L’ endometriosi è una malattia femminile che colpisce circa il 17% della popolazione in età fertile , si conta che siano colpite 150 milioni di donne nel mondo .Si tratta di una patologia spesso cronica, recidivante e progressiva, dove alcune cellule della mucosa uterina (endometrio) s’impiantano al di fuori dell’utero , dando luogo a formazione di noduli , cisti , aderenze … Detti focolai endometriosici si trovano soprattutto nel basso ventre (ovaie, intestino o vescica), più raramente in altri organi e vengono stimolati dagli ormoni che provocano il ciclo mestruale e ciclicamente crescono e sanguinano.
Dal punto di vista sintomatologico, l’endometriosi è caratterizzata principalmente da dolore pelvico acuto (95% dei casi), principalmente in fase mestruale, che può variare da debole a molto intenso e dolore pelvico cronico (crampiforme o come senso di pesantezza al basso addome); tra gli altri sintomi possono esservi dolore durante o dopo i rapporti sessuali (dispareunia), cicli abbondanti e talvolta molto dolorosi, dolore alla minzione (quando si urina) o alla defecazione. In molte donne che lamentano infertilità, il 30-40 % risulta essere affetto da endometriosi lieve-moderata.
Questo corteo sintomatologico, quando presente, può molto spesso dimostrarsi invalidante, creando seri problemi sul lavoro, nei rapporti di coppia e all’interno della famiglia. Questi aspetti rendono l’endometriosi una malattia con un forte impatto sociale.
Tuttavia occorre segnalare che, nonostante la sua elevata prevalenza, non sempre l’endometriosi viene diagnosticata precocemente poiché la sintomatologia che essa provoca può essere sfumata o addirittura inesistente; inoltre, non sempre la sintomatologia risulta correlata all’estensione anatomica della malattia: ci può essere molto dolore con lesioni poco estese, mentre in altri casi vi possono essere dei grossi endometriomi (cisti endometriosiche) del tutto asintomatici.
Pertanto, dai primi sintomi avvertiti, il periodo medio per raggiungere una diagnosi di endometriosi potrebbe rivelarsi anche di parecchi anni!
Occorre quindi che si tenga sempre presente questa patologia nella diagnosi differenziale di un dolore mestruale e, più in generale, di un dolore pelvico cronico ricorrente.
Attenzione quindi se dei dolori mestruali o pelvici superano un certo livello di intensità o quando si associano altri “campanelli di allarme”, cioè altri sintomi tra quelli sopra descritti.
La diagnosi di endometriosi si avvale in prima battuta dell’ecografia transvaginale, dopo che il ginecologo abbia formulato il sospetto in base all’anamnesi e alla visita ginecologica.
L’esame obiettivo ginecologico è il momento principale per una corretta diagnosi. La visita ginecologica potrebbe evocare un dolore intenso alla palpazione delle zone maggiormente colpite dall’endometriosi, ma è fondamentale per raccogliere il maggior numero di informazioni sulla malattia e per una corretta diagnosi differenziale.
L’ecografia trans vaginale è utile soprattutto in caso di reperto di cisti endometriosiche (foto 1, 2) a carico delle ovaie, che mostrano un aspetto caratteristico. Un occhio particolarmente esperto, sarà anche capace di evidenziare altre caratteristiche ecografiche meno comuni quali sedimentazioni interne alle cisti, margini irregolari, ispessimenti a carico del Douglas. L’ecografia è inoltre fondamentale nel follow-up delle pazienti che sono state sottoposte a chirurgia laparoscopica per endometriosi.
Fondamentale, inoltre, è il dosaggio del CA-125, un esame poco costoso che può sicuramente essere d’ausilio per la diagnosi di endometriosi. Le alterazioni a carico di tale antigene possono dipendere anche da una serie di altre patologie (infiammazioni, tumori, ecc.), ma una sua elevazione, anche minima, correlata ad un’anemnesi o ad un esame obiettivo positivi, sono altamente indicativi di endometriosi.
L’obiettivo fondamentale della terapia dell’endometriosi pelvica consiste sicuramente nel cercare di eliminare pressocchè del tutto i focolai presenti, preservando il più possibile le strutture pelviche (utero, tube, ovaie, intestino, vescica) ed evitando la formazione di aderenze tra gli organi pelvici. Tali aderenze sono infatti la causa principale dei forti dolori che la donna affetta da endometriosi avverte durante la fase attiva della malattia.
La laparoscopia è considerata il “gold standard” nella terapia dell’endometriosi, soprattutto negli stadi più avanzati; questa tecnica chirurgica, eseguita in anestesia generale, a differenza della chirurgia tradizionale che comporta l’ apertura dell’ addome attraverso una ampia incisione chirurgica, consente di operare, utilizzando strumentazione appositamente predisposta, attraverso alcune piccole incisioni effettuate sull’addome di meno di 1 cm ciascuna. Per questo motivo la laparoscopia è da considerare una tecnica chirurgica meno invasiva della chirurgia addominale tradizionale. Si esegue quindi una prima incisione in prossimità dell’ ombelico, attraverso la quale con un ago particolare si introduce del gas (anidride carbonica) per poter distendere la cavità addominale; ciò è utile per avere una adeguata visione e un sufficiente spazio per eseguire i veri e propri atti chirurgici nell’ addome. Attraverso la stessa incisione si introduce il laparoscopio, un particolare strumento ottico, collegato ad una fonte luminosa e ad un sistema video (telecamera + monitor + videoregistratore), attraverso il quale si esamina l’ interno di tutta la cavità addominale e pelvica, con una visione diretta di tutti gli organi. Quindi si eseguono solitamente altre due piccole incisioni addominali, attraverso le quali si introducono gli strumenti chirurgici veri e propri (pinze, forbici, aghi, elettrobisturi, aspiratore, ecc.), in modo da operare sotto il controllo visivo fornito dal sistema video precedentemente descritto. Attraverso la vagina talvolta si introduce nell’utero uno strumento (manipolatore) che serve per poter muovere l’ utero secondo necessità nel corso dell’ intervento. Terminato l’ intervento, si estrae la strumentazione favorendo attraverso le incisioni addominali la fuoriuscita del gas precedentemente introdotto, e quindi si suturano le piccole incisioni chirurgiche. Solitamente la paziente viene dimessa 1-2 giorni dopo l’ intervento.
Per quanto riguarda, invece, la terapia farmacologica, le possibilità sono molteplici. Innanzitutto, è doveroso sottolineare che spesso tale terapia è utile soprattutto dopo trattamento chirurgico laparoscopico come terapia “di mantenimento” del risultato ottenuto.
Quali sono, allora, i possibili farmaci da utilizzare?
- Estroprogestinici orali (pillola): contengono un estrogeno, generalmente l’etinilestradiolo, e un progestinico, cioè un ormone con effetti simili a quelli del progesterone. Somministrando ormoni sessuali, si inibisce l’ovulazione. In assenza di ciclo mestruale avviene una sorta di atrofizzazione delle lesioni endometriosiche e il miglioramento della sintomatologia.
- Estroprogestinici per via transdermica (cerotto): si tratta di cerotti da applicare sulla pelle e da cambiare una volta alla settimana. Gli effetti sono pressocchè uguali a quelli del contraccettivo orale.
- Estroprogestinici rilasciati da un anello vaginale (anello vaginale): gli estroprogestinici sono rilasciati da un piccolo anello in materiale plastico che deve essere inserito nella vagina una sola volta al mese. Gli effetti sono pressocchè uguali a quelli del contraccettivo orale.
- Minipillola: si tratta di una pillola da prendere tutti i giorni, contenente solo un progestinico. Deve essere presa senza interruzione. Il meccanismo d’azione e’ lo stesso della pillola estroprogestinica cioè inibisce l’ovulazione. Tale pillola può essere utilizzata anche da donne che non tollerano o non possono assumere estrogeni.
GnRH sta per Gonadotropin Releasing Hormone ed e’ un ormone secreto dall’ipotalamo che regola la secrezione di FSH (ormone follicolo stimolante, che induce la maturazione del follicolo ovarico nel quale e’ contenuto l’ovulo) e di LH (ormone luteinizzante, che induce l’ovulazione cioè la fuoriuscita dell’ovulo dal follicolo e determina la trasformazione del follicolo in corpo luteo) ed è responsabile del ciclo mestruale. Questi farmaci, appunto analoghi del GnRH, dapprima determinano un rilascio massivo di gonadotropine, per poi arrivare all’effetto finale di bloccarne la produzione. Gli analoghi del GnRH provocano pertanto una menopausa farmacologica reversibile, bloccando la produzione delle gonadotropine e quindi del ciclo mestruale. Con l’utilizzo di questa terapia si ha sicuramente una netta diminuzione della sintomatologia algica, ma si possono presentare fastidi, tra cui cefalea, vampate di calore, sudorazione notturna, legati all’effetto simil-menopausale indotto dal farmaco.
In conclusione:
La terapia medica induce un miglioramento apparente piuttosto che l’eliminazione della malattia: con la sospensione dei farmaci riprende la normale attività ovarica, con possibile ripresa dell’attività degli impianti endometriosici.
A CURA DI:
Dott. Massimiliano Pellicano