A.D. 2013
SCLEROSI MULTIPLA - LA VITAMINA C STIMOLA LA PRODUZIONE DI INTERFERONE, AGISCE DA FATTORE INATTIVANTE CONTRO VIRUS E INFEZIONI
Le informazioni qui riportate Hanno solo un fine illustrativo: NON costituiscono e NON provengono né da prescrizione né da consiglio medico, rivolgersi SEMPRE e comunque al PROPRIO MEDICO NB: L'ADMI ritiene i propri lettori persone ragionevoli e dotate di senso della misura. I vostri commenti VERRANNO INSERITI dopo controllo, in caso Si riserva la facoltà di cancellare commenti di CATTIVO GUSTO e/o OFFENSIVI
CONTATORE PERSONE
07/12/19
Sulla Terra niente distrugge batteri e virus meglio dell’ozono.
A.D.
L’ozono è un gas che, in natura, si forma nell’atmosfera grazie a scariche elettriche che modificano la stabile struttura molecolare dell’ossigeno (O2), trasformandolo in O3. Ha un colore lievemente blu e un odore pungente. Una molecola di ozono è quindi formata da tre atomi di ossigeno ed è instabile: uno dei tre atomi tende infatti a separarsi per unirsi ad altre strutture molecolari, facendo ritornare la molecola di ossigeno (O2) alla sua forma stabile. Ma è proprio da questa instabilità che derivano le sue proprietà benefiche.
Sulla Terra infatti niente distrugge batteri e virus meglio dell’ozono. Può essere usato inoltre per eliminare, funghi, muffe, pesticidi, metalli pesanti, nitrati, nitriti e altre sostanze potenzialmente dannose. Grazie alla sua capacità di ossidazione, uccide i batteri attaccando la struttura molecolare delle loro membrane protettive e alterandone gli enzimi interni. Modificando la composizione molecolare di muffe, funghi e alghe, riesce ad annientarli. L’ozono è inoltre in grado di penetrare nelle strutture interne dei virus, danneggiando gli acidi nucleici virali e impedendo così la loro replicazione.
Non esiste quindi batterio, virus o fungo che possa resistere a una corretta dose di ozono, somministrata nei tempi giusti. Inoltre, normalizza e riequilibra il sistema immunitario, intervenendo contro le immunodeficienze e contro le risposte in eccesso come, per esempio, nel caso delle allergie. Senza dimenticare le sue proprietà antidolorifiche e antinfiammatorie, e la capacità di migliorare il metabolismo cellulare. Nelle zone del corpo dove viene somministrato, l’ozono migliora la circolazione sanguigna, soprattutto il microcircolo dei capillari, scioglie i grassi corporei (molto efficace contro cellulite e adiposità localizzate) e agisce contro i muscoli tesi e contratti.
L’ossigeno-ozono terapia può anche essere un valido rimedio al problema sempre maggiore della resistenza dei batteri agli antibiotici. Un fenomeno alimentato dall’abuso o dall’uso scorretto di farmaci che stimolano nei batteri la capacità di resistere alla loro azione. L’ozono è in grado di annientare anche quei ceppi batterici contro cui si dimostrano inefficaci anche gli antibiotici più potenti in circolazione.
L’ozono può essere somministrato in diversi modi, tutti certificati da protocolli medico scientifici autorizzati dalla Sioot e approvati dal Ministero della Salute:
• Grande autoemoinfusione: si prelevano 100 o 200 cc di sangue da una vena del braccio del paziente. Il sangue finisce in una sacca certificata. Senza staccare dal paziente l’ago del prelievo, un apposito dispositivo inserisce una miscela gassosa di ossigeno e ozono nella sacca e la mescola con il sangue prelevato. Il laccio emostatico viene quindi tolto dal braccio del paziente, la sacca viene sollevata e il sangue riaffluisce nell’organismo del paziente, portando con sé l’ozono e tutti i suoi effetti benefici.
• Piccola autoemoinfusione: il principio è lo stesso della grande autoemoinfusione, con la differenza che nella piccola autoemoinfusione sono prelevati pochi cc. di sangue dal paziente, arricchiti con la miscela gassosa di ossigeno e ozono e reiniettati con una siringa per via intramuscolare anziché per via endovenosa.
• Iniezioni di ossigeno-ozono sottocutanee, intramuscolari e intrarticolari: la miscela di ossigeno-ozono viene iniettata in diverse quantità, in diversi modi e in diverse zone del corpo, in base alla patologia da curare.
• Insufflazioni di ossigeno-ozono rettali, anali, vaginali, uterine e uretrali: la miscela di ossigeno e ozono viene introdotta nelle rispettive zone attraverso dei piccoli cateteri. L’ozono entra così in contatto diretto con tessuti soggetti a infezioni, infiammazioni, irritazioni, dolori o altre condizioni di disagio.
• Via topica: si applica su mani, braccia, piedi e gambe. La zona interessata viene avvolta in un sacchetto isolante di materiale plastico in cui viene fatto affluire l’ozono.
• Idropinica: il paziente beve regolarmente acqua ozonizzata e il suo organismo può così godere dei benefici globali dell’ozono.
La validità dei metodi di somministrazione dell’ozono e dell’ossigeno-ozono terapia come strumento di cura di numerose patologie è confermata da una bibliografia di oltre 1800 lavori pubblicati dal 1995 a oggi su www.pudmed.com, una sorta di enciclopedia online che riporta tutti i lavori scientifici pubblicati sulle più importanti riviste mediche.
È assolutamente proibito iniettare la miscela di ossigeno-ozono direttamente nelle vene o nelle arterie. Da evitare anche la somministrazione per via respiratoria, le cui controindicazioni sono documentate da oltre 1750 pubblicazioni.
Per saperne di più sulle patologie curabili con l’ossigeno-ozono terapia, suggeriamo la consultazione della sezione INDICAZIONI CLINICHE su questo sito internet.
ozonoterapia
A.D.
Gli effetti dell’ozonoterapia sul sistema immunitario.
Gli effetti dell’ozonoterapia sul sistema immunitario.
Pubblicato da Fabrizio de Gasperis il 15 Novembre 2018
Bere acqua ozonizzata crea numerosi benefici fisici, bevuta regolarmente a stomaco vuoto aiuta l'eliminazione del Helicobacter Pylori, riduce le gastriti, è utile nelle disbiosi intestinali disintossicando e regolarizzando il tratto intestinale.
Come già precedentemente abbiamo detto, parleremo qui degli effetti dell’ozonoterapia sul sistema immunitario attraverso un meccanismo in grado di modificarne la risposta, denominato immunomodulazione.
1) Promuove la sintesi di mediatori che fungono da segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e fra queste e diversi organi e tessuti ( denominate citochine ) da parte di cellule a ciò specializzate ( macrofagi, monociti e linfociti )
2) Esercita un’azione positiva sulla liberazione di citochine ( vedi sopra ) dotate di capacità immunostimolanti o immunodeprimenti in modo equamente bilanciato
3) Ha azione benefica su cellule del nostro organismo presenti sin dalla nascita da immaginare come prima linea di difesa dell’organismo contro un organismo estraneo, il cosiddetto “ non self “. Queste sono le cellule che formano la difesa aspecifica così definita in immunologia.
4) Egualmente esercita azione positiva anche su cellule che si sviluppano progressivamente dopo l’incontro con uno specifico nemico ( definito antigene ) e comprendono mediatori chimici e cellulari
Inoltre ricordiamo che l’ozono esercita una forte attività distruttiva nei confronti di batteri, funghi e virus. L’azione nei confronti di batteri e funghi avviene come quando mettiamo una goccia di acqua ossigenata su di una ferita sanguinante: la prima cosa che vediamo è l’effervescenza che si sviluppa cioè è l’azione ossidativa dei perossidi indotta dall’ozono. Per l’attacco ai virus invece il meccanismo d’azione è differente poiché l’ozono impedisce l’attacco del virus alla cellula bersaglio, impedendogli quindi di riprodursi.
Possiamo quindi affermare che il risultato positivo dell’ozonoterapia può essere dato a più fattori:
1) Effetto positivo sulla regolazione di nuovi vasi sanguigni ( fenomeno noto come angiogenesi )
2) Effetto regolatore sul sistema di ossidazione cellulare ( già discusso precedentemente )
3) Azione di attivazione delle cellule deputate alla produzione di anticorpi ( definite immunocompetenti ) e sulla produzione delle citochine che abbiamo citato più sopra
4) In ultimo importantissima la capacità di attivare il metabolismo dei globuli rossi con conseguente aumento della disponibilità di ossigeno. E l’ossigeno è vita…
Quali sono gli effetti benefici
1) Modulazione del sistema immunitario
2) Modula l’influenza del sistema nervoso sulla crescita ( trofismo ) tissutale
3) Aumenta la capacità cicatrizzante e quella della rigenerazione dei tessuti
4) Incremento del microcircolo
5) Potere antiinfiammatorio, antidolorifico ed antiedemigeno ( utilissimo nelle ernie discali )
6) Capacità antibatterica ( l’ozono si usa anche per depurare le acque )
7) Capacità antivirale
8) Capacità antifungina ( o antimicotica )
Sulla scorta di quanto detto sino ad ora, è facilmente intuibile come i campi d’azione di questa meravigliosa terapia siano molteplici, variando ovviamente concentrazioni della miscela O3-O2 e la modalità di applicazione della stessa.
https://www.fabriziodegasperis.it/gli-effetti-dellozonoterapia-sul-sistema-immunitario/
https://www.fabriziodegasperis.it/gli-effetti-dellozonoterapia-sul-sistema-immunitario/
PROBIOTICI E PREBIOTICI
PROBIOTICI E PREBIOTICI Andrea Poli Nutrition Foundation of Italy, Milano
A.D.
ABSTRACT
La principale strategia per influenzare la composizione del microbiota intestinale prevede l’integrazione diretta della dieta con alimenti ricchi delle specie batteriche di interesse o mediante preparazioni protette dei batteri stessi, abitualmente liofilizzati. Una possibilità alternativa è il consumo di alimenti o integratori, come la fibra alimentare, che per la loro indigeribilità da parte degli enzimi digestivi umani sono in grado di fornire substrati energetici al microbiota o a una sua parte, favorendone selettivamente la crescita. Un effetto simile può essere ottenuto anche mediante l’impiego di estratti vegetali, o di molecole specifiche (come alcuni polifenoli). L’uso di formulazioni simbiotiche, che contengono sia il ceppo batterico desiderato, e sia la fonte energetica che può sostenerne la crescita, rappresenterà forse, in futuro, l’approccio più razionale al problema degli interventi finalizzati alla modificazione del microbiota intestinale. Qual è la strategia migliore per modificare il microbiota intestinale, migliorandone la composizione (o aumentandone la diversità) con obiettivi di salute? Le crescenti informazioni sul ruolo del microbiota stesso nel mantenere il nostro organismo in una condizione di benessere hanno reso questo quesito di immediata rilevanza pratica. Già oggi sono possibili interventi di varia natura: dal consumo di alimenti naturalmente ricchi di batteri ad azione probiotica, tipici di alcuni alimenti fermentati (specie latticini), all’integrazione alimentare con liofilizzati batterici, meglio se in formulazioni protette in grado di raggiungere in forma vitale il tratto intestinale inferiore, superando indenni la doppia barriera del pH acido gastrico e alcalino a livello del duodeno. La ricchezza della flora batterica intestinale, che supera le 1013 unità, implica naturalmente, per poter ottenere effetti di una portata significativa, l’uso di preparati batterici di adeguata consistenza numerica: e la raccomandazione della linea guida ministeriale al proposito 1 (almeno 109 cellule vitali al termine della shelf-life) è ormai spesso superata, anche di un fattore 10, dai prodotti a disposizione di medici e consumatori. Un approccio alternativo, che può in realtà anche essere combinato con la supplementazione diretta con probiotici, è rappresentato dalla creazione, a livello intestinale, di un microambiente favorevole per le specie batteriche di cui si intende amplificare la crescita. Un obiettivo che può essere ottenuto mediante la somministrazione dei cosiddetti prebiotici, in genere (ma ormai non più solamente) substrati energetici selettivamente utilizzabili da alcune specie batteriche, che ne favoriscono quindi la proliferazione e lo sviluppo. Il prebiotico tipico è la cosiddetta fibra alimentare, e cioè quel mix di carboidrati complessi caratterizzati da unità monomeriche collegate da legami non attaccabili dagli enzimi digestivi umani, e che pertanto non possono essere “smontati” e assorbiti dal nostro apparato digerente, e raggiungono quindi più o meno intatti il tratto digerente inferiore 2. Le fibre con un più marcato effetto prebiotico sarebbero l’inulina e i FOS (polimeri di varia lunghezza del fruttosio), i beta-glucani, le pectine 2, ma un certo effetto prebiotico è attribuibile praticamente a tutti i composti della famiglia delle fibre. È quindi chiaro che la nostra alimentazione quotidiana è la prima fonte di prebiotici: alcuni autori ritengono che i vantaggi di salute attribuiti a un adeguato consumo di fibra siano in realtà dovuti non solo agli effetti metabolici, ma anche (e forse precipuamente) a quelli prebiotici della fibra stessa. A partire dalla fibra, tra l’altro, molti batteri del microbiota producono i cosiddetti SCFA (short chain fatty acids), come l’acetato, il propionato e specie il butirrato, dotati di numerosi effetti favorevoli sia sulla parete del colon e sia a livello sistemico 3. È interessante osservare come l’effetto prebiotico di alcuni oligosaccaridi (soprattutto i cosiddetti GOS, o galatto-oligosaccaridi) svolga un ruolo determinante durante la colonizzazione dell’intestino – di fatto sterile o quasi sterile in utero – del neonato: questi composti, presenti nel latte materno, non sono infatti attaccabili da parte degli enzimi digestivi del neonato stesso, e raggiungono intatti il suo intestino tenue e il colon, facilitando selettivamente la crescita di bifidobacilli e lactobacilli, che sono in grado di utilizzarli come substrati energetici, e che probabilmente rappresentano il microbiota intestinale ottimale in questa fase della vita 4. Il concetto di prebiotico, inizialmente riferito soprattutto alla fibra alimentare, può essere tuttavia allargato in modo significativo: molti composti di origine vegetale, per esempio, sono in grado di influenzare selettivamente la crescita di alcune specie batteriche. La berberina, presente in molti integratori, sembrerebbe stimolare la crescita dell’Akkermansia Muciniphila, che contribuirebbe significativamente all’effetto di protezione vascolare associato all’uso sistematico della berberina stessa nei modelli sperimentali 5. Analogamente, molti alimenti ricchi di polifenoli sono in grado di influenzare la crescita batterica intestinale, rappresentando inoltre la base metabolica per la sintesi di metaboliti secondari, talora di potenziale interesse salutistico (come l’enterodiolo prodotto a partire dalla lignina) 6. Il resveratrolo, modificando il profilo del microbiota intestinale, ridurrebbe invece, secondo alcuni dati preliminari ottenuti nell’animale, la conversione della colina in trimetilammina (TMA) e quindi nel corrispondente composto ossidato (la TMAO) 7, depotenziando quindi uno dei possibili meccanismi alla base dell’aterogenicità di carni e uova, analizzato in uno dei numeri precedenti di Microbioma Microbiota 8. Recentemente la possibilità di influenzare il microbiota intestinale si è allargata anche all’impiego dei batteriofagi, virus a struttura complessa caratterizzati dalla capacità di legarsi a batteri specifici, infettandoli e causando la distruzione per esplosione della cellula batterica. I batteriofagi possono quindi intervenire “chirurgicamente” sul microbiota, riducendo selettivamente popolazioni batteriche la cui consistenza sia eccessiva, e costituendo quindi una sorta di terapia antibiotica mirata, in grado di facilitare la crescita di specie antagoniste. Recentemente, uno studio controllato contro placebo ha documentato la sicurezza di impiego dell’uso di una preparazione commerciale, già disponibile negli USA, di quattro ceppi di batteriofagi in soggetti con disturbi gastrointestinali, spesso poco tolleranti dei prebiotici classici a base di fibra alimentare, confermando la praticabilità di questo approccio 9. La possibilità di influenzare il microbiota attraverso la somministrazione concomitante di probiotici e degli opportuni prebiotici sembrerebbe forse la tecnica dotata di maggiori prospettive in un’ottica di tipo terapeutico. Miscele di questa natura (simbiotici) sono in effetti già state utilizzate in studi clinici, rivelando una superiore capacità di colonizzare il microbiota intestinale e, in alcuni casi, di migliorare alcuni aspetti di salute del paziente 10. È presumibile che questi aspetti della terapia con probiotici siano destinati a un rapido e interessante sviluppo.
La principale strategia per influenzare la composizione del microbiota intestinale prevede l’integrazione diretta della dieta con alimenti ricchi delle specie batteriche di interesse o mediante preparazioni protette dei batteri stessi, abitualmente liofilizzati. Una possibilità alternativa è il consumo di alimenti o integratori, come la fibra alimentare, che per la loro indigeribilità da parte degli enzimi digestivi umani sono in grado di fornire substrati energetici al microbiota o a una sua parte, favorendone selettivamente la crescita. Un effetto simile può essere ottenuto anche mediante l’impiego di estratti vegetali, o di molecole specifiche (come alcuni polifenoli). L’uso di formulazioni simbiotiche, che contengono sia il ceppo batterico desiderato, e sia la fonte energetica che può sostenerne la crescita, rappresenterà forse, in futuro, l’approccio più razionale al problema degli interventi finalizzati alla modificazione del microbiota intestinale. Qual è la strategia migliore per modificare il microbiota intestinale, migliorandone la composizione (o aumentandone la diversità) con obiettivi di salute? Le crescenti informazioni sul ruolo del microbiota stesso nel mantenere il nostro organismo in una condizione di benessere hanno reso questo quesito di immediata rilevanza pratica. Già oggi sono possibili interventi di varia natura: dal consumo di alimenti naturalmente ricchi di batteri ad azione probiotica, tipici di alcuni alimenti fermentati (specie latticini), all’integrazione alimentare con liofilizzati batterici, meglio se in formulazioni protette in grado di raggiungere in forma vitale il tratto intestinale inferiore, superando indenni la doppia barriera del pH acido gastrico e alcalino a livello del duodeno. La ricchezza della flora batterica intestinale, che supera le 1013 unità, implica naturalmente, per poter ottenere effetti di una portata significativa, l’uso di preparati batterici di adeguata consistenza numerica: e la raccomandazione della linea guida ministeriale al proposito 1 (almeno 109 cellule vitali al termine della shelf-life) è ormai spesso superata, anche di un fattore 10, dai prodotti a disposizione di medici e consumatori. Un approccio alternativo, che può in realtà anche essere combinato con la supplementazione diretta con probiotici, è rappresentato dalla creazione, a livello intestinale, di un microambiente favorevole per le specie batteriche di cui si intende amplificare la crescita. Un obiettivo che può essere ottenuto mediante la somministrazione dei cosiddetti prebiotici, in genere (ma ormai non più solamente) substrati energetici selettivamente utilizzabili da alcune specie batteriche, che ne favoriscono quindi la proliferazione e lo sviluppo. Il prebiotico tipico è la cosiddetta fibra alimentare, e cioè quel mix di carboidrati complessi caratterizzati da unità monomeriche collegate da legami non attaccabili dagli enzimi digestivi umani, e che pertanto non possono essere “smontati” e assorbiti dal nostro apparato digerente, e raggiungono quindi più o meno intatti il tratto digerente inferiore 2. Le fibre con un più marcato effetto prebiotico sarebbero l’inulina e i FOS (polimeri di varia lunghezza del fruttosio), i beta-glucani, le pectine 2, ma un certo effetto prebiotico è attribuibile praticamente a tutti i composti della famiglia delle fibre. È quindi chiaro che la nostra alimentazione quotidiana è la prima fonte di prebiotici: alcuni autori ritengono che i vantaggi di salute attribuiti a un adeguato consumo di fibra siano in realtà dovuti non solo agli effetti metabolici, ma anche (e forse precipuamente) a quelli prebiotici della fibra stessa. A partire dalla fibra, tra l’altro, molti batteri del microbiota producono i cosiddetti SCFA (short chain fatty acids), come l’acetato, il propionato e specie il butirrato, dotati di numerosi effetti favorevoli sia sulla parete del colon e sia a livello sistemico 3. È interessante osservare come l’effetto prebiotico di alcuni oligosaccaridi (soprattutto i cosiddetti GOS, o galatto-oligosaccaridi) svolga un ruolo determinante durante la colonizzazione dell’intestino – di fatto sterile o quasi sterile in utero – del neonato: questi composti, presenti nel latte materno, non sono infatti attaccabili da parte degli enzimi digestivi del neonato stesso, e raggiungono intatti il suo intestino tenue e il colon, facilitando selettivamente la crescita di bifidobacilli e lactobacilli, che sono in grado di utilizzarli come substrati energetici, e che probabilmente rappresentano il microbiota intestinale ottimale in questa fase della vita 4. Il concetto di prebiotico, inizialmente riferito soprattutto alla fibra alimentare, può essere tuttavia allargato in modo significativo: molti composti di origine vegetale, per esempio, sono in grado di influenzare selettivamente la crescita di alcune specie batteriche. La berberina, presente in molti integratori, sembrerebbe stimolare la crescita dell’Akkermansia Muciniphila, che contribuirebbe significativamente all’effetto di protezione vascolare associato all’uso sistematico della berberina stessa nei modelli sperimentali 5. Analogamente, molti alimenti ricchi di polifenoli sono in grado di influenzare la crescita batterica intestinale, rappresentando inoltre la base metabolica per la sintesi di metaboliti secondari, talora di potenziale interesse salutistico (come l’enterodiolo prodotto a partire dalla lignina) 6. Il resveratrolo, modificando il profilo del microbiota intestinale, ridurrebbe invece, secondo alcuni dati preliminari ottenuti nell’animale, la conversione della colina in trimetilammina (TMA) e quindi nel corrispondente composto ossidato (la TMAO) 7, depotenziando quindi uno dei possibili meccanismi alla base dell’aterogenicità di carni e uova, analizzato in uno dei numeri precedenti di Microbioma Microbiota 8. Recentemente la possibilità di influenzare il microbiota intestinale si è allargata anche all’impiego dei batteriofagi, virus a struttura complessa caratterizzati dalla capacità di legarsi a batteri specifici, infettandoli e causando la distruzione per esplosione della cellula batterica. I batteriofagi possono quindi intervenire “chirurgicamente” sul microbiota, riducendo selettivamente popolazioni batteriche la cui consistenza sia eccessiva, e costituendo quindi una sorta di terapia antibiotica mirata, in grado di facilitare la crescita di specie antagoniste. Recentemente, uno studio controllato contro placebo ha documentato la sicurezza di impiego dell’uso di una preparazione commerciale, già disponibile negli USA, di quattro ceppi di batteriofagi in soggetti con disturbi gastrointestinali, spesso poco tolleranti dei prebiotici classici a base di fibra alimentare, confermando la praticabilità di questo approccio 9. La possibilità di influenzare il microbiota attraverso la somministrazione concomitante di probiotici e degli opportuni prebiotici sembrerebbe forse la tecnica dotata di maggiori prospettive in un’ottica di tipo terapeutico. Miscele di questa natura (simbiotici) sono in effetti già state utilizzate in studi clinici, rivelando una superiore capacità di colonizzare il microbiota intestinale e, in alcuni casi, di migliorare alcuni aspetti di salute del paziente 10. È presumibile che questi aspetti della terapia con probiotici siano destinati a un rapido e interessante sviluppo.
sclerosi multipla e fibromialgia
Qual è la differenza tra sclerosi multipla e fibromialgia?
- MS vs sintomi della fibromialgia
- Dolore alla SM
- Diagnosi
- Aspettative di vita
- Trattamenti
- Cos'altro potrebbe essere?
- Conclusione
La sclerosi multipla e la fibromialgia coinvolgono entrambi il sistema nervoso e causano sintomi cronici, come dolore e stanchezza. Tuttavia, ci sono differenze cruciali.
La sclerosi multipla (SM) è una condizione neurologica. Causa il sistema immunitario di attaccare il sistema nervoso centrale e danneggiare il rivestimento protettivo dei nervi, che è chiamato mielina.
La fibromialgia è una condizione complessa che colpisce molte delle funzioni del corpo. Il sintomo più rivelatore è il dolore e la tenerezza diffusa nei muscoli e nelle articolazioni. A differenza della SM, la fibromialgia non è una malattia autoimmune.
Attualmente, la comunità medica non comprende appieno le cause della fibromialgia. I sintomi sembrano provenire dal sistema nervoso centrale che invia segnali errati al cervello.
In questo articolo, scopri le differenze tra SM e fibromialgia e come i medici diagnosticano e trattano queste condizioni.
MS vs sintomi della fibromialgia
Fibromialgia e SM condividono alcuni sintomi, come debolezza muscolare e dolore. Tuttavia, ci sono differenze fondamentali, inclusi i tipi di dolore e le questioni correlate:
Dolore alla fibromialgia
Il dolore fibromialgico è tipicamente diffuso e dura a lungo.
La pelle può sempre sembrare tenera e alcune aree possono essere più sensibili di altre.
Le persone con fibromialgia descrivono spesso il dolore come noioso, doloroso e persistente.
Il dolore fibromialgico si verifica spesso su entrambi i lati del corpo e nelle aree sopra e sotto la vita.
Per una diagnosi di fibromialgia, il dolore deve essere durato per almeno 3 mesi.
Altri sintomi di fibromialgia
Altri sintomi della fibromialgia includono:
- Fatica: La fibromialgia causa in genere affaticamento cronico. Le persone con questa condizione possono aver bisogno di fare lunghe pause tra le attività o dormire di più.
- Irrequietezza: Alcune persone provano irrequietezza o sindrome delle gambe senza riposo. Possono avere difficoltà a trovare conforto o rilassarsi e possono sviluppare disturbi del sonno, come l'insonnia.
- Fibro nebbia: Questo termine descrive un senso duraturo di confusione o difficoltà di concentrazione che deriva dalla fibromialgia. Alcune ricerche suggeriscono che si verifica perché il cervello sta cercando di sintonizzare il dolore, il che rende il pensiero più difficile.
Dolore alla SM
La SM colpisce i nervi in tutto il corpo. I nervi danneggiati possono sparare senza causa, causando dolore e altre sensazioni in una o più aree.
Il dolore colpisce le persone in modo diverso, ma alcuni lo descrivono come:
- una sensazione di bruciore sotto la pelle
- una sensazione di intorpidimento, come se certe aree si "addormentassero"
- formicolio a disagio
- formicolio
- una sensazione di elettricità
La gravità può variare a seconda di quanto è progredita la SM. Alcune persone provano solo formicolio, mentre altri provano dolore diffuso e debilitante.
Altri sintomi della SM includono:
Cambiamenti nella parola: Poiché il sistema immunitario danneggia i nervi, può essere necessario più tempo perché i segnali raggiungano il cervello. Questo può rendere il discorso lento o difficile.
La visione cambia: I danni ai nervi possono anche influenzare gli occhi, portando a visione sfocata o doppia. Alcune persone sperimentano una perdita della vista completa o completa.
Difficoltà a muoversi oa camminare: Il danno ai nervi può portare a debolezza muscolare delle braccia o delle gambe, che può influenzare il modo in cui una persona cammina. La loro andatura può essere interrotta o instabile.
Coordinazione: I danni ai nervi possono anche inibire il coordinamento di una persona, facendoli sentire fuori equilibrio o vertigini.
Cambiamenti della vescica e dell'intestino: Le persone con SM possono aver bisogno di urinare o avere movimenti intestinali più frequentemente, per esempio.
Diagnosi
La diagnosi di entrambe le condizioni può essere difficile e può comportare un processo di eliminazione.
Se un medico sospetta che una persona abbia la SM, userà spesso una risonanza magnetica per verificare la presenza di danni al cervello e al midollo spinale.
Se sono ancora incerti, possono richiedere una puntura lombare, che comporta la rimozione di alcuni liquidi dalla colonna vertebrale e il controllo di anticorpi che si verificano in caso di SM.
Questo è il modo più accurato per diagnosticare la condizione.
Non esiste un singolo test per la fibromialgia e un medico può prima aver bisogno di escludere altre spiegazioni per i sintomi.
Test di conduzione nervosa, elettromiogrammi, biopsie cutanee e analisi del sangue sono metodi comuni che i medici usano per diagnosticare la condizione. Un medico può anche chiedere come si sentono piccoli dolori perché tendono a ferire di più nelle persone con fibromialgia.
Il medico può anche indagare su eventuali punti sensibili sul corpo. Queste sono aree che sono particolarmente sensibili nelle persone con fibromialgia.
Aspettative di vita
SM e fibromialgia sono condizioni a lungo termine, ma nessuno dei due è pericoloso per la vita.
I sintomi della fibromialgia possono essere persistenti, mentre quelli della SM possono progredire e diventare debilitanti.
Trattamenti
Poiché non esiste una cura per entrambe le condizioni, i trattamenti prevedono la gestione e la riduzione dei sintomi per migliorare la qualità della vita.
Trattamento della SM
Un piano di trattamento completo può aiutare ad alleviare i sintomi, prevenire le riacutizzazioni e rallentare la progressione della malattia.
Alcuni farmaci da banco possono fornire un sollievo temporaneo da sintomi come il dolore. Le opzioni includono:
- ibuprofen (Advil)
- acetaminofene (Tylenol)
- aspirina (Bayer)
La National Multiple Sclerosis Society negli Stati Uniti elenca molti farmaci da prescrizione che possono aiutare. Un medico può prescrivere uno qualsiasi di questi farmaci a:
- gestire i sintomi
- prevenire le fiammate
- rallentare la progressione della SM
Molte terapie alternative possono anche aiutare, tra cui:
- tecniche per alleviare lo stress, come esercizi di respirazione e meditazione
- attività a basso impatto, come il nuoto, il Tai Chi e lo yoga
- agopuntura
- riflessologia
Trattamento fibromialgia
La National Fibromyalgia & Chronic Pain Association afferma che quanto segue può aiutare le persone a gestire la condizione:
- Formazione scolastica: I medici dovrebbero fornire informazioni sulla condizione e varie opzioni di trattamento. Alcune persone trovano che la ricerca indipendente li aiuti a trovare trattamenti migliori e più sollievo.
- Esercizi di aerobica: Può aiutare a seguire un allenamento di routine ogni giorno. Questo non ha bisogno di essere faticoso, ma dovrebbe aumentare la frequenza cardiaca.
- Supporto per la salute mentale: Strumenti come la terapia cognitivo comportamentale possono integrare il trattamento. Inoltre, il supporto di amici, familiari e gruppi può essere cruciale per il benessere generale di una persona.
- Terapia medicinale: Alcuni farmaci da prescrizione possono ridurre sintomi come il dolore.
Poiché non ci sono molti trattamenti medici diretti per la condizione, le terapie complementari possono essere una buona opzione. Questi includono:
- Fisioterapia
- rilascio di tessuto miofasciale
- manipolazione chiropratica
- terapia calda e fredda
- massaggio
- agopuntura
- tecniche di rilassamento
- yoga
- aromaterapia
- erbe e integratori
Cos'altro potrebbe essere?
La fibromialgia e la SM possono essere difficili da diagnosticare perché i loro sintomi assomigliano a quelli di molte altre condizioni, tra cui:
- emicranie croniche
- lupus
- artrite reumatoide
- sarcoidosi
- disturbo dello spettro di neuromielite ottica
- malattia di Lyme
- miastenia grave
- sindrome di Sjogren
- neuropatia
Conclusione
SM e fibromialgia sono condizioni diverse che possono causare sintomi simili. Non esiste una cura per nessuna delle due condizioni, ma ci sono molti metodi per gestire i sintomi.
Parla con un medico di eventuali sintomi non diagnosticati e collabora con loro per sviluppare una strategia di trattamento completa.
...il cervello e il sistema immunitario
A.D.
I ricercatori trovano l'anello mancante tra il cervello e il sistema immunitario.
I ricercatori trovano l'anello mancante tra il cervello e il sistema immunitario.
Implicazioni profonde per le malattie neurologiche dall'autismo all'Alzheimer alla sclerosi multipla.
In una straordinaria scoperta che ha rovesciato decenni di insegnamento dei libri di testo, i ricercatori della University of Virginia School of Medicine hanno determinato che il cervello è direttamente collegato al sistema immunitario da vasi che in precedenza non esistevano. Che tali navi possano essere sfuggite al rilevamento quando il sistema linfatico è stato così accuratamente mappato in tutto il corpo è sorprendente da solo, ma il vero significato della scoperta risiede negli effetti che potrebbe avere sullo studio e sul trattamento delle malattie neurologiche che vanno dall'autismo alla malattia di Alzheimer alla sclerosi multipla.
"Invece di chiedere, 'Come studiamo la risposta immunitaria del cervello?' "Perché i pazienti con sclerosi multipla hanno gli attacchi immunitari?" ora possiamo affrontarlo meccanicamente. Perché il cervello è come ogni altro tessuto collegato al sistema immunitario periferico attraverso i vasi linfatici meningei ", ha dichiarato Jonathan Kipnis, PhD, professore presso il Dipartimento di Neuroscienze UVA e direttore del Center for Brain Immunology and Glia (BIG) dell'UVA. “Cambia completamente il modo in cui percepiamo l'interazione neuro-immune. L'abbiamo sempre percepito prima come qualcosa di esoterico che non può essere studiato. Ma ora possiamo porre domande meccanicistiche. "
"Riteniamo che per ogni malattia neurologica che ha una componente immunitaria ad essa, queste navi possano svolgere un ruolo importante", ha detto Kipnis. "Difficile immaginare che questi vasi non sarebbero coinvolti in una malattia [neurologica] con una componente immunitaria."
Nuova scoperta nel corpo umano
Kevin Lee, PhD, presidente del Dipartimento di Neuroscienze UVA, ha descritto la sua reazione alla scoperta del laboratorio di Kipnis: “La prima volta che questi ragazzi mi hanno mostrato il risultato di base, ho appena detto una frase: 'Dovranno cambiare il libri di testo '. Non c'è mai stato un sistema linfatico per il sistema nervoso centrale, ed è stato molto chiaro da quella prima osservazione singolare - e da allora hanno fatto molti studi per sostenere la scoperta - che cambierà radicalmente il modo in cui le persone guardano al centro relazione del sistema nervoso con il sistema immunitario. "
Anche Kipnis inizialmente era scettico. “Non credevo davvero che esistessero strutture nel corpo di cui non siamo a conoscenza. Pensavo che il corpo fosse mappato ", ha detto. “Pensavo che queste scoperte fossero finite da qualche parte intorno alla metà del secolo scorso. Ma a quanto pare non l'hanno fatto. "
"Molto ben nascosto"
La scoperta è stata resa possibile dall'opera di Antoine Louveau, PhD, un borsista post-dottorato nel laboratorio di Kipnis. I vasi sono stati rilevati dopo che Louveau ha sviluppato un metodo per montare le meningi di un topo - le membrane che coprono il cervello - su un singolo vetrino in modo da poter essere esaminati nel loro insieme. "In realtà è stato abbastanza facile", ha detto. "C'era un trucco: abbiamo fissato le meningi all'interno della calotta cranica, in modo che il tessuto fosse fissato nelle sue condizioni fisiologiche, quindi l'abbiamo sezionato. Se avessimo fatto il contrario, non avrebbe funzionato. "
Dopo aver notato modelli simili a vasi nella distribuzione delle cellule immunitarie sui suoi vetrini, ha testato i vasi linfatici ed eccoli lì. L'impossibile esisteva. Il Louveau dalle parole morbide ha ricordato il momento: "Ho chiamato Jony [Kipnis] al microscopio e ho detto:" Penso che abbiamo qualcosa "."
Per quanto riguarda il modo in cui i vasi linfatici del cervello sono riusciti a sfuggire all'avviso per tutto questo tempo, Kipnis li ha descritti come "molto ben nascosti" e ha notato che seguono un grosso vaso sanguigno nei seni, un'area difficile da immaginare. "È così vicino al vaso sanguigno, ti manca solo", ha detto. "Se non sai cosa stai cercando, ti manca."
"L'imaging dal vivo di queste navi era fondamentale per dimostrare la loro funzione e non sarebbe possibile senza la collaborazione con Tajie Harris", ha osservato Kipnis. Harris, un dottorato di ricerca, è un assistente professore di neuroscienze e membro del GRANDE centro. Kipnis ha anche salutato le abilità chirurgiche "fenomenali" di Igor Smirnov, un ricercatore associato nel laboratorio di Kipnis, il cui lavoro è stato fondamentale per il successo dell'imaging dello studio.
Alzheimer, Autismo, SM e oltre
La presenza inattesa dei vasi linfatici solleva un numero enorme di domande che ora hanno bisogno di risposte, sia sul funzionamento del cervello che sulle malattie che lo affliggono. Ad esempio, prendi il morbo di Alzheimer. "Nell'Alzheimer, ci sono accumuli di grandi pezzi di proteine nel cervello", ha detto Kipnis. "Pensiamo che potrebbero accumularsi nel cervello perché non vengono rimossi in modo efficiente da queste navi". Ha osservato che le navi sembrano diverse con l'età, quindi il ruolo che svolgono nell'invecchiamento è un'altra strada da esplorare. E c'è un'enorme varietà di altre malattie neurologiche, dall'autismo alla sclerosi multipla, che devono essere riconsiderate alla luce della presenza di qualcosa che la scienza ha insistito che non esistesse.
A PROPOSITO DI QUESTA RICERCA SULLE NEUROSCIENZE
I risultati sono stati pubblicati online dalla prestigiosa rivista Nature e appariranno in una prossima edizione cartacea. L'articolo è stato scritto da Louveau, Smirnov, Timothy J. Keyes, Jacob D. Eccles, Sherin J. Rouhani, J. David Peske, Noel C. Derecki, David Castle, James W. Mandell, Lee, Harris e Kipnis.
Finanziamento: lo studio è stato finanziato dalle sovvenzioni del National Institutes of Health R01AG034113 e R01NS061973. Louveau era un membro della Fondation pour la Recherche Medicale.
Fonte: Debra Kain - Sistema sanitario dell'Università della Virginia
Fonte immagine : L'immagine è attribuita al Sistema sanitario dell'Università della Virginia
Ricerca originale: abstract per "Caratteristiche strutturali e funzionali dei vasi linfatici del sistema nervoso centrale" di Antoine Louveau, Igor Smirnov, Timothy J Keyes, Jacob D. Eccles, Sherin J. Rouhani, J. David Peske, Noel C. Derecki, David Castle, James W. Mandell, Kevin S. Lee, Tajie H. Harris e Jonathan Kipnis in Nature . Pubblicato online il 1 giugno 2015 doi: 10.1038 / nature14432
Fonte immagine : L'immagine è attribuita al Sistema sanitario dell'Università della Virginia
Ricerca originale: abstract per "Caratteristiche strutturali e funzionali dei vasi linfatici del sistema nervoso centrale" di Antoine Louveau, Igor Smirnov, Timothy J Keyes, Jacob D. Eccles, Sherin J. Rouhani, J. David Peske, Noel C. Derecki, David Castle, James W. Mandell, Kevin S. Lee, Tajie H. Harris e Jonathan Kipnis in Nature . Pubblicato online il 1 giugno 2015 doi: 10.1038 / nature14432
Astratto
Caratteristiche strutturali e funzionali dei vasi linfatici del sistema nervoso centrale
Una delle caratteristiche del sistema nervoso centrale è la mancanza di un sistema di drenaggio linfatico classico. Sebbene ora sia accettato che il sistema nervoso centrale subisce una costante sorveglianza immunitaria che si svolge all'interno del compartimento meningeo1, 2, 3, i meccanismi che regolano l'ingresso e l'uscita delle cellule immunitarie dal sistema nervoso centrale rimangono poco compresi4, 5, 6. In alla ricerca di gateway per cellule T dentro e fuori le meningi, abbiamo scoperto vasi linfatici funzionali che rivestono i seni durali. Queste strutture esprimono tutte le caratteristiche molecolari delle cellule endoteliali linfatiche, sono in grado di trasportare sia il fluido sia le cellule immunitarie dal liquido cerebrospinale e sono collegate ai linfonodi cervicali profondi. La posizione unica di queste navi potrebbe aver impedito la loro scoperta fino ad oggi, contribuendo così al concetto di vecchia data dell'assenza di vascolarizzazione linfatica nel sistema nervoso centrale. La scoperta del sistema linfatico del sistema nervoso centrale può richiedere una rivalutazione delle ipotesi di base in neuroimmunologia e gettare nuova luce sull'eziologia delle malattie neuroinfiammatorie e neurodegenerative associate alla disfunzione del sistema immunitario.
"Caratteristiche strutturali e funzionali dei vasi linfatici del sistema nervoso centrale" di Antoine Louveau, Igor Smirnov, Timothy J. Keyes, Jacob D. Eccles, Sherin J. Rouhani, J. David Peske, Noel C. Derecki, David Castle, James W. Mandell, Kevin S. Lee, Tajie H. Harris e Jonathan Kipnis in Nature . Pubblicato online il 1 giugno 2015 doi: 10.1038 / nature14432
Iscriviti a:
Post (Atom)