CONTATORE PERSONE

19/04/20

L' OSSERVAZIONE CAMBIA IL RISULTATO

E' chiaro che qualcosa non ha funzionato
17/04/2020 🤔🤔🤔🤔🤔🤔 la giornalista sottopone la domanda a Borrelli
(appunti L’OMS, dopo l’epidemia di Sars del 2003, ha obbligato tutti i governi a dotarsi di un piano anti pandemico.
Nel 2005 sono state dettate, sempre dall’Organizzazione mondiale della Sanità, le Linee Guida per arrivare alla stesura dei vari piani, fatte proprie anche nel programma di Emergenza italiano del 2018.)
🤥🤥🤥🤥🤥🤥Borrelli risponde
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Gregorio De Falco Senatore **Piano Anti Pandemia**
⬇️accurata sequenza temporale degli avvenimenti e riferimenti precisi⬇️
L’interrogazione di cui si parla nel video è quella che ho presentato con procedura d'urgenza, pubblicata dal Senato il 1 aprile, alla quale il Governo avrebbe dovuto rispondere rapidamente. Nel frattempo, le confuse risposte fornite sul tema dal Commissario Straordinario Borrelli, destano perlomeno stupore. Infatti:
1) Secondo il Commissario Straordinario un Piano Anti Pandemia non basta; sarebbe necessario un piano per ogni tipo di agente patogeno (uno per ogni virus, uno per ogni batterio, ecc.), poiché quello esistente era stato preparato per epidemie influenzali (influenza = malattia infettiva contagiosa delle vie respiratorie, endemica ed epidemica, di origine virale, a carattere acuto, come Sars - Cov 2, appunto). Il testo della risposta di Borrelli è letteraria e sembra scritta da Ionesco...
2) #Borrelli NON RISPONDE, NON dà dettagli, afferma (altro che dettagli!) perché, afferma, NON SAREBBE compito del Capo della Protezione Civile, né del Commissario Straordinario, né infine del coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico affrontare l'epidemia. Ed ha ragione lui, poiché ha le competenze di un revisore dei conti, è normale, quindi, che non capisca di contagio, malattia, epidemia, pandemia ed emergenze in genere;
3) Il video RENDE EVIDENTE che Borrelli non ripone fiducia nemmeno nel Professor LOCATELLI, il luminare che gli siede di fianco, se - come sembra - gli toglie la parola e non gli consente di rispondere alla giornalista.

Ma è il Governo a dover rispondere, in Parlamento, e a dover chiarire perché il Piano Anti Pandemia che esiste dal 2006 e che si trova sulla pagina del Ministero della Salute non sia stato utilizzato, nemmeno come modello per preparare le misure e le azioni di tutela della popolazione, e degli operatori sanitari in primo luogo.
Il tempo c'era, poiché l'emergenza sanitaria si era manifestata in Cina fin dalla fine di dicembre del 2019 e sarebbe stato possibile sia fare scorta dei dispositivi di protezione sia di apparecchiature medicali, quali, ad esempio, i ventilatori polmonari, e di medicinali antivirali che si sono dimostrati provvidenziali in combinazione tra loro, come ad esempio nel protocollo approvato dall'AIFA ed utilizzato al Cotugno, a Napoli.
Se si fosse proceduto nei tempi previsti, inoltre, si sarebbero certo evitate affermazioni avventurose, come quella per cui le mascherine sarebbero state utili ai soli casi positivi.
Inoltre, ci sarebbe stato il tempo per fare scorta di tamponi e reagenti e di conseguenza per poter tracciare i focolai dei positivi, indipendentemente dai sintomi ed innanzitutto tra il personale sanitario e per rafforzare la medicina territoriale, cercando di curare al domicilio il maggior numero di pazienti, senza però mettere a rischio i medici di base, che per ora hanno pagato il più alto tributo, non avendo alcun presidio. Nulla di tutto questo è stato fatto e si è proceduto alla cieca.
La conduzione complessiva delle operazioni è stata fatta senza alcuna conoscenza effettiva del complessivo scenario in cui si opera, e tali condizioni sfavorevoli sono state determinate da quelle valutazioni e da quelle scelte inopinate, a causa delle quali il contagio non ha incontrato altro ostacolo che il distanziamento sociale.
Ora è evidente che non avendo alcuna idea, nemmeno approssimativa, dello scenario emergenziale effettivo in cui ci muoviamo, ogni ipotesi di riapertura, in queste condizioni (e con questi decisori) si rivela assolutamente pericolosa e velleitaria.
La MANCATA conoscenza del virus avrebbe dovuto essere rilevante solo per quel che riguardava l’assenza dei dati circa la sua specifica virulenza e contagiosità, ma per il resto si sarebbe dovuto fare riferimento alla storia ed all'esperienza più recente (Sars); sulla virulenza specifica occorreva evidentemente essere prudenti e non escludere - come giustamente non era stato escluso in Corea del Sud, laddove si tracciavano giustamente tutti i focolai - che senza tosse e starnuti il virus si diffondesse comunque in modo significativo, come invece aveva fatto, con una certa dose di imprudenza, il Prof. Locatelli.
Si tratta, invece, di un'epidemia virale aero-diffusa altamente contagiosa e di altissima virulenza. Il sistema complesso uomo-virus di per se è difficilmente valutabile nella sua evoluzione epidemica tanto più non attuando misure essenziali, basilari, di contenimento attivo. Prima di riaprire è dunque fondamentale fare quello che non si è fatto finora e che pure era previsto fosse fatto, isolando i focolai affinché non si trasmetta in modo silente la malattia.
Su questi presupposti essenziali, più che prudenziali, si potrà decidere quando, come e cosa riaprire a ragion veduta, nell'ottica della progressiva riduzione dello sforzo, tenendo conto che una volta riaperte le attività sarebbe di certo molto difficile imporre un eventuale nuovo Lock-down, qualora fosse necessario.
In definitiva, non si può riaprire, chiudendo una "Fase 1", che non essendo mai stata implementata, rischia di far precipitare le nostre città in una pesantissima recrudescenza dell'epidemia, come accadde in occasione della Pandemia di Spagnola dei primi del 1900, in cui la seconda ondata fece più vittime della prima.
La storia deve ammonire, l'esperienza preparare, il buon senso guidare anche dinanzi a situazioni totalmente nuove: a maggior ragione allorquando, le caratteristiche essenziali del fenomeno da affrontare sono in buona parte sovrapponibili alle nostre esperienze pregresse, non si deve esitare ma occorre agire, con prontezza e decisione, e dinanzi ad una emergenza di massa occorre profondere il massimo dello sforzo possibile fin dal primo momento, per portare soccorso alla popolazione senza alcun balbettio. Solo in seguito, stabilizzata la situazione, si può ridurre l'intensità e adeguare e proporzionare l'impiego delle risorse, assecondando le minori esigenze.
Purtoppo, constato con amarezza che anche in queste tragiche circostanze, anche dinanzi, appunto, ad una emergenza di massa, profilandosi il serio rischio di dover seriamente dare conto del proprio operato, molti già tentano di defilarsi.

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