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Le informazioni qui riportate Hanno solo un fine illustrativo: NON costituiscono e NON provengono né da prescrizione né da consiglio medico, rivolgersi SEMPRE e comunque al PROPRIO MEDICO NB: L'ADMI ritiene i propri lettori persone ragionevoli e dotate di senso della misura. I vostri commenti VERRANNO INSERITI dopo controllo, in caso Si riserva la facoltà di cancellare commenti di CATTIVO GUSTO e/o OFFENSIVI
CONTATORE PERSONE
10/07/22
NOI E ................ (~Potere della Mente~)
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I NOSTRI PELOSETTI.. E IL CALDO
QUANDO LE TEMPERATURE SI ALZANO, VA RICORDATO ANCHE I CANI SOFFRONO IL CALDO E VANNO PROTETTI DALLE SUE CONSEGUENZE, PROPRIO COME NOI. ECCO ALCUNI CONSIGLI PER AIUTARLI.
Raccomandazioni.
Eccone cinque da tenere ben a mente.
- Non lasciate gli animali in auto, non è sufficiente lasciare i finestrini un poco aperti e neanche parcheggiare all’ombra, perché l’abitacolo del veicolo si riscalda rapidamente.
- Non lasciate gli animali legati in luoghi esposti alla luce solare diretta.
- Assicuratevi che abbiano sempre a disposizione acqua fresca, soprattutto dopo l’esercizio fisico.
- Evitate di portarli a spasso nelle ore più calde della giornata
- Valutate la possibilità di portare i cani in spiaggia solo se sussistono condizioni favorevoli (es. ventilazione, ombra).
È consigliabile comunque – precisa il Ministero della Salute – non tenere gli animali in ambienti eccessivamente condizionati ed evitare gli sbalzi di temperatura.
“Qualora, invece, abbiate il sospetto che il vostro animale presenti sintomi riconducibili al colpo di calore procedete in questo modo:
- spostatelo rapidamente e portatelo in ambiente fresco e ventilato;
- raffreddatelo con acqua fresca, attraverso docce o panni bagnati applicati al collo, alla testa, alle ascelle e alla regione inguinale. N.B. evitate di usare ghiaccio o acqua ghiacciata;
- consultate nel più breve tempo possibile un medico veterinario;
- monitorate la situazione per le successive 24–48 ore.
Insomma, regole semplici, ma molto importanti, per salvaguardare la salute dei vostri amici animali e per un’estate serena da passare assieme a loro, al riparo da spiacevoli sorprese.
< "Dio disse : te lo manderò senza ali, affinché nessuno sospetti che sia un angelo" >
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ve lo ricordo io PARTE QUINTA
Indagare ogni evento che compare dopo una vaccinazione serve a raccogliere quante più informazioni possibili e ad aumentare la possibilità di individuare gli eventi davvero sospetti, di cui è importante capire la natura, o che non sono mai stati osservati in precedenza, con l’obiettivo di accertare se esiste un nesso causale con la vaccinazione.
In questo modo, le autorità regolatorie come AIFA possono verificare la sicurezza dei vaccini nel mondo reale, confermando quanto è stato osservato negli studi precedenti all’autorizzazione ed eventualmente identificando nuove potenziali reazioni avverse, soprattutto se rare (1 su 10.000) e molto rare (meno di 1 su 10.000).
Un ampio numero di segnalazioni, quindi, non implica una maggiore pericolosità del vaccino, ma è indice dell’elevata capacità del sistema di farmacovigilanza nel monitorare la sicurezza.
Come si indaga una segnalazione
Ogni segnalazione rappresenta un sospetto che richiede ulteriori approfondimenti, attraverso un processo che porta, via via, a riconoscere se la reazione che è stata descritta possa avere una relazione con la somministrazione del vaccino. Il processo di analisi del segnale segue modalità standardizzate in modo che sia sempre possibile confrontarle con altri segnali e altri processi analoghi.
Per questo motivo il Comitato Consultivo Globale per la Sicurezza dei Vaccini (GACVS) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha messo a punto un algoritmo specifico che tiene conto di:
- relazione temporale fra la vaccinazione e la reazione segnalata;
- presenza di possibili spiegazioni alternative;
- prove a favore dell’associazione tra la vaccinazione e la reazione;
- precedenti evidenze di letteratura;
- frequenza dell’evento segnalato nella popolazione generale, anche non vaccinata;
- plausibilità biologica.
Si tratta, perciò, di raccogliere te tutti i dati disponibili per definire le caratteristiche dell’evento che è stato segnalato.
Si approfondiscono:
la plausibilità della relazione temporale e biologica con la vaccinazione, la frequenza con cui l’evento si manifesta in relazione al vaccino somministrato rispetto alla frequenza con cui lo stesso evento si può riscontrare nella popolazione generale e si valuta la coesistenza di altre condizioni che possano determinare o concorrere all’insorgenza della reazione.
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CONTINUA:
https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_11.pdf
ve lo ricordo io PARTE QUARTA
Per distinguere, quindi, se siamo di fronte a un evento avverso o a una reazione avversa, dobbiamo valutare se è possibile risalire a una causa legata al prodotto medicinale.
Non è sufficiente che l’evento si sia verificato a breve distanza dalla vaccinazione o dall’assunzione del farmaco
https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_11.pdf
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ve lo ricordo io PARTE TERZA
LINK:
https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_11.pdf
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ve lo ricordo io PARTE SECONDA
Sono stati riportati alcuni casi di miocardite (infiammazione del muscolo cardiaco) e pericardite (infiammazione delle membrane cardiache) dopo la somministrazione di vaccini a mRNA.
La maggior parte di questi eventi si verifica nelle due settimane successive alla vaccinazione, più spesso dopo la seconda dose e nei giovani di sesso maschile. Dopo la vaccinazione è necessario prestare attenzione ai segni di miocardite e pericardite, quali respiro corto, palpitazioni e dolore toracico, e rivolgersi immediatamente al medico in caso di comparsa di tali sintomi.
Il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA continua a monitorare i casi e a valutare i nuovi dati, compresi i risultati degli studi clinici e di letteratura, per aggiornare all’occorrenza le informazioni sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini.
https://www.aifa.gov.it/domande-e-risposte-su-vaccini-covid-19
A GIA' FORSE QUESTO PRIMA DELLA V. NON LO AVETE LETTO MA COMUNQUE LO AVETE FATTO FARE ANCHE AI VS FIGLIOLI
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ve lo ricordo io PARTE PRIMA
Lo scopo degli studi registrativi era di valutare l’efficacia dei vaccini nel proteggere dalla malattia COVID-19. Gli studi per stabilire se le persone vaccinate, infettate in modo asintomatico, possano contagiare altre persone sono in corso. Poiché è possibile che, nonostante l’immunità protettiva, in qualche caso il virus possa persistere nascosto nella mucosa nasale, le persone vaccinate e quelle che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19.
AIFA
ERA IL LONTANO DICEMBRE 2020
MA NESSUNO GLI DAVA PESO E FACEVA E FA COME C@XXO VUOLE ANCORA OGGI
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grazie e tutti
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eccone alcune con i numeri alle mani nell'ultimo mese:
Leggerezza e idratazione
Una corretta alimentazione estiva è fondamentale per preparare l’organismo alle alte temperature e, soprattutto, può aiutarci a risvegliare il metabolismo e a migliorare le nostre abitudini a tavola.
L’equilibrio fra calorie, vitamine, proteine, fibre, minerali e, in generale, fra le diverse sostanze nutritive, permette al nostro corpo di reagire meglio al cambio climatico, restando così attivo, vivace ed energico.
Verdura e frutta sono sicuramente le migliori alleate per il caldo dell’estate ma non bisogna rinunciare ai carboidrati e alle proteine, che possono essere preparati in modo leggero e semplice, evitando eccessivi condimenti.
Cerchiamo di capire insieme quali cibi mantenere e quali abbandonare nella nostra dieta estiva per ritrovare la linea anche nel periodo più temuto: quello della prova costume.
Leggerezza e idratazione, gli ingredienti della dieta estiva
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Extrasistole (atriale e ventricolare)
Le extrasistole sono battiti che nascono dalle camere superiori (atri) o inferiori del cuore (ventricoli), in una sede differente da quella da cui normalmente origina il ritmo cardiaco (nodo del seno).
Le extrasistole atriali o ventricolari possono essere isolate (un singolo battito) o in sequenza (più battiti di seguito).
Le extrasistoli possono manifestarsi a qualsiasi età e sono un reperto molto frequente in tutti gli individui.
L’extrasistole è dovuta all’attivazione anticipata di un gruppo di cellule (focus) localizzate in un’area differente da quella da dove normalmente si genera l’attività elettrica del cuore (nodo del seno).
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Quali sono le cause delle extrasistole?
Tutte le malattie cardiache possono portare alla comparsa di extrasistole atriali e/o ventricolari. Molto spesso queste sono anche presenti in persone completamente sane.Quali sono i sintomi della extrasistole?
La contrazione anticipata del cuore può essere avvertita dal paziente. I sintomi dipendono principalmente dalla numerosità delle extrasistoli.
I principali sono:
• sensazione di battito mancante
• tonfo in gola o tosse
• palpitazioni (sensazione di battito accelerato ed irregolare)
A volte i disturbi possono essere molto lievi o addirittura assenti e l’aritmia viene scoperta occasionalmente durante una visita medica eseguita per altri motivi. In presenza di sintomi importanti o segni suggestivi della presenza di frequenti extrasistoli è opportuno che il medico di famiglia invii il paziente a consulto presso un elettrofisiologo (un cardiologo che si occupa delle aritmie cardiache).
Quali sono le conseguenze delle extrasistole?
Se avvertite, le extrasistoli sono in genere responsabili solo di un peggioramento della qualità della vita. A parte casi particolari (pazienti con una grave malattia cardiaca) esse non indicano un rischio per la vita del paziente. In rari soggetti predisposti, un numero molto elevato di extrasistoli di solito ventricolari può determinare un ingrandimento del cuore o una riduzione della sua funzione di pompa.
La Diagnosi
La diagnosi delle extrasistole avviene solitamente durante una visita medica mediante ascoltazione del battito cardiaco o rilievo del polso. La registrazione dell’elettrocardiogramma permette di identificare l’origine (atriale o ventricolare) dell’extrasistole.
Per il completamento della diagnosi potrebbero essere indicate anche ulteriori indagini quali:
Il Duca di Orvieto...
Nel Centro Storico di Orvieto
Il Ristorante il Duca di Orvieto si trova nel centro storico della città, vicino Piazza del Popolo, al centro tra il Pozzo di San Patrizio ed il Duomo.
https://www.ducadiorvieto.com/
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07/07/22
Non scusarti mai per quello che sei.
cosa ne pensate?
06/07/22
zuccheri E..
Cosa sono gli zuccheri aggiunti?
Lo zucchero aggiunto è solitamente una miscela di zuccheri semplici come saccarosio, glucosio o fruttosio, che viene appunto aggiunto agli alimenti nel trattamento o nella preparazione industriale per migliorarne il sapore, la consistenza o la conservazione.
Nonostante gli zuccheri contenuti nella frutta abbiano una struttura chimica identica a quelli artificiali, non sono considerati zuccheri aggiunti, ma zuccheri semplici naturali.
Se un alimento presenta zuccheri aggiunti deve avere un’indicazione sull’etichetta, insieme ai valori nutrizionali dell’alimento stesso. Una pratica salutare è saper leggere e capire le etichette dei prodotti, andando sempre a ricercare nella lista degli ingredienti sostanze come glucosio, fruttosio, sciroppi.
A causa degli zuccheri aggiunti finiamo per ingerire un maggior quantitativo di zuccheri rispetto alle raccomandazioni, con tutti i conseguenti rischi per la salute, comportando picchi glicemici, aumento di peso e insorgenza di patologie come diabete, obesità e sovrappeso e maggiori rischi cardiovascolari.
Glucosio e fruttosio
Tra gli zuccheri semplici più conosciuti ricordiamo il glucosio e il fruttosio.
Il glucosio è la principale fonte di energia per le cellule dell’organismo ed è l’unica fonte di energia per il cervello e il sistema nervoso. La concentrazione ematica di questo zucchero, la glicemia, dovrebbe essere mantenuta sotto costante controllo attraverso esami ematochimici.
Il fruttosio è una sostanza dal sapore dolce che può essere utilizzata come sostituto dello zucchero in quanto presenta un indice glicemico minore rispetto al glucosio; è utilizzato per dolcificare le bevande, nella preparazione di dolci e nella conservazione degli alimenti.
Una volta ingerito viene metabolizzato quasi interamente nel fegato.
In natura è presente in frutta e verdura, nel miele e in alcuni tuberi. In questi casi però è assorbito più lentamente dell’organismo poiché legato a fibre alimentari che aiutano a non determinare picchi glicemici immediati.
Se viene utilizzato come zucchero aggiunto fornisce solo calorie e viene assorbito più velocemente, in quanto si trova slegato da altri nutrienti.
Saccarosio
Il saccarosio è il tipo di zucchero più comune, formato da una molecola di glucosio e una molecola di fruttosio. Conosciuto maggiormente come “zucchero da tavola”, viene solitamente estratto dalla canna da zucchero o dalle barbabietole da zucchero. È un carboidrato molto energetico presente in natura in frutti e piante, ma anche utilizzato in campo industriale per rendere più appetibili gli alimenti. Il saccarosio si trova infatti nei gelati, succhi di frutta, biscotti, bibite zuccherate, caramelle, cereali, ma anche in carne in scatola, o salse come il ketchup.
Sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (HFCS)
Lo sciroppo di mais ad alto fruttosio è prodotto dall’amido di mais e ha la stessa composizione del saccarosio, in quantità variabili di fruttosio e glucosio.
Viene prodotto tramite un processo industriale con l’aggiunta di diversi enzimi: alcuni sciolgono i legami che tengono unite le varie molecole di glucosio nell’amido, mentre altri riescono a convertire il glucosio in fruttosio.
È utilizzato in molti prodotti alimentari (cereali, biscotti, snack, dolci succhi..) e nella produzione di gelato per aumentarne la cremosità.
Esistono diversi tipi di HFC contenenti quantità variabili di fruttosio.
Le due varietà più comuni utilizzate negli alimenti e nelle bevande sono: l’HFC 55, che contiene il 55% di fruttosio, quasi il 45% di glucosio e acqua; e l’HFCS 42, che contiene il 42% di fruttosio.
Nettare di agave
Il nettare o lo sciroppo di agave viene prodotto dalla pianta di agave tequilana, una pianta grassa diffusa soprattutto in Messico.
Contiene il 70–90% di fruttosio e il 10–30% di glucosio.
È usato in molti alimenti, come barrette di frutta, yogurt zuccherato e barrette ai cereali.
Si consiglia di acquistare uno sciroppo di agave poco raffinato e ottenuto a basse temperature, in modo che i valori nutritivi siano inalterati. Quelli di colore più chiaro sono molto filtrati e con un sapore delicato; al contrario lo sciroppo scuro non è filtrato e contiene una maggiore quantità di sali minerali, come magnesio e potassio.
Altri zuccheri con glucosio e fruttosio
La maggior parte degli zuccheri e dei dolcificanti aggiunti contiene sia glucosio che fruttosio. Qualche esempio:
- zucchero di canna
- melassa
- caramello
- sciroppo di carruba
- zucchero semolato
- zucchero a velo
- sciroppo d’acero
Zuccheri con glucosio
Questi zuccheri sono composti da glucosio, da solo o in combinazione con zuccheri diversi dal fruttosio. Qualche esempio:
- sciroppo di mais
- malto d’orzo
- destrina
- destrosio
- lattosio
- maltosio
- maltodestrine
Altri zuccheri
Ci sono poi altri zuccheri aggiunti che non contengono né glucosio né fruttosio. Sono meno dolci e meno comuni, ma a volte vengono usati come dolcificanti: sono il D-ribosio e il galattosio.
Il ribosio è presente in tutte le cellule ed è indispensabile per la produzione di energia nell’organismo, ma viene anche utilizzato nelle prestazioni atletiche in quanto sembra migliorarle favorendo il recupero muscolare. È difficile trovare fonti alimentari che forniscano concentrazioni apprezzabili di questo zucchero e per questo viene venduto come integratore.
Emicranie E...
Per cominciare, che cos’è l’emicrania?
«L’emicrania è un disturbo del sistema nervoso centrale che coinvolge alcuni neurotrasmettitori e alcuni circuiti del dolore e che ha delle caratteristiche ben precise che devono essere rispettate per poter porre la diagnosi».
Il dolore deve durare 4-72 ore ed essere caratterizzato da almeno due di queste quattro caratteristiche:
- deve avere localizzazione unilaterale;
- essere di tipo pulsante;
- essere di intensità media o forte;
- essere aggravato da attività fisiche di routine come camminare o salire le scale.
A queste caratteristiche di solito si aggiungono almeno uno di questi quattro sintomi:
Emicrania: che cos’è l’aura?
Riconosciamo due tipologie di emicranie. Le cosiddette “emicranie senza aura”, che in passato venivano chiamate “emicranie comuni”; e le “emicranie con aura”, ovvero quelle che in passato venivano definite “emicranie complicate” o “emicranie oftalmiche”.
Importante è non confondere le due tipologie. L’aura si manifesta immediatamente prima del dolore alla testa e non è quindi da confondere con i sintomi prodromici tipici dell’emicrania, come malessere, sbadigli, stanchezza e alterazioni dell’appetito, che possono insorgere anche dal giorno prima e interessare tutti i soggetti che soffrono di emicrania, indipendentemente dalla presenza o meno dell’aura.
Emicranie con aura e senza aura: le differenze
A differenza delle emicranie senza aura, nelle emicranie con aura il dolore emicranico viene preceduto dalla comparsa di una o più disfunzioni del sistema nervoso centrale a carico della vista, della parola, della sensibilità e del movimento.
Spiega il dottor Tullo: «L’aura viene scatenata da un’onda elettrica anomala che parte dalla regione posteriore del cervello e si sposta in avanti, muovendosi con una velocità di circa tre millimetri al minuto, cosa che potrà poi provocare sofferenza a carico delle diverse aree cerebrali che interessano vista, parola, sensibilità, movimento. Nel corso dell’aura questi disturbi possono comparire isolatamente, ma anche essere tutti sperimentati, concatenandosi uno dietro l’altro.
La durata dell’aura è compresa tra i 20 e i 60 minuti per ogni singolo sintomo, ma solitamente dura in tutto meno di un’ora. Dopodiché, compaiono i classici dolori alla testa».
Aura e disturbi visivi
Poiché la regione cerebrale occipitale comprende la porzione del cervello che si occupa della vista, è molto frequente che l’aura si manifesti anche con disturbi visivi – motivo per il quale, tra l’altro, si parlava anni fa di “emicrania oftalmica”.
Diversi sono i sintomi che possono comparire. A livello visivo possono comparire diversi sintomi, come:
– i disturbi cosiddetti “positivi”, caratterizzati cioè dal vedere qualcosa che non c’è (luci scintillanti, linee ondulate dette fotopsie o fosfeni).
– i disturbi cosiddetti “negativi”, in cui non si riesce più a vedere una porzione del campo visivo o si ha una visione offuscata di parte del campo visivo stesso.
Quando rivolgersi allo specialista?
La visita specialistica neurologica è sempre indicata in caso di emicrania con e senz’aura e in generale nell’ambito delle cefalee è indicata:
- quando la cefalea è insistente e si presenta con una regolarità e un’intensità tale da rendere difficile lo svolgimento delle attività quotidiane;
- quando sono presenti altri disturbi come vertigini, disturbi visivi, convulsioni, febbre, rigidità nucale, vomito, alterazioni della coscienza anche minime;
- quando la cefalea è resistente al trattamento;
- in caso di trauma cranico;
- quando insorge improvvisamente e con elevata intensità.
Il neurologo saprà diagnosticare correttamente la forma di cefalea del paziente e saprà impostare un’adeguata terapia farmacologica sia per l’attacco che per la prevenzione. In questi ultimi anni è stato fatto un importante passo avanti nella cura dell’emicrania perché sono arrivati dei nuovi farmaci di prevenzione noti come “anticorpi monoclonali” che sono in grado di ridurre del 60-70% i giorni mensili di emicrania. La loro somministrazione è mensile e la dose si inietta sottocute (ad esempio nella coscia) tramite una siringa preriempita di facile utilizzo che consente al paziente di autoiniettarsi il farmaco. La prescrizione di questi farmaci tramite il SSN è possibile solo da neurologi di centri cefalee regionali.
distorsione
Come bisogna comportarsi in caso di distorsione?
Nel caso in cui durante la corsa si manifesti un trauma distorsivo, bisogna seguire il protocollo RICE, che è importante conoscere in generale quando si pratica sport:
- Riposo: fermare l’attività in corso e, nel caso in cui insorgano anche gonfiore, lividi localizzati o estesi fino al tallone e dolore, è bene sospendere momentaneamente le corse;
- Ice: (ghiaccio, in inglese) apporre del ghiaccio sulla caviglia appena possibile;
- Compressione: per sostenere la caviglia può essere d’aiuto una fasciatura non troppo stretta;
- Elevazione: per evitare un peggioramento del gonfiore, la gamba che ha subito il trauma deve essere sollevata, magari con l’aiuto di un cuscino o di una sedia;
«In gran parte dei casi, una distorsione alla caviglia non deve destare preoccupazioni ed è un trauma che si risolve da solo – spiega il dott. Usuelli -. Prima di tornare a correre però è importante aspettare che passi il dolore più intenso, cercare di non appoggiarsi sulla caviglia per qualche giorno, e ricordarsi di non saltare mai gli esercizi di stretching dopo la corsa. In misura minore però ci sono anche casi in cui una radiografia potrebbe mostrare la presenza di microfratture, anche se dopo la distorsione non si ha avuta l’impressione che il trauma fosse grave».
L’artrosi da distorsione: il trattamento e le soluzioni per riprendere l’attività sportiva
«Se il dolore non cessa, se la caviglia continua a essere dolorante anche quando si cammina, oppure ancora se si ha l’impressione che l’appoggio del piede non sia stabile, è fortemente consigliato rivolgersi a un ortopedico specialista del complesso piede-caviglia per valutare il trauma. Solo la radiografia infatti può individuare delle eventuali microfratture alle ossa dell’articolazione della caviglia. Va ricordato che continuare a sforzare la caviglia dopo una distorsione, anche solo camminando, può far sfociare il trauma in un’artrosi della caviglia. L’artrosi un tempo veniva trattata con l’artrodesi, ovvero la fusione delle ossa della caviglia; in quel caso il dolore passava ma il movimento della caviglia risultava bloccato. Oggi – conclude il dottor Usuelli -, se esistono i presupposti clinici, è possibile preservare la caviglia artrosica con una tecnica di chirurgia rigenerativa chiamata AT-AMIC, che il mio gruppo studia e porta avanti da anni e che permette di correggere, riallineare e rigenerare i tessuti della caviglia in un unico intervento. Si tratta di una tecnica che coniuga l’effetto rigenerativo che hanno alcune cellule del nostro corpo con i vantaggi delle membrane collageniche, per ricostruire un tessuto simile alla cartilagine nativa, con risultati duraturi. In molti casi, in seguito l’intervento, è possibile ricominciare la pratica sportiva».