CONTATORE PERSONE

09/11/13

Stimolazione Magnetica

La terapia magnetica è efficace e si usa in una vasta gamma di applicazioni mediche. Utilizzata soprattutto in campo ortopedico, essa viene ancora considerata da molti come medicina alternativa. 
Le sue indicazioni terapeutiche sono davvero svariate e le controindicazioni decisamente basse. Ecco tutto ciò che c'è da sapere:
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info dal web:
L’uso di magneti a scopi terapeutici (o magnetoterapia) risale all’antichità, quando l’uomo già attribuiva a questi elementi naturali poteri curativi. In Grecia, i medici costruivano anelli metallici, poi magnetizzati, per alleviare il dolore da artrite.
Nel Medioevo, la magnetoterapia veniva prescritta per disinfettare le ferite e curare molti disturbi, tra cui l’artrite, l’avvelenamento e la calvizie. L’alchimista Philippus von Hohenheim, meglio noto come Paracelsus, credeva che i magneti fossero in grado di eliminare la malattia dai corpi.
Negli Stati Uniti, dopo la Guerra Civile, i guaritori sparsi nel Paese sostenevano che la malattia fosse causata da uno squilibrio dei campi elettromagnetici presenti nel corpo umano. L’applicazione di magneti, perciò, era in grado di ripristinare le funzioni degli organi implicati e combattere una moltitudine di disturbi: asma, cecità, paralisi, ecc.
Magnetoterapia: indicazioni e prezzi Oggi, i magneti sono utilizzati per trattare una vasta gamma di problemi di salute, anche se le prove scientifiche della loro efficacia sono scarsi. Essi vengono principalmente usati per alleviare il dolore, associato a malattie croniche come
l’artrite la neuropatia diabetica il mal di schiena accelerare la guarigione dopo un intervento chirurgico I magneti sono usati anche come strumento per combattere i sintomi legati allo stress, come mal di testa e insonnia. In medicina convenzionale, la magnetoterapia è utilizzata spesso per il trattamento delle fratture lente a guarire e, in particolare, nel caso di ossa lunghe come tibia e femore. I magneti sono disponibili in una varietà di forme, dimensioni e prezzi. Essi sono composti di ferro, acciaio o una lega metallica; vengono anche indossati come gioielli, bracciali, orecchini o anelli. A volte, sono contenuti dalle suole all’interno della scarpa ortopediche e servono per riattivare la circolazione grazie al principio dell’inversione dei campi magnetici. Esistono altresì bende o piastre che si applicano nella zona dolorante del corpo e sono stati utilizzati anche in alcuni particolari cuscini e materassi. I prezzi di questi formati variano da oggetto ad oggetto e seconda le loro applicazioni.
Quando i magneti sono applicati sul corpo direttamente sulla zona dolorante (ginocchio, piede, polso, schiena, ecc.) la potenza del loro campo elettromagnetico è generalmente 400-800 gauss (quella di un magnete decorativo da frigorifero è inferiore a 200 gauss). Maggiore è la distanza tra il magnete e il corpo, maggiore è la potenza che il magnete deve possedere. In un materasso, la sua forza, per esempio raggiunge i 4.000 gauss o anche di più.
Ci sono due principali tipi di magneti:
magneti statici o permanenti, il cui campo elettromagnetico è stabile magneti pulsati il cui campo magnetico varia e deve essere collegato ad una sorgente elettrica. La maggior parte dei magneti utilizzati appartengono alla prima categoria: si tratta di magneti a bassa intensità che vengono utilizzati senza ulteriori fonti energetiche e in maniera individuale.
I magneti pulsati sono venduti sotto forma di piccoli dispositivi portatili e sono utilizzati sotto controllo medico. Esiste anche una nuova tecnica, chiamata stimolazione magnetica transcranica (TMS), che viene utilizzata principalmente per il trattamento della depressione.
A questo proposito bisogna dire che la storia della psicoanalisi ha una lunga tradizione dell’utilizzo dei magneti a scopo terapeutico. Già prima dei noti Freud e Jung, le pietre magnetiche venivano utilizzate per curare l’epilessia e alcune forme di schizofrenia. I risultati di tali applicazioni sono, tuttavia, molto discussi e hanno rischiato spesso di essere tacciati di superstizione.
Magnetoterapia: funziona? E quando? La modalità di azione della terapia magnetica rimane un mistero e poco si sa di come i campi elettromagnetici influenzino il funzionamento dei meccanismi biologici. Sono state proposte diverse ipotesi ma nessuno è stata finora dimostrata. Secondo l’ipotesi più comune, i campi elettromagnetici agirebbero stimolando la funzione delle cellule.
Altri sostengono che i campi elettromagnetici attiverebbero la circolazione sanguigna, stimolando così la fornitura di ossigeno e delle sostanze nutritive Secondo altri studiosi, il ferro nel sangue agirebbe come un conduttore di energia magnetica È anche possibile che i campi elettromagnetici interrompano la trasmissione del dolore tra cellule di un organo e il cervello Magnetoterapia e ginocchio: i magneti pulsati La loro efficacia nello stimolare la guarigione di fratture che sono lente a guarire pare ormai certa. Numerosi studi hanno dimostrato i benefici di questo approccio. Questa tecnica è sicura ed ha un grado di efficienza molto alto. Inoltre, il trattamento con campi elettromagnetici pulsati non richiede l’ospedalizzazione ma si può effettuare ambulatorialmente.
Diversi studi hanno valutato gli effetti di magneti statici o dispositivi che emettono campi elettromagnetici in particolare sul ginocchio. Da questi studi è risultata una riduzione, sebbene modesta, del dolore e di altri sintomi fisici misurabili. Il trattamento va eseguito sotto la supervisione dell’ortopedico e in un centro che abbia gli strumenti adatti.
Magnetoterapia e cura di alcuni sintomi della sclerosi multipla Secondo studi clinici randomizzati, i campi elettromagnetici pulsati potrebbero contribuire a ridurre i sintomi della sclerosi multipla. Il vantaggio principali riguarderebbe la capacità antispasmodica della terapia, con conseguente
riduzione della fatica miglioramento del controllo della vescica delle funzioni cognitive della mobilità della vista La validità di questi risultati, tuttavia, è limitata a causa di una mancanza di coerenza dei risultati, dei pochi studi pubblicati, la grandezza del campione e una certa debolezza delle metodologie utilizzate.
Magnetoterapia e contributo nel trattamento di incontinenza urinaria Diversi studi hanno dimostrato gli effetti dei campi elettromagnetici pulsati nel trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo (per es. perdita di urina quando si tossisce). Questi studi sono stati condotti principalmente su un campione di donne, ma anche nell’uomo dopo la rimozione della prostata.
Anche se i risultati sembrano promettenti, le valutazioni dei dati non sono unanimi e sono necessari ulteriori studi prima di pronunciarsi sull’efficacia dei campi elettromagnetici pulsati in tale contesto. In questo caso, la magnetoterapia può essere considerata un’alternativa ai metodi convenzionali, quando questi ultimi non sortiscono buoni effetti. E’ ovviamente molto importante consultare un urologo, perché le cause di incontinenza urinaria possono essere molteplici.
Magnetoterapia e cura dell’emicrania Nel 2007 diversi studi hanno analizzato l’efficacia della terapia magnetica nel ridurre l’emicrania. I risultati hanno mostrato che l’uso di un dispositivo palmare che genera campi elettromagnetici pulsati potrebbe ridurre l’intensità, la durata e la frequenza delle emicranie e alcuni tipi di mal di testa. Tuttavia, l’efficacia di questa tecnica dovrebbe essere valutata utilizzando una sperimentazione clinica più valida.
Infine, la Magnetoterapia con magneti pulsati viene utilizzata per curare:
tendinite osteoporosi russamento costipazione associata al morbo di Parkinson sintomi dolorosi associati a neuropatia diabetica osteonecrosi sindrome del tunnel carpale eiaculazione precoce l’uso del magnetismo viene utilizzato anche nella cura del corpo contro le smagliature Magnetoterapia: effetti collaterali Le controindicazioni della magnetoterapia sono relativamente poche e gli effetti collaterali paiono riguardare la seguente sintomatologia:
Capogiri e vertigini sono stati riportati quando il magnete è stato collocato nei pressi della carotide Irritazione, arrossamento e ammaccature lievi, possono verificarsi dopo l’applicazione Alcuni pazienti hanno riportato un aumento del dolore durante le prime applicazioni Altri hanno denunciato un calore nella zona interessata
In questi casi, i magneti non devono essere utilizzati senza aver prima consultato un operatore sanitario qualificato. 

La magnetoterapia deve essere inoltre evitata da i seguenti soggetti:
Donne in gravidanza poichè non si conoscono gli effetti dei campi elettromagnetici sullo sviluppo fetale Portatori di un pacemaker; questa avvertenza vale anche per i parenti, dato che i campi elettromagnetici emessi da un’altra persona può rappresentare un rischio per la persona che porta tale apparecchio. Articolo scritto da: Cinzia R.
CONTINUO CON:
É una forma di fisioterapia che utilizza l'energia elettromagnetica. I campi magnetici vengono impiegati nella fisioterapia ormai da decenni perchè gli impulsi elettromagnetici eccitano le cellule e aiutano la rigenerazione dei tessuti ossei e cutanei, migliorando la circolazione sanguigna e stimolando la produzione di endorfine da parte del sistema neurovegetativo e riducendo in tal modo il dolore che accompagna lo stato infiammatorio. Questo effetto può essere usato in molteplici scopi terapeutici per accelerare e favorire il decorso di varie patologie più o meno gravi, come:
- Artrosi - Pseudoartrosi - Fratture - Piaghe da decubito - Cefalea muscolotensiva - Periartrite - Contusioni - Distorsioni - Lussazioni - Strappi muscolari
Attualmente, la magnetoterapia è stata riconosciuta come terapia nel campo dell'omeopatia e della naturopatia.

L'USO SICURO ED EFFICACE DEL MEDICINALE ... MAAAAA... ecco le Infezioni Opportunistiche
















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Gli Stati Membri dovranno discutere e concordare con il Titolare AIC un pacchetto informativo da
consegnare ai medici prescrittori e garantire che:

Il titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio fornisca a tutti i medici che intendono
prescrivere TYSABRI un pacchetto informativo contenente:

• Riassunto delle caratteristiche del prodotto e foglio illustrativo
• Informazioni su TYSABRI destinate ai medici
• Carta di Allerta per il Paziente
• Moduli di inizio e prosecuzione del trattamento

Le informazioni su TYSABRI destinate ai medici devono contenere i seguenti elementi chiave:
• la dichiarazione che il trattamento con TYSABRI deve essere iniziato e supervisionato
costantemente da un medico specialista con esperienza nella diagnosi e nel trattamento delle
malattie neurologiche, presso centri in cui sia possibile un accesso tempestivo alla RM.
l’informazione che con il trattamento con TYSABRI possono insorgere infezioni 
atipiche/opportunistiche, in particolare la PML, specificando:
o che il rischio di PML aumenta con l’aumentare della durata del trattamento e che un
trattamento di oltre 24 mesi comporta un rischio supplementare
o altri fattori associati all’aumento del rischio di PML
 Trattamento con farmaci immunosoppressori antecedente all’uso di TYSABRI
 Presenza di anticorpi anti virus JC
o la stratificazione del rischio di insorgenza di PML in base ai tre fattori di rischio identificati
o la diagnosi di PML, inclusa la differenziazione fra PML e recidiva di SM.
o l’algoritmo di gestione della PML
o la possibilità di insorgenza di altre infezioni opportunistiche
o la raccomandazione di sottoporre i pazienti ad una RM alle seguenti scadenze:
 entro i 3 mesi precedenti all’inizio del trattamento con TYSABRI
 una volta all’anno durante il trattamento con TYSABRI
 alla prima comparsa di qualsiasi sintomo che possa indicare l’insorgenza di
PML
o l’obbligo di informare i pazienti circa i rischi ed i benefici del trattamento con TYSABRI e
di fornire loro:
 una copia del modulo di inizio del trattamento
una Carta di Allerta per il Paziente che comprenda il testo concordato con il 
CHMP (Comitato per i Medicinali per Uso Umano)
 CONTINUA A LEGGERE QUI: http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR_-_Conditions_imposed_on_member_states_for_safe_and_effective_use/human/000603/WC500044687.pdf

E POI
www.thinkfree.it/poiesis/hiv/mat/MONOGRAF/94FORM12.HTM


Vengono definite malattie opportunistiche quelle infezioni trasmesse da microorganismi che non sono causa abitualmente di malattia ma che, in certe circostanze (pazienti anziani, defedati o affetti da deficit del sistema di difesa immunitaria) si comportano da patogeni.
Nell'infezione da HIV la maggior parte delle malattie opportunistiche fanno la loro comparsa solamente quando il numero di CD4 (i linfociti che sono, anche se non esclusivamente, indicativi del grado di compromissione del sistema immunitario) scende al di sotto di un certo valore (< 200 cell/mm3 per alcune infezioni, < 100 cell/mm3 per altre).



Polmonite da Pneumocystis Carinii (PCP)

La polmonite da P.Carinii è la malattia che più frequentemente porta alla prima diagnosi di AIDS: circa il 60-80% dei casi sviluppa questa complicanza.
Negli ultimi anni però, il numero di casi di pneumocistosi e la loro gravità sono stati notevolmente ridimensionati dalle strategie terapeutiche e profilattiche abitualmente impiegate.
L'infezione è strettamente correlata al numero di linfociti CD4: dato che raramente compare quando il numero di CD4 è superiore a 200 cell/mm3, tale valore viene considerato il limite oltre il quale è consigliato iniziare una profilassi primaria per PCP.
Lo Pneumocystis Carinii (PC) è un microorganismo, di incerta classificazione (da alcuni considerato un protozoo, da altri un micete), presente nell'ambiente e scarsamente invasivo nel soggetto sano.
Il microorganismo, penetrato per via aerea, provoca abitualmente delle infezioni asintomatiche. La presenza di un'alta incidenza di anticorpi anti-PC in una grossa fascia della popolazione pediatrica sta' probabilmente a testimoniare che l'infezione viene contratta nei primi anni di vita. La caduta della difese immunitarie cellulari, che si verifica nell'infezione da HIV, probabilmente determina una riattivazione delle forme rimaste silenti per anni.
La PC prolifera all'interno degli alveoli polmonari determinando dal punto di vista funzionale una riduzione dello scambio di ossigeno. Per la presenza di infiltrati cellulari di tipo infiammatorio, prevalentemente mononucleati, negli spazi intercellulari tra gli alveoli, la polmonite da PC viene definita di tipo "interstiziale". Nelle forme gravi è anche possibile la comparsa di formazioni cistiche all'interno del tessuto polmonare, così come un pneumotorace (infiltrazione d'aria nello spazio tra la pleura e il polmone) spontaneo per rottura di tali cisti nello spazio pleurico con conseguente collasso del polmone.

CLINICA: non esistono sintomi specifici dell'infezione. Febbre, stanchezza, perdita di peso possono comparire per settimane o mesi nelle forme sub-acute prima che i sintomi respiratori si sviluppino. Una tosse secca, non produttiva, e un progressivo accorciamento del respiro (dispnea da sforzo) sono caratteristici nella fase conclamata. Se non trattata la polmonite evolve progressivamente verso l'insufficienza respiratoria, con dispnea anche a riposo e cianosi.
L'esame radiografico e l'esame obiettivo toracico può in una certa percentuale di casi (10-15%) risultare negativo, specialmente nelle forme più subdole. Nelle fasi avanzate invece è caratteristico il riscontro di un infiltrato interstiziale, mono o bilaterale, circoscritto o diffuso, con aspetto a "vetro smerigliato". Tali quadri per altro non sono sufficienti per fare una diagnosi di PCP.

DIAGNOSI: viene fatta ricercando la P.Carinii nell'escreato. Data la scarsità di escreato che si forma in tale patologia, è spesso necessario indurre l'espettorazione con aerosol di soluzione salina ipertonica o ricorrere alla broncoscopia per ottenere il broncolavaggio alveolare (BAL) o frammenti di tessuto (biopsia transbronchiale) sui quali ricercare l'organismo.
Il BAL ha una sensibilità del 95% con un margine di errore minimo. Nei pazienti in profilassi con Pentamidina aerosol, è possibile che il lavaggio broncoalveolare risulti negativo e in tal caso è fondamentale per la diagnosi il frammento bioptico.
Dal punto di vista ematochimico, gli unici esami di un certo ausilio sono la determinazione dell'enzima LDH (caratteristicamente aumentata) e la riduzione della pO2 (tensione parziale di ossigeno) con aumento della pCO2 (tensione parziale di anidride carbonica).

TERAPIA: farmaci di prima scelta nel trattamento sono:
-il Co-trimossazolo (BACTRIM) endovena o per os
-Pentamidina (aerosol o endovena) nei soggetti allergici al co-trimossazolo.
Farmaci di seconda scelta sono:
-Clindamicina + Primachina
-Trimetrexate + ac. folico
-Azitromicina
-Dapsone
-Eflornitina
-Atovaquone (566C80).
Col diffondersi dell'uso della profilassi per la PCP si è verificato negli anni un cambiamento dell'incidenza delle malattie opportunistiche AIDS correlate: la PCP, che era l'infezione opportunistica iniziale più frequente, è scesa progressivamente, mentre infezioni da Mycobacterium Avium, le Candidiasi esofagee e le infezioni da CMV sono percentualmente salite nel paziente profilassato.


Candidosi

Si intendono con tale termine le manifestazioni patologiche determinate da miceti del genere Candida: nella maggior parte dei casi l'agente responsabile è la Candida Albicans.
La Candida albicans fa parte, come saprofita, della comune flora orale, faringea, intestinale e vaginale. Normalmente le difese immunitarie ne impediscono la proliferazione ma condizioni come deficit immunitari, diabete mellito, affezioni croniche, decadimento senile, eccesso di antibiotici, cortisonici..ecc, possono provocare una incontrollata proliferazione di questi miceti.
Nei soggetti con modesta compromissione del sistema immunitario la candidosi si manifesta in genere a livello del cavo orale e faringeo. Nei pazienti gravemente immunocompromessi si possono osservare forme esofagee o più raramente polmonari, oculari, gastroenteriche, meningee, setticemiche.
La candida del cavo orale si presenta come placche biancastre facilmente rimuovibili presenti su qualsiasi superficie della mucosa. Hanno un diametro di 1-2 mm ma possono essere disseminate a tutta la mucosa orale. Il colore delle placche può diventare giallastro o grigio-nero ("lingua nera").
Anche nell'esofagite da Candida cono presenti larghe placche bianco-gialle, diffuse nell'esofago.

CLINICA: la candidosi orofaringea può essere del tutto asintomatica, mentre i sintomi più comuni della candidosi esofagea sono una disfagia (difficoltà nella deglutizione con la sensazione come di cibo che "non va giù"), proporzionale al grado di estensione dell'infezione e dolori esofagei retrosternali (legati ad uno spasmo, una contrazione dell'esofago).

DIAGNOSI: per la diagnosi è necessaria l'identificazione dell'organismo, attraverso coltura del tampone oro-faringeo o dello spatolato ottenuto con la esofago-gastro scopia.
La ricerca di anticorpi specifici non è di utilità per la diagnosi.

TERAPIA: la terapia si avvale di chemioterapici come il Chetoconazolo (NIZORAL), il Fluconazolo (DIFLUCAN), l'Itraconazolo. Nei pazienti trattati per lungo tempo o gravemente immunodepressi è possibile la comparsa di resistenze. In tali casi vengono impiegati Flucitosina o Amfotericina B (FUNGIZONE).


Criptococcosi

Le Criptococcosi sono infezioni fungine determinate dal Cryptococcus Neoformans, un micete presente in tutto il mondo responsabile abitualmente di infezioni benigne e asintomatiche.
L'habitat del C.Neoformans è il suolo arricchito di feci di uccello. Un'alta concentrazione di criptococchi può essere ritrovata infatti nei posti dove vivono i piccioni. Altra sorgente di criptococchi sono la buccia dei frutti e il latte non pastorizzato.
L'infezione viene contratta attraverso le vie respiratorie e nel soggetto immunodepresso può determinare sindromi gravi a livello polmonare (il 4% delle infezioni Criptococciche nel soggetto HIV si manifestano come polmoniti). La localizzazione elettiva rimane comunque quella meningea (più dell'80% delle Criptococcosi).

CLINICA: le prime manifestazioni cliniche della meningite da Cryptococco non sono nè specifiche nè appariscenti: la febbre non è distinguibile da quella di altre infezioni opportunistiche, così come il mal di testa, malessere, nausea, vomito. La durata di questi sintomi varia da 1 giorno a 4 mesi con una media di 30 giorni. La rigidità cervicale e la fotofobia, sintomi classici di una irritazione meningea sono presenti solo nel 20-30% dei casi. Un'alterazione dello stato mentale e deficit neurologici focali sono riscontrabili in un numero ancora più inferiore di casi.
Le manifestazioni cliniche sono tipicamente croniche, data la lentezza di crescita del fungo, ma col passare del tempo compaiono disturbi psichici, deficit motori, disfunzione dei nervi cranici (afasia, sordità, visione doppia), segni cerebellari (difetti nella marcia e nell'equilibrio) e segni di aumentata pressione endocranica (come l'edema della papilla ottica).

DIAGNOSI: dato che il Cryptococco è un patogeno di bassa virulenza, deve esserci una grave compromissione del sistema immunitario perchè possa instaurarsi l'infezione.
Il sospetto di infezione si ha quando l'antigene Cryptococcico nel liquor (prelevato attraverso la puntura lombare) cerebrospinale e nel siero risulta elevato. La conferma ufficiale spetta alla coltura dei fluidi biologici (liquor e sangue generalmente).
Il titolo antigenico non si negativizza dopo terapia, ma il ridursi o il persistere di bassi livelli di antigene è indice di una infezione quiescente. Un titolo crescente per tutta la durata del trattamento farmacologico può indicare l'emergenza di ceppi resistenti alla terapia o una recrudescenza della malattia.

TERAPIA: il principale anti-micotico usato è l'Amfotericina B (FUNGIZONE).
Altri farmaci: 5-Flucitosina, fluconazolo, Itraconazolo.


Toxoplasmosi cerebrale

Il Toxoplasma Gondii è un parassita ampiamente diffuso tra i mammiferi e gli uccelli. L'infezione viene generalmente acquisita in seguito alla ingestione di alimenti contaminati da feci di gatto o per stretto contatto con questi animali o per consumo di carne cruda o poco cotta (bovina, caprina, ovina).
Negli individui non immunodepressi l'infezione decorre di solito in maniera asintomatica ed è rilevabile solo per la comparsa di anticorpi specifici. Nel soggetto immunodepresso da' luogo invece a manifestazioni gravi, specialmente cerebrali.
Può trattarsi sia di una infezione primaria, sia di una "riattivazione" di forme latenti (cistiche) che risalgono ad anni o decenni precedenti.
Da studi epidemiologici risulta che il 20-45 % dei soggetti HIV positivi con anticorpi anti-toxo all'inizio dell'infezione da HIV, svilupperanno una encefalite da Toxoplasma.
L'infezione generalmente si manifesta quando i valori dei CD4 sono scesi al di sotto delle 100 cell/mm3 e difficilmente risulta la prima infezione opportunistica del paziente HIV (tranne nelle aree dove la sieroprevalenza è alta).

CLINICA: la sintomatologia è in relazione alla localizzazione della lesione. Febbre, mal di testa possono essere anche assenti. In un 60% dei pazienti è evidenziabile un alterato stato mentale con confusione, letargia, disturbi del comportamento, obnubilamento dello stato di coscienza, anomia (perdita della capacità di riconoscere o nominare gli oggetti), una franca psicosi o il coma. Deficit neurologici focali sono presenti nel 50% dei casi e la emiparesi (paralisi di un solo lato del corpo) è il danno focale più caratteristico.

DIAGNOSI: è principalmente radiografica: le lesioni hanno infatti un aspetto caratteristico alla TAC (Topografia Assiale Compiuterizzata) e alla RMN Risonanza Magnetica Nucleare). La diagnosi definitiva può essere fatta solo con la dimostrazione del microorganismo nel tessuto cerebrale (biopsia), ma data la pericolosità di tale intervento, una terapia anti-toxoplasmica empirica viene iniziata sempre nei pazienti che hanno mostrato lesioni suggestive di Toxoplasmosi alla TAC.
L'isolamento del Toxoplasma dai fluidi corporei (liquor e sangue) o dal tessuto bioptico non è evidente se non dopo 6 gg/ 6 sett dall'inoculo nella cavia o nelle colture e per tanto non è di grande utilità per la gestione iniziale del paziente.
Dato che l'infezione è solitamente dovuta ad una riattivazione del Toxoplasma rimasto silente nell'organismo per lungo periodo di tempo, le IgG specifiche risultano sempre positive e per tanto inutili per la diagnosi.

TERAPIA, i farmaci principalmente usati sono:
-Pirimetamina-Sulfadiazina
-antibiotici macrolidi come la Azitromicina/Roxitromicina/Claritromicina in associazione con Pirimetamina
-Dapsone associato ad altri farmaci anti-Toxoplasma.


Infezioni da Citomegalovirus (CMV)

Il Citomegalovirus è un virus ampiamente diffuso in tutto il mondo in grado di provocare, nel soggetto non immunodepresso, un'infezione per lo più inapparente. Il contagio ha luogo per via respiratoria o per trasmissione venerea. Quando l'infezione viene contratta in gravidanza e in particolare nel primo trimestre può dare aborto o malformazioni e ritardi nello sviluppo del feto. Terminata l'infezione primaria, il virus può albergare per mesi o anni nell'individuo: il CMV è infatti isolabile dalla saliva, secreto vaginale, liquido spermatico, urine, feci, latte di persone clinicamente sane.
Nel soggetto HIV l'infezione da CMV può realizzarsi quando il sistema immunocompetente è gravemente compromesso con linfociti CD4 inferiori a 75 cell/mm3. Solitamente si tratta di focolai da riattivazione endogena ad elettiva localizzazione oculare (corioretinica). Sono possibili anche altre localizzazioni: polmonari, encefaliche, gastroenteriche, surrenali ed epatiche.
Bisogna anche ricordare che il CMV si rinviene nei tessuti di individui affetti da AIDS in circa il 100% dei casi, senza che sia possibile dimostrare, inequivocabilmente, la sua responsabilità di patologia d'organo.
L'incidenza della corioretinite, o probabilmente di tutte le forme da CMV, si dimostra in costante aumento negli anni. Mentre nelle fasi iniziali dell'epidemia da HIV si trattava di un'affezione di raro riscontro, attualmente interessa quasi il 30% dei pazienti con severo deficit immunitario. Questo aumento è dovuto sia all'aumentata sopravvivenza dei soggetti HIV che alla mancanza di farmaci utilizzabili nella profilassi primaria e secondaria dell'infezione stessa.

CLINICA: La corioretinite da CMV si manifesta con una riduzione dell'acuità visiva, presenza di "mosche volanti" e la perdita unilaterale del campo visivo. Se non trattata porta a cecità o se trattata tardivamente lascia dei reliquati permanenti. Inoltre, in relazione alla sede dei focolai corioretinici, la sintomatologia può mancare anche in presenza di una corioretinite estesa o essere testimoniata esclusivamente da febbricola o febbre e leucopenia.
L'insorgenza di una corioretinite da CMV è un indice prognostico sfavorevole, con una sopravvivenza media dalla diagnosi di 6 mesi.

DIAGNOSI: la diagnosi di corioretinite viene fatta col semplice esame del fondo oculare, mentre per le altre manifestazioni da CMV sono necessarie colture virali del sangue e dei tessuti interessati dall'infezione.

TERAPIA: Ganciclovir ev e il Foscarnet sono i due farmaci usati nelle infezioni da CMV.

Tubercolosi

La Tubercolosi è una malattia infettiva trasmessa dal Mycobacterium Tubercolosis (bacillo di Koch), un batterio aerobio obbligato che si localizza negli organi in cui la pressione di ossigeno è più elevata (come gli apici polmonari).
Oltre alla forma polmonare, più comune (un terzo circa delle TBC HIV-correlate), la tubercolosi può essere generalizzata o interessare altri distretti corporei come le meningi, le ossa, i linfonodi, l'apparato genito-urinario. I linfonodi periferici e il midollo osseo rimangono comunque le sedi extrapolmonari più frequentemente colpite.
La patogenesi riconosce in genere dei meccanismi di riattivazione endogena nelle zone ad alta endemia per la tubercolosi (soggetti già Tubercolino-positivi in cui, a distanza di anni dall'infezione primaria, si verifica una riattivazione di un focolaio rimasto silente per anni), mentre sono frequenti le primo-infezioni nelle zone a bassa endemia.
La mediana dei linfociti CD4 alla diagnosi è di circa 300 cell/mm3 nelle forme polmonari localizzate e di 100 cell/mm3 nelle forme polmonari disseminate e nelle forme extrapolmonari.
Dal 1993 anche la TBC polmonare è stata inserita tra le malattie indice di AIDS.

CLINICA: il decorso clinico è spesso subdolo con segni e sintomi affatto caratteristici nelle forme extrapolmonari, mentre da' luogo a manifestazioni cliniche evidenti (febbre, stanchezza, tosse produttiva, dispnea..) nella forma classica polmonare.

DIAGNOSI: radiologicamente la TBC polmonare evidenzia adenopatie mediastiniche o ilari e un infiltrato localizzato ai campi medi o inferiori del polmone. E' raro vedere delle cavitazioni.
Per la diagnosi è fondamentale la ricerca del micobattere nell'escreato e nei vari liquidi biologici (dimostrazione diretta o mediante terreni di coltura). La crescita del Micobattere è lenta nei terreni di coltura e lo sviluppo di una colonia ha luogo in non meno di 2-3 settimane.

TERAPIA: Isoniazide, Rifampicina, Pirimetamina, Etambutolo sono i farmaci usati (in associazione) nel trattamento sia delle forme polmonari che delle forme extrapolmonari.


Micobatteriosi atipiche

Le infezioni disseminate da Mycobacterium Avium (dette MAC: Mycobacterium Avium Complex) si verificano esclusivamente nei pazienti in stadio avanzato di immunodeficienza, generalmente quando il paziente scende sotto i 100 CD4/mm3.
Anche queste forme, come quelle da CMV sono in costante aumento, soprattutto a causa dell'aumentata sopravvivenza legata all'uso di farmaci antiretrovirali e di profilassi primarie specifiche.
La porta d'ingresso dell'infezione è il tratto gastroenterico, principalmente, ma anche le vie respiratorie.

CLINICA: I MAC si rendono responsabili di diversi quadri clinici: polmonari, gastroenterici, epatici, midollari e setticemici.
I sintomi clinici associati a questa infezione sono spesso poco caratteristici: febbricola o febbre capricciosa e insensibile alla terapia antibiotica, malessere, perdita di peso, anemia e neutropenia (segni di infezione midollare), deterioramento dello stato generale. Possono essere presenti sintomi d'organo: sintomi gastrointestinali come diarrea cronica, dolori addominali, malassorbimento cronico, itterizia.

DIAGNOSI: la diagnosi è spesso difficile. Le emocolture risultano spesso ripetutamente negative e lo stesso esame del midollo ematopoietico non sempre permette di fare diagnosi certa. MAC è stato isolato, oltre che nel sangue, nella milza, linfonodi, fegato, polmone, surrene, colon, reni e midollo osseo. E' possibile, anche se meno frequente un isolamento del MAC dalle feci.
La diagnosi di MAC viene effettuata ponendo in coltura i liquidi biologici del malato o i frammenti di tessuto prelevato biopicamente. E' per altro necessario un periodo che va dai 5 ai 51 giorni prima che tali colture risultino positve.

TERAPIA: MAC è resistente a quasi tutti i farmaci usati nella TBC da M.Tuberculosis e per tanto non esistono terapie codificate. Ci si avvale comunque dell'uso di almeno due dei farmaci antitubercolari classici (Etambutolo, Rifampicina) in associazione con altri farmaci quali: Ansamicina, Cicloserina, Azitromicina, Clofazimina, Amikacina, Ciprofloxacina, Claritromicina.

Altri Micobatteri responsabili di Micobatteriosi atipiche sono il M.Kansasii, M.Gordonae, M.Fortuitum, M.Chelonei, M.Haemophilum e M.Xenopi. Le manifestazioni cliniche sono generalmente simili a quelle del MAC, con coinvolgimento polmonare, intestinale, epatico e midollare. Il trattamento è analogo alla MAC ma la risposta alla terapia è scadente, anche se sono stati riportati casi di infezioni polmonari da M.Kansasii risolte con i comuni farmaci antitubercolari.


Sarcoma di Kaposi

Il tumore è stato osservato specialmente fra omosessuali sieropositivi, mentre è stato raramente riscontrato in tossicodipendenti sieropositivi.
La pelle è il luogo più comune ove può manifestarsi il tumore. Si presenta come noduli cutanei o placche di 0,5-2 cm di diametro. Alcune lesioni possono apparire come piccole ecchimosi. Negli stadi avanzati le lesioni diventano confluenti e formano grosse masse tumorali che coinvolgono in modo esteso la superficie cutanea. Tutta la superficie cutanea può essere colpita, il coinvolgimento della testa, del collo e degli arti inferiori è comunque più frequente, così come le lesioni al cavo orale.
La gravità della malattia è proporzionale al numero di lesioni presenti e all'interessamento viscerale ((principalmente intestino, stomaco e polmone). Le lesioni sulla mucosa gastro-enterica sono le più frequenti.
CLINICA: le lesioni cutanee risultano generalmente asintomatiche anche se lesioni più voluminose possono risultare dolorose. Per l'infiltrazione dei tessuti circostanti, è frequente il determinarsi di un'ostruzione linfatica con conseguente edema, specialmente delle estremità o della faccia. La diffusione del KS nei visceri non è quasi mai sintomatica, tuttavia sono state riportate ostruzioni, perforazioni o sanguinamenti gastroenterici. Il KS polmonare è invece sintomatico e può dare tosse, broncospasmo e dispnea.
DIAGNOSI: una volta identificata la lesione è fondamentale per la diagnosi la biopsia del tessuto patologico. La biopsia cutanea è di facile esecuzione mentre non altrettanto sono le biopsie di lesioni viscerali.
TERAPIA: confrontando i pazienti KS trattati con chemioterapia con i pazienti KS non trattati, si è visto che la sopravvivenza non è differente nei due gruppi. Il KS infatti è un tumore che evolve lentamente e raramente è la causa di morte nel paziente AIDS (legata più spesso a infezioni opportunistiche).
Una chemioterapia sistemica (VINCRISTINA, VIMBLASTINA, DOXIRUBICINA, ETOPOSIDE, BLEOMICINA) è però fondamentale nei casi in cui le lesioni risultino dolorose o interferiscano con la deglutizione, o con la respirazione, e nelle forme rapidamente progressive.
Altre terapie usate:
-locali: radioterapia, crioterapia, chemioterapia intralesionale, chirurgia laser.
-sistemiche: alfa-interferon.
Dato che la chemioterapia sistemica può contribuire alla immunosoppressione, rendendo il paziente più suscettibile alle varie infezioni opportuniste, il suo impiego, per tanto, deve essere ben valutato.

06/11/13

Il cachi: un frutto buono e curativo

Ora che siamo in autunno, la natura ci offre un dei frutti più amati da grandi e piccini, molto dolce e ricco di proprietà: il cachi. La sua pianta è originaria della Cina, dove rappresenta uno dei frutti base dell’alimentazione della popolazione.
Si è poi diffuso anche in Europa intorno alla metà del XIX sec. dove grazie alle crescenti importazioni delle sue migliori qualità, ha consentito oggi anche all’Italia di vantare due specie molto richieste, ovvero quella coltivata in Sicilia e le “vaniglie” provenienti dalla Campania.

Dal punto di vista nutrizionale, 100g forniscono all’incirca 67-70 calorie, con una composizione che vede l’acqua presente all’80%, zuccheri al 16%, con una buona percentuale di fibre e pochi grassi. Non è da abolire del tutto in dieta ma comunque è bene mangiarne con moderazione quando si segue un regime dietetico.

A fronte di ciò, costituisce per il nostro organismo un vero toccasana, con specifiche azioni. Vediamo quali.

-Aumenta le difese del sistema immunitario grazie ad una discreta concentrazione di vitamina C presente nella polpa, che protegge e rafforza dagli attacchi esterni di origine influenzale. Il licopene poi, unito all’azione della vitamina C aiuta la pelle a rimanere elastica e tonica.
-Antiossidante. La presenza delle vitamine del gruppo A e C e del beta-carotene rallenta l’invecchiamento cellulare e tiene in un buon stato di salute anche la pelle; ecco perché è indicato per chi tra l’altro, soffre di acne e ha segni del tempo marcati sul viso.

-Antidolorifico grazie alla presenza dei sali minerali tra cui il potassio e il magnesio oltre che il ferro, il fosforo e lo zinco che ci aiutano per superare al meglio e con meno dolori gli spasmi muscolari, compresi i dolori derivanti dal ciclo mestruale e dalle prestazioni sportive.

-Diuretico grazie all’azione del potassio.

-Depurativo per la combinazione degli elementi di cui è costituito il frutto è un ottimo alimento naturale per depurarsi interamente.

-Regolarità intestinale ed equilibrio della flora intestinale. Le fibre presenti ci aiutano ad avere una buona regolarità intestinale, quindi è un ottimo rimedio naturale contro la stitichezza oltre a possedere virtù epatoprotettrici, essendo particolarmente indicato in casi di disturbi epatici e per mantenere una buona flora intestinale, specie quando siamo sotto stress o dopo periodi di degenza da malattie e cure farmacologiche che alterano, impoverendo la flora intestinale.

Ricordiamo che avere una flora batterica equilibrata significa avere difese immunitarie superiori.

-Energetico. Il cachi è un frutto molto energetico ed è perciò in grado di apportare benefici a chi soffre di stress psicofisico, inappetenza e astenia, rendendo anche i muscoli più forti. Ecco perché è molto utile anche a coadiuvare l’attività degli sportivi.

Il cachi ha quel colore arancione intenso, sia di buccia che di polpa, specie quando è maturo, che contiene molto beta-carotene il quale è a sua volta il precursore della vitamina A la quale viene così stimolata nella sua formazione con un’azione finale antiossidante e di prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Insomma un frutto buono veramente per star bene in tanti sensi. Ci sentiamo di sconsigliarlo solo nel caso di diabete e diete ipocaloriche, per l’unico motivo che rispetto ad altri frutti è più ricco di zuccheri, non per altro.

IL FINOCCHIO

 

Fresco e ricco di sali minerali, il finocchio è uno degli alimenti detox per eccellenza. 
Aiuta a combattere la ritenzione idrica ed eliminare i gonfiori, dirette conseguenze di un’alimentazione sbagliata e troppo ricca di sale e povera di acqua.

Per smaltire i liquidi in eccesso che si accumulano, come noi donne sappiamo bene, sul giro vita e sulle cosce, bastano due settimane di dieta disintossicante del finocchio. 
Ovviamente il regime alimentare si basa NON soltanto sul finocchio, ma su altri alimenti, in primis frutta e verdura, noti per le loro virtù detox.

Con sole 9 kcal per 100 grammi, il finocchio è comunque il protagonista della dieta disintossicante e drenante di cui vi parliamo: è ricco di fibre che aiutano nella digestione e di preziosi sali minerali, tra cui il potassio che COMBATTE LA STANCHEZZA.
Bisogna bere tanta acqua, almeno due litri al giorno, e sforzarsi di mantenere questa buona abitudine anche dopo il termine della dieta. In caso di attacco di fame si può masticare lentamente uno spicchio di finocchio crudo che allontanerà subito il senso di appetito, salvando il girovita.
Per contrastare la cellulite, oltre che con la dieta bisogna agire su un altro fronte, ovvero praticare un minimo di attività fisica, camminando con passo spedito 30 minuti al giorno.


Il finocchio è protagonista della dieta anche sotto forma di tisana: consumata durante la giornata, la tisana al finocchio aiuta a combattere i gonfiori addominali e la ritenzione idrica. Si può bere a volontà durante le due settimane di dieta e nelle due successive. Secondo i gusti si può aggiungere liquirizia, anice verde, coriandolo e timo.

A colazione sono previsti un caffè d’orzo senza zucchero e una tazza di latte con 30 grammi di cereali integrali. Per gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio ci si può concedere un vasetto di yogurt magro e un centrifugato di finocchio. I grassi e i condimenti vanno limitati ed è da preferire l’olio extravergine d’oliva.
A pranzo e a cena ci si può sbizzarrire con le ricette a base di finocchio: si possono quindi consumare 50 g di pasta o riso alle verdure, proseguire poi con 50 g di bresaola o 100 g di pollo oppure 200 g di pesce magro con contorno di verdura. A giorni alterni si conclude il pasto con una mela o un mandarino

05/11/13

Indicazioni alimentari

STUDI SCIENTIFICI HANNO DIMOSTRATO CHE ATTRAVERSO UN’ALIMENTAZIONE CORRETTA SI PUÒ MODIFICARE IL DECORSO DELLA SCLEROSI MULTIPLA

STANDO A RECENTI RICERCHE, È POSSIBILE CHE PERFINO LE MALATTIE AUTOIMMUNI SIANO CONNESSE CON INFIAMMAZIONI CRONICHE CAUSATE DA ALIMENTI. UNA STANCHEZZA COSTANTE E LA MANCANZA DI ENERGIA PER ESEMPIO SONO MALATTIE CHE NON VENGONO IDENTIFICATE COME TALI, 
IL PROCESSO INFIAMMATORIO PUÒ DARE INIZIO A UNA DISFUNZIONE NEL METABOLISMO LIPIDICO.  

Intolleranze alimentari: l'unica cura è evitare i cibi che provocano i fastidi


INDICAZIONI ALIMENTARI SM IN SINTESI

Studi scientifici hanno dimostrato che attraverso un’alimentazione corretta è possibile modificare il decorso della Sclerosi Multipla, ridurre l’intensità ed il numero dei disturbi fisici ad essa correlati, allungare i periodi di benessere, diminuire le fasi di riacutizzazione e migliorare la prognosi.
Le indicazioni alimentari sono di basare la propria dieta su cibi di origine vegetale (cereali, legumi, verdura, frutta, semi, noci), preferire preparazioni semplici, scegliere alimenti non conservati o troppo elaborati, consumare in abbondanza cibi ricchi di vitamine ed acidi grassi buoni.
Ecco cosa fare:
  • limitare il più possibile l’assunzione di acidi grassi saturi animali e di acido arachidonico (precursori di prostaglandine infiammatorie): latte, formaggi, burro, uova, carne, salumi(eliminarli completamente nelle fasi di riacutizzazione)
  • ridurre il consumo di acidi grassi della serie omega 6 (promuovono la sintesi di acido arachidonico): olio di soia, olio di girasole, olio di cartamo, olio di mais, olio di sesamo, olio di semi vari, margarina, maionese, semi di girasole.
  • incrementare l’uso di cibi ricchi di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 (riducono la sintesi di molecole infiammatorie e svolgono una potente attività antinfiammatoria): olio di lino, semi di lino, noci, rosmarino ed origano secco, semi di zucca, fagioli di soia, portulaca, mandorle e nocciole.
  • Attenzione: l’olio di lino deve essere utilizzato solo a crudo
  • assumere giornalmente alimenti ad alto contenuto di vitamine antiossidanti A, C, E (contrastano l’attività dei radicali liberi che stimolano la produzione di molecole infiammatorie). Vitamina A: prezzemolo secco, carote, peperoncino rosso, basilico, zucca gialla, radicchio verde Vitamina C: peperoncini piccanti, ribes nero, ortica, prezzemolo, peperoni, arance  Vitamina E: nocciole, mandorle, germe di grano, olio extra vergine d’oliva, pinoli, salviarosmarino
  • Attenzione: la cottura riduce drasticamente il contenuto di vitamina C.
  • utilizzare: zenzero (fresco o secco in polvere) e peperoncino.
  • preferire il consumo di cereali integrali in chicco (riso, avena, orzo, miglio, amaranto, quinoa, grano saraceno, mais) per il loro contenuto in acidi grassi polinsaturi (omega 3).
  • eliminare il più possibile prodotti contenenti zuccheri semplici (biscotti, torte, bibite zuccherate, miele, gelati, prodotti di pasticceria in genere) e imparare a cucinare dolci alternativi sostituendo latte, uova, burro e zucchero con: latti vegetali (di riso, soia, avena, mandorla), creme di nocciola, di mandorla, frutta secca, uva passa e succo di mela.
  • raggiungere e mantenere un peso corretto (BMI compreso fra 18.5 e 24.9); eccessi alimentari stimolano la produzione di radicali liberi e promuovono l’infiammazione.
  • se possibile, svolgere un’attività fisica moderata e regolare (passeggiate, nuoto, bicicletta) che consente di preservare il trofismo muscolare, mantenere la mobilità articolare e migliorare il tono dell’umore.
Molecole dotate di attività antinfiammatoria
polifenoli (catechine): the verde
capsaicina: peperoncino piccante
curcuma: curry
resveratrolo (polifenoli): buccia di uva rossa
germe di grano secco fermentato: Avemar (integratore)
I cibi dannosi e quelli da preferire
I cibi più dannosi sono:
Latte, formaggi, salumi
Zucchero E dolci di pasticceria
Bevande zuccherate e fredde (succhi di frutta, frappè, gelati, granite, soft drink, coca cola…)
Sale E cibi salati o sottosale
Cibi freddi
I cibi da preferire sono:
Riso integrale, cereali in chicco e pasta di grano duro
Verdure dolci (zucca, cipolle, carote)
Radici (bardana, daikon, loto, pastinaca, ravanello, scorzonera, tarassaco)
Olio di sesamo o extravergine d’oliva per cucinare
Olio di lino per condire a crudo
Cibi caldi (zuppe, minestre, brodi, creme di cereali)
Da assumere giornalmente:
2 cucchiaini di olio di lino a pranzo e 2 a cena (sempre a crudo!)
1 cucchiaio di semi di lino nelle insalate, sulle verdure cotte e sui cereali
non più di 2-3 frutti di stagione
semi di zucca, girasole, sesamo, lino, nocciole, mandorle, noci, pinoli nel muesli a colazione o negli spuntini
verdura cruda e cotta di stagione (minimo 400 grammi)
Sostituire:
latte animale con latti vegetali (di soia, riso, avena, mandorla) da consumare tiepidi (mai freddi!)
carne e formaggio con legumi, seitan, tofu e tempeh
Fonti
  1. Swank, R.L. 1991. “Multiple Sclerosis: Fat-Oil Relationship.” Nutrition, 7:368-76
  2. Millar et al., 1973. “Duble blind trial of Linolate Supplementation of the Diet in Multiple Sclerosis” British Medical Journal 1:765-68.
  3. Bates et al. 1978. “Polynsaturated Fatty Acid in Treatment of Acute Remitting Multiple Sclerosis” British Medical Journal 2: 1390-91.
  4. Paty et al. 1978. “Linoleic Acid in Multiple Sclerosis: failure to show any therapeutic benefit” Acta Neurologica Scandinavia 58: 53-58.
  5. Il potere curativo dei cibi. Michael T. Murray. ed. Red.
  6. Il grande libro dell’ecodieta. Carlo Guglielmo. ed. Mediterannee.
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Attraverso un'alimentazione corretta è possibile modificare il decorso della malattia, ridurre l'intensità ed il numero dei disturbi fisici ad essa correlati, allungare i periodi di benessere, diminuire le fasi di riacutizzazione e migliorare la prognosi.
Le indicazioni alimentari sono di basare la propria dieta su cibi di origine vegetale (cereali, legumi, verdura, frutta, semi, noci), preferire preparazioni semplici, scegliere alimenti non conservati o troppo elaborati, consumare in abbondanza cibi ricchi di vitamine ed acidi grassi buoni.
Ecco cosa fare:
  • limitare il più possibile l'assunzione di acidi grassi saturi animali e di acido arachidonico (precursori di prostaglandine infiammatorie): latte, formaggi, burro, uova, carne, salumi (eliminarli completamente nelle fasi di riacutizzazione)
  • ridurre il consumo di acidi grassi della serie omega 6 (promuovono la sintesi di acido arachidonico): olio di soia, olio di girasole, olio di cartamo, olio di mais, olio di sesamo, olio di semi vari, margarina, maionese, semi di girasole.
  • incrementare l'uso di cibi ricchi di acidi grassi polinsaturi della serie omega 3 (riducono la sintesi di molecole infiammatorie e svolgono una potente attività antinfiammatoria): olio di lino, semi di lino, noci, rosmarino ed origano secco, semi di zucca, fagioli di soia, portulaca, mandorle e nocciole. Attenzione: l'olio di lino deve essere utilizzato solo a crudo
  • assumere giornalmente alimenti ad alto contenuto di vitamine antiossidanti A, C, E (contrastano l'attività dei radicali liberi che stimolano la produzione di molecole infiammatorie).  Vitamina A: prezzemolo secco, carote, peperoncino rosso, basilico, zucca gialla, radicchio verde  Vitamina C: peperoncini piccanti, ribes nero, ortica, prezzemolo, peperoni, arance  Vitamina E: nocciole, mandorle, germe di grano, olio extra vergine d'oliva, pinoli, salvia e rosmarino secchi Attenzione: la cottura riduce drasticamente il contenuto di vitamina C.
  • utilizzare: zenzero (fresco o secco in polvere) e peperoncino.
  • preferire il consumo di cereali integrali in chicco (riso, avena, orzo, miglio, amaranto, quinoa, grano saraceno, mais) per il loro contenuto in acidi grassi polinsaturi (omega 3).
  • eliminare il più possibile prodotti contenenti zuccheri semplici (biscotti, torte, bibite zuccherate, miele, gelati, prodotti di pasticceria in genere) e imparare a cucinare dolci alternativi sostituendo latte, uova, burro e zucchero con: latti vegetali (di riso, soia, avena, mandorla), creme di nocciola, di mandorla, frutta secca, uva passa e succo di mela.
  • raggiungere e mantenere un peso corretto (BMI compreso fra 18.5 e 24.9); eccessi alimentari stimolano la produzione di radicali liberi e promuovono l'infiammazione.
  • se possibile, svolgere un'attività fisica moderata e regolare (passeggiate, nuoto, bicicletta) che consente di preservare il trofismo muscolare, mantenere la mobilità articolare e migliorare il tono dell'umore.
Molecole dotate di attività antinfiammatoria
  • polifenoli (catechine): the verde
  • capsaicina: peperoncino piccante
  • curcuma: curry
  • resveratrolo (polifenoli): buccia di uva rossa
  • germe di grano secco fermentato: Avemar (integratore)
I cibi dannosi e quelli da preferire
I cibi più dannosi sono:
  • Latte, formaggi, salumi
  • Zucchero E dolci di pasticceria
  • Bevande zuccherate e fredde (succhi di frutta, frappè, gelati, granite, soft drink, coca cola...)
  • Sale E cibi salati o sottosale
  • Cibi freddi
I cibi da preferire sono:
  • Riso integrale, cereali in chicco e pasta di grano duro
  • Verdure dolci (zucca, cipolle, carote)
  • Radici (bardana, daikon, loto, pastinaca, ravanello, scorzonera, tarassaco)
  • Olio di sesamo o extravergine d'oliva per cucinare
  • Olio di lino per condire a crudo
  • Cibi caldi (zuppe, minestre, brodi, creme di cereali)
Da assumere giornalmente:
  • 2 cucchiaini di olio di lino a pranzo e 2 a cena (sempre a crudo!)
  • 1 cucchiaio di semi di lino nelle insalate, sulle verdure cotte e sui cereali
  • non più di 2-3 frutti di stagione
  • semi di zucca, girasole, sesamo, lino, nocciole, mandorle, noci, pinoli nel muesli a colazione o negli spuntini
  • verdura cruda e cotta di stagione (minimo 400 grammi)
Sostituire:
  • latte animale con latti vegetali (di soia, riso, avena, mandorla) da consumare tiepidi (mai freddi!)
  • carne e formaggio con legumi, seitan, tofu e tempeh
Fonti
  1. Swank, R.L. 1991. "Multiple Sclerosis: Fat-Oil Relationship." Nutrition, 7:368-76
  2. Millar et al., 1973. "Duble blind trial of Linolate Supplementation of the Diet in Multiple Sclerosis" British Medical Journal 1:765-68.
  3. Bates et al. 1978. "Polynsaturated Fatty Acid in Treatment of Acute Remitting Multiple Sclerosis" British Medical Journal 2: 1390-91.
  4. Paty et al. 1978. "Linoleic Acid in Multiple Sclerosis: failure to show any therapeutic benefit" Acta Neurologica Scandinavia 58: 53-58.
  5. Il potere curativo dei cibi. Michael T. Murray. ed. Red.
  6. Il grande libro dell'ecodieta. Carlo Guglielmo. ed. Mediterannee.
http://www.scienzavegetariana.it/nutrizione/dieta_sclerosi_multipla.html


stanno ritornando all'attacco con i nuovi medicinali..

Ad oggi sono disponibili diversi farmaci immunomodulanti ed immunosoppressori per il trattamento della SM, in grado di modificarne la storia naturale, permettendo cosi' di ottenere, in una discreta percentuale di pazienti, un buon controllo della malattia??????.................... MA SE NON SANNO DA COSA E' PORTATA LA SM... per cosa la curano?
L'analisi approfondita dei dati ha anche permesso di identificare le caratteristiche dei pazienti .... e poi ... eccovi i soliti medicinali vecchi rimodernati con un nuovo nome....

e NOI COME ABBOCCHIMO ...PERCHE' SIAMO PESCIOLINI INDIFESI
Ci sono molte discrepanze tra come le cose appaiono e come sono in realtà....Ciò che in ultima analisi porta alla sofferenza non viene visto per quello che è davvero, ma viene scambiato per una via verso la felicità..... MA... Sebbene vogliamo la felicità  e un minimo di salute, a causa dell'ignoranza non sappiamo come ottenerla... e finiamo in pasto ai pesci piu' grandi e in questo caso  NELLE TASCHE DEI  MEDICI.

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RICORDATEVI CHE I FARMACI <NON CURANO LA PATOLOGIA> forse l'attenuano un po' ...
MA NON CURANO LA PATOLOGIA


QUINDI VALUTARE BENE PRIMA DI INIZIARE QUALSIASI FARMACO..POTREBBE ESSERE ANCORA PIU' NOCIVO DEL NECESSARIO
pertanto non è possibile parlare di vera e propria cura farmacologica....quindi è meglio usare delle strategie terapeutiche parallele (fisioterapia, logopedia, terapia occupazionale).


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03/11/13

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ORE 22.00
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Cure staminali 

www.avaaz.org/it/petition/Cure_staminali/?dyCuXfb


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