La sclerosi multipla non colpisce solo la sostanza bianca del cervello, ma anche la corteccia cerebrale, responsabile di funzioni come memoria, attenzione e linguaggio. In uno studio innovativo – pubblicato su Brain, Behavior and Immunity – un team di ricercatori internazionali ha identificato un meccanismo finora poco conosciuto, che contribuisce alla disfunzione cerebrale nei pazienti con sclerosi multipla: l’anomala attività degli astrociti, cellule gliali che regolano il funzionamento dei neuroni.
Utilizzando tecnologie all’avanguardia, i ricercatori hanno osservato che la neuro infiammazione tipica della sclerosi multipla induce gli astrociti a diventare iperattivi. Questo porta a comunicazioni distorte tra le cellule del cervello, modificando i meccanismi di plasticità sinaptica, fondamentali per l’apprendimento e la memoria. Lo studio, presentato dal giovane ricercatore spagnolo Andrés Mateo Baraibar Sierra, ha partecipato alla prima edizione dell’Excellence in Neuroinflammation Award, il contest lanciato dalla Fondazione Francesco della Valle, che premia la migliore pubblicazione scientifica dell’anno in tema di Neuroinfiammazione, classificandosi al primo posto (a pari merito con quello di Elizabeth Wood) e vincendo un premio in denaro per stimolare nuovi progetti.
Secondo Sabatino Maione, ordinario di Farmacologia del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, “riconoscere il ruolo degli astrociti nella comunicazione alterata tra cellule cerebrali apre nuove strade per lo sviluppo di terapie mirate, con l’obiettivo di rallentare il declino cognitivo nei pazienti affetti da sclerosi multipla e, potenzialmente, anche da altre malattie neuroinfiammatorie”.
Un nuovo approccio
Non solo. Come accennavamo si stanno introducendo nuovi criteri diagnostici e classificativi della sclerosi multipla, basati su evidenze cliniche e biologiche consolidate. Non solo “un aggiornamento tecnico, ma aprono a una vera e propria rivoluzione nell’approccio alla malattia”, spiegano dalla Sin.
Claudio Gasperini, coordinatore del Gruppo di Studio ad hoc della Sin, sottolinea come in questo modo gli specialisti potranno “riconoscere la sclerosi multipla in una fase molto più precoce rispetto al passato, migliorando significativamente l’efficacia dell’intervento terapeutico. Non si tratta solo di diagnosi, ma di una presa in carico globale e personalizzata che può modificare la storia naturale della malattia. Parliamo di restituire tempo, opportunità e prospettive a chi convive con questa condizione”.
Insomma, il 2025 sarà l’anno del debutto di un modello che mira a intercettare la malattia nei suoi primi segnali, grazie all’uso combinato di tecniche di imaging avanzato, biomarcatori e intelligenza artificiale applicata ai dati clinici. Un’evoluzione che chiama in causa non solo la medicina, ma anche l’organizzazione dei servizi sanitari e le politiche pubbliche. E qui potrebbero arrivare le criticità. Che, purtroppo, non mancano.
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