Nell'ambito di un organismo pluricellulare è necessario che tutte le cellule (per non riconoscersi reciprocamente estranee) abbiano lo stesso patrimonio ereditario. A ciò provvede la mitosi, dividendo fra le cellule figlie i cromosomi, in cui l'eguaglianza dell'informazione genetica è assicurata dal meccanismo di reduplicazione del DNA, in una continuità cellulare che va dallo zigote alle ultime cellule dell'organismo, in quella che si chiama linea somatica di generazioni cellulari.
Se tuttavia lo stesso meccanismo venisse adottato nella generazione dei discendenti, l'intera specie tenderebbe ad essere composta da individui geneticamente eguali. Una tale mancanza di variabilità genetica potrebbe facilmente pregiudicare la sopravvivenza della specie col mutare delle condizioni ambientali. Perciò è necessario che la specie, nell'ambito della variabilità del materiale genetico che essa ammette, possa dar luogo ad un riassortimento, un mescolamento, non nell'ambito del singolo organismo, ma nel passaggio da una generazione all'altra. A ciò provvedono i fenomeni della sessualità ed il particolare meccanismo di divisione cellulare chiamato meiosi.
La meiosi si verifica solo nelle cellule della linea germinale. Quando una lunga serie di divisioni mitotiche ha sufficientemente moltiplicato il numero di cellule germinali disponibili, queste ultime entrano in meiosi, approntando così i gameti. I gameti, fondendosi nella fecondazione, mettono in comune il loro materiale cromosomico. Se i gameti fossero diploidi, come le altre cellule dell'organismo, la loro fusione nello zigote darebbe figli con patrimonio 4n; questi darebbero figli 8n e via di seguito.
Per mantenere costante il numero dei cromosomi della specie occorre che i gameti siano aploidi, cioè con numero n anziché 2n di cromosomi. Ciò si ottiene con la meiosi.
La meiosi può essere intesa come la successione di due divisioni mitotiche senza che vi sia intercalata una reduplicazione.
In ognuna della due divisioni successive, che da una cellula germinale diploide originano quattro cellule aploidi, si ha la successione di profase, metafase, anafase, telofase e citodieresi.
Tuttavia la profase della prima divisione meiotica è particolarmente complicata, dando luogo ad una successione di momenti che prendono il nome rispettivo di leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi.
Consideriamo tali momenti uno per uno, seguendo il comportamento di una singola coppia cromosomica.
Leptotene. È l'inizio della meiosi. I cromosomi cominciano a vedersi, ancora poco spiralizzati.
Zigotene. I cromosomi sono più chiaramente individuati, e si nota che i cromosomi omologhi si avvicinano. (Ricordiamo che i filamenti che tendono ad accostarsi, paralleli fra loro, sono 4: due cromatidi per ognuno dei due cromosomi omologhi).
Pachitene. I quattro filamenti cromatidici aderiscono per tutta la lunghezza, scambiandosi reciprocamente dei tratti, per rottura e saldatura.
Diplotene. Col crescere della spiralizzazione e perciò dell'ispessimento, i cromosomi tendono ad assumere la loro separata individualità: con ogni centromero che unisce un doppio filamento.
I punti in cui si è avuto lo scambio per rottura e saldatura (chiasmi) tengono ancora uniti i filamenti (cromonemi) in diversi tratti. I quattro cromonemi, uniti a coppie dai centromeri e variamente aderenti nei chiasmi, formano le tetrodi.
Diacinesi. Le tetradi tendono a disporsi all'equatore del fuso; la membrana nucleare è scomparsa; inizia la separazione dei centromeri. Man mano che ciò avviene i cromosomi, già uniti nei chiasmi, si separano.
Dopo la successiva metafase i due centromeri (non ancora sdoppiati) migrano verso i poli opposti del fuso.
Seguono in rapida successione anafase, telofase e citodieresi della prima divisione, e subito dopo la seconda divisione.
Mentre dopo la metafase della prima divisione i centromeri migravano ai poli del fuso trascinando due filamenti, nella seconda metafase ogni centromero si sdoppia. Le due cellule risultanti dalla prima divisione avevano ricevuto n centromeri con 2n filamenti, ma la loro successiva divisione dà luogo a 4 cellule, ognuna con n filamenti (cioè, a questo punto, n cromosomi).
Questo schema generale spiega tre fenomeni diversi e paralleli:
1) la riduzione del corredo cromosomico dal diploide (2n) dell'organismo all'aploide (n) del gamete.
2) L'attribuzione casuale al gamete dell'uno o dell'altro cromosoma, di origine materna o paterna.
3 ) Lo scambio di materiale genetico fra cromosomi omologhi di origine paterna e materna (con mescolamento del materiale genetico, non solo a livello di interi cromosomi, ma anche all'interno dei cromosomi stessi).
Se tuttavia lo stesso meccanismo venisse adottato nella generazione dei discendenti, l'intera specie tenderebbe ad essere composta da individui geneticamente eguali. Una tale mancanza di variabilità genetica potrebbe facilmente pregiudicare la sopravvivenza della specie col mutare delle condizioni ambientali. Perciò è necessario che la specie, nell'ambito della variabilità del materiale genetico che essa ammette, possa dar luogo ad un riassortimento, un mescolamento, non nell'ambito del singolo organismo, ma nel passaggio da una generazione all'altra. A ciò provvedono i fenomeni della sessualità ed il particolare meccanismo di divisione cellulare chiamato meiosi.
La meiosi si verifica solo nelle cellule della linea germinale. Quando una lunga serie di divisioni mitotiche ha sufficientemente moltiplicato il numero di cellule germinali disponibili, queste ultime entrano in meiosi, approntando così i gameti. I gameti, fondendosi nella fecondazione, mettono in comune il loro materiale cromosomico. Se i gameti fossero diploidi, come le altre cellule dell'organismo, la loro fusione nello zigote darebbe figli con patrimonio 4n; questi darebbero figli 8n e via di seguito.
Per mantenere costante il numero dei cromosomi della specie occorre che i gameti siano aploidi, cioè con numero n anziché 2n di cromosomi. Ciò si ottiene con la meiosi.
La meiosi può essere intesa come la successione di due divisioni mitotiche senza che vi sia intercalata una reduplicazione.
In ognuna della due divisioni successive, che da una cellula germinale diploide originano quattro cellule aploidi, si ha la successione di profase, metafase, anafase, telofase e citodieresi.
Tuttavia la profase della prima divisione meiotica è particolarmente complicata, dando luogo ad una successione di momenti che prendono il nome rispettivo di leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi.
Consideriamo tali momenti uno per uno, seguendo il comportamento di una singola coppia cromosomica.
Leptotene. È l'inizio della meiosi. I cromosomi cominciano a vedersi, ancora poco spiralizzati.
Zigotene. I cromosomi sono più chiaramente individuati, e si nota che i cromosomi omologhi si avvicinano. (Ricordiamo che i filamenti che tendono ad accostarsi, paralleli fra loro, sono 4: due cromatidi per ognuno dei due cromosomi omologhi).
Pachitene. I quattro filamenti cromatidici aderiscono per tutta la lunghezza, scambiandosi reciprocamente dei tratti, per rottura e saldatura.
Diplotene. Col crescere della spiralizzazione e perciò dell'ispessimento, i cromosomi tendono ad assumere la loro separata individualità: con ogni centromero che unisce un doppio filamento.
I punti in cui si è avuto lo scambio per rottura e saldatura (chiasmi) tengono ancora uniti i filamenti (cromonemi) in diversi tratti. I quattro cromonemi, uniti a coppie dai centromeri e variamente aderenti nei chiasmi, formano le tetrodi.
Diacinesi. Le tetradi tendono a disporsi all'equatore del fuso; la membrana nucleare è scomparsa; inizia la separazione dei centromeri. Man mano che ciò avviene i cromosomi, già uniti nei chiasmi, si separano.
Dopo la successiva metafase i due centromeri (non ancora sdoppiati) migrano verso i poli opposti del fuso.
Seguono in rapida successione anafase, telofase e citodieresi della prima divisione, e subito dopo la seconda divisione.
Mentre dopo la metafase della prima divisione i centromeri migravano ai poli del fuso trascinando due filamenti, nella seconda metafase ogni centromero si sdoppia. Le due cellule risultanti dalla prima divisione avevano ricevuto n centromeri con 2n filamenti, ma la loro successiva divisione dà luogo a 4 cellule, ognuna con n filamenti (cioè, a questo punto, n cromosomi).
Questo schema generale spiega tre fenomeni diversi e paralleli:
1) la riduzione del corredo cromosomico dal diploide (2n) dell'organismo all'aploide (n) del gamete.
2) L'attribuzione casuale al gamete dell'uno o dell'altro cromosoma, di origine materna o paterna.
3 ) Lo scambio di materiale genetico fra cromosomi omologhi di origine paterna e materna (con mescolamento del materiale genetico, non solo a livello di interi cromosomi, ma anche all'interno dei cromosomi stessi).