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01/01/20

Scoperta molecola chiave nella cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali

a.d.
Si tratta della proteina IL-33, in grado di favorire la riparazione delle pareti intestinali danneggiate grazie all’attivazione di specifici microRna.

Lo studio su Pnas
PER lo più invisibili dall’esterno, ma in grado di avere un forte peso sulla vita di tutti i giorni: sono le malattie infiammatorie croniche intestinali o più comunemente indicate con l’acronimo Ibd (inflammatory bowel diseases). Sia il morbo di Crohn sia la rettocolite ulcerosa - le due più importanti - provocano danni alla mucosa dei tratti di intestino dove sono localizzate. Uno studio internazionale, coordinato da esperti della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica e della Case Western Reserve University di Cleveland (Ohio, USA), ha ora individuato una proteina che potrebbe avere un ruolo chiave nella cura di queste patologie di origine multifattoriale complessa.

Si tratta della proteina IL-33, una molecola in grado di favorire la riparazione delle pareti intestinali danneggiate dalla malattia. In che modo? Mediante l’attivazione di altre sostanze ad azione riparativa, i microRna (mRna). I ricercatori hanno osservato come, sia nei modelli animali sia su cellule intestinali umane, IL-33, proprio grazie all’azione di specifici mRna coinvolti, può guarire la parete intestinale. Questo accende nuove speranze e suggerisce nuove possibilità di cura per le malattie infiammatorie intestinali, caratterizzate da periodi di latenza alternati a fasi di riacutizzazione, la cui incidenza è in aumento nei paesi industrializzati.
Lo studio - coordinato dal professor Antonio Gasbarrini, direttore Area Gastroenterologia ed Oncologia Medica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – Università Cattolica - è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Pnas. È stato diretto da Loris Lopetuso e condotto in collaborazione con il team della professoressa Theresa Pizarro presso il Dipartimento di Patologia della Case Western Reserve University – School of Medicine di Cleveland. Una ricerca resa possibile anche grazie alla innovativa IBD Unit della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS.

• LA PROTEINA IL-33
Il coinvolgimento della proteina Interleuchina 33 e del suo recettore ST2 nelle malattie infiammatorie croniche intestinali è già noto, ma i diversi studi che finora hanno cercato di stabilire il loro ruolo preciso hanno portato a risultati ambigui. “In questo studio su un modello murino - spiega il dottor Loris Lopetuso - per la prima volta abbiamo scoperto che IL-33 e il suo recettore hanno un’importante funzione protettiva per le pareti intestinali: riescono, infatti, ad accelerare i processi di guarigione. Questo avviene tramite l’espressione di un network di micro RNA (miRs), in particolare del miR-320”. I ricercatori hanno osservato sia cellule isolate dall’intestino dei topi con colite sia cellule intestinali umane in provetta. “Negli animali trattati con IL-33, il miR-320 risulta fortemente espresso nelle cellule epiteliali isolate dall’intestino”, prosegue Lopetuso. Utilizzando cellule intestinali in provetta prive di miR-320A, invece, la riparazione cellulare si blocca nonostante la somministrazione della proteina IL-33.

“La mancanza di IL-33 o del suo recettore ST2 – spiega Gasbarrini - impedisce il completamento del processo di guarigione mucosale dopo un danno infiammatorio. Invece, la somministrazione terapeutica (esogena) di IL-33 durante la fase di riparazione del danno mucosale è in grado di accelerare in maniera significativa la formazione di nuovo epitelio (riepitelizzazione) e la guarigione, con un concomitante miglioramento dell’infiammazione intestinale”.

Nel complesso, tali dati indicano che, durante le fasi di infiammazione intestinale, l’asse IL-33/ST2 svolge un ruolo cruciale nel processo di guarigione intestinale mediante l’attivazione di miR-320 che, a sua volta, promuove la riparazione epiteliale e la risoluzione dell’infiammazione.

• LE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI
In Italia sono circa 200.000 le persone affette da queste patologie e, ogni anno si contano circa 20 nuovi casi ogni 100.000, un tasso di incidenza in costante aumento, come in tutti i paesi industrializzati. Sono malattie che possono presentare diversi gradi di gravità ma, sicuramente, hanno una significativa influenza sulla vita del paziente compromettendo in molti casi anche l’attività lavorativa.

Le Ibd colpiscono indipendentemente i due sessi, con un esordio clinico tra i 15 e i 45 anni, quindi prevalentemente giovani e giovani-adulti. La causa è sconosciuta: l’ipotesi più diffusa è quella di una reazione immunologica abnorme dell’intestino nei confronti di antigeni, come i batteri normalmente presenti nell’intestino. Uno squilibrio, si pensa, dovuto sia a fattori genetici sia a fattori ambientali.


• I SINTOMI
I sintomi sono diversi: per la malattia di Crohn i più frequenti sono la diarrea e il dolore addominale localizzato soprattutto nella parte inferiore destra dell’addome; la rettocolite ulcerosa, invece, si manifesta con diarrea ematica (cioè sangue rosso vivo nelle feci), tenesmo rettale ( sensazione di incompleta evacuazione) e a volte anemia. Nei periodi in cui l’infiammazione si riacutizza compaiono anche altri sintomi come febbre, dimagrimento, inappetenza e un possibile coinvolgimento di altri organi e tessuti.


• LE TERAPIE
Si tratta di malattie che richiedono una terapia di tipo medico. Lo scopo è quello di garantire ai pazienti lunghi periodi in cui la malattia non si riacutizza. Ma la loro cronicità e l’elevato rischio di complicanze intestinali, e anche extra-intestinali, molto debilitanti impongono un approccio terapeutico sempre più specifico per un follow-up accurato. Oggi queste malattie si tengono a bada con un ristretto numero di agenti immunomodulanti (che agiscono sul sistema immunitario); l’efficacia, però, varia da paziente a paziente e spesso diminuisce con il passare del tempo.

L’individuazione della proteina IL-33 potrebbe essere una nuova strada da seguire. “Questo studio - sottolinea, infatti, il professor Gasbarrini - pone le basi razionali per la valutazione di un potenziale approccio terapeutico tramite l’azione protettrice dell’IL-33 e/o del miR-320”. Qual è, dunque, il prossimo passo della ricerca? “Sicuramente valutare come varia il comportamento di questo asse nell’uomo in risposta agli agenti immunomodulanti attualmente in commercio. Ci aspettiamo che tale asse funzioni meglio nei pazienti che rispondono maggiormente alle terapie disponibili. Per questo - conclude Gasbarrini - in futuro potremmo sfruttare questa molecola non solo come possibile target di innovativi farmaci biotecnologici, ma anche come marker di risposta mucosale precoce ai farmaci”.

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