si manifesti sotto forma di acufene.
- Uso di alcuni farmaci: alcuni farmaci risultano essere tossici per l’orecchio; questi farmaci non danneggiano l’orecchio, ma hanno, fra le controindicazioni, la possibile comparsa di acufene temporaneo.
- Patologie delle articolazioni temporomandibolari, vertebrali, dell’apparato circolatorio, neurologiche: anch’esse possono influire sul normale funzionamento dell’apparato uditivo e provocare acufeni.

Sintomi dell’acufene
L’acufene si manifesta come un disturbo nella percezione dei suoni: l’orecchio (o entrambe le orecchie) affetto da acufene può percepire ronzio, tintinnio, stridore, fischi, fruscio, soffi, sibili, talvolta pulsazioni.
L’acufene può essere costante o intermittente e può essere un rumore piuttosto debole o, al contrario, molto forte. Quando l’acufene è pulsante, di solito si tratta di un suono che va in sincrono con il battito cardiaco.
Il rumore percepito dall’orecchio affetto da acufene non è percepibile all’esterno; soltanto chi ha l’acufene sente questi rumori fastidiosi.

Forme di acufene
A seconda dell’origine del rumore, l’acufene può essere oggettivo o soggettivo:
- Acufene oggettivo: è la tipologia più rara di acufene. Si tratta di una forma di acufene in cui i suoni percepiti sono generati all’interno del corpo umano; possono essere suoni generati, ad esempio, dal flusso vascolare o da alcune contrazioni muscolari. Non sono udibili all’esterno, ma solo con appositi apparecchi diagnostici.
- Acufene soggettivo: molto più comune, si caratterizza per il fatto che il paziente percepisce suoni che non esistono.

Le cure
Fino a qualche tempo fa sembrava che non fosse possibile curare l’acufene; oggi, al contrario, esistono alcune tecniche efficaci in grado di riequilibrare l’udito eliminando i rumori percepiti. Ad oggi, circa l’80% degli acufeni è curabile, anche se si deve riconoscere che la buona riuscita delle terapie non è sempre garantita.
Prima di indicare le varie tipologie di cura dell’acufene è necessario ricordare l’importanza di una corretta diagnosi di questa patologia; solitamente l’acufene è causato da una molteplicità di fattori che possono interagire contemporaneamente nella formazione di questo disturbo.
Una volta accertata la causa (o l’insieme di cause) che ha scatenato l’acufene, è allora possibile passare all’insieme di terapie più adeguate per il tipo di problema. Poiché le cause dell’acufene sono diverse da individuo a individuo, è obbligatorio preparare una terapia specifica e personalizzata per ogni singolo paziente.
È dunque obbligatorio consultare uno o più specialisti per la valutazione della terapia (o del mix di terapie) più indicate per ogni caso.
In generale, comunque, i tipi di cure si dividono in:
- Terapia del suono TRT (Tinnitus Retraining Therapy): è la cura su cui i medici e gli specialisti del settore puntano maggiormente, tanto che si sta diffondendo in modo sempre più consistente, poiché sembra essere il trattamento più soddisfacente. Si tratta di una terapia che si basa sull’allenamento dell’apparato uditivo e del cervello, con lo scopo di “abituarli” a sentire i rumori prodotti dalla patologia. Quando l’abitudine a sentire questi suoni subentra alla novità, questi suoni non saranno più percepiti o lo saranno in modo molto meno intenso. Per capire più a fondo il processo che sta alla base della TRT è sufficiente un esempio: quando ci si traferisce in una nuova casa, magari vicino ad una strada molto trafficata o ad una ferrovia, il nostro orecchio sentirà questi rumori come estranei e, di conseguenza, saranno considerati piuttosto fastidiosi; una volta che l’orecchio si è abituato a sentire questi rumori, essi risulteranno “familiari” e l’orecchio non presterà più attenzione al rumore.
Per indurre questa “abitudine” si usa spesso la tecnica dell’arricchimento sonoro: il paziente deve cioè indossare giorno e notte dei generatori sonori che, in sottofondo, producono suoni che si mischiano all’acufene; si tratta di suoni piuttosto gradevoli (ad esempio il fruscio degli alberi o lo scorrere dell’acqua) che permettono una facile e breve abitudine. Abituandosi a questi suoni l’orecchio si abitua, contemporaneamente, ai suoni dell’acufene. La terapia, di solito, ha una durata che varia tra i 12 e i 18 mesi, trascorsi i quali l’acufene è quasi sempre del tutto scomparso; in pochi casi, invece, l’acufene è ancora presente, ma in modo notevolmente ridotto.
- Tecniche di mascheramento sonoro: tecniche simili al TRT che consistono nell’utilizzo di piccole protesi endoauricolari che producono suoni che coprono (mascherano) l’acufene.
- Biofeedback: insieme di tecniche che hanno la finalità di “insegnare” al paziente a selezionare le informazioni sonore importanti, modificando il livello di priorità di importanza dell’acufene che, con questo metodo, tende progressivamente a scomparire.
- Cure farmacologiche: alcuni farmaci aspecifici sono utilizzati per la cura dell’acufene; si tratta per la maggior parte di antistaminici, vasodilatatori, sedativi, corticostiroidei. Data la loro genericità, però, raramente danno effetti benefici duraturi nel tempo. Più indicata sembra essere la lidocaina, somministrata per via endovenosa, anche se la sua efficacia è solo temporanea. La benzodiazepina, invece, è risolutiva per circa un terzo dei pazienti a cui è stata somministrata, ma la sua assunzione prolungata potrebbe avere, come controindicazione, il rallentamento della plasticità cerebrale.
- Soft laser e stimolazione elettrica sottocutanea (TENS): sono nuove tecniche innovative che curano l’acufene attraverso laser o stimolazione elettrica. Purtroppo questi metodi, in fase di sviluppo, non danno ancora risultati troppo soddisfacenti.
- Terapia psicologica: le terapie psicologiche dovrebbero accompagnare ogni tipo di cura messa in pratica per guarire dall’acufene. Oltre a creare fastidi fisici, infatti, l’acufene può anche procurare danni psicologici; la tensione e il fastidio provocati dall’acufene possono alterare l’aequilibrio psicologico del paziente. Per questo morivo, alle cure per l’acufene, è consigliabile associare anche cure psicologiche: tecniche di rilassamento e di controllo dell’ansia e della paura possono essere benefiche per una cura di successo.

28/12/12

I tipi di CCSVI A B C D

Dallo studio condotto su 65 pazienti affetti di sclerosi multipla è stato possibile correlare il tipo di malformazioni congenite del sistema venoso profondo con i differenti decorsi di SM: Primaria Progressia (PP), Secondaria Progressiva (SP), Recidiva Remittente (RR). Lo studio ha dimostrato l'esistenza di 4 tipologie di CCSVI.
CCSVI di tipo A (30%) caratterizzato da stenosi significative sia dell’Azygos prossimale, oppure di uno dei due tronchi delle vene Giugulari interne, con la vena Giugulare interna controlaterale di aspetto compensatorio che appare con una vasta area a sezione trasversale. Questo quadro è stato rilevato in 10/35 pazienti a decorso RR, ed in 5/20 a decorso SP, rispettivamente e mai in pazienti a decorso PP.
CCSVI di tipo B (38%) caratterizzato da stenosi significative di ambedue gli assi delle vene Giugulari interne e della vena Azygos prossimale; osservato in 19/35 pazienti RR, in 9/20 SP, ed in 1/10 pazienti PP rispettivamente.
CCSVI di tipo C (14%) caratterizzato da stenosi bilaterali in ambedue i tronchi Giugulari interni con Azygos di aspetto normale; osservato in 4/35 pazienti a decorso RR e in 5/20 pazienti a decorso SP, mai nei pazienti a decorso PP.
CCSVI di tipo D (18%) caratterizzato da stenosi a piu’ livelli dell’Azygos e delle vene Lombari. L’associazione con stenosi alle Giugulari interne è stata osservata in circa il 50% dei casi, causando un’ostruzione ulteriore in questi pazienti. È stata osservata in 2/35 pazienti RR, ed in 1/20 SP, rispettivamente e in ben 9/10 dei pazienti PP.

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25/12/12

le cose che non mi aspetto



Sono stata nel centro di una tempesta 
Un volume distorto che picchia in testa 
Con i pensieri in fumo 
Fuoco di un incendio tutto mio 

E ti trovo per caso che parli al mare 
Anche tu avevi un sogno da riparare 
Tu non mi dire niente 
Mi fermo a farti compagnia 

Posso soltanto guardare il punto dove stai guardando tu 
E posso solo pensare che ho già vinto se convinco te
Che sei speciale 

Come le cose che non mi aspetto 
Come quel grazie che arriva dritto 
O quell'abbraccio che non smette mai 
Di dare affeto 

Come il profumo di una sorpresa 
Di una speranza che si è accesa 
Qualsiasi posto insieme a te 
È sempre casa 

È quel sole d'ottobre che scalda roma 

La stagione migliore che arriva prima 
E chi ti batte le mani (ti batte le mani) 
Perché fa suo quello che sei 

Posso soltanto tornare dove ancora stai aspettando tu 
E quel che ho avuto restituire e lasciarlo a te 
Che sei speciale 

Come le cose che non mi aspetto 
Come quel grazie che arriva dritto 
O quell'abbraccio che non smette mai 
Di dare affetto 

Come il profumo di una sorpresa 
Di una speranza che si è accesa 
Ho già vinto se ho convinto te 
Che sei speciale 

Eeeh eeeh eeh ooooh ooh oooh ooooh 
Ooooh ooooh oooooh 
Oooh ooooooh oooooh 
Oooh oooh 
Che sei speciale 

Come le cose che non mi aspetto 
Come quel grazie che arriva dritto 
O quell'abbraccio che non smette mai 
Di dare affetto 

Come il profumo di una sorpresa 
Di una speranza che si è accesa 
Quando qualsiasi posto insieme a te 
È sempre casa




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23/12/12

CONSIGLI....PER NOI- se mangi meglio ..si sta meglio

OGNUNO E' LIBERO DI FARE QUELLO CHE VUOLE...



BENE IO I CONSIGLI LI ASCOLTERO'

ALIMENTI DA ESCLUDERE SEVERAMENTE!!!!
Zuccheri semplici, concediti pochissimo miele e zucchero di canna grezzo
Gelati, dolci di ogni tipo
Frutta secca e molto dolce (fichi, cachi, datteri), succhi di frutta
Carne ROSSA, Formaggi fermentati, latte e tutti i latticini
Yogurt alla frutta zuccherati
Pane lievitato e alimenti che contengono il lievito di birra (per due o tre mesi).
Prodotti confezionati con farina di frumento (pane, pizza, cracker, torte, biscotti, ecc.)
Patate (poi si potranno assumere, previo accordo)
Cibi in scatola

QUESTO E' SOLO L'INIZIO.....

LE CENERI RESIDUE DEGLI ALIMENTI

Tutti cibi sono "bruciati" nell'organismo e lasciano un residuo, definito "ceneri", che possono essere neutrali, acide o alcaline, in relazione alla composizione minerale dell'alimento. Se nelle ceneri predominano sodio, potassio, calcio e magnesio, esse sono alcaline. Se predominano zolfo, fosforo, cloro e acidi organici non metabolizzati, sono considerate acide. Per mantenere l'equilibrio acido/basico del corpo (80% acido e 20% basico) almeno l'80% dei cibi che consumiamo devono produrre ceneri alcaline.
Nella tabella (1) sono elencati i cibi in ordine diminuente del loro effetto positivo nel sostituire le riserve alcaline del corpo. Il numero positivo indica la capacità di rinnovare le riserve alcalinine.Nella tabella (2) sono elencati i cibi in ordine diminuente del loro effetto negativo sulle riserve alcaline del corpo. l numero negativo indica la capacità di privare il corpo delle sue riserve alcaline.












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