CONTATORE PERSONE

18/03/20

Stress ossidativo: che cos’è

Lo stress è ossidativo è un processo fisiologico che avviene in ogni cellula dell’organismo: si tratta dell’insieme di reazioni che portano alla produzione di radicali liberi e che sono necessarie perché una serie di funzioni vitali, per esempio la difesa dalle infezioni, avvengano correttamente.Quando, però, il livello di radicali liberi presente nel nostro corpo supera una certa soglia, può danneggiare le strutture cellulari e dare origine a invecchiamento e patologie anche gravi, come le malattie neurodegenerative e cardiovascolari: questo accade quando l’equilibrio tra la produzione di radicali liberi e loro eliminazione da parte degli antiossidanti si rompe, creando un surplus di radicali liberi potenzialmente nocivo.

Stress ossidativo: che cos’è

Per stress ossidativo, si intende l’insieme di reazioni biochimiche che portano a una overproduzione di radicali liberi nelle cellule e nei tessuti dell’organismo.
I radicali liberi sono dei composti instabili che “catturano” un elettrone da altre molecole (reazione di ossidazione) rendendole instabili a loro volta e  innescando quindi un meccanismo a cascata.
Lo stress ossidativo è tuttavia un fenomeno naturale e fisiologico che avviene in ogni cellula: i radicali liberi infatti si producono all’interno del mitocondrio (organello cellulare adibito a “centrale energetica”) in seguito a reazioni necessarie alla produzione di energia o in tutti quei tessuti ad alto consumo di ossigeno, per esempio il muscolo.
Inoltre, lo stress ossidativo è la risultante non solo dei radicali liberi normalmente prodotti dal corpo: a questi vanno infatti sommati quelli derivanti dall’ambiente esterno.
Ecco alcuni dei fattori che aumentano lo stress a cui va incontro l’organismo ogni giorno:
  • inquinamento
  • farmaci
  • eccesso di alcol e attività fisica
  • metalli pesanti
  • fumo di sigaretta.

Radicali liberi e stress ossidativo

I radicali liberi più studiati sono i ROS (Reactive Oxygen Species). Sono delle specie reattive dell’ossigeno, tra le quali troviamo:
  • l’anione superossido (O2-)
  • il perossido di idrogeno (H2O2)
che possono dare origine al radicale ossidrile (OH·¯).
ueste molecole vengono prodotte dal normale metabolismo cellulare, ma sono particolarmente “reattive” poiché presentano un elettrone libero che è “pronto” ad interagire con altre molecole.
Esiste un livello di ROS che è fondamentale per mantenere l’omeostasi dell’organismo. Ad esempio i ROS generati dalle cellule fagocitiche sono una difesa essenziale per combattere le infezioni, così come i ROS prodotti in risposta a stimoli dei fattori di crescita sono coinvolti fisiologicamente nel controllo della proliferazione cellulare.
Un aumento del livello di ROS può però portare ad un danneggiamento di varie componenti cellulari (DNA, proteine, lipidi).
Per questo, allo scopo di mantenere l’equilibrio, esiste un sistema di difesa antiossidante endogeno costituito da diversi enzimi (superossido dismutasi o SOD, Catalasi, Glutatione perossidasi).

Cause e fattori di rischio

Il bilanciamento tra la produzione di ROS e di agenti antiossidanti determina il livello dello stress ossidativo.
 Se lo stress è  eccessivo, può portare al danneggiamento di strutture cellulari come:
  • le membrane
  • le proteine
  • il DNA.
Un elevato stress ossidativo può essere determinato da un eccesso di agenti pro-ossidanti, come:
  • un elevato tasso di attività metabolica
  • sport eccessivo
  • stress
  • età
  • carenza delle difese (basso livello di antiossidanti)
  • suscettibilità dei bersagli dei radicali liberi.

I rischi da esposizione a prodotti chimici  e radiazioni

Possono esserci anche altri fattori ad innalzare lo stress a cui il corpo va incontro. Chi lavora a stretto contatto con prodotti chimici o radiazioni deve fare molta attenzione a non accumulare esposizioni eccessive.
Tipico esempio è chi lavora in radiologia: queste persone sono, infatti, facilmente esposte a radiazioni ionizzanti che per un meccanismo dose-dipendente possono indurre modificazione nella sequenza del DNA con effetti mutageni sulle cellule.
Altro esempio sono i biologi che lavorano in laboratorio: infatti nelle colorazioni cellulari vengono utilizzati molti composti che possono nuocere alla salute. Il bromuro di etidio (utilizzato in biologia molecolare) è uno degli esempi più lampanti: si tratta di un agente intercalante del DNA che può esplicare effetti cancerogeni verso chi ne entra in contatto.
Questo mette in luce come siamo continuamente esposti allo stress cellulare e come gli antiossidanti e i meccanismi di difesa endogeni abbiano un ruolo cruciale nel difenderci dallo sviluppo delle malattie.

Stress ossidativo e invecchiamento cellulare

L’invecchiamento è un processo fisiologico dato dai radicali liberi.
Infatti proprio la loro interazione con:
  • strutture proteiche (cattivo funzionamento degli enzimi)
  • lipidiche (alterazione delle membrane cellulari)
  • glucidiche (alterazione dell’equilibrio glicemico)
  • con lo stesso DNA (effetti mutageni).
è responsabile di alcuni tipi di malattie correlate all’invecchiamento, come ad esempio le malattie neurodegenerative e quelle cardiovascolari.
Per esempio è stato dimostrato un incremento nella produzione vascolare dei ROS nelle pareti vascolari di pazienti con fattori di rischio arteriosclerosi.

Stress ossidativo e infiammazione

Per infiammazione, si intende un complesso di meccanismi di difesa che entrano in gioco per riparare un tessuto danneggiato.
Infatti tutte le volte che un fattore chimico, meccanico, interno o esterno agisce, il corpo crea un meccanismo di riparazione per ristabilire la normale funzionalità.
Errore molto comune è vedere l’infiammazione come un qualcosa di negativo, al contrario è qualcosa di necessario ed inevitabile.
L’infiammazione è il mezzo attraverso il corpo ripara se stesso e permette la sopravvivenza dell’individuo: è la risposta del sistema immunitario agli stress che causano una sofferenza alle cellule.
Siamo costantemente esposti a stress dall’esterno (agenti chimici, radiazioni, stress emotivi), ma anche e soprattutto dall’interno.
Le  nostre cellule muoiono e si replicano continuamente, sia fisiologicamente che dopo aver subito dei danni.
E’ quindi  fondamentale tenere sotto controllo i radicali liberi e accertarsi che questi non siano in eccesso.
La classica risposta fisiologica nell’infiammazione è l’eccesso di globuli bianchi che attraverso processi di fagocitosi producono radicali liberi, ma finché questi non sono in eccesso non c’è da preoccuparsi.
Infatti tutte le volte che un fattore chimico, meccanico, interno o esterno agisce, il corpo crea un meccanismo di riparazione per ristabilire la normale funzionalità.
Errore molto comune è vedere l’infiammazione come un qualcosa di negativo, al contrario è qualcosa di necessario ed inevitabile.
L’infiammazione è il mezzo attraverso il corpo ripara se stesso e permette la sopravvivenza dell’individuo: è la risposta del sistema immunitario agli stress che causano una sofferenza alle cellule.


Siamo costantemente esposti a stress dall’esterno (agenti chimici, radiazioni, stress emotivi), ma anche e soprattutto dall’interno.
Le  nostre cellule muoiono e si replicano continuamente, sia fisiologicamente che dopo aver subito dei danni.
E’ quindi  fondamentale tenere sotto controllo i radicali liberi e accertarsi che questi non siano in eccesso.
La classica risposta fisiologica nell’infiammazione è l’eccesso di globuli bianchi che attraverso processi di fagocitosi producono radicali liberi, ma finché questi non sono in eccesso non c’è da preoccuparsi.
Una sana alimentazione e una regolare e moderata attività fisica possono modulare l’equilibrio dinamico tra ossidanti e antiossidanti.
Si è visto come la restrizione calorica (senza però malnutrizione) possa indurre un ridotto stress metabolico a livello cerebrale con un miglioramento dei processi cognitivi, della plasticità sinaptica, nonché della sopravvivenza neuronale.
Questo si riflette in un rallentamento dell’invecchiamento e un miglioramento dell’aspettativa di vita per diminuire le probabilità di andare incontro a malattie:
  • metaboliche
  • cardiovascolari
  • neuronali.

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Dott. Samuele Ceruti INTERVISTA


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17/03/20

Fisiologia della respirazione e respirazione addominale

La respirazione è resa possibile dalla presenza dei  polmoni contenuti all'interno della gabbia toracica. I polmoni si possono espandere e retrarre grazie allo spostamento verso il basso o verso l'alto del diaframma, un muscolo inspiratorio che si contrae durante l'inspirazione e si rilascia durante l'espirazione.
Quando il diaframma si contrae si abbassa e si appiattisce determinando una trazione verso il basso dei polmoni; quando invece si rilascia i polmoni si retraggono.
In base a quanto detto possiamo affermare che l'inspirazione è un movimento attivo o muscolatorio mentre  l'espirazione è un fenomeno passivo.Durante l'inspirazione la gabbia toracica si espande anche grazie all'innalzamento delle costole. Ciò è reso possibile dalla loro particolare conformazione anatomica che, in condizione di riposo, le dispone con un inclinazione diretta verso il basso. Quando le costole si sollevano si proiettano in avanti così come succede per lo sterno. Nel loro insieme questi movimenti causano un sensibile incremento del volume della cassa toracica rendendo di fatto possibile l'inspirazione. L'azione di sollevamento è possibile grazie ai muscoli intercostali interni. Nei bambini fino a circa sette anni di età, la posizione delle costole risulta ancora sollevata per cui il torace assomiglia di più ad un cilindro e la capacità vitale risulta modesta.
La respirazione può essere esaltata ulteriormente attraverso la ventilazione forzata dove oltre al diaframma ed ai muscoli intercostali esterni vengono reclutati ulteriori fasci muscolari.
PUNTO DELLA SITUAZIONE: Abbiamo visto che la respirazione avviene grazie all'espansione della cassa toracica che può avvenire grazie a due meccanismi distinti:
grazie alla contrazione del diaframma, che si espande verso il basso (respirazione addominale o diaframmatica)
grazie alla contrazione dei muscoli intercostali interni, che sollevano le costole ed allargano il torace (respirazione costale o toracica)
Nel maschio prevale un'attività respiratoria di tipo addominale o diaframmatica, mentre l'organismo femminile è maggiormente prediposto ad una respirazione costale o toracica. Nelle donne l'eccessiva pressione causata dal diaframma potrebbe infatti creare danni al feto. Non a caso, durante la gravidanza si può notare uno spontaneo sollevamento della volta diaframmatica.
Tuttavia, al di là delle differenze anatomiche tra i due sessi, nei Paesi occidentali la maggior parte delle persone utilizza prevalentemente una respirazione di tipo toracico. La cultura orientale con tutte le sue arti di meditazione considera il respiro come un aspetto importantissimo nell'equilibrio fisico e psicologico dell'individuo. Per questo motivo nel corso dei secoli sono state sviluppate diverse tecniche basate sul controllo respiratorio. Secondo questi princìpi la respirazione avviene grazie ad un meccanismo riflesso ed involontario. Ogni uomo, di conseguenza, dovrebbe imparare a conoscere tale meccanismo in modo da non interferire con la sua spontaneità. La respirazione addominale aumenta quindi la consapevolezza del proprio corpo consentendo la riscoperta di una parte dimenticata del proprio essere.
I vantaggi di tale tecnica non riguardano solo la psiche ma apportano numerosi benefici anche a tutto il resto del corpo. Per questo motivo un profondo controllo del respiro può diminuire la pressione arteriosa, massaggiare delicatamente gli organi contenuti nella cavità addominale regolando le funzioni digestive e migliorando quelle respiratorie.

Ma come si effettua la respirazione addominale?

Immaginate che il vostro addome sia un palloncino che si gonfia quando inspirate e si sgonfia quando espirate
Appoggiate una mano sopra il ventre ed inspirate profondamente cercando di gonfiare il più possibile la pancia senza muovere il torace; quando avete raggiunto la massima inspirazione espirate cercando di svuotare il più possibile la pancia così come si sgonfia un palloncino.
Grazie alla sensibilità della mano è possibile prendere coscienza dei movimenti del proprio ventre. La ripetizione di tali esercizi durante la giornata, consente il passaggio graduale e spontaneo da una respirazione toracica ad una respirazione addominale o diaframmatica.

Continua:
https://www.my-personaltrainer.it/respirazione_addominale.htm

Influenza

Che cos’è l’influenza?

L'influenza è una malattia respiratoria stagionale estremamente contagiosa, che colpisce solitamente tra dicembre e marzo, con un picco a febbraio. L’impatto della stagione influenzale, ogni anno, è diverso. Ci sono inverni in cui la sindrome influenzale causa un'epidemia che mette a letto milioni di italiani, magari con complicanze anche gravi per le quali i Pronto Soccorsi vengono sommersi di richieste. Altri in cui invece il periodo dell’influenza passa senza quasi farsi sentire.
È causata da un'infezione delle vie aeree (naso, gola, trachea, bronchi, polmoni) da parte di virus influenzali. In genere l'influenza dura dai tre ai cinque giorni, ma lo stato di affaticamento, può prolungarsi per due o tre settimane.
Le forme più lievi possono talvolta essere confuse per raffreddore: i sintomi sono simili, ma nell'influenza sono in genere più marcati e compaiono molto bruscamente.
La congestione nasale (un fastidio caratterizzato da gonfiore e secrezioni nasali, simile a quello associato alla sinusite), la gola irritata e gli starnuti frequenti sono i sintomi più comuni del raffreddore, che oltre a difficoltà respiratorie può dare anche mal di testa e tosse, proprio come l'influenza; ma in quest'ultimo caso si avranno anche altri disturbi, come febbre, dolori muscolari e articolari, affaticamento e debolezza.
Nonostante le analogie, il raffreddore e l'influenza sono due patologie completamente diverse, causate da virus diversi. Infine, anche se il nome può confondere le idee, la cosiddetta influenza intestinale non ha nulla a che fare con l’influenza classica. La prima infatti è causata da virus diversi e i sintomi specifici sono nausea, diarrea e vomito.

L'influenza è causata da virus diversi da quelli del raffreddore, e si accompagna tipicamente a sintomi come febbredolori muscolari e sintomi respiratori (naso chiuso, tosse o mal di gola).
L'influenza è dovuta a virus del genere Orthomixovirus: finora ne sono stati identificati tre tipi, chiamati A, B e C.
Il virus A è quello che causa la sintomatologia più grave ed è il responsabile di epidemie importanti, con una diffusione ampia nella popolazione. Generalmente colpisce ogni due-tre anni.
Il tipo B è meno diffuso e, generalmente, dà origine a infezioni che comportano sintomi più lievi; tuttavia, può essere anch'esso alla base di rilevanti epidemie ogni tre-cinque anni.
Il tipo C, invece, induce una forma di influenza molto lieve, con sintomi simili a quelli di un raffreddore e di scarsa rilevanza. Un lieve malessere che spesso passa dopo giorno di riposo.
Tutti e tre i tipi di virus possono mutare, dando origine a nuovi ceppi. Ciò significa che non è possibile sviluppare un'immunità permanente all'influenza. A differenza di quanto succede per altre malattie infettive, secondo gli esperti, anche se il nostro organismo appronta gli anticorpi contro il virus influenzale un anno, è poco probabile che tali anticorpi siano in grado di proteggerci l'anno successivo.
Anche per questa ragione in Italia è stato istituito l’osservatorio Influnet, coordinato dal Ministero della Salute in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità. Tra i suoi scopi c’è anche quello di valutare e monitorare l’efficacia della vaccinazione antinfluenzale.
La trasmissione del virus dell'influenza è molto facile e avviene non solo per contatto diretto (se condividiamo, per esempio, un bicchiere o una stoviglia con qualcuno già infettato), ma anche per via aerea, quando respiriamo l'aria nella quale sono sospese goccioline infette di saliva, emesse dai soggetti influenzati starnutendo e tossendo, ma anche solo parlando.
E non è tutto: possiamo infettarci anche semplicemente toccando con le mani oggetti o superfici contaminate. Per esempio sul tram, al ristorante oppure, per gli amanti dello sport, nelle palestre dove si condividono gli attrezzi.
In questo caso, il virus si deposita sulle nostre mani e, quando portiamo queste al naso o alla bocca, o ci strofiniamo gli occhi, penetra nel nostro organismo infettandolo. Una volta entrato nelle vie respiratorie, il virus si moltiplica velocemente dando luogo all'influenza.
Il sistema muco-ciliare del naso svolge la fondamentale funzione di purificare l'aria che respiriamo da particelle estranee: queste vengono intrappolate nel muco, mentre il movimento delle ciglia determina la progressione del muco contaminato verso l'oro-faringe da dove viene espettorato (attraverso la tosse) o deglutito.
Per questo è bene seguire buone norme igieniche: lavarsi bene le mani; ad ogni starnuto o colpo di tosse coprirsi bene la bocca e il naso con un fazzoletto usa e getta; e sbarazzarsi dei fazzoletti usati in modo opportuno.
Quando un virus dell'influenza entra nelle vie respiratorie, si difende dall'attacco del muco grazie a proteine presenti sul suo rivestimento. Quindi il virus si aggancia alle cellule della mucosa legandosi a una componente della loro superficie.
È questo il primo passo verso l'infezione: il virus penetra nella cellula e inizia a riprodursi a spese di questa.
Alla fine, le cellule infettate muoiono, liberando le particelle virali appena formate. Queste ultime vanno a infettare altre cellule, amplificando l'infezione. Bastano anche pochissime particelle di virus per produrre l'infezione e innescare il processo infiammatorio che genera l'influenza; di lì a poco compariranno anche i primi sintomi dell'influenza.
La diagnosi dell’influenza è semplice: generalmente, insorge all'improvviso e bruscamente. Si presenta in 3-6 ore dal contagio, accompagnata da brividi, sudorazione e febbre alta.
I sintomi dell'influenza sono dovuti alla reazione di difesa del nostro organismo all'invasione virale. Per esempio, la febbre è una delle armi di protezione con le quali il nostro sistema immunitario cerca di eliminare i virus, che sopravvivono male a temperatura elevata.
Anche la tosse è il mezzo attraverso il quale il corpo cerca di liberarsi da ospiti indesiderati, come batteri e virus.
Il riflesso della tosse viene attivato nel tentativo di espellere il muco nel quale si trovano intrappolati i microrganismi affinché questi non raggiungano i polmoni e altri distretti.
Gli altri sintomi, generalmente presenti durante l'influenza sono:
MAL DI TESTA
Il mal di testa è presente nell'80% dei casi di influenza e, generalmente, in forma forte.
DOLORI MUSCOLARI
Dolori in tutto il corpo sono tipici dell'influenza e molto fastidiosi.
TOSSE E DOLORI AL PETTO
La tosse è sintomo respiratorio frequente. I dolori al petto possono diventare molto forti e aggravarsi. La tosse è secca decisamente persistente.
FEBBRE
La febbre si presenta alta (38,5-40 °C) e dura 3-4 giorni. Importante prendere farmaci antipiretici per abbassare la febbre, soprattutto quando è alta o si protrae per più giorni. Bere molto per reintegrare i liquidi e i sali persi sudando.
DEBOLEZZA FISICA
I sintomi di debolezza fisica possono durare fino a 2-3 settimane.
SEGNI DI SPOSSATEZZA
Una sensazione di spossatezza estrema all'inizio è spesso presente, poi resta un diffuso senso di debolezza e stanchezza.
Sebbene non sia una patologia da sottovalutare, se non subentrano complicazioni l'influenza si risolve in una settimana circa.
I sintomi compaiono all'improvviso, da 1 a 4 giorni dopo il contagio, e si manifestano con febbre, generalmente tra i 38 e i 39°C, accompagnata da brividi e sudorazione, affaticamento, dolori muscolari, cefalea, e uno stato di intensa debolezza.
A questi si possono aggiungere tosse, secca e persistente, che può causare dolori al petto e, talvolta, mal di gola e naso chiuso. Dato che il virus può essere trasmesso da subito dopo il contagio, anche persone apparentemente sane ma che hanno la malattia in incubazione potrebbero contribuire a diffonderlo.
QUANTO DURA L'INFLUENZA
Per fortuna è raro che l'influenza comporti la necessità di ricorrere al Pronto Soccorso per un ricovero all'ospedale. Sia la severità sia la durata dei suoi sintomi sono variabili. La febbre (in genere più elevata quando l'infezione è dovuta a un virus di ceppo A) e i dolori iniziano a scomparire dopo 2-4 giorni, e la maggior parte dei disturbi fa il suo decorso in un arco di tempo compreso tra 4 e 7 giorni. Nel frattempo possono fare la loro comparsa nuovi disturbi come tosse secca, naso che cola (rinorrea), respiri affannosi e mal di gola.
La tosse e la spossatezza possono durare settimane, e non mancano nemmeno i casi in cui la temperatura corporea torna a salire. Sintomi particolarmente gravi o resistenti alle cure dovrebbero però far scattare un campanello d'allarme in più: nel caso, la scelta migliore è contattare il medico. Ed è sempre il medico l'esperto cui affidarsi quando si pensa di essere particolarmente a rischio di sviluppare complicazioni.