CONTATORE PERSONE

24/05/12

Uno sguardo alla cellula


Introduzione e concetti base



CARBOIDRATI (o glucidi) : sono gli zuccheri; sono composti terziari (costituiti di soli  tre elementi: carbonio, idrogeno e ossigeno). Rappresentano una riserva energetica e sono il punto di partenza per la produzione di altri composti organici.
LIPIDI: sono comunemente chiamate grassi e sono anch'esse sostanze di riserva e sono costituenti delle strutture cellulari.
PROTEINE: sono costitute da amminoacidi; contribuiscono alla costruzione di strutture di vari organismi, emoglobina, enzimi, ormoni (regolano l'armonico coordinamento tra le diverse funzioni degli organismi), anticorpi.
ACIDI NUCLEICI: sono formati da una base azotata (citosina, timida, uracile, adenina e guanina), da uno zucchero e da dei gruppi fosfato. 

LA CELLULA: la membrana della cellula ha spessore 6-7 × 10 -10m; il  diametro di una cellula è di circa 15 mm mentre quello del nucleo è di circa 5 mm.
Gli elementi caratteristici di una cellula sono:
  • Membrana perinucleare: delimita il nucleo;
  • Nucleolo: è una parte specializzata del nucleo;
  • Mitocondrio: è la "centrale energetica" della cellula;
  • Perossisomi: sono organuli specializzati nelle reazioni di ossidazione (liberano H2O2) e sono di colore nero perché contengono molto ferro;
  • Ribosomi:  sono contenuti nel reticolo endoplasmatico e sintetizzano le proteine;
  • Reticolo endoplasmatico: è ruvido se contiene i ribosomi e liscio se non li contiene. Presenta uno spazio interno (lume) in cui si accumulano le proteine sintetizzate;
  • Apparato del Golgi: è costituito da sistemi di vesciche. Le proteine, attraverso questo apparato, raggiungono la loro destinazione senza errori.

cellula

Immagine tratta da www.progettogea.com


Una cellula figlia è sempre uguale ad una cellula madre.

Il genoma umano è l'insieme del patrimonio genetico di un individuo ed formato da quarantaseicromosomi (ventitre coppie) mediamente costituiti da settanta milioni di coppie di basi, quindi tutto il genoma contiene (46 × 70 000 000)  3×109  coppie di basi e ogni coppia contribuisce alla lunghezza per circa 6-7 × 10-10 m.

Se si srotola il DNA di ogni cromosoma e si allineano le quarantasei molecole contenute nel nucleo di una cellula somatica si arriva ad una lunghezza di 2 m (ogni cromosoma è lungo circa quattro cm). Considerando, poi che un uomo ha 10000 miliari di cellule, il DNA complessivo arriva a 20000 milioni di Km (la distanza tra il sole e la luna è di 200 milioni di Km)
Un singolo cromosoma è una macromolecola con diametro di circa 2×10-9 m e contiene una molecola di DNA; il gene è una porzione del DNA (cioè una porzione di un cromosoma) che contiene un'informazione completa e specifica per una certa proprietà. Al giorno d'oggi si conosce tutto il genoma umano cioè si conosce la successione completa delle basi nel DNA, ma solo a pochissime porzioni di DNA è stata data "un'identità": bisogna stabilire quale porzione di DNA corrisponde ad una determinata proprietà.

Ci sono circa trentamila geni ma un gene può essere espresso in modi diversi quindi questo è un dato indicativo.  

ESPRESSIONE: l'informazione contenuta in un gene porta all'ottenimento di un prodotto finale (sintesi di proteine).
TRASCRIZIONE: conversione dell'informazione contenuta in un gene, in una catena di RNA messaggero ad opera di un sistema enzimatico; l'RNA messaggero, dal nucleo passa al citoplasma nel quale sono contenuti i ribosomi.
TRADUZIONE: i ribosomi sintetizzano la proteina che è il prodotto dell'espressione genetica.
CODIFICARE: significa tradurre il messaggio.

Un sistema enzimatico, quindi, attraverso il processo di trascrizione, converte l'informazione portata da un gene, in una catena di RNA messaggero e si dà il via alla traduzione.
Replicare il DNA significa copiare sul RNA messaggero la parte di DNA che interessa.
Le due principali differenze tra DNA e RNA:
  • Nel RNA come zucchero si ha il ribosio, mentre nel DNA il desossiribosio;
  • Nel DNA le basi azotate sono: adenina, guanina, timina e citosina; mentre nel RNA l'uracile prende il posto della timina.
I geni solitamente contengono uno o più segmenti di DNA al loro interno, che non codificano per la proteina; questi frammenti vengono chiamati introni mentre i segmenti codificanti sono detti esoni.
Gli esoni rappresentano la porzione di gene che può essere espressa mentre gli introni non vengono espressi.
In determinate condizioni, il gene viene espresso senza introni, ma in altre condizioni, gli introni possono essere trasformati in esoni e, di conseguenza, espressi (cioè possono codificare per la proteina).
A seconda dei vari introni espressi, si hanno prodotti proteici diversi: un gene, quindi, può essere espresso in diversi modi.
Esiste una somiglianza funzionale tra i vari prodotti di uno stesso gene; essi hanno, però, una diversa struttura e per questo motivo sono usati in luoghi diversi.

L'informazione genetica contenuta in ogni cellula di un organismo, è la stessa. Ad esempio, il DNA di una cellula del fegato (epatocita) e il DNA contenuto in una cellula di un muscolo (miocita), è lo stesso; a differenziare un epatocita da un miocita è la diversa espressione dei geni contenuti nel DNA. In generale, in una cellula vengono espressi alcuni geni e in un'altra cellula, posta in un'altra parte dell'organismo, ne vengono espressi degli altri. 

La meiosi



Nell'ambito di un organismo pluricellulare è necessario che tutte le cellule (per non riconoscersi reciprocamente estranee) abbiano lo stesso patrimonio ereditario. A ciò provvede la mitosi, dividendo fra le cellule figlie i cromosomi, in cui l'eguaglianza dell'informazione genetica è assicurata dal meccanismo di reduplicazione del DNA, in una continuità cellulare che va dallo zigote alle ultime cellule dell'organismo, in quella che si chiama linea somatica di generazioni cellulari.
Se tuttavia lo stesso meccanismo venisse adottato nella generazione dei discendenti, l'intera specie tenderebbe ad essere composta da individui geneticamente eguali. Una tale mancanza di variabilità genetica potrebbe facilmente pregiudicare la sopravvivenza della specie col mutare delle condizioni ambientali. Perciò è necessario che la specie, nell'ambito della variabilità del materiale genetico che essa ammette, possa dar luogo ad un riassortimento, un mescolamento, non nell'ambito del singolo organismo, ma nel passaggio da una generazione all'altra. A ciò provvedono i fenomeni della sessualità ed il particolare meccanismo di divisione cellulare chiamato meiosi.
La meiosi si verifica solo nelle cellule della  linea germinale. Quando una lunga serie di divisioni mitotiche ha sufficientemente moltiplicato il numero di cellule germinali disponibili, queste ultime entrano in meiosi, approntando così i gameti. I gameti, fondendosi nella fecondazione, mettono in comune il loro materiale cromosomico. Se i gameti fossero diploidi, come le altre cellule dell'organismo, la loro fusione nello zigote darebbe figli con patrimonio 4n; questi darebbero figli 8n e via di seguito.
Per mantenere costante il numero dei cromosomi della specie occorre che i gameti siano aploidi, cioè con numero n anziché 2n di cromosomi. Ciò si ottiene con la meiosi.
La meiosi può essere intesa come la successione di due divisioni mitotiche senza che vi sia intercalata una reduplicazione.
In ognuna della due divisioni successive, che da una cellula germinale diploide originano quattro cellule aploidi, si ha la successione di profase, metafase, anafase, telofase e citodieresi.
Tuttavia la profase della prima divisione meiotica è particolarmente complicata, dando luogo ad una successione di momenti che prendono il nome rispettivo di leptotene, zigotene, pachitene, diplotene e diacinesi.
Consideriamo tali momenti uno per uno, seguendo il comportamento di una singola coppia cromosomica.
Leptotene. È l'inizio della meiosi. I cromosomi cominciano a vedersi, ancora poco spiralizzati.
Zigotene. I cromosomi sono più chiaramente individuati, e si nota che i cromosomi omologhi si avvicinano. (Ricordiamo che i filamenti che tendono ad accostarsi, paralleli fra loro, sono 4: due cromatidi per ognuno dei due cromosomi omologhi).
Pachitene. I quattro filamenti cromatidici aderiscono per tutta la lunghezza, scambiandosi reciprocamente dei tratti, per rottura e saldatura.
Diplotene. Col crescere della spiralizzazione e perciò dell'ispessimento, i cromosomi tendono ad assumere la loro separata individualità: con ogni centromero che unisce un doppio filamento.
I punti in cui si è avuto lo scambio per rottura e saldatura (chiasmi) tengono ancora uniti i filamenti (cromonemi) in diversi tratti. I quattro cromonemi, uniti a coppie dai centromeri e variamente aderenti nei chiasmi, formano le tetrodi.
Diacinesi. Le tetradi tendono a disporsi all'equatore del fuso; la membrana nucleare è scomparsa; inizia la separazione dei centromeri. Man mano che ciò avviene i cromosomi, già uniti nei chiasmi, si separano.
Dopo la successiva metafase i due centromeri (non ancora sdoppiati) migrano verso i poli opposti del fuso.
Seguono in rapida successione anafase, telofase e citodieresi della prima divisione, e subito dopo la seconda divisione.
Mentre dopo la metafase della prima divisione i centromeri migravano ai poli del fuso trascinando due filamenti, nella seconda metafase ogni centromero si sdoppia. Le due cellule risultanti dalla prima divisione avevano ricevuto n centromeri con 2n filamenti, ma la loro successiva divisione dà luogo a 4 cellule, ognuna con n filamenti (cioè, a questo punto, n cromosomi).
Questo schema generale spiega tre fenomeni diversi e paralleli:
1) la riduzione del corredo cromosomico dal diploide (2n) dell'organismo all'aploide (n) del gamete.
2) L'attribuzione casuale al gamete dell'uno o dell'altro cromosoma, di origine materna o paterna.
3 ) Lo scambio di materiale genetico fra cromosomi omologhi di origine paterna e materna (con mescolamento del materiale genetico, non solo a livello di interi cromosomi, ma anche all'interno dei cromosomi stessi).

Il nucleo


 

Il nucleo contiene, immersi nel cosiddetto succo nucleare, o «carioplasma», il DNA (cromatina, cromosomi), l'RNA (soprattutto nel nucleolo), proteine e metaboliti diversi. La spiralizzazione del DNA nei cromosomi non è semplice, ma può immaginarsi come una spirale di spirali. Nel nucleo intercinetico la spiralizzazione superiore non è sufficiente a permettere l'individuazione dei singoli cromosomi al microscopio. Singoli tratti, però, possono essere spiralizzati, quindi visibili, costituendo le «masserelle» di cromatina. Le zone meno spiralizzate sembra siano le più attive metabolicamente.
Gli stadi di attività del DNA cromosomico sono: autosintetico ed allosintetico. Nel primo caso la molecola di DNA si reduplica attraverso un processo semiconservativo, nel secondo caso sintetizza i tre tipi di RNA.
Il nucleo è un grosso corpo sferico, di solito la struttura intracellulare più evidente, ed è circondato da due membrane unitarie che insieme costituiscono l'involucro nucleare. La superficie dell'involucro è attraversata da pori nucleari, chiusi da una sola sottile membrana, che solo apparentemente consentono il passaggio di grosse molecole specifiche, mantenendo così la composizione del materiale nucleare differente da quella del citoplasma. La membrana si comporta come se fosse semipermeabile, ove, attraverso di essa, passano RNA e ribosomi.
I cromosomi, che sono composti da DNA e da proteine, si trovano all'interno del nucleo. Quando una cellula non è in divisione, i cromosomi sono visibili come un confuso ammasso di sottili filamenti, detti cromatina.
Il corpo più evidente all'interno del nucleo è il nucleolo, composto, come i cromosomi, da DNA e proteine e formato da una parte di un cromosoma; questo è il sito nel quale si forma un particolare tipo di RNA, l'RNA ribosomale. Per questo motivo il nucleolo (o organulo nucleare) costituisce il principale deposito di RNA ribosomiale.
Determinate aree del reticolo endoplasmatico sono dinamicamente collegate alla membrana nucleoplasmatica. Questo avvalora l'ipotesi che l'involucro nucleare origini dalle membrane cellulari.

Le funzioni del nucleo

Il nucleo compie due funzioni cruciali per la cellula. In primo luogo porta alla cellula l'informazione ereditaria, le istruzioni che determinano se un particolare organismo dovrà svilupparsi come paramecio, quercia o essere umano; e non un paramecio, una quercia o un essere umano qualsiasi, mauno che assomiglia al genitore o ai genitori di quel particolare unico organismo.
In secondo luogo il nucleo dirige le attività della cellula, assicurando che le molecole complesse che la cellula richiede, siano nel numero e del tipo necessario. Queste molecole sono coinvolte nella realizzazione delle varie attività cellulari e nella formazione degli organelli e delle altre strutture.

Cellula

Acidi nucleici e DNA


 

Gli acidi nucleici sono dei composti chimici di grande importanza biologica; tutti gli organismi viventi contengono acidi nucleici sotto forma di DNA ed RNA (rispettivamente acido desossiribonucleico ed acido ribonucleico). Gli acidi nucleici sono molecole molto importanti perché esercitano un controllo primario sui processi vitali fondamentali in tutti gli organismi.
Tutto fa pensare che gli acidi nucleici abbiano svolto un identico ruolo sin dalle prime forme di vita primitiva che hanno potuto sopravvivere (come i batteri).
Nelle cellule degli organismi viventi il DNA è presente soprattutto nei cromosomi (nelle cellule in divisione) e nella cromatina (nelle cellule intercinetiche).
Esso è presente anche fuori del nucleo (in particolare nei mitocondri e nei plastidi, ove assolve la sua funzione di centro di informazioni per la sintesi di parte o di tutto l'organulo).
L'RNA, invece, è presente sia nel nucleo che nel citoplasma: nel nucleo esso si trova più concentrato nel nucleolo; nel citoplasma si trova più concentrato nei polisomi.
La struttura chimica degli acidi nucleici è abbastanza complessa; essi sono formati da nucleotidi, ognuno dei quali (come abbiamo visto) è formato da tre componenti: idrato di carbonio (pentoso), base azotata (purinica o pirimidinica) e acido fosforico.
Gli acidi nucleici sono dunque lunghi polinucleotidi, risultanti dal concatenamento di unità dette nucleotidi. La differenza tra DNA e RNA sta nel pentoso e nella base. Ci sono due tipi di pentoso, uno per ogni tipo di acido nucleico:
1) Ribosio nell'RNA;
2) Dessosiribosio nel DNA.
Anche per quanto riguarda le basi dobbiamo ripeteree la distinzione; le basi pirimidinichecomprendono:
1) Citosina;
2) Timina, presente solo nel DNA;
3 ) Uracile, presente solo nell'RNA.
Le basi puriniche sono, invece, costituite da:
1) Adenina
2) Guanina.
Riassumendo, nel DNA troviamo: Citosina - Adenina - Guanina - Timina (C-A-G-T ); mentre nell'RNA abbiamo: Citosina - Adenina - Guanina - Uracile (C-A-G-U).
Tutti gli acidi nucleici hanno la struttura a catena lineare polinucleotidica; la specificità dell'informazione è data dalla diversa sequenza delle basi.

STRUTTURA DEL DNA

I nucleotidi della catena del DNA sono legati con legame estere fra acido fosforico e pentoso; l'acido si trova legato al carbonio 3 del pentoso di nucleotide e al carbonio 5 del successivo; in questi legami esso utilizza due dei suoi tre gruppi acidi; il gruppo acido rimanente dà il carattere acido alla molecola e permette di formare legami con proteine basiche.
Il DNA ha una struttura a doppia elica: due catene complementari, di cui una «scende» e l'altra «sale». A tale disposizione corrisponde il concetto di catene «antiparallele», cioè parallele ma con direzioni opposte. Partendo da un lato, una delle catene inizia con un legame fra acido fosforico e carbonio 5 del pentoso e finisce con un carbonio 3 libero; mentre la direzione della catena complementare è opposta. Vediamo inoltre che i legami idrogeno tra queste due catene avvengono solo fra una base purinica ed una pirimidinica e viceversa, cioè fra Adenina e Timina e tra Citosina e Guanina, e viceversa; i legami idrogeno sono due nella coppia A-T, mentre nella coppia G-C i legami sono tre. Ciò significa che la seconda coppia ha una maggiore stabilità.

REDUPLICAZIONE DEL DNA

Come già accennato a proposito del nucleo intercinetico, il DNA può trovarsi nelle fasi «autosintetica» ed «allosintetica», cioè rispettivamente impegnato a sintetizzare coppie di se stesso (autosintesi) oppure un'altra sostanza (RNA: allosintesi).L'attività intercinetica viene a questo proposito divisa in tre fasi, chiamate G1, S, G2. Nella fase G1 (in cui G può essere preso come iniziale di growth, accrescimento) la cellula sintetizza, sotto il controllo del DNA nucleare, tutto ciò che occorre al proprio metabolismo. Nella fase S (in cui S sta per sintesi, cioè sintesi di nuovo DNA nucleare) avviene la reduplicazione del DNA. Nella fase G2 la cellula riprende l'accrescimento, preparandosi alla divisione successiva.

Proteine dell'uovo, albumine


 Proteine dell'uovo in polvere - 100% da albume d'uovo di gallina, 81% proteine

Nonostante le uova siano un ottima fonte di proteine, molte persone sono spaventate dall'elevato contenuto in grassi e colesterolo. La quota proteica si distribuisce più o meno equamente nel tuorlo e nell'albume (prevale leggermente in quest'ultimo), mentre grassi e colesterolo sono contenuti esclusivamente nel tuorlo.Proteine dell'uovoGli albumi liquidi - freschi, pastorizzati o liotizzati - rappresentano quindi un'ottima soluzione per chi desidera aumentare l'apporto proteico della propria dieta senza introdurre lipidi in eccesso. Analogo discorso per leproteine d'uovo in polvere, a cui si aggiunge il grande vantaggio della praticità.
Nel campo dell'integrazione alimentare, le ovoalbumine rappresentano la tradizionale alternativa alle proteine del siero del latte. Il valore biologico e l'efficienza proteica sono infatti simili, così come gli altri indici di qualità proteica. Le proteine d'albume d'uovo hanno ungusto leggermente salato, mentre quelle del siero si avvantaggiano per un sapore più delicato e per il costo leggermente inferiore. Le proteine d'albume d'uovo, in compenso, rappresentano la scelta ideale per tutti quegli sportivi che non tollerano i derivati del latte. Rispetto alle fonti vegetali, le ovoalbumine godono di un profilo aminoacidico migliore, perché caratterizzato da un ottimo equilibrio tra i vari amminoacidi essenziali. I tempi di digestione delleproteine d'uovo risultano intermedi tra le più veloci sieroproteine e le più lente caseine; di conseguenza possiedono un ottimo potere saziante.

Il tuorlo d'uovoL'albume d'uovo
Proprietà funzionali dell'uovoConservazione delle uova
EtichettaturaUova fresche
Uova e colesteroloUova di pasqua

LO SAPEVI CHE: le proteine dell'albume d'uovo crude sono scarsamente digeribili, a causa della presenza di ovomucoide (attività antitripsinica), lisozima (un agente antibatterico) ed avidina (che impedisce l'assorbimento della vitamina H). Al contrario, le proteine del tuorlo d'uovo sono facilmente digeribili crude, mentre la cottura ad elevate temperature (frittura a oltre 200°C, bollitura) ne diminuisce la digeribilità prolungando i tempi di digestione.


Valori nutrizionali
proteine del siero del latte in polvere
 
Valori nutrizionali
proteine dell'albume d'uovo in polvere
100g30g100g30g
Valore energetico
392 Kcal117,6 Kcal
Valore energetico
380,9 Kcal114,27 Kcal

1646 Kj493,8 Kj

1600 Kj480 Kj
Proteine
80 g24 g
Proteine
80,9 g24,27 g
Carboidrati
6,6 g2 g
Carboidrati
1 g0,3g
Grassi
5,1 g1,53 g
Grassi
5 g1,5 g

Profilo aminoacidico

g/100 gg/30 g
Acido aspartico
8,82,64
Acido Glutammico
14,54,35
Alanina
4,01,20
1,70,51
Cisteina
1,80,54
2,40,72
Glicina
3,41,02
5,11,53
Istidina
1,40,42
Leucina* °
8,52,55
7,72,31
Metionina*
1,60,48
Prolina
4,41,32
Serina
3,71,11
2,10,63
Treonina*
5,41,62
1,10,33
Valina* °
4,71,41
Profilo aminoacidico

g/100 gg/30 g
Acido aspartico
6,672
Acido Glutammico
8,716,61
Alanina
3,791,14
Arginina
3,571,07
Cisteina
1,690,51
Fenilalanina*
3,831,15
Glicina
2,300,7
Isoleucina* °
3,711,11
Istidina
1,480,44
Leucina* °
5,531,66
Lisina*
4,471,34
Metionina*
2,260,68
Prolina
2,50,70
Serina
4,521,36
Tirosina
2,550,76
Treonina*
2,990,90
Triptofano*
0,800,24
Valina* °
4,171,25

In 100 grammi di uova ritroviamo circa 12 grammi e mezzo di proteine; considerando che un uovo di medie dimensioni pesa circa 60 grammi, per ogni uovo consumato forniamo all'organismo circa 7 grammi e mezzo di proteine.

Proteine nelle urine



 La significativa presenza di proteine nelle urine, che i medici sono soliti indicare con il termine tecnico proteinuria, può essere dovuta a danni renali o ad altre condizioni piuttosto serie. Fortunatamente, concentrazioni proteiche urinarie superiori alla norma possono anche rientrare nell'ambito del fisiologico, come accade in particolari situazioni, quali l'intensa attività fisica, la febbre e gli stress emozionali severi.

Proteine nelle urineNel sangue di ogni individuo circolano moltissimeproteine, che risultano a dir poco essenziali per l'organismo; esse, infatti, svolgono funzioni di trasporto (nutrienti, gas, ormoni ecc.), immunitarie (difesa da virusbatteri ecc.) e regolatrici (metabolismo, coagulazione, pH e volume ematico ecc.).
A livello renale, il sangue viene purificato dai prodotti di rifiuto e dalle sostanze presenti in eccesso, subendo una sorta di setacciatura; le maglie di questo finissimo setaccio vengono attraversate da numerose sostanze, che finiscono nel filtrato per essere poi riassorbite od espulse attraverso le urine a seconda delle necessità biologiche. Tra tutte queste sostanze non rientrano le proteine, che fatta eccezione per quelle di minori dimensioni, risultano pressoché assenti nel filtrato e nell'urina. Nel corso della vita può tuttavia accadere che per colpa di patologie o problemi di altro genere (ipertensionediabete, infezioni renali, malformazioni congenite ecc.), le maglie del setaccio renale si allentino, lasciando passare maggiori quantità di proteine. Di riflesso le concentrazioni proteiche dell'urina - valutate tramite un comune esame su un campione urinario - aumentano sensibilmente. In base al valore registrato analizzando le urine raccolte nell'arco delle 24 ore, i medici parlano di:
  • Microalbuminuria (30-150 mg)*
  • Proteinuria lieve (150-500 mg)*
  • Proteinuria moderata (500-1000 mg)
  • Proteinuria grave (1000-3000 mg)
  • Proteinuria nel range della sindrome nefrotica (> 3500 mg)
*La proteinuria è definita come un'escrezione urinaria di proteine superiore a 150 mg al giorno; altre fonti elevano tale soglia a 300 mg, tale per cui sotto i 300 mg/die si parla di microalbuminuria e sopra i 300 mg/die si parla di proteinuria

Un test semi-quantitativo denominato dipstick urinario (dall'inglese dip-and-read test strip, quindi basato sull'utilizzo di striscette reattive) viene utilizzato come esame di screening per la popolazione generale; qualora l'esito risulti positivo, il test può essere ripetuto a distanza di pochi giorni per escludere rialzi occasionali associati a condizioni non patologiche. Quando la diagnosi viene confermata, o allo stick urinario si apprezzano proteinurie severe, si procede alla raccolta delle urine nell'arco delle 24 ore; è inoltre possibile valutare le proporzioni e le concentrazioni delle varieproteine plasmatiche mediante elettroforesi urinaria (particolarmente importante quando si sospetta che la proteinuria sia legata ad un'aumentata sintesi di proteine plasmatiche, come succede nel mieloma multiplo).
La lettura dello stick dà informazioni essenzialmente di tipo qualitativo, che possono essere così suddivise:
  • "negativo";
  • "tracce" (corrispondente approssimativamente a 10-20 mg/dL);
  • "proteine 1+" (circa 30 mg/dL);
  • "proteine 2+" (circa 100 mg/dL);
  • "proteine 3+" (circa 300 mg/dL);
  • "proteine 4+" (circa 1000 mg/dL).
Al posto del dipstick o del tradizionale esame delle urine nell'arco delle 24 ore, sempre più spesso i medici utilizzano una nuova tecnica, basata sul rapporto tra le concentrazioni urinarie di albumina(la più abbondante proteina plasmatica) e creatinina (un prodotto di rifiuto derivante dal normale metabolismo muscolare). Questo esame - noto anche come ACR, dall'inglese albumin-to-creatinine ratio - considera meritevole di approfondimenti diagnostici qualsiasi situazione in cui si registrino più di 30 mg di albumina per ogni grammo di creatinina (30 mg/g o 30 mcg/mg). Anche in questo caso, di fronte ad una positività dei valori, l'esame viene ripetuto dopo una o due settimane e - nel caso in cui il soggetto risultasse nuovamente positivo - viene seguito da altri esami di approfondimento per valutare la funzionalità renale.

Proteine nelle urine: le cause

Come anticipato, l'ipertensione ed il diabete rappresentano i due principali fattori di rischio per la proteinuria, la cui incidenza aumenta significativamente con l'aumentare dell'età e del BMI. La presenza di proteine nelle urine può essere legata anche ad una glomerulonefrite acuta, ad unaglomerulonefrite focale, all'amiloidosi, a nefropatie IgA dipendenti, a malattie cardiache (pericardite, insufficienza cardiaca), al mieloma multiplo, alla leucemia, alla malaria, all'anemia falciforme, all'artrite reumatoide, alla sacroidosi, al lupus eritematoso sistemico, ad avvelenamento da metalli pesanti ed a glomerulonefriti a proliferazione mesangiale.
Oltre a queste circostanze meramente patologiche, sensibili rialzi delle concentrazioni proteiche urinarie possono associarsi anche a condizioni tutto sommato fisiologiche (si parla in questo caso di proteinuria transitoria). L'esposizione al freddo o al calore intenso, la febbre, gli stress emozionali severi e l'esercizio fisico strenuo (sia sportivo che lavorativo), possono infatti elevare significativamente la quantità di proteine riscontrata nel campione urinario. Anche la gravidanzapuò associarsi ad una lieve proteinuria, anche se concentrazioni proteiche significative dovrebbero far sospettare un'infezione urinaria in corso o lo sviluppo di pre-eclampsia.
La proteinuria ortostatica è una patologia relativamente comune nei bambini e nei giovani adulti, che si associa a perdite significative di proteine nell'urina durante la posizione eretta (ortostatica). Presumibilmente, tale condizione è legata all'aumento della pressione sui glomeruli renali, cosa che forza anche il passaggio delle proteine tra le maglie di questi filtri. Nella posizione sdraiata (clinostatica), la pressione diminuisce e la perdita di proteine si riduce; i medici considerano questo disturbo di origine benigna, dato che nella grande maggioranza dei casi regredisce spontaneamente con la crescita. La proteinuria ortostatica viene diagnosticata attraverso una raccolta delle urine divisa in 2 campioni: uno ottenuto in posizione eretta ed uno ottenuto di notte, dopo che il giovane paziente ha riposato per alcune ore ed ha vuotato la vescica prima di coricarsi.

Proteine nelle urine: sintomi e trattamento

Tra i sintomi della proteinuria - generalmente assenti nei casi lievi o moderati - rientrano la presenza di schiuma nelle urine e l'edema, cioè l'abnorme accumulo di liquidi negli spazi interstiziali a causa di un calo della pressione oncotica del plasma. La ritenzione idrica, con comparsa di edemi e gonfiori (soprattutto alle mani, ai piedi e alle caviglie, quindi al viso e all'addome nei casi più gravi), è comunque un segno tardivo, tipico degli stadi più severi di proteinuria.
Il trattamento della proteinuria è rivolto ad eliminare o perlomeno a controllare le cause che hanno portato all'aumento della concentrazione di proteine nell'urina; l'ipertensione, ad esempio, può essere controllata mediante farmaci ACE-inibitori o antagonisti dei recettori dell'angiotensina(ARBs).

Proteine plasmatiche


 

Le proteine plasmatiche circolano nel sangue ricoprendo le funzioni più disparate; essenziali per il trasporto delle sostanze liposolubili, intervengono anche nella risposta immunitaria, nella coagulazione del sangue, nei processi infiammatori e nella regolazione di varie attività dell'organismo (ormoni peptidicienzimi, sistemi tampone ecc.).

Il fegato è l'organo chiave nella sintesi di molte proteine plasmatiche; non a caso, la loro concentrazione diminuisce in presenza di una ridotta funzionalità epatica, come succede durante la cirrosi o altre malattie croniche del fegato.

Albumina (55-65%) e globuline (25-35%) rappresentano da sole il 95% circa delle proteine plasmatiche circolanti, che nell'insieme costituiscono il 7% circa del plasma; la loro quantità e le rispettive proporzioni possono essere valutate a partire da un semplice esame del sangue. Inoltre, il contributo qualitativo delle varie frazioni proteiche può essere valutato mediante elettroforesi, quindi sottoponendo ad un campo elettrico le proteine plasmatiche, poste in un supporto su cui possano scorrere (acetato di cellulosa, gel di agar o gel di poliacrilamide). Il richiamo verso il polo positivo (anodo) dipende dalla carica elettrica, dalla massa e dalla forma della proteina plasmatica; l'elettroforesi è quindi utile per differenziare le cause di iper e di ipoproteinemie (aumenti e cali delle proteine plasmatiche), caratterizzarle in selettive (aumento/calo di una singola frazione) o non selettive (aumento/calo generalizzato), e rilevare la presenza di proteine anomale (come le gammopatie monoclonali, derivanti da una sintesi alterata di immunoglobuline sostenuta da alterazioni benigne o maligne del sistema immunitario, dalle quali originano cloni di linfociti B che ipersintetizzano un solo tipo di anticorpo).
L'elettroforesi viene eseguita sul siero, nel quale è però normalmente assente il fibrinogeno, che da solo rappresenta il 4% delle proteine plasmatiche.

Proteine PlasmaticheComponenti principaliPercentualeValore
Totali  6.4 -8.3 g/dL
rapporto albumina/globuline 1.13 - 1.94
albumina 53 - 66 %3.5-5.0 g/dL
globuline alfa 1α1-antitripsina, α1-glicoproteina acida, α1-lipoproteina,1.9-4.5 %0,14 - 0,33 g/dL
globuline alfa 2α2-macroglobulina, aptoglobina, ceruloplasmina, α2-lipoproteina6.5-13 %0,48 - 0,96 g/dL
globuline beta 1transferrina, β-lipoproteine4 - 6 %0,3 - 0,44 g/dL
globuline beta 2Complemento C31 - 3 %0,07 - 0, 22 g/dL
globuline gammaIgA, IgD, IgE, IgG e IgM10.5-21 %0,77 - 1,54 g/dL

Elettroforesi o Protidogramma:


Proteine plasmatiche

Aumento delle proteine plasmatiche totali (raro), possibili cause:

  1. Per disidratazione, emoconcentrazione, stasi venosa durante il prelievo (aumento proporzionale di tutte le frazioni).
  2. Aumento delle gamma-globuline (nonostante il calo dell'albumina) in alcune situazioni di cirrosi epatica, malattie autoimmuni etc.
  3. Presenza di proteine abnormi (gammopatie policlonali o monoclonali) etc.

Calo delle proteine totali (frequente), cause:

  1. Per iperidratazione, aumento della volemia (riduzione proporzionale di tutte le frazioni).
  2. Diminuita sintesi per insufficiente apporto alimentare. Es.: permalassorbimento, per epatopatie cronichemalnutrizione, gravi immunodeficienze ecc.
  3. Per perdita proteica  dal rene (sindrome nefrosica), dall'intestino, per emorragie, per neoplasie, per ustioni, etc..
  4. Eccessivo catabolismo proteico endogeno (ustioni,ipertiroidismo, neoplasie, sovrallenamento).
Proteine plasmatiche, quadri patologici

Diversi tracciati elettroforetici con patologie connesse

Patologie elettroforesi proteine plasmatiche

Le proteine



Le proteine



ProteineQualità delle proteine
Proteine e sana alimentazioneProteine vegetali
Proteine del latteEccesso proteine
Quante proteine?Digestione proteine
Alimenti ricchi di proteineI protidi
Assunzione di proteineProteine e bodybuilding
Integratori di proteineApporti proteici
Proteine e carboidratiChimica delle proteine
Proteine dell'uovo - Proteine del risoProteine in polvere
Integratori proteiciWhey proteine
Fabbisogno proteicoProteine plasmatiche
Proteine della soiaProteine animali


Le proteine o protidi (dal greco protos, "primario") rappresentano un ampio gruppo di composti organici formati da sequenze di aminoacidi legate tra loro attraverso legami peptidici. Possiamo immaginare gli aminoacidi come i mattoni per la costruzione delle proteine ed i legami peptidici come il collante che li tiene uniti tra loro.
Le proteine esprimono la maggior parte dell'informazionegenetica: In base alla loro funzione possono essere distinte in: enzimi, di trasportocontrattilistrutturali, di difesa e regolatrici
Le proteine sono soggette ad un continuo processo di demolizione e sintesi, il turnover proteico, attraverso il quale l'organismo è in grado di rinnovare continuamente le proteine logorate sostituendole con nuovo materiale proteico. Inoltre questo processo permette all'organismo di rimpiazzare gli aminoacidi utilizzati a scopo energetico e di depositarne eventualmente di nuovi per rinforzare determinati tessuti (ad esempio in seguito ad esercizio fisico). La quota di aminoacidi che quotidianamente vengono degradati si attesta mediamente intorno ai 30-40 g/die.
Questa quota viene chiamata quota proteica di logorio e deve essere introdotta quotidianamente con la dieta perché il nostro organismo non dispone di riserve proteiche; tutte le proteine presenti nel nostro corpo (circa il 12-15% della massa corporea) sono infatti funzionali.
Gli aminoacidi coinvolti nella sintesi proteica sono 20 e tra questi 20 otto sono essenziali [ leucina, isoleucina e valina (BCAA), lisina, metionina, treonina, fenilalanina, triptofano] durante l'accrescimento altri due aminoacidi, l'arginina  l'istidina diventano essenziali.
Il termine essenziali sta ad indicare l'incapacità dell'organismo di sintetizzare questi aminoacidi a partire da altri aminoacidi tramite trasformazioni biochimiche. Questi aminoacidi devono essere pertanto introdotti con la dieta. Gli alimenti di origine animale hanno il profilo aminoacidico migliore perché generalmente presentano tutti gli aminoacidi essenziali in buone quantità. A differenza di questi, gli alimenti di origine vegetali presentano solitamente carenze di uno o più aminoacidi essenziali. Tuttavia queste mancanze possono essere superate attraverso giuste associazioni alimentari ad esempio PASTA e FAGIOLI. Si parla in questo caso di mutua integrazione perché gli aminoacidi di cui è carente la pasta vengono forniti dai fagioli e viceversa.

CALORIE: Bruciando un grammo di proteine si sviluppa un calore medio di 5,65 Kcal. Tuttavi,a poiché il nostro organismo non è in grado di utilizzare l'azoto in esse contenuto il loro potere energetico si riduce a 4,35 Kcal per grammo.
Normalmente viene assorbito il 92% delle proteine introdotte con la dieta (il 97% di quelle animali ed il 78% di quelle vegetali).
Ne consegue le proteine forniscono al nostro corpo in media 4 Kcal per grammo.

DIGESTIONE DELLE PROTEINE

A livello gastrico (stomaco) le proteine subiscono una parziale degradazione in amminoacidi (grazie all'azione del succo gastrico e dell'acido cloridrico) che verrà completata nella prima parte dell'intestino tenue (duodeno).


PER OTTIMIZZARE LA DIGESTIONE E L'ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE è bene:
evitare di associare proteine di diversa provenienza (uova e formaggi, oppure latte e carni)
evitare di associare proteine con un pasto ricco di carboidrati (una piccola quantità, come un pezzo di pane è ovviamente tollerata)
abbinando piccole dosi di alimenti acidi come il succo di limone o aceto
associare al pasto proteico un po' di verdura che oltre ad evitare fenomeni di putrefazione intestinale, grazie all'elevato apporto di vitamine e minerali favorisce l'azione enzimatica

Plasmaferesi


Plasmaferesi

La plasmaferesi consiste nel prelievo di sangue da un soggetto, con immediata separazione della componente liquida da quella corpuscolata (globuli rossiglobuli bianchi e trombociti); il tutto grazie all'ausilio di un separatore meccanico automatizzato, che suddivide le due componenti tramite centrifugazione. plasmaferesiDurante la plasmaferesi, quindi, al donatore viene sottratta la sola parte liquida del sangue (plasma), mentre la componente cellulare gli viene restituita tramite lo stesso ago di prelievo. Il separatore cellulare, infatti, funziona a cicli costituiti da una prima fase di prelievo ematico - con separazione e raccolta del plasma - e da una successiva fase di reinfusione della componente corpuscolata.
La plasmaferesi è una procedura fondamentale per la produzione dei cosiddetti farmaci plasmaderivati. Nella componente liquida del sangue, infatti, troviamo notevoli quantità di proteine, quindi anticorpi (immunoglobuline),ormoni peptidici, fattori della coagulazione e proteine necessarie al trasporto delle sostanze insolubili. Nel plasma sono inoltre presenti gas respiratori e tutti i vari nutrienti (glucosiovitamineaminoacidiacidi grassi ecc.).
La componente proteica del plasma è fondamentale per la produzione di farmaci da destinare ai pazienti con deficit di specifiche sostanze plasmatiche; i soggetti colpiti da emofilia A e B, ad esempio, presentano una forte carenza dei fattori VIII o IX della coagulazione, che possono essere estratti e purificati dal plasma del donatore quindi somministrati al ricevente.
Il plasma "intero", inoltre, può essere somministrato tale e quale ai pazienti affetti da particolari patologie, che ne impongono la sostituzione per eccesso di anticorpi anomali o altre ragioni.
Uscendo dall'ambito delle donazioni, esiste anche una plasmaferesi terapeutica, finalizzata alla semplice rimozione di molecole plasmatiche presenti in eccesso (bilirubinaLDL ecc.). In questi casi, il termine più corretto è dato dal nome della molecola patogena isolata, seguita dal termine aferesi (da "afero", portare via).

Domande e risposte sulla plasmaferesi (donazione di plasma)

QUANTO PLASMA VIENE PRELEVATO? Normalmente, durante la plasmaferesi vengono prelevati 500 ml di plasma. La donazione può essere effettuata una volta ogni tre mesi ma anche una volta ogni 14 giorni; secondo la legge vigente, è infatti possibile effettuare sino a 20 donazioni di plasma da 500ml all'anno.

LA PLASMAFERESI E' PERICOLOSA PER LA SALUTE DEL DONATORE? Il volume plasmatico viene immediatamente compensato attraverso l'integrazione di liquidi per via orale (bevendo prima e dopo il prelievo), oppure tramite infusione di soluzioni fisiologiche durante la restituzione delle cellule.
Le componenti proteiche perdute vengono invece rimpiazzate nell'arco di tre giorni (i fattori della coagulazione ed il fibrinogeno sono recuperati in 24 ore, le immunoglobuline in 48 ed il complemento c3 entro 72 ore).

QUALE CARATTERISTICHE DEVE AVERE IL DONATORE? Per essere idoneo alla plasmaferesi, il donatore deve pesare più di 50 kg, essere di età compresa fra i 18 ed i 55-60 anni, e rispondere ad una serie di requisiti, come proteinemia superiore a 6 grammi/dL, numero di piastrine superiore a 200.000/mL, e valori di emoglobina superiori a 12,5 g/dL, se uomo, oppure a 11,5 g/dL se donna. Sebbene il plasma venga testato per la presenza di malattie infettive (epatiti viraliAIDSecc.) è importante che il donatore non abbia rapporti sessuali a rischio. Inoltre è fondamentale dichiarare al medico l'assunzione di qualsiasi farmaco, in modo da valutare l'opportunità di un eventuale rinvio della donazione.
Ricordiamo che il donatore ha diritto ad un giorno di riposo lavorativo retribuito (per i lavoratori dipendenti) e a controlli medici e di laboratorio periodici e gratuiti (emoglobina, transaminasi,azotemiatrigliceridemiaglicemiaferritinemiacolesterolemiaepatite B e C, AIDS, e tutti quelli che àopportuni).

QUANTO DURANO LE PROCEDURE DI PLASMAFERESI? La durata della donazione aumenta all'aumentare dell'ematocrito ed al diminuire del flusso di sangue garantito dalla vena di prelievo. Mediamente, sono necessari 40 minuti, con oscillazioni che vanno dai 30 ai 60 minuti in base ai suddetti fattori. Durante questo lasso di tempo vengono completati da 2 a 3 cicli costituiti da due fasi separate, di cui una di raccolta, separazione ed accumulo, ed una di reinfusione della componente corpuscolata.

COSA SIGNIFICA ACD-A? Si tratta di una soluzione di acido citrico e destrosio, usata come anticoagulante durante la plasmaferesi (ACD-A = Anticoagulant Citrate Dextrose Solution A). Parliamo di un farmaco sicuro, che può provocare soltanto una temporanea diminuzione dellacalcemia, segnalata dalla comparsa di formicolii alle labbra. Qualora tale sintomo non si risolva nel giro di pochi minuti, è sufficiente assumere una compressa di calcio per rendere più confortevole il proseguo della plasmaferesi.