Il disturbo della memoria o amnesia è un disturbo presente in molti tipi di patologie (traumatiche, infettive, tossiche, vascolari, degenerative, metaboliche) e consiste in una riduzione più o meno grave della capacità di apprendere e ricordare informazioni ed avvenimenti immagazzinati in precedenza. Per comprenderne meglio i disturbi è necessaria una premessa sulla definizione e sul meccanismo fisiologico della memoria.
La memoria è la capacità del cervello di conservare informazioni, ossia di assimilare, ritenere e richiamare, sotto forma di ricordo, le informazioni apprese durante l'esperienza o per via sensoriale. Da questo si deduce che la capacità di apprendimento e di immagazzinamento dei dati acquisiti rende possibile la conoscenza da cui dipendono tutte le nostre azioni soggettive e le condotte sociali, che sono appunto fondate sul recupero a livello della consapevolezza delle informazioni precedentemente archiviate.
Il più diffuso criterio di classificazione della memoria si basa sulla durata della ritenzione del ricordo, identificando tre tipi distinti di memoria: la memoria a breve termine, la memoria a lungo termine e la memoria sensoriale.
La memoria a breve termine o memoria primaria è quella parte di memoria che si ritiene capace di conservare una piccola quantità di informazioni chiamata span (tra i 5 e i 9 elementi) per una durata di 20 secondi circa. Attualmente, gli psicologi cognitivi preferiscono definirla memoria di lavoro.
La memoria a lungo termine, capace di conservare una quantità enorme, anche se non infinita di informazioni, viene suddivisa in memoria semantica (legata alla comprensione del linguaggio), memoria episodica (relativa agli eventi) e memoria procedurale (relativa alle azioni e procedure per eseguire comportamenti complessi).
La memoria sensoriale immagazzina, per la durata di pochi secondi o millisecondi, informazioni uditive (memoria ecoica), visive (memoria iconica), tattili, olfattive e gustative.
I processi mnemonici dal punto di vista neurofisiologico avvengono grazie alla modifica, indotta dal segnale, delle connessioni sinaptiche di una specifica rete neuronale, il cui il mediatore è il Glutammato, dapprima nell'ippocampo (che codifica le informazioni) e poi nella corteccia cerebrale (dove i dati vengono definitivamente conservati). L'amigdala riveste un ruolo importante nel modellamento e nella conservazione della memoria, dato che è l'organo deputato a conferire una colorazione emozionale ed affettiva ai ricordi. L'IGF-1 (insulin-like growth factor) o somatomedina è fondamentale per immagazzinare i ricordi e farli rimanere più a lungo stimolando le connessioni interneuronali e migliorando quindi la memoria.
Da quanto è stato esposto emerge che il sistema limbico, di cui fanno parte ippocampo ed amigdala, esplica una funzione fondamentale nel mantenimento della memoria che consiste nel registrare di continuo eventi ed esperienze, codificare le informazioni ricevute ed infine recuperare le informazioni archiviate. Se viene alterata una di queste tre fasi si assiste alla comparsa del disturbo della memoria.
Un disturbo delle funzioni mnesiche si può verificare in varie lesioni che disconnettono il circuito tra l’ippocampo, i nuclei della base ed i lobi frontali provocate da numerose patologie cerebrali, fra cui le principali per rilevanza clinica sono il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer e le altre demenze corticali e sottocorticali. L’entità del disturbo dipende dalla sede, dall’estensione e dall’eventuale irreversibilità della lesione.
Il disturbo della memoria può presentarsi anche in seguito ad una lesione cerebrale traumatica, oppure a causa di un trauma psicologico avvenuto anche durante l'infanzia (l’oblìo secondo la teoria psicoanalitica di S. Freud). Altre possibili cause sono l'ipossia, i disturbi derivanti dall'assunzione di elevate quantità di alcool (Sindrome di Korsakoff) o dalla mancanza di tiamina (vitamina B1) come nell'encefalopatia di Wernicke. Anche l’avanzare dell’età, con il deterioramento cognitivo lieve, determina danni alle facoltà mnemoniche, facendo dimenticare prima di tutto i nomi delle persone.
Importante sottolineare che un disturbo della memoria è di frequente riscontro nelle persone soggette a disturbi dell'umore, ovvero in chi è afflitto da schizofrenia, paranoia, o altre forme di delirio. Nei pazienti affetti da depressione, i problemi concernenti l’attenzione e la memoria sono presenti non solo durante la fase di calo dell’umore, ma anche durante la fase di scomparsa dei sintomi. Lo stato di ansia associata alla propria salute può enfatizzare difficoltà di memoria e concentrazione alimentate dal senso di impotenza rispetto alle difficoltà cognitive percepite come gravose e patologiche.
Quotidianamente, tramite i nostri sensi, il cervello riceve enormi quantità di segnali di vario genere, dei quali siamo più o meno consapevoli, la maggior parte dei quali non lascia traccia. Se una persona soffre di presbiacusia (che significa riduzione senile dell'udito e si manifesta con l'incapacità di sentire i suoni di frequenza elevata), può avere problemi nell'ascoltare la voce delle persone. Chi è affetto da questo disturbo può apparire smemorato, quando, invece, il vero problema è la mancanza di corrette informazioni. Analogamente anche i disturbi della vista possono determinare, anche se indirettamente, deficit della memoria.
Per ultimo, difficoltà cognitive relative alla memoria ed all’attenzione rientrano in taluni quadri definiti funzionali, come la fibromialgia e la sindrome da fatica cronica.
Sintomi
Come principio generale, quando si instaura un disturbo della memoria di fissazione i nuovi ricordi non riescono a fissarsi e sostituire per aggiornamento i vecchi, mentre un disturbo alla memoria di rievocazione non permette ai vecchi di tornare in mente e tutti i ricordi sono continuamente aggiornati, fino alla scomparsa, nei casi più gravi, della percezione del proprio passato.
La perdita di memoria è chiamata amnesia, che può essere anterograda (quando non è più possibile apprendere e ricordare eventi dopo l'evento lesivo) o retrograda (quando viene cancellata la memoria relativa ad un periodo di tempo variabile antecedente alla data della lesione). L’amnesia retrograda è di frequente osservazione nei casi di trauma cranio-encefalico moderato o severo, per cui il soggetto non ricorda l’evento traumatico e le sue modalità di accadimento. L’amnesia lacunare definisce una perdita di memoria che interessa solo un breve periodo di tempo, limitato ad alcune ore o al massimo a giorni, in cui il paziente non ricorda quanto accaduto e si distingue dall'amnesia retrograda, che causa invece la perdita di memoria di tutto il passato del paziente.
Se l'amnesia anterograda è associata all’amnesia retrograda si parla anche di amnesia globale. L’amnesia può essere transitoria (come nel caso di un evento traumatico, con successivo ripristino della normale funzionalità mnemonica); stabile (se provocata da un evento morboso grave, come ad esempio nell’arresto cardiaco); progressiva (se riscontrata in malattie degenerative, come la malattia di Alzheimer).
Tra gli altri disturbi della memoria si annoverano:
- La paramnesia, cioè la falsificazione della memoria attraverso una distorsione del ricordo.
- L'ipermnesia o ipertimesia quando si possiede una esagerata memoria autobiografica tale da permettere il ricordo di gran parte degli eventi vissuti nella propria vita.
- L'allomnesia, ovvero i ricordi falsati in termini di spazio o tempo per errore di locazione.
- L'ecmnesia è un disturbo della memoria, di tipo allucinatorio, in cui alcuni soggetti trasformano i ricordi del passato in esperienze attuali: in altre parole il passato si manifesta come se fosse presente.
- La rimozione, cioè la dimenticanza inconsapevole di eventi considerati inaccettabili. Spesso alla rimozione si associa il ricordo paravento (o ricordo di copertura) ossia un ricordo che a livello conscio è tollerabile ma che nasconde, inconsciamente, un evento traumatico.
- L'immagine eidetica, un ricordo visivo vissuto talmente vividamente da sembrare un'allucinazione.
- La letologia, che è la temporanea incapacità di ricordare un nome proprio o di un oggetto.
- La disnomia è la difficoltà o incapacità a richiamare alla memoria la parola corretta quando è necessaria che si manifesta nei soggetti confusi, isterici, in casi di epilessia temporale e nei soggetti intossicati dall'assunzione di allucinogeni.
- Il lapsus memoriae, spesso dovuto a momentanee confusioni o a vuoti di memoria e quindi all'affiorare di pensieri dall'inconscio e dal subconscio.
Diagnosi
Se il disturbo della memoria comincia ad essere persistente e ad avere un’intensità tale da creare un crescente disagio, pur non inficiando la autonoma esplicazione delle occupazioni della vita di tutti i giorni, è necessario sottoporsi ad una visita neurologica.
Il primo step diagnostico deve consistere nella valutazione dello stato neurologico del soggetto (livello di coscienza e di attenzione, integrità dell’eloquio, della capacità di lettura e scrittura, etc.) seguito da un attento esame del suo stato psicologico, per escludere che si trovi in una temporanea condizione di demotivazione personale o di depressione, fattori che notoriamente incidono sul suo livello di attenzione e che potrebbero indurre alla erronea conclusione di ascrivere un deficit di memoria a disturbo cognitivo.
Il passo successivo consiste nella somministrazione di test neuropsicologici che devono consentirne una valutazione quantitativa del disturbo di memoria in quanto il paziente può minimizzare o addirittura negare l’esistenza di problemi mnesici o al contrario sovrastimare dimenticanze anche modeste riscontrate nel corso delle attività quotidiane, attribuendole alla insorgenza di una patologia neurologica degenerativa. Il risultato dei test è espresso da un punteggio che esprime di quanto le prestazioni del paziente si discostino da quelle rilevate su campioni di controllo con caratteristiche analoghe di età, sesso e scolarità.