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CONTATORE PERSONE
30/07/20
lettera aperta "Zamboni Paolo"
29/07/20
Disturbi della memoria
Sintomi
- La paramnesia, cioè la falsificazione della memoria attraverso una distorsione del ricordo.
- L'ipermnesia o ipertimesia quando si possiede una esagerata memoria autobiografica tale da permettere il ricordo di gran parte degli eventi vissuti nella propria vita.
- L'allomnesia, ovvero i ricordi falsati in termini di spazio o tempo per errore di locazione.
- L'ecmnesia è un disturbo della memoria, di tipo allucinatorio, in cui alcuni soggetti trasformano i ricordi del passato in esperienze attuali: in altre parole il passato si manifesta come se fosse presente.
- La rimozione, cioè la dimenticanza inconsapevole di eventi considerati inaccettabili. Spesso alla rimozione si associa il ricordo paravento (o ricordo di copertura) ossia un ricordo che a livello conscio è tollerabile ma che nasconde, inconsciamente, un evento traumatico.
- L'immagine eidetica, un ricordo visivo vissuto talmente vividamente da sembrare un'allucinazione.
- La letologia, che è la temporanea incapacità di ricordare un nome proprio o di un oggetto.
- La disnomia è la difficoltà o incapacità a richiamare alla memoria la parola corretta quando è necessaria che si manifesta nei soggetti confusi, isterici, in casi di epilessia temporale e nei soggetti intossicati dall'assunzione di allucinogeni.
- Il lapsus memoriae, spesso dovuto a momentanee confusioni o a vuoti di memoria e quindi all'affiorare di pensieri dall'inconscio e dal subconscio.
Diagnosi
Se il disturbo della memoria comincia ad essere persistente e ad avere un’intensità tale da creare un crescente disagio, pur non inficiando la autonoma esplicazione delle occupazioni della vita di tutti i giorni, è necessario sottoporsi ad una visita neurologica.
Il primo step diagnostico deve consistere nella valutazione dello stato neurologico del soggetto (livello di coscienza e di attenzione, integrità dell’eloquio, della capacità di lettura e scrittura, etc.) seguito da un attento esame del suo stato psicologico, per escludere che si trovi in una temporanea condizione di demotivazione personale o di depressione, fattori che notoriamente incidono sul suo livello di attenzione e che potrebbero indurre alla erronea conclusione di ascrivere un deficit di memoria a disturbo cognitivo.
Il passo successivo consiste nella somministrazione di test neuropsicologici che devono consentirne una valutazione quantitativa del disturbo di memoria in quanto il paziente può minimizzare o addirittura negare l’esistenza di problemi mnesici o al contrario sovrastimare dimenticanze anche modeste riscontrate nel corso delle attività quotidiane, attribuendole alla insorgenza di una patologia neurologica degenerativa. Il risultato dei test è espresso da un punteggio che esprime di quanto le prestazioni del paziente si discostino da quelle rilevate su campioni di controllo con caratteristiche analoghe di età, sesso e scolarità.
I test della memoria a breve termine (MBT). Sono rivolti a definire la massima capacità di immagazzinamento (Span) di materiale nella memoria a breve termine.
continua nel link originale:
https://www.idoctors.it/patologia-disturbi-della-memoria-26879
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https://www.idoctors.it/patologia-disturbi-della-memoria-26879
28/07/20
Citta di Nichelino
Composizione e deleghe
al quale vengono assegnate le seguenti deleghe:
Cultura - Sport - Affari Legali - Privacy e Trasparenza Amministrativa - Anticorruzione e Legalità - Rapporti con il Consiglio Comunale - Edilizia privata - Urbanistica
***************** PEC: protocollo@cert.comune.nichelino.to.it
Tel. 011/6819650 - 011/6819653
fax 011/6819572
***********************
Punto Donna Nichelino
- ASCOLTO
- INFORMAZIONE
- ORIENTAMENTO
- SOSTEGNO
- CONSULENZA LEGALE (su prenotazione)
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ASL TO5
www.aslto5.piemonte.it/
************
CO.VA.R 14
www.covar14.it/
************
INPS
Le caselle di Posta Elettronica Certificata (PEC) sono disponibili per le comunicazioni di stretta competenza del destinatario e possono essere utilizzate esclusivamente se si è in possesso di una casella PEC.
Il Contact Center, raggiungibile da rete fissa (803 164),
telefonia mobile (06 164 164) e internet (Voip e Skype), è il sistema telematico sviluppato dall'Istituto per dare supporto nell'utilizzo dei servizi online.
Inps Risponde è il servizio che permette di inoltrare autonomamente dal proprio computer richieste di chiarimenti normativi e di informazioni sui servizi. Si possono monitorare lo stato di lavorazione delle richieste, verificando anche lo stato di quelle prese in carico dagli operatori del Contact center e smistate alle sedi territoriali competenti (Linea Inps). Il servizio è disponibile gratuitamente anche per smartphone e tablet con sistema operativo IOS e Android.
Le sedi INPS è il servizio che consente di individuare la propria sede territoriale di riferimento (indirizzo, orari di apertura e informazioni sulle strutture). All’interno di ogni sede è presente l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) dove l’utente può ricevere informazioni e servizi attraverso una consulenza personalizzata.
Le pagine di Assistenza permettono di consultare le FAQ sull’utilizzo del sito e le indicazioni su come ottenere e gestire il PIN.
link originale:
www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?iMenu=24
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NICHELINO
telefonia mobile (06 164 164) e internet (Voip e Skype), è il sistema telematico sviluppato dall'Istituto per dare supporto nell'utilizzo dei servizi online.
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NICHELINO
Orari e indirizzi Uffici Comunali
www.comune.nichelino.to.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3585:orari-e-indirizzi-uffici-comunali&catid=415&Itemid=1056
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ALLERTA METEO DA PARTE DEL
COMUNE DI NICHELINO PER TEMPORALI FORTI
https://publicalerts.nowtice.it/Alert/Details/5973
tenosinovite stenosante dei tendini flessori
Il dito a scatto, o tenosinovite stenosante dei tendini flessori (o del tendine flessore, nel caso del pollice), è una patologia che interessa i tendini flessori della mano e che deriva da una infiammazione degli stessi nel passaggio all’interno del canale digitale, con limitazione del movimento delle dita.
“I tendini delle dita passano nel canale digitale, che è composto da una serie di pulegge, che a loro volta dobbiamo immaginare come degli anellini: quando piego il dito il tendine si muove, ma resta all’interno del canale. Quando il tendine si infiamma, invece, sfrega contro le pulegge aumentando così l’infiammazione e, quando questa si cronicizza, il tendine ha una dimensione tale da non riuscire più a passare attraverso la puleggia alla base del dito, per cui si verifica il tipico movimento a scatto”, spiega la dottoressa Laura Frontero, Chirurgo della mano in Humanitas.
Una patologia che influisce sulla qualità della vita
“Nella prima fase della malattia il paziente prova solo dolore, a cui andando avanti si aggiunge il tipico scatto, fino ad arrivare all’effettiva impossibilità di piegare completamente il dito. Il dito a scatto, per questo motivo, è una patologia che ha conseguenze immediate sulla qualità della vita del paziente. Sia a causa del dolore, sia a causa della limitata mobilità del dito”, approfondisce la dottoressa Frontero.
“Al risveglio, per esempio, il paziente potrebbe trovarsi con un dito che resta chiuso, e per aprirlo dovrà aiutarsi con l’altra mano. Azioni anche banali, come tagliare le verdure o tirare su e giù le tapparelle, provocano un forte dolore. E aprire il dito una volta che resta bloccato piegato risulterà sempre particolarmente doloroso. Inoltre, nelle fasi più avanzate, il dito potrebbe non piegarsi più, restando fermo in posizione leggermente flessa”.
Quali sono le possibilità di cura?
“Per diagnosticare la tenosinovite stenosante non sono necessari esami: è una diagnosi clinica che consiste nell’osservazione, nei casi in cui presente, di un franco scatto accompagnato da dolore alla base del dito. Nelle fasi iniziali possiamo ricorrere a trattamenti conservativi, come i tutori, o, in fase più acuta, alle infiltrazioni di cortisone. Quando non si ottengono i benefici sperati o quando la patologia è già in uno stadio più avanzato è necessario l’intervento chirurgico che risulta essere risolutivo.
Si tratta di un’operazione mininvasiva, in anestesia locale, di circa cinque minuti. Il chirurgo effettua una piccola incisione alla base del dito e da lì apre la prima puleggia da cui passa il tendine. A seguito dell’operazione viene interrotto è il meccanismo che fa persistere l’infiammazione e il dito riprende la sua normale mobilità”, conclude la specialista.
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https://www.humanitas.it/news/26629-dito-scatto-intervenire
L’acromegalia....
è una malattia rara causata da un’eccessiva produzione dell’ormone della crescita. Da circa 15 anni si sa che i pazienti acromegalici soffrono di fragilità scheletrica e presentano fratture vertebrali, vera e propria complicanza dell’acromegalia.
Uno studio1 appena pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism che vede Humanitas come capofila, ha per la prima volta indagato l’efficacia dei farmaci anti-osteoporotici nell’osteopatia acromegalica.
Ne parliamo con il professor Gherardo Mazziotti, Responsabile della Sezione Ricerca, Diagnosi e Cura delle Malattie Osteometaboliche in Humanitas, docente di Humanitas University e primo autore dello studio.
Acromegalia e fragilità scheletrica
“Fino agli anni Duemila si pensava che i pazienti con un eccesso di ormone della crescita avessero anche ossa più resistenti del normale. Nel 2005 fui tra gli autori del primo studio2 al mondo (condotto dal gruppo dell’Università di Brescia in collaborazione con l’Università Cattolica di Roma) che segnalava la presenza di fratture vertebrali in donne in post-menopausa con acromegalia. Questo studio fu il primo di molti altri che confermarono i nostri primi risultati evidenziando la presenza di fratture vertebrali anche nei maschi, con percentuali variabili dal 15 al 40% dei pazienti3.
A distanza di 15 anni sappiamo che i pazienti acromegalici soffrono di fragilità scheletrica, che purtroppo non viene misurata in maniera affidabile con l’esame MOC-DEXA, ma che richiede l’utilizzo di metodiche sofisticate che hanno consentito di caratterizzare le alterazioni microstrutturali alla base della fragilità scheletrica del paziente affetto da acromegalia.
Si parla di osteopatia acromegalica: un’alterazione della struttura ossea che coinvolge in maniera selettiva le vertebre e predispone i pazienti a sviluppare fratture vertebrali. Come in altre forme di osteoporosi, in acromegalia le fratture vertebrali causano disabilità, dolore cronico e compromissione della qualità della vita”, spiega il professor Mazziotti.
Come migliorare la salute scheletrica di questi pazienti?
“Idealmente, una diagnosi precoce di acromegalia e un trattamento efficace della malattia consentono di prevenire le fratture vertebrali, così come molte altre complicanze dell’acromegalia. Tuttavia, nella real life la diagnosi di acromegalia è purtroppo spesso ritardata e molti pazienti risultano esposti per molti anni a un’eccessiva secrezione dell’ormone della crescita che, oltre a incrementare il rischio cardiovascolare e quello legato alla comparsa di neoplasie, condiziona un aumento significativo del rischio fratturativo. Va inoltre sottolineato che i pazienti possono presentare persistenti alterazioni della microstruttura ossea con persistente aumento del rischio di fratture vertebrali anche quando l’acromegalia è controllata dalla terapia4.
Si è così giunti alla conclusione che fosse necessario un trattamento specifico per le ossa, prosegue lo specialista”.
Lo studio BAAC guidato da Humanitas
“Il nostro ultimo lavoro è uno studio multicentrico che vede il coinvolgimento di 9 centri italiani dedicati al trattamento di soggetti acromegalici. È uno studio di real life che rileva come nella pratica clinica vengano curati con farmaci anti-osteoporotici circa il 20% dei pazienti con acromegalia.
Si tratta del primo studio che indaga l’efficacia dei farmaci anti-osteoporotici nel trattamento dell’osteopatia acromegalica: la terapia anti-osteoporotica risultava essere efficace nel prevenire le fratture vertebrali solo in presenza di acromegalia attiva. In quelli con malattia controllata, invece, la terapia non consentiva di ridurre e normalizzare il rischio fratturativo1”.
Rilevanza clinica dei risultati dello studio BAAC
Ne parliamo con il professor Andrea Lania, Responsabile dell’Unità di Endocrinologia, Diabetologia ed Andrologia Medica in Humanitas, docente di Humanitas University ed Autore senior dello studio: “I risultati della nostra ricerca sono rilevanti in quanto forniscono al clinico gli strumenti per curare in maniera specifica la fragilità scheletrica dei pazienti con acromegalia persistentemente attiva. Considerando poi l’inefficacia della terapia dell’acromegalia nel prevenire le fratture vertebrali anche nei pazienti ben controllati dal punto di vista ormonale, non è possibile escludere a priori la possibilità di utilizzare farmaci anti-osteoporotici in questo specifico contesto clinico.
Infatti, considerando che la quasi la totalità dei nostri pazienti utilizzava farmaci ad azione inibitoria sul riassorbimento osseo (quali bisfosfonati e denosumab), possiamo ipotizzare che farmaci diversi ad azione anabolica, vale a dire di stimolo sulla neoformazione ossea, possano essere efficaci nel prevenire il rischio di fratture vertebrali quando l’ipersecrezione dell’ormone della crescita è controllata dalle terapie dell’acromegalia. In questo ambito, l’Unità di Endocrinologia dell’Istituto Clinico Humanitas è impegnata in progetti di ricerca clinici e traslazionali che spero consentiranno di chiarire nel prossimo futuro i meccanismi alla base della fragilità scheletrica nell’acromegalia e di identificare trattamenti specifici per migliorare la salute scheletrica e la qualità della vita dei nostri pazienti”.
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https://www.humanitas.it/news/26432-acromegalia-fragilita-scheletrica-humanitas-capofila-uno-studio-sullefficacia-dei-farmaci?fbclid=IwAR23fUusdGS0R_b-_ySShl5K0HspbnW5HWA_3pWRcFeJQ6hcST4GWglTO6Y
Cuore: che cos’è un infarto e come si interviene?
Si parla di infarto del miocardio in presenza di una necrosi di parte del tessuto cardiaco dovuta a un’ostruzione di una delle arterie coronariche, deputate a rifornire il cuore di sangue ossigenato. L’ostruzione, che può essere parziale o totale, è spesso dovuta a un accumulo di grasso, colesterolo o altre sostanze che forma una placca nelle arterie (aterosclerosi) che si rompe e determina una trombosi interrompendo il flusso di sangue e causando così la morte (necrosi) del tessuto.
Ci sono segnali a cui prestare attenzione e come si interviene in caso di infarto? Ne parliamo con due specialisti di Humanitas: il dottor Bernhard Reimers, Responsabile di Cardiologia clinica e interventistica e il professor Giulio Stefanini, cardiologo e docente di Humanitas University.
I sintomi con cui può manifestarsi l’infarto
La sintomatologia legata all’infarto del miocardio è variabile: non tutti i pazienti riferiscono gli stessi sintomi o li avvertono alla stessa intensità; in altri casi, l’infarto può essere asintomatico e in altri casi ancora il primo segnale di infarto è un arresto cardiaco improvviso. La manifestazione più tipica dell’infarto è una sensazione di peso o dolore al petto che dura più di dieci minuti. Il dolore può estendersi dal petto a uno o entrambe le braccia e può irradiarsi anche al collo, alla mascella e alla schiena. Inoltre il dolore al petto può essere associato a nausea, bruciore di stomaco o dolore addominale, fiato corto, stanchezza, sudorazione fredda, stordimento o vertigini. Nella maggior parte dei casi la comparsa dei sintomi dell’infarto è improvvisa, ma possono anche esservi segnali di avviso nel corso delle ore, dei giorni o delle settimane precedenti; ne sono un esempio un dolore al petto ricorrente o una sensazione di pressione (detta angina pectoris) che è scatenata dal movimento e che si risolve a riposo. L’angina è dovuta a una diminuzione temporanea di flusso sanguigno al cuore, una condizione che però non è così prolungata da condurre alla necrosi del tessuto.
In caso di infarto è fondamentale intervenire tempestivamente perché un accesso tardivo del paziente a cure adeguate aumenta il rischio di mortalità.
Chi è più a rischio?
Alcuni fattori, distinti in modificabili e non modificabili, possono esporre a un maggior rischio di aterosclerosi e di infarto. Sono fattori non modificabili l’aumentare dell’età, il sesso (in età giovanile e matura il rischio è maggiore negli uomini, ma dopo la menopausa femminile il rischio è lo stesso nei due sessi) e la familiarità (casi di infarto in famiglia espongono a un maggior rischio, soprattutto se occorsi dai 55 anni negli uomini e dai 65 nelle donne). Sono invece fattori di rischio modificabili il vizio del fumo, l’ipertensione arteriosa (che danneggia le arterie), alti livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo che restringe le arterie) o di trigliceridi, il diabete (l’eccesso di glucosio nel sangue danneggia le arterie e favorisce l’aterosclerosi), l’obesità (che è associata ad alti livelli di colesterolo e di trigliceridi, ipertensione e diabete), la sindrome metabolica (un quadro che include obesità, diabete e ipertensione), la sedentarietà (la mancanza di attività fisica contribuisce a innalzare i livelli di colesterolo ed espone al rischio di aumento corporeo), lo stress e l’uso di sostanze stupefacenti.
L’importanza di una diagnosi tempestiva
In genere, la diagnosi di infarto viene effettuata alla luce dei sintomi riferiti dal paziente. L’esecuzione di un elettrocardiogramma, un esame che registra l’attività elettrica del cuore, permette di confermare o escludere l’infarto poiché il muscolo cardiaco danneggiato presenta un’alterazione nella conduzione degli impulsi elettrici.
Inoltre attraverso gli esami del sangue poi si accerta la presenza degli enzimi cardiaci, sostanze rilasciate nel sangue dalle cellule del muscolo cardiaco che sono andate incontro a necrosi.
Può talvolta essere utile l’ecocardiogramma, un esame che mediante l’utilizzo di ultrasuoni consente di visualizzare e osservare il cuore nelle sue dimensioni, forma e movimento.
Come si interviene in caso di infarto?
La diagnosi viene confermata con l’esecuzione di una coronarografia urgente, un esame invasivo che si esegue tramite l’introduzione di un piccolo catetere da un accesso arterioso a livello del polso o dell’inguine. La coronarografia permette di visualizzare le coronarie e identificare la sede dell’ostruzione. Una volta confermata la diagnosi e identificata la sede dell’ostruzione coronarica, si procede immediatamente a riaprire il vaso con un intervento di angioplastica. Questa si esegue contestualmente alla coronarografia, utilizzando lo stesso accesso arterioso. L’intervento consiste nel dilatare un palloncino nella coronaria occlusa per riaprire la stessa e permettere al flusso di sangue di riprendere il suo corso. Alla dilatazione del palloncino segue l’impianto di uno stent coronarico, una piccola rete metallica cilindrica che viene posizionata a livello dell’occlusione per mantenere aperta l’arteria coronaria malata.
All’intervento di angioplastica segue una terapia medica basata principalmente su farmaci che riducono il rischio di nuove trombosi (antiaggreganti come l’aspirina e il ticagrelor o il prasugrel) e che riducono il colesterolo (come le statine). Queste medicine sono fondamentali per ridurre il rischio di recidive.
L’infarto si può prevenire?
Sebbene non si possa evitare del tutto un evento come l’infarto, è possibile ridurre i fattori di rischio a esso correlati, intervenendo in particolare su quelli modificabili e dunque prestando attenzione al proprio stile di vita e, su consiglio del medico, alla terapia medica per controllare i fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa e l’ipercolesterolemia.
È bene, per esempio, assicurarsi un’alimentazione varia ed equilibrata che prediliga cereali, legumi, frutta e verdura e che – a grassi saturi e colesterolo (burro, carni rosse) – preferisca olio extravergine di oliva, pesce e carni bianche. Importante poi anche il ruolo di una regolare attività fisica aerobica (almeno tre volte alla settimana per 45 minuti, come correre, camminare a passo sostenuto, nuotare, andare in bicicletta) che contribuisce a mantenere il peso corporeo nella norma, a migliorare la capacità del cuore di pompare il sangue e a tenere sotto controllo la pressione arteriosa. È fondamentale poi non fumare.
Sulla salute del cuore ha poi anche un peso lo stress in quanto impatta sulla pressione arteriosa: una condizione continua di stress infatti aumenta i valori della pressione che sono correlati al rischio cardiovascolare. Inoltre lo stress può modificare le placche aterosclerotiche nelle coronarie, causandone la rottura e favorendo così un evento come l’infarto. Tenere sotto controllo i valori della pressione arteriosa può essere di aiuto a monitorare la situazione: una condizione di stress infatti può determinare un aumento della pressione.
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https://www.humanitas.it/news/25713-cuore-cose-un-infarto-si-interviene?fbclid=IwAR027Wp_e29qCuT10b8BnrzP5s2uUKqN_6gIW0FyPRzgueU0Jst3dllUFz8
“Supercibi” o corretta alimentazione?
I tumori si possono prevenire con l’alimentazione?
Proviamo a fare chiarezza, con l’aiuto della dottoressa Manuela Pastore, dietista di Humanitas.
“Supercibi” o corretta alimentazione?
“Quando si parla di “supercibi” ci si riferisce a quegli alimenti che dovrebbero, il condizionale è d’obbligo, portare grandi benefici a chi li consuma abitualmente. Si parla di una lunga lista di alimenti e spezie fra cui: aglio, avena, barbabietola, cipolla, crucifere, curcuma, frutti rossi, limone, frutta secca, tè verde, fibre e molti altri. Per ognuno è stato dimostrato che possiedano proprietà salutari per l’organismo, purtroppo però non è ancora altrettanto certo che, singolarmente, siano in grado di prevenire l’insorgenza di un tumore, e questo anche se consumati in grandi quantità per lungo tempo.
Purtroppo non esiste una dieta specifica anti-cancro ma sappiamo che un’alimentazione variata, senza esclusioni se non per provata motivazione, assicura tutti i nutrienti necessari a preservare le difese immunitarie e indirettamente può contribuire a prevenire alcune forme tumorali.
Occorre poi seguire uno stile di vita sano e attivo che contrasti la sedentarietà, che comprenda una regolare e adeguata attività fisica, un peso corporeo nella norma, che limiti il consumo di alcol ed escluda l’abitudine al fumo. Tutti questi elementi sono considerati protettivi nei confronti della nostra salute e non solo per quanto riguarda i tumori”, spiega la dottoressa Pastore.
I consigli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che con una dieta sana ed equilibrata si potrebbero evitare circa un terzo delle malattie cardiovascolari e dei tumori e fornisce alcuni consigli:
- Evitare l’obesità.
- Mantenersi fisicamente attivi, con un regolare esercizio fisico.
- Limitare il consumo di alimenti molto calorici ed evitare il consumo di bevande zuccherate.
- Basare la propria alimentazione su alimenti di provenienza vegetale, possibilmente con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto, e un’ampia varietà di verdure non amidacee e di frutta. Assumere cinque porzioni di frutta e verdura al giorno (le patate non sono verdure).
- Limitare il consumo di carni rosse (ovine, suine e bovine) ed evitare il consumo di carni conservate.
- Limitare il consumo di bevande alcoliche.
- Limitare il consumo di sale (non più di 5 g al giorno) e di cibi conservati sotto sale. Evitare cibi contaminati da muffe (in particolare cereali e legumi).
- Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali attraverso un’alimentazione variegata ed equilibrata.
Carne rossa e rischio tumori
“Un’eccessiva assunzione di grassi, soprattutto di origine animale, è stata messa in relazione con una maggiore incidenza di tumori, in particolare quelli del tratto digerente e quelli correlati agli ormoni come il tumore alla mammella, della prostata e dell’endometrio, attraverso vari meccanismi di azione. Se poi la dieta ad alto contenuto in grassi si associa a un’alimentazione squilibrata anche in altri componenti, e ad altri fattori di rischio come alcol e fumo, la probabilità di sviluppare malattie cronico degenerative o un tumore aumenta.
Nell’ultima revisione, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms ha inserito le carni lavorate nella lista delle sostanze cancerogene e le carni rosse in quella delle probabilmente cancerogene, da questo momento è scattata una campagna mediatica contro questi alimenti che ha terrorizzato molti consumatori.
In realtà questi dati non sono nuovi: le carni lavorate, salate, essiccate, fermentate, affumicate, trattate con conservanti per migliorarne il sapore, la presenza di conservanti o di prodotti di combustione è noto che siano legati ad alcuni tipi di tumore.
Gli studi su cui si basano queste indicazioni si riferiscono a consumi quotidiani e a quantitativi lontani dai consumi medi italiani, a metodi di produzione che non riguardano l’Italia. L’aumento del rischio è legato agli eccessi, la stessa IARC conferma che un consumo settimanale inferiore a 500 g di carne rossa non costituisce un pericolo per la salute. Fondamentale è la qualità, la quantità e la modalità di cottura. In una dieta variata il consumo di carne rossa una o due volte la settimana, scelta fra i tagli con meno grassi, e alternata ad altre fonti proteiche non espone quindi a rischi. Un’ulteriore conferma di quanto sia importante tornare alla dieta mediterranea tipica della tradizione italiana, ricca di vegetali, frutta, legumi, cereali anche integrali, pesce, olio di oliva senza dimenticare anche tutti gli altri alimenti proteici, che ha dimostrato di poter diminuire il rischio di tumore”, conclude la dottoressa Pastore.
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27/07/20
Veranda Barabasca Ristorante e molto molto altro
IL CIBO DELIZIOSO CON UNA OTTIMA SCELTA SIA DEL FRESCO SIA DEL CIBO COTTO PER OGNI PALATO
ci siamo fermati a pranzare in ***SP452R KM3.2 Località Barabasca, 452, 29017 Fiorenzuola d'Arda, Italia –**** nella strada di ritorno per casa DOVE ABBIAMO TROVATO UN MENU' FORNITO DI TUTTO (VEDI FOTO) oppure troverete un menu' alla carta.
UN RISTORANTE MOLTO PULITO, I PIATTI DAI PRIMI ALLA FRUTTA ASSAPORATI E FACENDO LA SCARPETTA AD OGNI PIATTO, la CARNE TENERA affiancata da VERDURE FRESCHISSIME.
LA FRUTTA (MACEDONIA) tagliata al momento con frutta di stagione per non perdere il sapore e la qualità
per non farci mancare nulla LA MERINGATA (TORTA) SERVITA IN ABBONDANZA CON la cioccolata sopra da leccarsi il palato.
Ve lo consiglio ragazzi perché' vi servono con professionalità e massima cordialità da parte di tutto lo staff con piatti semplicemente favolosi di ottimo livello serviti nella sua semplicità SEMPRE CON IL SORRISO
Vi chiederete E I PREZZI? bene guardate le foto e capirete che oltre al gusto eccellente ANCHE I PREZZI SONO ALLA PORTATA DI TUTTI.
la pulizia al top.
E COME DICO SEMPRE IO - FIDATEVI DI ME PROVARE PER CREDERE - NB: ♿ ACCESSIBILE PER TUTTI