CONTATORE PERSONE

02/08/12

Riabilitazione Maxillo-Facciale

 Trattamento delle patologie neurologiche associate

    Sindrome Algico Disfunzionale

  dell’articolazione temporo-mandibolare (L’articolazione temporo-mandibolaro si trova anteriormente al meato acustico esterno ed è una struttura anatomica abbastanza complessa ove la mandibola si articola con il cranio e che permette alla mandibola di espletare i movimenti necessari per la masticazione, deglutizione e la capacità di articolare le parole.
In qualità di articolazione bilaterale, codesta struttura è molto delicata e deve essere in perfetto equilibrio che sovente viene disturbato da fattori quali mal occlusione, congenita od acquisita, traumi, interventi odontoiatrici / chirurgici, ecc.
All’inizio, tali danni all’articolazione vengono compensati dai muscoli masticatori che mano a mano che la patologia progredisce, sviluppano dolore, a volte molto intenso, i capi articolari della mandibola si degenerano, per dare luogo a fenomeni come artrosi articolari che alla fine danno luogo ad intense cefalee, dolore intenso alla colonna  vertebrale del collo che discendono lungo la colonna vertebrale dorsale per finire con forti dolori alla schiena.
Il fisioterapista può decidere di sfruttare le metodiche più adatte
(RPG, trazione vertebrale manuale, "pompage" cervicale) per risolvere il problema e prevenire danni secondari.)



L’articolazione temporo-mandibolaro si trova anteriormente al meato acustico esterno ed è una struttura anatomica abbastanza complessa ove la mandibola si articola con il cranio e che permette alla mandibola di espletare i movimenti necessari per la masticazione, deglutizione e la capacità di articolare le parole.
In qualità di articolazione bilaterale, codesta struttura è molto delicata e deve essere in perfetto equilibrio che sovente viene disturbato da fattori quali mal occlusione, congenita od acquisita, traumi, interventi odontoiatrici / chirurgici, ecc.
All’inizio, tali danni all’articolazione vengono compensati dai muscoli masticatori che mano a mano che la patologia progredisce, sviluppano dolore, a volte molto intenso, i capi articolari della mandibola si degenerano, per dare luogo a fenomeni come artrosi articolari che alla fine danno luogo ad intense cefalee, dolore intenso alla colonna  vertebrale del collo che discendono lungo la colonna vertebrale dorsale per finire con forti dolori alla schiena.
Il fisioterapista può decidere di sfruttare le metodiche più adatte
(RPG, trazione vertebrale manuale, "pompage" cervicale) per risolvere il problema e prevenire danni secondari.
Molti pazienti affetti da emiplegia o da morbo di Parkinson avranno qualche disturbo del movimento o della sensibilità nella regione del volto e del tratto orale. Per quanto lieve, il disturbo sarà estremamente penoso per il paziente. Il viso svolge un ruolo importante nella nostra vita, perché, per ciascuno di noi, e come se dietro gli occhi si celasse la nostra vera identità. A differenza di altre parti del corpo, il volto e sempre visibile e non si può nascondere o mascherare con i vestiti.
Quando incontriamo una persona nuova, ci formiamo la prima impressione in base al suo viso e alla sua espressione. Diciamo che qualcuno ha "un sorriso accattivante", "un viso intelligente", "uno sguardo vigile". Dall'informazione che riceviamo decidiamo se ci piacerebbe conoscere meglio quella persona e ciò influisce anche sul nostro modo di parlare e di comportarci nei suoi confronti. Con i sottili, riccamente innervati, muscoli del viso siamo in grado di modificare la nostra espressione attraverso un'ampia gamma di movimenti molto piccoli. Insieme ai movimenti del capo, l'espressione del volto e una delle fonti principali di comunicazione e noi usiamo costantemente entrambi a sostegno di quanto diciamo, oppure in completa sostituzione della parola in determinate occasioni. Con minimi cambiamenti possiamo esprimere piacere, incredulità, amore, disapprovazione, ecc.
Per imparare a conoscere meglio una persona che sta parlando, ascoltiamo non solo del che dice, ma anche la qualità del suo tono di voce. Apprezziamo suono della voce con la sua melodia, tono e il modo in cui vengono pronunciate le parole e mentre ascoltiamo qualcuno che parla, formuliamo ulteriori giudizi su di lui o lei.
Quando le persone s'incontrano e si parlano, di solito mangiano o bevono qualcosa insieme. Noi mangiamo e beviamo non solo per nutrirci, ma anche per piacere e come aspetto del nostro costume sociale. Continuiamo a formarci un'opinione dell'altra persona mentre sta mangiando.
Qualsiasi anormalità o stranezza nell'espressione del viso, nella voce o nelle abitudini alimentari viene immediatamente notata e disturba la comunicazione e la facilità di contatto con gli altri. La maggior parte di noi ha avuto la sensazione di essere fissato da tutti dopo una visita dal dentista che ha comportato un'anestesia locale con caduta del labbro, o quando un piccolo brufolo ha assunto nella nostra immaginazione le proporzioni di un grosso foruncolo.
Nel programma globale di riabilitazione, in cui il paziente impara a camminare e a prendersi cura della propria persona, vengono spesso dimenticati i problemi del viso e del tratto orale, che rimangono cosi esclusi dal trattamento.
Le difficoltà persistenti peggioreranno la qualità di vita del paziente e interferiranno con il reinserimento sociale. Egli non potrà più godere nel mangiare e bere da solo o con altre persone. A causa dell'espressione facciale inappropriate o ridotta, le altre persone possono giudicarlo erroneamente o mal interpretare le sue reazioni. Se il paziente non può parlare come faceva prima, può avere difficoltà a instaurare nuove relazioni, o a conservare le precedenti. Gli altri reagiranno diversamente nei suoi confronti ed è possibile che conversino con lui ad un livello inappropriato.
II grado e il tipo di difficoltà variano notevolmente, poiché si passa da un paziente totalmente incapace di mangiare, ad uno il cui viso non è esattamente simmetrico. Quando si nota una qualsiasi difficoltà, sono necessarie un'osservazione e un'indagine accurate per aiutare il paziente a superare i problemi.
Si dovrebbero facilitare i movimenti del viso sin dalle prime fasi, per mantenerne la mobilità e stimolarne la sensazione. Il trattamento mirato  nel questo caso è PNF per il viso.


(PNF deriva dalle parole inglesi "Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation" che in italiano significa "Facilitazione  Neuromuscolare Propriocettiva". Questo sistema di stretching è diviso in 4 tempi:
    Si raggiunge il massimo allungamento del muscolo in modo graduale e lento;
    Si esegue una contrazione isometrica per circa 15/20 secondi (sempre in posizione di massimo allungamento);
    Rilassamento per circa 5 secondi;
    Si allunga nuovamente il muscolo (contratto precedentemente) per almeno 30 secondi.
PNF, viene usato molto nella terapia di riabilitazione, perché in questo tipo di trattamento l'esercizio è sempre adattabile alla situazione patologica del paziente e progressivamente porta raggiungere il massimo delle sue potenzialità. La teoria di PNF ha avuto il suo origine dall'osservazione dei movimenti compiuti nello sport nella danza. I presupposti affinché un movimento possa dare, nell'ambito di questa attività, un risultato qualitativamente positivo sono soprattutto là armonia, la coordinazione, la forza, la velocità e la precisione.
La muscolatura monoarticolare è in grado spesso di svolgere più funzioni contemporaneamente. Un errore di valutazione classico è quello di testare queste funzioni separatamente, non valutando mai se il paziente è in grado di svolgerle simultaneamente.
La tridimensionalità degli schemi PNF permette la valutazione di queste funzioni monoarticolari complesse che sono anche l'espressione di un accorciamento massimale del muscolo.
Perché il trattamento riabilitativo sempre adatto al paziente, il metodo viene utilizzato nel campo di ortopedia e anche per trattamento del paziente neurologico.
Per esprimere queste qualità nel modo migliore i movimenti dovevano essere compiuti, nella maggior parte dei casi, seguendo alcune linee diagonali rispetto all'asse sagittale del corpo, quindi in questi movimenti diagonali avveniva una rotazione che permetteva di partire da uno stato di massimo allungamento per arrivare uno stato di massimo accorciamento.).

Riabilitazione neurologica

Oltre alla cura e al trattamento in ospedale o nel centro di riabilitazione, è molto importante vedere come se la cava paziente nel mondo esterno, è così vario e pone molte sfide. E' parte della riabilitazione proporre al paziente delle situazioni più varie possibili.
Troppo spesso si valuta il successo del programma riabilitativo in un ambiente estremamente protetto.
Dato che si tratta di un concetto (la riabilitazione nel paziente affetto da patologia neurologica: emiplegia, paraplegia) e non di una tecnica, non esistono regole assolute che possano essere applicate indifferentemente a tutti i pazienti.
Tutto quello che contribuisce a consentire al paziente di apprendere una nuova abilità o di muoversi in modo più normale può essere senz'altro inserito nel piano di trattamento.
E' stato dimostrato che la riabilitazione è più efficace quando il paziente viene seguito da fisioterapista a domicilio, anziché presso un centro riabilitativo che rappresenta un ambiente artificiale, in cui si sente isolato e spersonalizzato.

In seguito a patologia neurologica cronica (morbo di Parkinson, sclerosi multipla, ed altre) oppure ad esordio acuto (ad esempio ictus) l'intervento del fisioterapista è utile sotto vari aspetti: innanzitutto "suggerire" al paziente strategie che conducano alla massima autonomia negli ambienti domestici, fino alla deambulazione in ambienti esterni quando possibile.

In alcune situazioni inoltre è possibile stimolare il recupero delle funzioni motorie lese in seguito all'evento morboso, ripristinando parte dei movimenti utili nella vita di tutti i giorni.

I terapisti che si occupano di riabilitazione DEVONO essere  specializzati secondo il metodo Bobath: questo prevede un'analisi oggettiva delle capacità residue del paziente e, attraverso un ricondizionamento propriocettivo e una forte esperienza sensoriale, aiutare il paziente a combattere contro i sintomi e le disfunzioni che la malattia neurologica dà in termini di movimento, funzione e tono.

Artrosi



Con questo termine si intende una sofferenza articolare, di tipo evolutivo (cioè con peggioramento nel tempo). La sofferenza è caratterizzata inizialmente da un’usura delle cartilagini delle articolazioni a cui consegue una modificazione di tutte le strutture che le compongono (tessuto osseo, capsula, muscoli). L’usura delle parti cartilaginee causa uno stato infiammatorio e via via un assottigliamento dello spazio tra un capo osseo e l’altro. Provoca anche l’ispessimento della capsula articolare che diventa sempre più rigida, l’alterazione del delicato equilibrio tra cellule che costruiscono e distruggono (tanto che la cartilagine può "ossificarsi", perdendo la sua flessibilità, e i capi ossei invece "rarefarsi", perdendo la sua densità) ed infine provoca la contrazione dei muscoli inseriti intorno all’apparato. L’esito finale del processo artrosico, dopo molti anni, è il blocco totale dell’articolazione interessata con perdita della sua funzionalità.

Qual è la terapia?

Nessuna malattia subisce così tanti interventi terapeutici come l’artrosi. Questo si verifica perché la malattia ha più fasi cliniche (dalla sensazione di rigidità ai movimenti acuti, da remissioni anche spontanee ad aggravamenti improvvisi anche con notevole limitazione dei movimenti), perché si manifesta a diverse età (dai 30 ai 70 anni) ed infine perché può interessare tutti i distretti corporei ove vi sia un’articolazione.
La terapia dell’artrosi in generale mira ad arrestare (oppure a rallentare) e a far regredire il corso della malattia o perlomeno a ridurre oppure eliminare i disturbi da essa provocati.

Prevenire l’artrosi con la fisioterapia

Per fisioterapia si intende l’insieme delle forme di attivazione muscolare e degli esercizi articolari (semplici e complessi) diretti a migliorare, riequilibrare, l’aspetto posturale (cioè le posizioni del corpo soprattutto da seduti e in piedi) e quello dinamico (cioè il corpo in movimento).
I vari "sinonimi" ancora oggi purtroppo in uso, come "ginnastica correttiva", ecc., sono imprecisi e limitativi perché la fisioterapia è una vera e propria terapia indispensabile alla cura riabilitativa.

Nel trattamento dell'artrosi l’effetto fisioterapico non si limita alla riduzione del dolore o alla correzione delle "anomale posizioni", ma prima di tutto si cerca ad imparare a conoscere il proprio corpo perché attraverso i movimenti si esprimono anche i vari aspetti della propria personalità.

Artrite reumatoide




Un paziente che soffre di malattie reumatiche (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, ecc.) che possono causare un grado importante di disabilità, può trarre grandi benefici se alla terapia farmacologica precoce viene associato un adeguato trattamento riabilitativo.

Riabilitazione

Solo mediante un approccio riabilitativo globale è possibile fornire al paziente con artrite reumatoide tutti gli strumenti necessari per affrontare l’evoluzione della malattia. Il trattamento riabilitativo ha diversi obiettivi, a partire dal ripristino della massima funzionalità articolare possibile. Non solo, questo approccio deve fare in modo che vengano mantenute la resistenza e la forza muscolare e ridotta la sintomatologia dolorosa, nonché mirare alla prevenzione della deformazione articolare. Alla base di un programma riabilitativo deve esserci sempre un progetto individuale, occorre cioè definire che cosa si vuole ottenere nel caso specifico. Non esiste un programma che vada bene per tutti, bisogna, infatti, calibrare l’intervento sul singolo paziente.

Esercizio Terapeutico

Gli strumenti a disposizione per la riabilitazione sono diversi: si va da terapie fisiche come l’ultrasuonoterapia, la TENS, il Low Level Laser e la Balneotermoterapia (programma di terapia in ambiente termale) all’esercizio terapeutico.
Le prove a favore dell’efficacia delle terapie fisiche in realtà sono scarse e inconcludenti, mentre la validità dell’esercizio terapeutico è stata dimostrata da numerosi studi. L’esercizio terapeutico rappresenta, infatti, un trattamento in grado di apportare benefici importanti migliorando la forza muscolare, la capacità aerobica, lo stato psicologico, la performance gestuale, l’autonomia e la qualità della vita del paziente.

Ovviamente, il programma terapeutico deve essere proposto e controllato da un fisioterapista, limitando sollecitazioni abnormi su articolazioni gravemente compromesse.

Approccio Multidisciplinare

Un trattamento globale del paziente con artrite reumatoide che consideri l’aspetto farmacologico, ma anche quello riabilitativo, non può però prescindere da un approccio multidisciplinare. Solo mediante un approccio terapeutico globale, realizzabile con un articolato intervento multidisciplinare ed interdisciplinare è possibile fornire al paziente affetto da questa malattia, anche in fase precoce, tutti gli strumenti necessari a ridurre il grado della sua disabilità.

Rieducazione posturale globale = RPG


 Il nostro sistema muscolare è costituito da:

    muscoli dinamici fasici;

    muscoli statici tonici.

L'attività dei muscoli statici è costante, sia per effetto del tono indispensabile al mantenimento della postura, e paragonabile ad un motore al minimo quando un'automobile è ferma sia per la contrazione necessaria per effettuare i movimenti colpo di acceleratore che fa avanzare l'automobile.
Un muscolo sollecitato in modo permanente tende sempre ad avvicinare le sue estremità, il che provoca inevitabilmente accorciamento e rigidità.
I muscoli della dinamica non conoscono problemi di questo tipo. Non essendo essi indispensabili al mantenimento della stazione eretta sono poco tonici e possono rilassarsi per sedentarietà. E' così per i muscoli addominali.
In fisioterapia l'azione terapeutica deve pertanto essere differenziata. Se i muscoli della dinamica possono essere esercitati in contrazione concentrica per essere rinforzati, i muscoli della statica devono sempre essere esercitati in allungamento.
Di fronte alle aggressioni della vita moderna, è già difficile, per una persona che presenta una colonna vertebrale più o meno normale, evitare le cervicalgie, le dorsalgie o le lombalgie. Perciò il dolore della colonna vertebrale costituisce oggi "il male del secolo".
Il disco intervertebrale, viene compresso dal peso del corpo, soprattutto quando quest'ultimo è eccessivo, ma in ugual maniera per azione dei muscoli destinati a lottare contro la gravità quando si accorciano. Questo componente di schiacciamento può interessare tutte le articolazioni.
Paradossalmente i muscoli che si fanno assumere la posizione eretta, ci comprimono.
Occorre capire, che un muscolo rigido è un muscolo debole. Infatti, oggi si ammette che un gran parte delle lesioni articolari è essenzialmente dovuta ai problemi della postura.
L'obiettivo di ogni riabilitazione è ottenere dei muscoli forti e questo è quanto si prefigge anche la RPG, ma la differenza risiede tutta nell'importanza attribuita al ripristino della flessibilità e nei mezzi impiegati per ottenerlo.

riabilitazioni: Miopatie / distrofie muscolari


Lo scopo della riabilitazione nelle malattie neuromuscolari è preservare il più a lungo possibile l’autonomia del paziente, ritardare l’evoluzione dei sintomi e prevenire le complicanze. Il fine dell’intervento riabilitativo può essere, quindi, preventivo, curativo (quando possibile), o compensativo. Le principali aree su cui si può intervenire con la riabilitazione sono:




    cambiamenti posturali

    mantenimento della posizione seduta

    mantenimento della stazione eretta

    locomozione

    prensione e manipolazione

    funzione respiratoria

    funzione cardiovascolare

    alimentazione

L’obiettivo di mantenere l’autonomia del paziente e prevenire i danni secondari intende, tra l'altro, che quando la deambulazione non è più possibile, è necessario cercare di mantenere l’ortostatismo e delle posture corrette con rieducazione posturale globale RPG o con lo Yoga; mobilizzazione articolare, allungamento muscolare (non sforzato!) e opportuni ausili.

Riabilitazione in Ortopedia


Riabilitazione in Ortopedia

Il paziente di solito interpreta il consiglio del medico-chirurgo di rimanere 10 giorni a riposo totale, come un ordine di non fare nessun movimento autonomo e rimanere a letto tutto il periodo di riabilitazione e di essere completamente servito dai parenti.
Occorre ricordare che il regime postoperatorio deve includere mobilizzazione e/o carico sfiorante sul'arto operato, rinforzo del arto sano, istruzioni per il paziente, tese a prevenire i movimenti o comportamenti sbagliati a domicilio che potrebbero portare danni al'arto operato, istruzioni sul'utilizzo degli ausili, ecc.
L'obiettivo principale nel trattamento del paziente ortopedico e del paziente infortunato è di arrivare in tempo più breve possibile in piena autonomia. Al fine di raggiungere questo obiettivo, il trattamento riabilitativo viene, paradossalmente, cominciato prima del intervento chirurgico. Ad esempio, se viene sottoposto al'intervento di protesi totale dell'anca o protesi di ginocchio, il paziente deve imparare utilizzare l'arto sano in modo tale che riesca a sostenere il peso del corpo durante la deambulazione con le stampelle.
La riabilitazione che segue l'intervento deve prevenire danni secondari possibili (ad esempio, l'embolia polmonare e piaghe da decubito sono spesso un risultato di allettamento prolungato), quindi deve essere svolto in modo preciso, rispettando i tempi ed i protocolli.
Il fisioterapista utilizza strumenti passivi (mobilizzazioni) per ripristinare il movimento articolare ed attivi (esercizi) per riattivare le funzioni neuro-muscolari per ottenere una diminuzione del dolore e raggiungere la miglior autonomia motoria nella vita di tutti i giorni.


Principali campi di applicazione:
  • protesi anca-ginocchio-spalla
  • artrosi
  • ricostruzione del LCA
  • lombalgia
  • menisectomia
  • cervicalgia
  • distorsioni e lussazioni
  • dolori articolari

I benefici del Pilates

Il pilates nella sclerosi multipla.
Un aiuto per i malati di sclerosi multipla: equilibrio, consapevolezza, riduzione dello stress, miglioramento della forza e della flessibilità.

Vantaggi:

Ottimo per rinforzarsi
La maggior parte degli esercizi si fanno sul materassino
Gli esercizi possono essere fatti a casa facilmente


Una delle pratiche sportive più conosciute degli ultimi anni è il pilates.
L'ideatore, Joseph Pilates, agli inizi del '900 pensò a questi esercizi per aiutare gli ammalati allettati nella riabilitazione.
Ad oggi, il pilates viene considerato di grande aiuto per i disabili, e anche nella sclerosi multipla sembra avere effetti positivi.
Il pilates si focalizza sui muscoli come gli addominali e quelli nella zona prossima al cordone spinale, lavorando quindi sulla stabilità e l'equilibrio. Inoltre, aiuta a rinforzarsi ma senza ingrossare i muscoli, permette di acquisire consapevolezza del proprio corpo (utile contro l'insensibilità), promuove la postura e migliora l'elasticità muscolare e la mobilità.
Uno dei benefici maggiori del pilates è che regala una maggiore regolarità al respiro, aiuta a defatigare il corpo.
Nel pilates si lavora molto sul lettino, in posizione reclinata o seduta. La maggior parte degli eserci non sono aerobici, quindi si evita un'eccessiva sudorazione. Si tratta di esercizi a basso impatto dove non ci sono movimenti eccessivamente complicati. 
Pilates significa in primo luogo un regime di allenamento fisico basato sul corpo nel suo stato più naturale: IL MOVIMENTO. E' una forma d'arte, simile alle arti marziali o alla danza, in quanto ha con queste in comune la ricerca quotidiana della perfezione.  Il metodo Pilates è tradizionalmente eseguito in sessioni individuali per adattare gli esercizi alle singole necessità dell'allievo.
La vita produce danni enormi al corpo: di giorno in giorno diventiamo sempre più curvi e privi di equilibrio. Utilizziamo soltanto la mano destra o, se mancini, la sinistra: facciamo quindi oscillare la racchetta da tennis da un solo lato; portiamo la tracolla sempre su una spalla e così via.  

Le nostre abitudini ci inducono a utilizzare eccessivamente alcuni muscoli e non usare quasi del tutto altri. Il Pilates invece può dimostrarsi un meraviglioso antidoto in grado di allungarvi, raddrizzarvi e rafforzarvi, ma ricordate che non è una panacea mistica, né dovrebbe sostituire altre forme di esercizio fisico.
 
I benefici del Pilates

In primo luogo imparerete una serie ben precisa di esercizi che fanno lavorare tutto il corpo, dalla testa ai piedi, esercizi che subito si dimostreranno molto efficaci, perché diminuendo la ripetitività e aumentando il lavoro, otterrete risultati rapidi e duraturi.

Il Pilates terapeutico con i suoi esercizi è consigliato anche per i pazienti che devono ritrovare l'elasticità del corpo e della mente, in quanto gli esercizi si eseguono gradualmente e si adattano ad ogni persona e problematica.

01/08/12

STRESS, STANCHEZZA, ANSIA, RISVEGLI NOTTURNI E STANCHEZZA AL RISVEGLIO

 

RICARICA MAGNESIO ASSOLUTO


STRESS, STANCHEZZA, ANSIA, RISVEGLI NOTTURNI E STANCHEZZA AL RISVEGLIO

In caso di stanchezza e affaticamento...ma anche in caso di qualsiasi stress.

I cambi di stagione si accompagnano sempre con un aumento della stanchezza fisiologica.
E possibile aiutare l'organismo ad adattarsi alle nuove condizioni ambientali e climatiche con alcuni rimedi energetici naturali.
l’effetto di questa stanchezza psicofisica, però, non è evidente solo nei cambi climatici, ma la frenesia dei ritmi odierni o i momenti di grande tensione e concentrazione (esami per gli studenti o particolari situazioni lavorative), assorbono grandi quantità di energie che devono essere reintegrate, oltre che per una immediata risposta, anche per evitare future debilitazioni.

Il Magnesio è un minerale fondamentale perchè aiuta a produrre l’energia indispensabile al nostro corpo. Il Magnesio assoluto è un carbonato di magnesio in una formulazione citrata, cioè la soluzione più assimilabile che viene assunta dall’organismo. I ritmi di vita frenetica e lo stress che è inevitabilmente parte della vita moderna bruciano le riserve di magnesio dandoci segnali di carenza quali: ansia, agitazione, insonnia, stanchezza immotivata, tic nervosi e molti altri.
L’aggiunta di Vitamina B1 contribuisce al buon funzionamento del sistema nervoso.

Magnesio assoluto: Il Magnesio assoluto è un carbonato di magnesio in una formulazione citrata, cioè la soluzione più assimilabile che viene assunta dall’organismo. Il Magnesio è il minerale chiave per il corretto utilizzo del calcio e del potassio ed anche di molti altri nutrienti. Il Magnesio è un minerale essenziale per le cellule viventi. Coopera nel trasporto di sodio e potassio attraverso la membrana cellulare e influenza i livelli di calcio all’interno delle cellule. Il magnesio interviene in oltre 300 diversi processi metabolici (in particolare sul metabolismo delle proteine e degli acidi nucleici) ed è indispensabile per promuovere la funzionalità di numerosi sistemi enzimatici. Lo stress tende ad esaurire le riserve di magnesio dell’organismo. Una carenza di magnesio produce nervosismo, ansietà, tic nervosi e insonnia di tipo II, caratterizzata da addormentamento regolare ma da frequenti risvegli notturni, per cui il soggetto si sveglia stanco anche dopo diverse ore di sonno. Anche nelle donne che soffrono di sindrome dolorosa premestruale è stata riscontrata una carenza di magnesio, unitamente ad un eccesso di calcio. insieme al calcio e al fosforo partecipa alla costituzione dello scheletro, infatti circa il 70% del magnesio dell’organismo si trova nelle ossa. Il Magnesio è particolarmente indicato per: persone soggette a stress prolungati o malattie croniche debilitanti, tipicamente con nervosismo e ansietà; lavoratori o atleti sottoposti a pesanti attività fisiche, soprattutto se prolungate, comportanti fra l’altro eccessiva sudorazione; persone anziane.
Le ricerche tossicologiche confermano che il Magnesio non presenta tossicità e possiede una notevole sicurezza d’uso. Vitamina B1: La sua carenza provoca dei disturbi nel metabolismo dei carboidrati. Deficienze croniche di vitamina B1 portano alterazioni del sistema nervoso, del sistema cardiovascolare e dell'apparato gastroenterico. In caso di apporto elevato, l'eccesso viene escreto nelle urine.


SCHEDA TECNICA



Nato dalla ricerca dei laboratori Erbavoglio, RICARICA Magnesio Supremo è il nuovo integratore energetico che favorisce rapidamente il fisiologico recupero in casi di stress psicofisico. La combinazione Magnesio carbonato e Vitamina B1 consentono un aumento della resistenza fisica e mentale. Ricarica Magnesio supremo è ideale in tutte quelle situazioni in cui il nostro organismo è sotto pressione e pertanto la lucidità, ed efficacia generale viene meno.
COME AGISCE
Il dr. Rhian Toyuz dell'Università' di Montreal, nel "Journal of Hypertension" scrive che "recenti studi dimostrano che diete ricche di magnesio possono favorire la riduzione della pressione sanguigna, specialmente fra gli anziani.
Il magnesio aiuta le cellule muscolari a rilassarsi, incluse quelle del cuore. Una carenza di magnesio é stata collegata a malattie cardiache, battito irregolare e palpitazioni. Alcuni studi hanno esaminato il suo ruolo nella prevenzione di queste malattie. "Uno dei motivi di questa carenza é'8e dovuto alle conseguenze di una dieta ricca di amidi che consumano molto magnesio, come confermato da alcuni nutrizionisti. Inoltre, quando siamo sottoposti a situazioni di forte stress il nostro bisogno di magnesio aumenta considerevolmente.
Le fonti alimentari di magnesio comprendono broccoli, spinaci, farina d'avena, noci e dal mare: tonno e gamberetti.
Molti medici stanno prescrivendo integrazioni con magnesio per un ampio numero di problemi di salute: dai crampi muscolari all'ipertensione.

COSA CONTIENE:

MAGNESIO: il Magnesio è un minerale essenziale che rappresenta circa lo 0,05% del peso totale del corpo. Il 70% circa di esso si trova nelle ossa insieme al calcio e al fosforo, mentre il rimanente 30% è situato nei tessuti molli e nei fluidi dell’organismo. Del magnesio ingerito, viene assorbita una quantità che va dal 30 al 40%, mentre il resto viene eliminato con le feci.
Il magnesio è responsabile di molti processi metabolici essenziali, tra i quali la produzione di energia dal glucosio, e la sintesi delle proteine dell’acido nucleico, la formazione dell’urea, il tono vascolare, la trasmissione degli impulsi muscolari, la stabilità elettrica delle cellule, la trasmissione e l’attività nervosa. La quantità maggiore di magnesio si trova all’interno delle cellule, dove attiva gli enzimi necessari al metabolismo dei carboidrati e degli aminoacidi. Contrastando l’effetto stimolante del calcio, il magnesio svolge un ruolo importante per le contrazioni neuromuscolari. Aiuta anche a regolare l’equilibrio acido-alcalino dell’organismo.

DI PIU’ SUL MAGNESIO: (emicrania e cefalea tensiva)
Diversi ricercatori sulla base di teorie ed osservazioni cliniche, hanno individuato un legame tra il basso tasso di magnesio e l’emicrania e la cefalea tensiva. Poichè una delle funzioni chiave del magnesio è il mantenimento del tono vascolare, una carenza di tale minerale può preparare il terreno a eventi che possono scatenare attacchi di emicrania o cefalea, dato confermato dal fatto che nelle persone che soffrono di emicrania si hanno livelli ridotti di magnesio nel siero, nella saliva e nei globuli rossi.

FONTI NATURALI, CARATTERISTICHE E COMPOSIZIONE:
Il magnesio (Mg) è' ampiamente diffuso negli alimenti, in particolare nei vegetali (ortaggi a foglia verde, germe di grano, soja, semi di girasole), nella frutta secca (mandorle, noci), nei pesci di mare (aringa, merluzzo, ipoglosso ecc.) e d’acqua dolce (carpa).
Un’alimentazione bilanciata apporta normalmente una quota sufficiente di tale elemento. Vi sono tuttavia situazioni o periodi della vita in cui vengono perdute o consumate notevoli quantità' di magnesio: situazioni di stress prolungato tipiche della frenetica vita moderna, eccessiva sudorazione (soprattutto se legata a intensa attività' fisica).

PROPRIETA':

1) TRASMETTE GLI IMPULSI NERVOSI E STIMOLA LA FUNZIONE NERVOSA: il magnesio è' un minerale essenziale per le cellule viventi. Coopera nel trasporto di sodio e potassio attraverso la membrana cellulare e influenza i livelli di calcio all’interno delle cellule. Lo stress tende ad esaurire le riserve di magnesio dell’organismo. Una carenza di magnesio produce nervosismo, ansietà', tic nervosi e insonnia di tipo II, caratterizzata da addormentamento regolare ma da frequenti risvegli notturni, per cui il soggetto si sveglia stanco anche dopo diverse ore di sonno.

2) STIMOLA LE FUNZIONI MUSCOLARI E NORMALIZZA IL RITMO CARDIACO: una carenza di magnesio produce tensione muscolare e crampi muscolari diurni, dopo l’esercizio fisico, in particolare alle mani e ai piedi (i crampi notturni ai polpacci, durante il riposo, sono invece dovuti a carenza di calcio).

3) PROMUOVE LE NORMALI FUNZIONI METABOLICHE: Il magnesio interviene in oltre 300 diversi processi metabolici (in particolare sul metabolismo delle proteine e degli acidi nucleici) ed è' indispensabile per promuovere la funzionalità' di numerosi sistemi enzimatici. Anche nelle donne che soffrono di sindrome dolorosa premestruale è' stata riscontrata una carenza di magnesio, unitamente ad un eccesso di calcio.

4) COOPERA ALLA CRESCITA DELLE OSSA E RINFORZA LO SMALTO DEI DENTI: insieme al calcio e al fosforo partecipa alla costituzione dello scheletro, infatti circa il 70% del magnesio dell’organismo si trova nelle ossa.

INDICAZIONI PER UNA CORRETTA INTEGRAZIONE DI MAGNESIO:
Persone soggette a stress prolungati o malattie croniche debilitanti, tipicamente con nervosismo e ansietà'; Lavoratori o atleti sottoposti a pesanti attività' fisiche, soprattutto se prolungate, comportanti fra l’altro eccessiva sudorazione; Persone anziane.

BIBLIOGRAFIA:

Società' Italiana di Nutrizione Umana: LARN – Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati di energia e Nutrienti, Istituto Nazionale della Nutrizione, Milano, 1990
Pandiani M. Guida al corretto utilizzo di vitamine e minerali nella nutrizione, Tecniche Nuove, Milano, 1991
AA.VV.: Magnesio, Edra Medical Information & Comunication, 2005
Seelig M.S.: Magnesium Deficiency in the Pathogenenesis of Disease, Plenum Pub., New York, 1980
Fourman P., Morgan D.B.: “Chronic Magnesium Deficiency”, Proc.Nutr.Soc. 21, 1962

VITAMINA B1 (Tiamina):
La tiamina è stata la prima vitamina B ad essere scoperta e per questo è stata chiamata Vitamina B1. Un grave deficit di Tiamina causa la sindrome nota come Beriberi.
Le alterazioni neurologiche più importanti si hanno nei nervi periferici, particolarmente degli arti inferiori. I segmenti distali sono caratteristicamente colpiti per primi e più gravemente. Si può verificare una degenerazione della guaina midollare in tutti i tratti del midollo spinale, specialmente nelle colonne posteriori e nelle radici nervose anteriori e posteriori. Si possono verificare anche delle alterazioni a carico delle cellule delle corna anteriori e dei gangli posteriori. Quando il deficit è grave si verificano nel cervello le lesioni caratteristiche della poliencefalite emorragica.
Il cuore è dilatato e ingrossato; le fibre muscolari sono edematose, frammentate e vacuolizzate, con spazi interstiziali dilatati dai liquidi. Si osserva anche una vasodilatazione che può causare edemi prima che si verifichi una chiara insufficienza cardiaca ad alta gittata.

In seguito alla mancanza di Magnesio, anche la muscolatura del cuore sviluppa uno spasmo o un crampo e puo’ smettere di battere.

Questo accade perché' il magnesio per rilassare il cuore e per renderlo pronto per la contrazione seguente è insufficiente. Il magnesio è così determinante che è necessario per ogni importante processo biochimico quale per esempio la digestione, la sintesi proteica, la produzione di energia cellulare e il metabolismo del glucosio.
Come già sappiamo, il magnesio è la chiave per il giusto utilizzo del calcio e del potassio e di molti altri nutrienti.

La domanda che ora ci si pone è: che cosa causa la carenza di magnesio?
Ecco i "nemici":caffè, zucchero, diuretici, vaccini, droghe di tutti i tipi, bassa funzionalità tiroidea, stress e una dieta ad alto contenuto di calcio.

Questo significa che il calcio fa male ? No, non del tutto.
Se esaurite più magnesio che calcio (cosa che spesso accade con diete al alto tenore di calcio, come es. formaggi, latte), sarà meglio assumere magnesio per evitare i problemi derivanti dall'eccesso di calcio, tra cui: depositi di calcio nelle giunture, calcoli biliari, calcoli renali ed in casi estremi, calcificazione del cervello e di altri organi e parti del corpo, causando malattie cardiache, artriti, indurimento delle arterie,senilità, osteoporosi e calcificazione degli organi e dei tessuti che così possono degenerare, irrequietezza, problemi di insonnia, tensione, maggiore stress, sindrome premestruale e molto di più.
In altre parole, l'eccesso di calcio può essere un reale problema, mentre l'eccesso di magnesio non lo è. Le conseguenze possono anche essere la perdita di memoria ed eventualmente una riduzione delle prospettive di vita. Il magnesio e il calcio devono quindi essere presenti nelle corrette proporzioni in base alle vostre necessità.

barattolo da 100 gr

Ingredienti e tenore per dose giornaliera (un chucchiaino =2 g) Magnesio carbonato (pari a Mg 300 mg*, 100% RDA), Vitamina B1 1,4 mg* (100% RDA). Acidificante: Acido citrico.
Modalità d’uso: Per una corretta integrazione, si consiglia l’assunzione di un cucchiaino di prodotto al giorno, disciolto in acqua.

link  originale www.stresseansia.it/prodotti_det.php?Id=1&fb_source=message
Il magnesio non e' adatto a tutti, chiedere SEMPRE AL VOSTRO MEDICO. In caso di intolleranza e di insorgenza di effetti collatetali legati all'intestino sarebbe meglio sospenderlo. Ci sono stati casi di rigidita' muscolare e  contrazioni.

Arruolato primo paziente. Brave Dreams parte

 SI PARTE

Sclerosi Multipla CCSVI: arruolato primo paziente. Brave Dreams parte

Brave Dreams di Zamboni e Salvi parte, con l'arruolamento del primo paziente con CCSVI (Insufficienza venosa cronica cerebrospinale) e sclerosi multipla. Si conclude quindi l'"odissea" del "metodo Zamboni" che ha visto momenti "eroici" sia da parte dei due ricercatori, sia dell'associazione indipendente dei malati che li sostiene

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Finalmente i "Sogni Coraggiosi"1 del prof. Paolo Zamboni e del dott. Fabrizio Salvi sono in partenza. Ha il suo inizio "operativo" infatti "Brave Dreams", "Sogni Coraggiosi" appunto, in inglese, ma acronimo di "BRAin VEnous DRainage Exploited Against Multiple Sclerosis" ("sfruttare il drenaggio venoso contro la Sclerosi Multipla"). Parte in questi giorni l'arruolamento del primo paziente con CCSVI (Insufficienza venosa cronica cerebrospinale) e sclerosi multipla per Brave Dreams diretta dal prof. Paolo Zamboni, sulla sicurezza e l'efficacia dell'angioplastica venosa nei malati di SM. Avrà quindi inizio la sperimentazione di quello che, per la gente comune, è il "metodo Zamboni", "metodo" di cui si è tanto parlato e di cui si è fatta anche tanta disinformazione tanto da meritare, diverse volte, da parte dell'Associazione indipendente "CCSVI nella SM"2 , che segue l'odissea di Zamboni e Salvi fin dall'inizio, delle doverose precisazioni pubbliche sulla CCSVI3 . Proprio la Onlus CCSVI nella Sclerosi Multipla, a proposito della partenza di Brave Dreams, diffonde una nota in cui ringrazia "di cuore la Regione Emilia Romagna, il Ministero della Salute, ma sopratutto il rigore scientifico e la tenacia di Salvi e Zamboni". Salvi e Zamboni che in questi anni hanno dovuto subire pesanti "attacchi" da diversi fronti, alcuni anche molto gravi, ma che però non hanno fermato i due ricercatori (ed il loro sostenitori) nella ricerca affannosa (il tempo è il primo nemico dei malati di Sclerosi Multipla, si ricorda sempre) dei fondi e delle autorizzazioni per la partenza di Brave Dreams. Per questo nella nota della "CCSVI nella SM Onlus" è giusto dare risalto al paragrafo in cui è evidente tutto il pathos e l'aspetto quasi "eroico" della vicenda. Scrivono Gisella Pandolfo, Presidente Nazionale CCSVI nella SM e Nicoletta Mantovani Presidente Onorario CCSVI nella SM: "L'associazione CCSVI-SM, per ultimo ma non certo da ultimo, ringrazia persempre il prof. Paolo Zamboni e il dott. Fabrizio Salvi per aver tirato dritto per la loro strada, imperturbabili di fronte ai tanti ostacoli incontrati nel loro percorso, sicuri di essere nel giusto nel pretendere che la libera ricerca dovesse andare avanti, per capire meglio, per meglio aiutare i malati di CCSVI e di Sclerosi Multipla. Accompagnati, in questo, anche da noi e dai malati che rappresentiamo, tenaci sostenitori della libera ricerca scientifica, e incrollabilmente fiduciosi negli esiti fecondi della loro sperimentazione".

info di:  www.mainfatti.it/sclerosi-multipla/Sclerosi-Multipla-CCSVI-arruolato-primo-paziente-Brave-Dreams-parte_045119033.htm

Acido folico, on-line il nuovo sito a cura del CNMR

 

ISS 27 Aprile 2012

È on-line il nuovo sito su Acido folico e folati prima di una gravidanza a cura del Centro Nazionale Malattie Rare - CNMR dell’Istituto Superiore di Sanità. L'iniziativa rientra tra le strategie di promozione e divulgazione della corretta assunzione di acido folico nella prevenzione primaria di gravi malformazioni congenite, come ad esempio i Difetti del Tubo Neurale (DTN).

I numeri: aumenta il numero di donne che assumono correttamente acido folico
I dati che emergono dall’ultima indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità al fine di fotografare il "percorso nascita" in Italia rivelano un trend di crescita nel consumo di acido folico nel periodo peri-concezionale (in quell’intervallo di tempo, cioè, che va da circa un mese prima del concepimento alla fine del primo trimestre di gravidanza). Se nel 2004 la percentuale di donne italiane che assumono correttamente acido folico raggiungeva appena il 4%, nel 2011 essa si colloca tra il 20 e il 30%, con punte del 34% registrate in Veneto. Il dato si riduce al 4-6% se ci si riferisce alle donne straniere che vivono in Italia.

"La percentuale di donne consapevoli del ruolo dell’acido folico nella prevenzione primaria delle malformazioni congenite e che lo assumono secondo i dosaggi raccomandati è ancora troppo bassa - spiega la dottoressa Domenica Taruscio, Direttore del CNMR - L’obiettivo è quello di arrivare a triplicarla nei prossimi anni. Per divulgare al meglio il messaggio, abbiamo ampliato il sito relativo al Network Italiano Promozione Acido Folico con nuove tematiche, rubriche e approfondimenti scientifici, realizzando un portale che promuove tra le donne in età fertile il consumo di folati, la supplementazione periconcezionale con acido folico, e più in generale, una dieta e uno stile di vita corretti. In tema di salute della donna in internet abbondano blog e siti non accreditati, che possono dare informazioni fuorvianti o addirittura errate. Il sito che abbiamo da poco messo in rete è invece uno strumento in grado di coniugare il rigore scientifico-istituzionale delle informazioni con l’accessibilità del linguaggio e la chiarezza".

La struttura del sito
Il sito, che promuove la vitamina B9 ma in generale uno stile di vita sano, è articolato in dodici sezioni: 1) Acido folico e folati: vitamine per la vita; 2) Stai programmando una gravidanza? Assumi subito acido folico!; 3) A tavola con i folati; 4) Faq; 5) Link utili; 6) News; 7) Materiale divulgativo; 8) Rassegna Stampa; 9) Il Network; 10) Progetti; 11) Corsi, Convegni e FAD; 12) Documenti. Messaggi facilmente memorizzabili, sezioni strutturate in forma di domande e risposte, una grafica con colori ed immagini accattivanti contribuiscono a rendere il portale fruibile in modo semplice e veloce.

Il Network Italiano Promozione Acido Folico
Il Network Italiano Promozione Acido Folico è nato nel 2004 dalla volontà condivisa di promuovere e sostenere la Raccomandazione ufficiale per prevenzione primaria dei difetti congeniti mediante AF: "Si raccomanda che le donne che programmano una gravidanza, o che non ne escludono attivamente la possibilità, assumano regolarmente almeno 0,4 mg al giorno di acido folico per ridurre il rischio di difetti congeniti. E’ fondamentale che l’assunzione inizi almeno un mese prima del concepimento e continui per tutto il primo trimestre di gravidanza".

Il Network, coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell'Istituto Superiore di Sanità, nel 2010 ha superato le 200 adesioni, tra cui il Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare (Dip. SPVSA) dell'ISS, l'INRAN, i Registri regionali ed interregionali delle malformazioni congenite, università, ospedali, Asl e associazioni di pazienti. Il coordinamento tra le diverse realtà ha permesso negli ultimi anni l'attuazione di strategie di promozione dell'acido folico e di un corretto apporto alimentare di folati, in accordo con l'evoluzione dell'argomento a livello europeo ed internazionale.
In sei anni sono stati diffusi sul territorio nazionale oltre 250.000 dépliant e libretti divulgativi sull'acido folico e circa 20.000 poster sono stati esposti nell'ambito di convegni organizzati dalle principali società scientifiche di ginecologia ed ostetricia e presso farmacie, ospedali e altre strutture sanitarie.
In particolare, per diffondere informazioni adeguate sui rischi che la mancata assunzione pre-concezionale di acido folico e la carenza di folati nella dieta della futura mamma possono comportare per il bambino anche tra le minoranze etnico-linguistiche presenti nel nostro Paese, il CNMR ha recentemente rielaborato l’opuscolo "Acido Folico. Un concentrato di protezione per il figlio che verrà". Per la prima volta, il dépliant è stato tradotto in 10 lingue straniere: oltre a tedesco, inglese, francese e spagnolo, le raccomandazioni sono formulate anche in albanese, arabo, cinese, portoghese, romeno e russo.

30/07/12

Cannabis terapeutica

Cannabis terapeutica

Nelle foto alcune fasi della coltivazione della cannabis e delle analisi svolte nel Centro di ricerca per le colture industriali del CRA di Rovigo. Qui il direttore Gianpaolo Grassi nel laboratorio dove viene analizzata la composizione dei principi attivi della pianta e dove si studiano le sue caratteristiche (foto Ruggiero Corcella)

 

Piemonte, 123 casi di Sla tra agricoltori: Guariniello indaga - TORINO OGGI NOTIZIE

Piemonte, 123 casi di Sla tra agricoltori: Guariniello indaga - TORINO OGGI NOTIZIE

Torino - In Piemonte nel 2011 sono stati diagnosticati 123 casi di sclerosi laterale amiotrofica tra gli agricoltori. Questo il dato che emerge da un fascicolo aperto dalla Procura di Torino e che preoccupa in quanto si tratta di un'incidenza di gran lunga superiore alla media.
I casi di Sla sono stati scoperti dalla magistratura mentre venivano incrociati i dati delle schede di dimissione ospedaliera con quelli in possesso dell'Inps.
Al momento l'ipotesi del pm Raffaele Guariniello è che la sclerosi laterale amiotrofica, patologia fortemente invalidante, sia dovuta al contatto con pesticidi. 

Morbo Huntington, terapia con impianto al cervello - OGGI NOTIZIE

Morbo Huntington, terapia con impianto al cervello - OGGI NOTIZIE
Salute - Uno studio danese ha sperimentato con successo l'innesto di fattori neurotrofici per il trattamento del morbo di Huntington, una grave malattia neurodegenerativa che causa movimenti ipercinetici.
I ricercatori dell'NsGene A/S di Ballerup, in Danimarca, hanno impiantato un piccolo dispositivo da utilizzare come veicolo per l'innesto di fattori neurotrofici in alcune cavie da laboratorio. I medici, guidati da Jens Torna, hanno ottenuto dei risultati interessanti grazie all'Encapsulated Cell (CE) biodelivery, uno strumento che utilizza le normali procedure neurochirurgiche mini-invasive per indirizzare le strutture cerebrali profonde attraverso le proteine terapeutiche.
Il ricercatore ha dichiarato: “il nostro studio fornisce un grande apporto alle sempre crescenti scoperte nell'ambito della preclinica e della clinica dei dati, proponendo il biodelivery CE come un promettente metodo terapeutico. Il CE unisce i vantaggi della terapia genica con la consolidata sicurezza di un impianto recuperabile''.

NOTA INFOFRMATIVA SU QS PATOLOGIA
La Malattia di Huntington o MH, nome scientifico Còrea Maior, è una malattia degenerativa del sistema extrapiramidale che rientra nel capitolo delle sindromi ipercinetiche. La malattia è stata descritta nel 1872 da George Huntington. Tale patologia si presenta con caratteristiche quali ereditarietà, disturbi del movimento, fra cui còrea (dal greco, danza), disturbi cognitivi e del comportamento. L'età d'esordio si colloca attorno ai 40-50 anni.

È una malattia rara, con prevalenza di circa 3 - 7 casi per 100.000 abitanti con discendenza europea occidentale e 1 per 1.000.000 con discendenza asiatica, trasmessa con modalità autosomica dominante a penetranza completa[1].

Questo significa che chi è figlio di una persona affetta da malattia di Huntington ha una probabilità del 50% di sviluppare la malattia, anche se l'ereditarietà è complicata da possibili mutazioni nel numero di ripetizioni della sequenza trinucleotidica ripetitiva CAG

La distruzione di una parte specifica dei nuclei della base (soprattutto la distruzione del nucleo caudato) significa anche la distruzione di neuroni GABA-ergici i quali sono neuroni inibitori causando così movimenti ipercinetici, dovuti in generale al venire meno delle funzioni di controllo motorio dei nuclei della base. Dal punto di vista genetico è stato individuato il gene sul braccio corto di cromosoma 4 in posizione 16.3 (4p16.3) per la proteina denominata "huntingtina" (Htt) la cui funzione è stata recentemente identificata. In un lavoro del 2004 pubblicato su Cell, gli studi condotti hanno mostrato un importante coinvolgimento della Htt nel meccanismo di trasporto vescicolare assonico. Essa fungerebbe da acceleratore del complesso della Dineina, e la sua mutazione va a limitare se non annullare questo effetto propulsivo, sebbene non sia stato possibile comprendere a fondo come l'elevato numero di Glutammine incida su questa deficienza. Ciò che invece sembra certo è il composto proteico maggiormente incisivo sulla neurodegenerazione, ossia il BDNF (Brain Derived Neuronic Factor). Questo, prodotto dalla corteccia cerebrale, è un composto che mantiene in vita i neuroni evitandone l'apoptosi. Il suo trasferimento dalla corteccia alla zona dello striatum per esempio, non può che avvenire tramite il trasporto assonico, perciò se intercorre una mutazione dell'Htt, tale fattore non arriva a destinazione e causa in breve tempo accumulo di materiale proteico con conseguente morte cellulare.

Tutti i pazienti affetti dalla malattia di Huntington presentano una mutazione del gene per l'Htt, situato come detto sul braccio corto del cromosoma 4. Il gene normale presenta una sequenza trinucleotidica ripetitiva CAG ripetuta da 11 a 35 volte. Il numero delle ripetizioni negli affetti è aumentato (36 o più) e la malattia è tanto più precoce quanto maggiore è il numero delle ripetizioni. L'amplificazione della mutazione si verifica durante la spermatogenesi ed è all'origine del fenomeno dell'anticipazione della malattia se trasmessa da parte paterna, in tale patologia si assiste ad una mutazione dinamica in quanto vi è un'espansione significativa delle triplette, ciò è da imputare ad un meccanismo di mutazione per slippage. L'insorgenza di nuove mutazioni è improbabile. Non si sa con certezza quali siano esattamente gli effetti dannosi di questa espansione delle triplette. Sia la perdita di funzioni protettive della huntingtina, sia l'acquisizione di nuove funzioni tossiche sono state descritte. La malattia è caratterizzata dalla formazione di inclusioni intranucleari ed aggregazione proteica, l'impatto degli aggregati sulla patologia non è ancora stato chiarificato. Gli aggregati potrebbero essere in un primo tempo protettivi in quanto sequestrerebbero la huntingtina mutata. Ma con l'avanzare della malattia questi aggregati potrebbero diventare nocivi in quanto impedirebbero il traffico intracellulare.

L'esordio in genere è tra i 40 e 50 anni, spesso con sintomi poco specifici e non di rado di natura psichiatrica (alterazioni della personalità, irrequietezza, stati depressivi). Esiste la possibilità di un'insorgenza precoce (attorno ai 20 anni), nel qual caso si parla di Malattia di Huntington giovanile.

In seguito, si verifica una progressiva compromissione dei sistemi motori con movimenti involontari rapidi della muscolatura facciale, degli arti, dapprima brevi e distali, poi sempre più duraturi e diffusi tanto da dare luogo ad una strana "danza". L'andatura si fa barcollante, torsioni del tronco. Anche la fonazione è modificata con voce monotona o a volte parola esplosiva.

Precocemente è compromessa anche la motilità oculare con rallentamento delle saccadi e proseguono di pari grado con apatia, irritabilità, turbe della memoria, idee deliranti a carattere persecutorio sino a stati demenziali conclamati. La durata media di malattia è 15-25 anni, e il decesso avviene per cause intercorrenti (soprattutto complicanze polmonari).
È prima di tutto clinica e si avvale della ricerca dell'espansione delle triplette. Le neuroimmagini possono mostrare atrofia corticale e dello striato con la dilatazione ventricolare.

Esistono solo farmaci sintomatici che non possono modificare l'evoluzione della malattia. Nel novembre del 2007, è stato registrato in Italia il farmaco tetrabenazina (un bloccante del recettore dopaminergico), con l'indicazione terapeutica proprio relativa a tale malattia. La sua fornitura, in presenza di prescrizione specialistica, è a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Per le discinesie si usano antagonisti della dopamina (es. aloperidolo), nelle forme giovanili dominate da rigidità può essere utile la terapia con farmaci antiparkinsoniani. Invece, nei pazienti anziani, sono da considerare come farmaci "di prima scelta" i sali dell'acido valproico.

Salute - Una pillola contro Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla

Salute - Una pillola contro Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla

Al momento sono in corso i primi test sugli esseri umani (che seguono un'incoraggiante sperimentazione sugli animali) di un nuovo farmaco messo a punto nei laboratori della Northwestwern University di Chicago, i cui ricercatori hanno brevettato due principi attivi denominati MW151 e MW189. Il farmaco funziona bloccando le citochine proinfiammatorie (proteine che svolgono un ruolo importante per la difesa immunitaria e che contribuiscono al processo di proliferazione di alcune cellule coinvolte nei processi infiammatori e immunitari dell'organismo) e potrebbe essere efficace nel trattamento di patologie come il morbo di Parkinson, l'Alzheimer, la sclerosi multipla, le malattie dei motoneuroni, la demenza fronto-temporale e le complicazioni susseguentia una lesione cerebrale. Secondo i suoi ideatori la nuova medicina segue un approccio completamente diverso rispetto agli altri farmaci attualmente allo studio che si occupano prevalentemente di ridurre l'accumulo delle proteine beta-amiloidi. Le citochine proinfiammatorie infatti danneggiano le sinapsi neuronali (i collegamenti tra le cellule nervose) causando disordini mentali e la morte dei neuroni. Inoltre, per quanto riguarda l'Alzheimer, i ricercatori statunitensi sostengono che se il farmaco venisse somministrato all'insorgere dei primi sintomi della malattia sarebbe in grado di bloccarne completamente l'evoluzione.

Cannizzaro di Catania- sperimentazione sta dunque per cominciare


Comincerà nei prossimi giorni e sarà eseguita in venti centri d’Italia, tra cui l’ospedale Cannizzaro di Catania, la sperimentazione “Brave Dreams”, lo studio che dovrà valutare efficacia e sicurezza dell’intervento di disostruzione delle vene extracraniche nei pazienti con sclerosi multipla e diagnosi di “Insufficienza Venosa Cronica Cerebrospinale” (CCSVI). Promotore e principale ricercatore dello studio è il prof. Paolo Zamboni, il medico che per la prima volta nel mondo ha ipotizzato un legame fra sclerosi multipla e CCSVI mettendo a punto il metodo ormai conosciuto con il suo nome.

In inglese, “Brave Dreams” significa letteralmente “sogni coraggiosi”: il nome deriva dall’abbreviazione di BRAin VEnous DRainage Exploited Against Multiple Sclerosis, ovvero “sfruttare il drenaggio venoso contro la sclerosi multipla”. Grazie al possesso dei requisiti richiesti, relativi alle competenze neurologica, di diagnostica vascolare non invasiva, di radiologia interventistica, di chirurgia endovascolare e in area psicometrico-funzionale, l’Azienda Cannizzaro di Catania è stata tra le prime ad essere accreditata per questo trial multicentrico, che prevede un impegno complessivo di circa due anni delle seguenti unità: Radiologia interventistica, Centro neurologico per la Sclerosi Multipla, Medicina fisica e riabilitativa, Chirurgia vascolare.
La sperimentazione sta dunque per cominciare, con l’arruolamento dei pazienti nei primi Centri sperimentatori dell’Emilia-Romagna (l’ospedale di Ferrara dove lavora Zamboni, Centro coordinatore a livello nazionale, e l’Ausl di Bologna), e proseguirà proprio presso l’ospedale Cannizzaro e di seguito negli altri Centri sperimentatori (14 su 20) che hanno già il via libera dei propri Comitati etici sul protocollo di ricerca, messo a punto da un Comitato scientifico di esperti italiani e coordinato dall’Agenzia sanitaria e sociale dell’ Emilia-Romagna.
L’avvio del reclutamento è stato possibile grazie al parere non ostativo del Ministero della Salute all’utilizzo di dispositivi medici. Il protocollo di ricerca “Brave Dreams”, infatti, prevede l’uso di palloncini da angioplastica e, per l’inizio della sperimentazione clinica, il Ministero aveva richiesto di attendere la preventiva autorizzazione. Lo studio, promosso dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, è finanziato dalla Regione Emilia-Romagna con quasi tre milioni di euro


info di: http://www.cannizzarosalute.it/?p=609 .

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ora possiamo volare, verso i cancelli del tempo, dove il tutto ci sta aspettando..DOVE IL NOSTRO SOGNO...E' LI AD ATTENDERCI..non facciamolo attendere, perche' un sogno non e' soltanto un sogno, il sogno e' quello che ti permette di VIVERE..che ti permette di spezzare le tue catene.
Quante volte abbiamo cercato la strada giusta?!
fino ad arrivare a comprendere che tutto era finito...che ogni passo, terapia cura..speranza non e' servito a nulla...in quel momento capiamo che tutto cambia...ed è ora di rinascere...e' ora di iniziare nuovamente a sorridere..e le nostre impronte dove prima si son cancellate..adesso riaffiorano..le nostre emozioni riemergono dal basso verso l'alto e la VITA RITORNA nelle nostre mani..ora si che ogni cosa ha un senso, e capiamo che ogni dolore è servito per arrivare a comprendere..che siamo AMORE PURO..CHE SIAMO ANIME NATE PER ESSERE LUCE..E NELLA LUCE NOI VOLEREMO CON QUELLE ALI CHE DA TEMPO NON SENTIVAMO PIU'..e inizieremo a vedere quello che oggi abbiamo solamente guardato....aprite il vostro cuore...e iniziate ad amare la vita assaporandala ogni giorno..ogni secondo ...ALLONTANANDO da noi stessi quella tristezza a quella disperazione..

by SaM

Biologa e con la sclerosi multipla: “Ecco perché dico no alla vivisezione”

“Mi chiamo Susanna Penco, ho 49 anni, vivo a Genova e da 16 anni sono affetta da sclerosi multipla. Sono biologa e lavoro come ricercatrice all’Università di Genova. Da sempre sono obiettrice di coscienza verso la sperimentazione animale per due motivi: perché non ho alcuna fiducia scientifica in tale pratica, e perché provo un grande senso di pietà nei confronti di tutti gli animali, umani e non umani”. Comincia così la testimonianza di Susy (che lei, come leggerete, non vuole sia definita straordinaria, ma che a tutti gli effetti lo è), che ha fatto il giro del web suscitando una valanga di commenti/assensi (l’originale completo si trova a pagina 6 della rivista Orizzonti).
Una testimonianza da leggere anche perché malgrado gli sforzi, la passione, la chiarezza dell’obiettivo e la fattibilità di ciò che propone – che si sperimenti sugli umani che, come lei, volontariamente si offrono alla scienza oppure sui cadaveri – Susanna Penco non ha ancora ottenuto una sola risposta ufficiale.
Dice Susy:  Sappiamo tutto delle mummie egizie. Sappiamo che cosa ha mangiato Otzi poco prima di esalare l’ultimo respiro, tra risonanze e tac sanno tutto anche dell’ultima cellula rimastagli, e allora perché non analizzare l’organismo di coloro che sono deceduti per o con la malattia di cui soffro anch’io?
Ma ecco la testimonianza:
“La mia esperienza professionale inizia tanti anni fa, quando decisi, ancor prima di laurearmi, di dedicarmi alle colture cellulari come alternativa a una ricerca da me ritenuta cruenta ed inutile. Ebbi la fortuna di incontrare le persone giuste e fu così che divenni brava a coltivare cellule esclusivamente “in vitro” e poi, da anni, esclusivamente umane.
Con l’avvento di attrezzature avanguardistiche e se la ricerca in vitro fosse finanziata come dovrebbe, si potrebbero ottenere grandi risultati applicabili all’uomo. Ma qui non voglio parlare delle ricerche “in vitro”, voglio parlare di quelle “in vivo”. In vivo su chi? Ma sull’uomo, certamente, ovviamente, naturalmente. E chi, sennò?!
Mi spiego, vorrei proporre ricerche che potrebbero essere immediatamente disponibili ed applicabili al vero “bersaglio” della ricerca: la nostra specie. Ecco perché ho premesso di essere vittima di una precisa malattia. Io sono assolutamente disponibile a fare da cavia: no, non sono una visionaria fanatica pronta al sacrificio della vita per un ideale che, tra l’altro, sarebbe ritenuto ridicolo e assurdo dai più. La mia malattia è “mia”, io ne sono affetta, ma certamente c’è qualcosa in comune tra me e tutti gli altri malati: qualcosa che dovrebbe essere indagato tramite, naturalmente, accuratissime anamnesi, banche dati, analisi statistiche ed epidemiologiche, ed altro.
Qualcosa si fa, ovviamente. Ma è poco, e sapete perché? Perché la parte del leone, per i fondi stanziati o “raggranellati”attraverso varie vie, anche molto nobili, dalla beneficenza, alle donazioni in tv, ai premi, ecc, la fanno le ricerche sui topi. Insomma, si riesce a far tornare quasi normali i topi, fatti ammalare artificialmente (nessun animale al mondo, a parte l’uomo, si ammala di sclerosi multipla!) con varie terapie, che poi si rivelano, il più delle volte, o inutili per la nostra specie, oppure ci scappa addirittura il morto, come del resto per altri farmaci, altre malattie, ma stessi metodi di ricerca (animali).
Sappiamo che per ammalarsi di sclerosi multipla ci vuole, consentitemi il paragone un po’ strano, una sorta di “fedina penale sporca”: è il Dna. Dunque, verosimilmente, tutte le persone che hanno la sclerosi multipla hanno una “predisposizione”, scritta nei geni, che, quando malauguratamente si combina con altri fattori ambientali ancora sconosciuti, dà la manifestazione della malattia. Questa predisposizione è condizionata dal famoso Mhc (Major Histocompatibility Complex), che è una specie di “codice fiscale” naturale che ciascuno di noi ha, e che, come un codice fiscale burocratico, è diverso da persona a persona. Ma qualcosa in comune c’è. O non esisterebbero i trapianti, le somiglianze tra parenti, l’identità dei gemelli “veri”, ecc. Ebbene, a tutt’oggi io, e coloro che mi curano, ignoriamo il mio Mhc.
Perché, se è così importante? Perché identificare l’Mhc comporta un esame del sangue costoso… Ma perbacco, costerà sempre meno delle migliaia di ricerche su migliaia di topi che conducono al quasi nulla: i topi si rimettono dalla malattia indotta (sono state usate anche le scimmie, a dire il vero, senza risvolti utili!) eppure i risultati, incoraggianti su altre specie, non sono trasferibili all’homo sapiens sapiens.
Ecco che mi piacerebbe essere utile a me stessa e ai posteri, futuri malati di sclerosi multipla: sarebbe opportuno identificare il mio “codice fiscale biologico” (l’Mhc), propormi di sottoporre a monitoraggio, continuo nel tempo, il mio stile di vita: ad esempio, abitudini alimentari, attività fisica, farmaci assunti, e cento altre cose, sottopormi con regolarità ad esami innocui (diagnostica per immagini, dalle risonanze agli ecocolordoppler, a prelievi di sangue ed eventualmente di liquor, ad esempio). Non solo non mi peserebbe prestarmi a seguire certe regole, monitorare me stessa e “accudirmi”, magari con un accurato diario di bordo”- né peserebbe a molti altri pazienti, lo so – ma mi sentirei utile a me stessa e agli altri. Nessuna follia, dunque. Solo buona ed etica ricerca medica sui malati, i veri protagonisti. Io degli studi sugli animali mica mi fido.
Esistono già ricerche cliniche su pazienti umani, ma, a mio modesto avviso, ancora poco coordinate, poco gestite, frammentarie, ritenute secondarie alla ricerca su animali - che comporta, a dirla tutta, una grande produzione scientifica di lavori su prestigiose riviste e… aiuta la carriera dei ricercatori. E poi, ditemi, perché nessuno mi “usa”, se sono attenta, lucidamente consenziente, diligente ed affidabile e per di più con competenze scientifiche?
Delusa dal disinteresse nei confronti di Susy viva, ho cercato di consolarmi pensando al futuro (spero lontano): quando  di me resterà la salma. Sì, avete inteso bene: ho deciso, molto tempo fa, di donare il mio cadavere all’Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) affinché il mio sistema nervoso centrale difettoso (ma anche altri organi) sia indagato, studiato, osservato, analizzato, in rapporto anche con quello dei miei parenti stretti che, persuasi della bontà del gesto, hanno seguito il mio esempio, generoso verso i miei simili e pietoso verso chi non c’entra nulla (gli animali, topi, cani, gatti o scimmie che siano). Naturalmente il tutto, come un testamento, è revocabile in qualsiasi momento, se si cambiasse idea. A me non capiterà!
È su animali vivi che si pratica la sperimentazione animale. Si fanno nascere apposta. Fate caso al linguaggio comune giornalistico e televisivo: gesti, avvenimenti, fatti e persone è tutto “straordinario”. Un aggettivo inflazionato. Ebbene, io desidero qualcosa di assolutamente ordinario! Nulla trovo di eroico, strano, eccezionale o straordinario nel mio auspicio, nei miei propositi. Sono alla ricerca di qualcosa di buono, che sia buono, che produca risultati buoni. Per tutti. Senza vittime.

l'articolo completo lo trovate : www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/27/biologa-e-con-sclerosi-multipla-ecco-perche-dico-no-alla-vivisezione/308269/

La verità su menopausa e osteoporosi

Menopausa e Osteoporosi: leggi la storia che le accomuna (ovviamente sulla pelle delle ignare pazienti).....

UNA NUOVA MALATTIA
PER UNA NUOVA OPPORTUNITA’ DI MERCATO
Negli ultimi 2 decenni varie campagne di informazione dei media o bollettini informativi nelle sale d’attesa dei medici o nelle farmacie hanno avvertito insistentemente sui rischi conseguenti la riduzione della massa ossea.
Le donne, in particolare, sono bombardate dal messaggio che la guerra all’osteoporosi va combattuta:
a) con la terapia sostitutiva, cioè con gli ormoni
b) con l’aiuto di altri farmaci a base di fosfati che ricostruirebbero le ossa
c) con l’assunzione di integratori di calcio
d) con l’aumento del consumo di latte e latticini
In tal modo, una donna dovrebbe sentirsi al sicuro, anche perchè – recitava l’ingannevole pubblicità – oltre a non dover temere l’osteoporosi, non dovrà temere neanche per i rischi legati alle malattie cardiovascolari.
Sfortunatamente le cose non stanno così, in quanto...
a) gli ormoni sintetici sono medicinali notoriamente cancerogeni
b) gli integratori di calcio non solo sono inefficaci nella ricostruzione ossea ma possono portare a deficienze di altri minerali, a rallentare la tiroide, a calcificare le arterie e a formare calcoli renali o biliari;
c) infine, è provato che i latticini costituiscono una causa determinante della perdita di massa ossea: infatti, le nazioni con più elevato tasso di osteoporosi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Danimarca, ecc.) sono le stesse nazioni in cui il consumo di latte, latticini e integratori di calcio è più elevato: basti pensare che solo negli Stati Uniti esistono oltre 20 milioni di persone affette da osteoporosi!
Inoltre, se noi chiedessimo ad un gruppo di donne anziane affette da grave osteoporosi, finanche con fratture spontanee, se nella loro vita non abbiano spesso utilizzato l’acqua del rubinetto (notoriamente ricca di calcio) o non si siano costantemente nutrite con latte, stracchino, mozzarella, parmigiano e altri vari latticini, tutte quante risponderebbero affermativamente, e cioè che hanno sempre fatto uso di latte e latticini.
E’ evidente, a questo punto, che il calcio non ha nulla a che fare con l’osteoporosi anzi, per rafforzare ancora di più questa consapevolezza, basti pensare che il vecchio motto "essere forte come un toro" riguarda un animale che si nutre esclusivamente di erba!
Inoltre, nell’ultimo decennio è stato dimostrato che l’eccesso di calcio rallenta significativamente la produzione di un ormone tiroideo, la tiroxina; in altri termini, l’eccesso di calcio, con il suo forte effetto anabolizzante, rallenta fortemente tiroide e metabolismo.
E a chi si cerca di propinarlo?
Proprio a quelle donne che già sono in un periodo della loro vita in cui il metabolismo diminuisce per conto suo e si tende più facilmente ad ingrassare!
E oltre ai latticini e agli integratori, pure gli ormoni: una bella accoppiata, non c’è che dire!
ESTROGENI: LE RADICI DELL’INGANNO
Sconfessata la prima bugia dell’industria dell’osteoporosi sul latte e sul calcio, passiamo a sconfessare la seconda e cioè che l’osteoporosi dipenda dalla carenza di ormoni estrogeni.

Le radici di questo inganno risalgono agli anni ’60-’70, quando le statistiche iniziarono a dimostrare la pericolosità di questi ormoni: basti pensare alla pubblicazione nel 1975 di uno studio apparso sul prestigioso "New England Journal of Medicine" che dimostrò come il rischio di cancro dell’utero aumentava di 6-7 volte nelle donne che assumevano estrogeni e, anzi, le donne che li avevano utilizzati per più di 7 anni erano 14 volte più a rischio di cancro rispetto a quelle che non li usavano.
Nello stesso mese le cifre del California Cancer Registry confermavano le scoperte: fra le donne bianche sopra i 50 anni si era registrato tra il 1969 e il 1974 un incremento dell’80% del cancro dell’utero.
LA MANIPOLAZIONE DEI DATI DA PARTE DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE
Poichè, però, questo allarme aveva causato un forte calo nelle vendite del farmaco, si doveva fare qualcosa per salvare un mercato così redditizio. 
Per questo, le aziende farmaceutiche, riconoscendo il loro errore nel prescrivere gli estrogeni a donne con l’utero sano, tentarono di rimediare aggiungendo agli estrogeni un progestinico sintetico, sostenendo che in tal modo l’utero sarebbe stato protetto dagli effetti cancerogeni degli estrogeni: nacque così l’attuale terapia sostitutiva, sebbene non fossero stati condotti studi a lungo termine per provare la sicurezza dell’accoppiata estrogeni-progestinico.
Però le donne continuavano a dubitare seriamente dell’uso di ormoni sintetici e così le aziende farmaceutiche furono costrette a trovare una strategia vincente per rendere allettanti gli ormoni e questa strategia fu rappresentata dall’osteoporosi, malattia che, all’epoca, quasi l’80% delle donne non aveva mai sentito nominare.
In tal modo si cercò di convincere le donne che l’osteoporosi rappresentava una grave minaccia per la loro salute e se ne additò la menopausa quale causa principale.
La pubblicità delle case farmaceutiche fu così forte che le donne furono convinte che il rischio di cancro fosse insignificante se paragonato ai benefici della terapia sostitutiva (che, però, come vedremo non esistono, se si eccettuano le "caldane").
Infine, per poter giustificare ancora di più l’osteoporosi quale malattia delle donne dovuta a carenza di estrogeni, i maschi furono intenzionalmente trascurati, benché non certamente immuni dall’osteoporosi stessa, semplicemente perché una loro implicazione nel problema avrebbe sconfessato la definizione (o bugia) di base dell’osteoporosi stessa, cioè di malattia legata alla menopausa e tutto il castello economico creato ad arte dalle case farmaceutiche sarebbe crollato.
Sfortunatamente per le donne, invece, la terapia sostitutiva ha preso piede con tutti i rischi connessi poichè i fatti dimostrano che tutto il protocollo terapeutico previsto è non solo inutile ma anche dannoso.
Oltretutto chiunque abbia un minimo di intelligenza può porsi le seguenti domande: innanzitutto, se fosse vero che l’osteoporosi dipende dalla menopausa e relativa carenza di estrogeni, tutte le donne di una certa età dovrebbero esserne affette!
E allora come mai tante di esse non hanno l’osteoporosi?
E, inoltre, come è possibile che oggi si ammalino di osteoporosi anche persone sotto i 30 anni?
Qualcuno potrebbe rispondere che è un fatto genetico (e vedremo che anche questo non è esatto), ma, anche se fosse, sarebbe un ottimo motivo in più per scartare la menopausa quale responsabile dell'osteoporosi.
LA VERITA’ SULL’OSTEOPOROSI
A questo punto chi legge sarà curioso di sapere quali sono i motivi che provocano l’osteoporosi, visto che si dimostra che non ha nulla a che vedere né con la menopausa, né con il calcio.
PERCHE' VIENE L'OSTEOPOROSI ?
Diamo dunque la spiegazione cercando di usare termini semplici e comprensibili per tutti: il sangue degli esseri umani ha uno specifico pH (il pH è il parametro con cui si misura il grado di acidità o di basicità di una soluzione).
Il pH va da 0 a 14: sotto 7 diremo che la soluzione è acida, sopra i 7 diremo che è alcalina o basica.
Il pH del sangue è circa 7.30-7.40, quindi è leggermente alcalino e non può spostarsi da questi valori nel modo più assoluto (in medicina moderna la capacità di mantenere una condizione stabile si chiama omeostasi).
Ma mettiamo che un soggetto in un giorno ingerisca un bolo alimentare molto acido (ad es., pasta al pomodoro + carne + insalata di pomodori + un dolce); questi alimenti acidi verranno assimilati e potrebbero, almeno in teoria, abbassare il pH del sangue: abbiamo però visto che ciò non è possibile perché il sangue deve avere sempre un pH di 7.30-7.40.
Ci chiediamo allora quali meccanismi di difesa intervengano nella salvaguardia dell’omeostasi sanguigna: ebbene, l’organismo è dotato di riserve di sali minerali, detti "sistemi tampone" costituiti principalmente dai sali di sodio, che costituiscono la naturale riserva per tamponare l’eventuale eccesso di acidi.
Ma ammettiamo che quel soggetto fosse solito nutrirsi giornalmente con alimenti a forte valenza acida: in tal caso, le riserve di sali prima o poi potrebbero rivelarsi insufficienti a tamponare l’acidità e allora cosa accade?
Purtroppo accade che l’organismo, essendo a corto di riserve tampone e cioè di sali, sia costretto a procacciarsi queste riserve anti-acide nell’unico posto rimasto: le ossa, ed ecco la comparsa dell’osteoporosi!!!

info tratta da:  www.broussais.it/sezione-26-sottosezione-105-id-127-in-costruzione.htm

Osteoporosi: screening

La valutazione della qualità dell’osso può essere effettuata misurando la densità ossea. Ciò può essre attuato con varie metodiche denominate Mineralometria Ossea Computerizzata (M.O.C.) o Densitometria Ossea.
Tale valutazione si può fare con diverse tecniche. Esiste una densitometria eseguita mediante raggi X (chiamata anche DEXA) e più recentemente esiste la possibilità di eseguire la densitometria mediante ultrasuoni. La Densitometria ossea ad ultrasuoni, a differenza di altre metodiche, permette di valutare anche la qualità dell’osso (le altre tecniche misurano solo la quantità) e presenta il vantaggio di non utilizzare radiazioni, e quindi non comporta nessun rischio per il paziente.
Gli ultrasuoni sono delle onde sonore, del tutto innocue, già impiegate in altri settori della Medicina (ad esem-pio in gravidanza). Con la mineralometria ossea ad ultrasuoni si misura la velocità con cui un fascio di ultrasuoni attraversa l’osso.
La sede di misurazione è il calcagno (tallone), in quanto si tratta di un osso con struttura analoga a quella delle vertebre, e che, come le vertebre, viene colpito per primo da un eventuale processo osteoporotico. Con tale esame si valuta se la densità ossea è normale, oppure se è lievemente ridotta (osteopenia), oppure se è francamente ridotta (osteoporosi). Tali informazioni sono fondamentali per impostare una terapia efficace (farmaci, alimentazione, stile di vita).
La densitometria ad ultrasuoni, considerata l’assoluta innocuità (assenza di radiazioni), la semplicità di esecu-zione e il basso costo, può essere raccomandata come indagine di screening di primo livello.