Fenebrutinib è un farmaco sperimentale
orale inibitore della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) che agisce
riducendo l'infiammazione e la progressione della sclerosi multipla
(SM)
Fenebrutinib è
un inibitore della tirosin-chinasi
di Bruton (BTK),
un farmaco orale, sperimentale, che penetra all’interno del sistema
nervoso centrale, reversibile e non-covalente. Inibisce
l'attivazione delle cellule B del sistema immunitario periferico e
della microglia, ossia delle cellule immunitarie residenti del
sistema nervoso centrale.
Secondo quanto dichiarato dall’azienda farmaceutica che lo sta sperimentando, nello studio FENhance 2, il primo di due studi pivotali multicentrici, randomizzati, in doppio cieco, fenebrutinib sperimentale ha dimostrato di ridurre significativamente il tasso annualizzato di ricadute (ARR) rispetto al farmaco teriflunomide, su un periodo di almeno 96 settimane, in un totale di 1.497 pazienti adulti con sclerosi multipla recidivante.
La
Professoressa Eleonora
Cocco (Università
di Cagliari, Responsabile Centro Regionale Sclerosi Multipla,
Cagliari), ha partecipato alla sperimentazione del farmaco nello
studio FENhance e spiega: «Lo
studio è stato condotto con rigore, le persone sono state seguite
attentamente e, nel nostro gruppo, non
si sono evidenziati particolari problematiche relative alla sicurezza
e all’aderenza dei partecipanti.
Essendo lo
studio in cieco,
non
sappiamo quali pazienti abbiano ricevuto il farmaco sperimentale o
teriflunomide.
Dobbiamo aspettare
che
vengano comunicati i risultati della sperimentazione per capire quale
sia stata l’efficacia complessiva del trattamento».
In
un altro studio pivotale, FENtrepid,
condotto in 985
pazienti adulti con sclerosi multipla primariamente
progressiva,
secondo quanto dichiarato dall'azienda che ne sta curando la
sperimentazione Fenebrutinib ha dimostrato la propria non
inferiorità rispetto al farmaco Ocrelizumab nel ritardare
l'insorgenza della progressione della disabilità in un periodo di
trattamento di almeno
120 settimane.
Per
misurare la progressione della disabilità è stato utilizzato un
punteggio composito dato da tre “misure”:
la disabilità funzionale totale (EDSS),
la velocità di deambulazione (test dei 25 passi)
e
la funzione degli arti superiori (test dei 9 pioli), attraverso cui lo studio ha valutato il tempo all'insorgenza della progressione confermata della disabilità composita a 12 settimane (cCDP12).
In
entrambi gli studi la sicurezza
epatica è risultata in linea con i precedenti studi su
fenebrutinib. Ulteriori dati di
sicurezza sono in fase di valutazione.
Allo
studio FENtrepid, come allo studio FENhance, ha partecipato anche
la Professoressa
Matilde Inglese (Università
degli Studi di Genova, Responsabile Centro Sclerosi Multipla Ospedale
San Martino, Genova), che spiega:
«lo studio, effettuato
in doppio cieco come gli studi FENhance, ha coinvolto persone con
sclerosi multipla primariamente progressiva che avevano dimostrato un
certo grado di progressione clinica. Erano arruolabili sia persone
con SM progressiva che avevano dimostrato attività di malattia alla
risonanza sia pazienti che avevano una forma progressiva non attiva.
Abbiamo monitorato l’andamento delle diverse misure cliniche di
disabilità previste dallo studio e abbiamo effettuato regolarmente
le risonanze magnetiche previste dal protocollo sperimentale. Dovremo
aspettare i risultatati per avere l’esatta evidenza dell’effetto
del farmaco sperimentale».
Al
momento, come hanno sottolineato la Professoressa Cocco e la
Professoressa Inglese, non sono
stati resi noti i dati completi degli studi, che l’azienda
presenterà in occasione dei prossimi congressi scientifici, una
volta che saranno disponibili, prevedibilmente
nella prima metà del 2026, anche i risultati del
secondo studio sulla SMR (FENhance 1).
«Nella
misura in cui i risultati confermeranno quanto anticipato –
conclude la professoressa Cocco – potremo dire che per le persone
si aggiungerà un’ottima prospettiva terapeutica, perché avranno
un trattamento orale in grado di avere un effetto importante
sull’infiammazione periferica che è all’origine delle ricadute e
insieme di agire a livello del sistema nervoso centrale per
rallentare la progressione della disabilità. Attendiamo dunque con
interesse la pubblicazione dei risultati».
La
Professoressa Inglese conferma:
«Siamo molto contenti che sia stato annunciato che entrambi i trial su Fenebrutinib abbiano raggiunto i propri obiettivi primari, perché si tratta di un farmaco con un meccanismo d'azione diverso rispetto a esistenti, che può agire sul sistema immunitario sia in periferia sia a livello del sistema nervoso centrale e quindi anche sulle cellule mieloidi o le cellule microgliali, che sono residenti nel sistema nervoso centrale e che sono più coinvolte nell’infiammazione cronica cosiddetta “smoldering”, localizzata nel sistema nervoso centrale, che agisce come brace sotto la cenere causando un danno neurodegenerativo progressivo e l’accumulo di disabilità anche in assenza di ricadute evidenti».
Nessun commento:
Posta un commento
https://www.youtube.com/channel/UCgPcIDxlLO6mMkmsRYHDw4g
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.