L’autodeterminazione in ordine alla propria salute è un diritto fondamentale, introdotto negli ordinamenti e nei codici di deontologia medica a livello internazionale a seguito del processo e della sentenza di Norimberga da cui nacque il Codice di Norimberga. È esplicitamente affermato nella Dichiarazione di Helsinki della World Medical Association, sin dalla stesura del 1964. È espressione della dignità dell’individuo e della libertà personale. Identifica in senso lato la libertà della persona di poter disporre del proprio corpo.
Nel nostro ordinamento giuridico trova fondamento negli art. 2, 13 e 32 della Costituzione.
Il Consenso Informato costituisce il fondamento della liceità dell’attività sanitaria. È un prerequisito del diritto all’autodeterminazione.
- L’ordinamento giuridico italiano – con la legge del 28 marzo 2001, n. 145 – ha ratificato la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, firmata a Oviedo il 4 aprile 1997.
- Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge 22 dicembre 2017, n. 219, contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, nel rispetto dei principi della Costituzione (art. 2, 13 e 32) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
- Anche il Codice di Deontologia Medica si occupa di Consenso Informato.
Il presupposto fondamentale, preliminare e propedeutico, che permette all’individuo, in relazione ai propri bisogni di salute, di essere sovrano nel decidere in merito a un trattamento sanitario è senza dubbio l’informazione.
L’art. 5 della Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, evidenzia che deve trattarsi di “una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell'intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi”.
Viceversa, il diritto all’autodeterminazione verrebbe certamente inficiato.
È fondamentale che la relazione tra medico e paziente sia garantita dal principio cardine della pratica medica, “primum non nocere”, e si inquadri in una cornice di alleanza terapeutica, all’interno della quale le due parti hanno uno scopo univoco: tutelare la salute individuale (della specifica persona)
È importante sottolineare come il diritto alla salute sia considerato, sotto il profilo individuale, un diritto fondamentale dalla Convenzione di Oviedo e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dove sono del tutto estranei riferimenti alla salute come interesse della collettività. L’articolo 2 -Priorità dell’essere umano - della Convenzione di Oviedo lo esplicita molto chiaramente: “L’interesse e il bene dell’essere umano devono prevalere sull’esclusivo interesse della società o della scienza”. L’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sancisce: “Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica”.
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Allo stesso modo, la Dichiarazione Universale sulla bioetica e i diritti umani, adottata nel 2005 durante la 33ma Conferenza generale dell’UNESCO, il cui testo si pone come base per le politiche, le legislazioni e i codici etici degli Stati, che afferma all’art.3: “La dignità umana, i diritti umani e le libertà fondamentali devono essere pienamente rispettate. Gli interessi e il benessere dell'individuo dovrebbe avere precedenza rispetto all'esclusivo interesse della scienza o della società″.
Premesso tutto ciò è evidente che l'imposizione di un trattamento sanitario di massa, per sua stessa natura, rappresenta una contraddizione in termini; si pone, infatti, l’obiettivo astratto della “salute collettiva”, anche a discapito di quella individuale.
È questo il caso della profilassi vaccinale obbligatoria: una legge stabilisce aprioristicamente che la totalità di una determinata fascia di popolazione o di una determinata categoria di individui, sia vaccinabile con uno stesso farmaco a prescindere dalle peculiarità che contraddistinguono la singola persona.
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